Una battaglia per la difesa della Costituzione che non c'è più
Dopo la grande manifestazione di dicembre a piazza San Giovanni (NoBDay) il "Popolo Viola" si interroga sulle forme e gli obiettivi di nuove iniziative di mobilitazione per tenere vivo il movimento che, nato su Internet per chiedere le dimissioni di Berlusconi, non intende abbandonare la scena che ha saputo conquistare con tanta forza e autorevolezza.
A questo scopo si è tenuta il 9 gennaio a Napoli un'assemblea nazionale di circa un centinaio di delegati provenienti da ogni parte d'Italia, che oltre a eleggere un coordinamento nazionale in carica fino al prossimo meeting del 21 marzo e un comitato di garanti, ha lanciato la proposta di una serie di sit-in in tutta Italia il 30 gennaio "per la difesa della Costituzione".
Noi marxisti-leninisti, che fin da subito abbiamo appoggiato il movimento e partecipiamo con le nostre forze alla rete del "Popolo Viola" laddove siamo presenti, riteniamo sia giusto esprimere la nostra posizione su questa parola d'ordine della "difesa della Costituzione", affinché vi sia la massima chiarezza nel dibattito in corso e il movimento non corra il rischio di sbagliare obiettivi.
Diciamo subito, anzi, che è proprio questo il rischio che si corre nell'adottare e perseguire questa parola d'ordine, che a nostro avviso è ambigua e fuorviante per tutta una serie di motