Barroso: da "maoista" a ultraliberista e guerrafondaio
Un destro amico di Bush nuovo presidente della Commissione europea
Prodi: "Una scelta giusta e eccellente"
Sarà Josè Manuel Durao Barroso, attuale primo ministro del Portogallo, il prossimo presidente della Commissione dell'Unione europea. Lo hanno deciso all'unanimità i 25 capi di Stato o di governo riuniti nel vertice straordinario di Bruxelles del 29 giugno. Un vertice lampo che in soli 15 minuti ha ufficializzato l'accordo raggiunto in precedenza dai leader europei, dopo che nel precedente Consiglio europeo del 16 e 17 giugno si erano manifestate forti contraddizioni sulla nomina del successore a Prodi. Nell'occasione il Consiglio europeo ha anche confermato Javier Solana nel suo ruolo di alto rappresentante per la politica estera della superpotenza europea nonché segretario generale del Consiglio, indicandolo altresì come futuro ministro degli Esteri Ue non appena entrerà in vigore la Costituzione. Il francese Pierre de Boissieu resta vicesegretario del Consiglio, destinato alla poltrona di segretario generale non appena scatterà la promozione di Solana.
Il presidente della Commissione europea entrerà in carica, insieme ai 24 commissari che comporranno il nuovo esecutivo Ue, il 1• novembre prossimo (per cinque anni). Il presidente nomina i commissari su diretta indicazione dei governi degli Stati membri, presiede le riunioni della Commissione, partecipa ai Consigli europei, rappresenta la Commissione al G8 e in tutte le istanze internazionali dell'imperialismo. Una volta al mese si presenta davanti al parlamento europeo per "rispondere a tutte le questioni concernenti l'operato del suo governo" e una volta all'anno presenta ai deputati di Strasburgo il programma dell'Unione. Il 22 luglio prossimo Barroso si presenterà davanti al nuovo parlamento europeo, riunito in sessione plenaria per la prima volta dopo le elezioni di giugno. Dopo averne ascoltato il programma l'orpello di Strasburgo dovrà dare l'approvazione formale alla nomina con un voto a maggioranza semplice. Nella prima decade di ottobre l'intera Commissione dovrà ottenere il voto di approvazione del parlamento europeo.
Una procedura che dimostra quanto il parlamento europeo non conti nulla neppure in questo caso. Dovrà ratificare decisioni già prese dai governanti. A poco vale il raglio d'asino della "sinistra" borghese espresso per bocca del presidente del Partito socialista europeo, il danese Rasmussen: "L'europarlamento non è stato coinvolto. Avremmo voluto discutere e dare il nostro parere su una rosa di nomi e non essere ridotti al rango di notai per ratificare una decisione presa dai governi". Ma dove sta la novità? Quando prima e dopo le ultime elezioni europee questi imbroglioni patentati si sono riempiti la bocca sull'accresciuto ruolo e sui "nuovi poteri" del parlamento europeo per estorcere consensi ai popoli e garantire l'appoggio all'imperialismo europeo.
Se da un lato la nomina di Barroso, l'ultima pedina ancora in piedi nella partita di domino che si era giocata nelle ultime settimane, è stato un compromesso tra l'asse franco-tedesco e la Gran Bretagna, non può sfuggire come la scelta sia caduta su un amico di Bush, un ferreo filoatlantico, che di fatto chiude per il momento la parentesi dello scontro verificatosi sull'aggressione imperialista all'Iraq. Eloquenti le dichiarazioni degli interessati in proposito. "Non è stata una decisione facile - ha affermato il cancelliere tedesco Schroeder -, non ritiro nulla del nostro appoggio al premier belga Guy Verhostadt (candidato di Francia e Germania, ndr). Ma l'Europa è fatta sempre di compromessi e credo che stasera prenderemo una decisione che va nell'interesse dell'Europa. Dobbiamo dargli una chance". "L'uomo giusto per un lavoro non facile, una scelta eccellente", ha commentato il leader dell'Ulivo e presidente della Commissione uscente Prodi, colui che rappresentava il no dell'Europa alla guerra americana all'Iraq. "Saluto con soddisfazione - ha aggiunto Prodi - la conferma di un ritrovato accordo all'interno dell'Unione, che già aveva avuto una sua dimostrazione con l'approvazione della Costituzione pochi giorni fa, e che ora viene ribadito e sottolineato".
Soddisfazione anche da tutti gli altri leader dell'Ue. Per Berlusconi "Barroso affronterà il suo lavoro usando la sua competenza, l'esperienza, l'entusiasmo. Avremo un ottimo presidente". Tony Blair non ha invece mancato di elogiare Barroso in quanto fautore della doppia necessità di "riforme economiche" ultraliberiste e di "un'alleanza con gli Stati Uniti". Secondo il premier irlandese Bertie Ahern, presidente di turno dell'Unione europea, il leader portoghese "ha una personalità forte e indipendente e condurrà la Commissione con forza e vigore". Congratulazioni a Barroso sono giunte dal suo amico Bush. L'Hitler di Washington ha espresso il suo compiacimento e si è detto pronto a "continuare a lavorare con l'Unione europea dopo il successo del vertice Ue-Usa della settimana scorsa in Irlanda".
Dal canto suo Barroso ha incassato gli apprezzamenti e con toni presidenzialistici si è subito calato nel suo nuovo ruolo: "Sono stato il più giovane ministro degli Esteri d'Europa - ha dichiarato -, poi sono diventato primo ministro del Portogallo e ora sono stato eletto alla guida della Commissione. Forse sarà solo fortuna, ma credo che anche l'Europa abbia bisogno di fortuna. è una sfida che mi onora come portoghese e come europeo. Mi impegnerò per un'Europa più forte e coesa e più attivamente presente sullo scenario internazionale".
La biografia di Barroso è tutta un programma. Nato a Lisbona il 23 marzo del 1956 intraprende la carriera politica a vent'anni, subito dopo la "Rivoluzione dei garofani", come attivista del "Movimento Riorganizzato del Partito del Proletariato" (Mrpp) di ispirazione maoista, e si distingue per la critica al partito comunista revisionista di Alvaro Cunhal. A chi gli ha fatto notare subito questa sua "anomalia" ha risposto, bontà sua, che non prova nessuna vergogna: "Alla mia facoltà di legge ai tempi della rivoluzione in Portogallo del '74 o si era con i comunisti pro-sovietici o con i pro-cinesi". Tuttavia ha proseguito Barroso, facendo suo il detto dei rinnegati e traditori di tutti i tempi, chi "non è stato comunista in gioventù è senza cuore, ma chi continua a esserlo nell'età adulta è senza cervello".
Così questo "cervellone" dopo due anni getta alle ortiche il marxismo-leninismo per abbracciare la sua vera causa, quella capitalista e imperialista. Si laurea in legge e si getta in un master in scienze politiche e studi europei all'università di Ginevra, dove poi insegnerà e da dove decollerà per la Georgetown University, l'ateneo gesuita di Washington. Al ritorno in Portogallo, nel 1980, insegna all'università Lusiada di Lisbona e si iscrive al partito socialdemocratico, che al di là del nome rappresenta la destra classica. A 29 anni è già nel governo come sottosegretario agli Interni. Dal 1987 al 1992 rivestirà il ruolo di sottosegretario agli Esteri e Cooperazione. Nel 1992 diventa il più giovane ministro degli Esteri del Portogallo, carica che rivestirà fino al '95 quando andarono al governo i socialisti.
In quegli anni si costruisce la fama di "buon mediatore", che nel 1999, nel vuoto lasciato da Cavaco Silva, gli valse l'elezione alla presidenza del partito. Nel marzo del 2002 il suo partito vince le elezioni politiche e diventa primo ministro il mese dopo. Alla guida del Portogallo si è distinto per una politica ferocemente liberista all'interno e guerrafondaia all'esterno. Sotto la sua guida Lisbona è divenuta il primo aderente all'euro incapace di restare all'interno dei vincoli di Maastricht. Ma Barroso non si è perso d'animo e in meno di un anno ha riportato il disavanzo statale sotto il 3% del Pil. Come ha fatto? Controriforma liberista e liberticida del "mercato del lavoro", tartassamento dei ceti più deboli, privatizzazioni, taglio dello "Stato sociale". A queste misure impopolari ha aggiunto l'esaltazione del famigerato "patto di stabilità", difendendolo a spada tratta anche quando a livello europeo è stata chiesta una sospensione. Alle richieste di massa per una politica sociale più equa e solidale ha risposto con la costruzione dei nuovissimi e costosissimi stadi per i campionati europei di calcio, conclusisi qualche giorno fa, che dovevano dare lustro al Portogallo in Europa e nel mondo.
In politica estera ha fatto asse col collega spagnolo Aznar ed ha promosso l'anno scorso, in casa sua, alle Azzorre, il vertice con Bush, Blair e lo stesso Aznar che fece da prologo all'aggressione imperialista all'Iraq. E sempre lui, insieme a Blair, Berlusconi e Aznar, è stato uno degli otto firmatari della lettera di appoggio agli Usa nell'intervento in Iraq che spaccò l'Ue.
Le ultime elezioni europee che hanno visto in Portogallo un'astensionismo record, solo il 38,7% si è recato alle urne, e un risultato che ha decretato la sua sonora sconfitta, 33,2% sui voti validi della coalizione di "centro-destra" contro il 45% del partito socialista, sono la naturale conseguenza. Ed ora l'ex "maoista" fallito gioca la carta dell'Europa, entrando nel novero degli esecutori politici del grande capitale monopolistico europeo in lotta per la spartizione dei mercati e del dominio mondiali.
7 luglio 2004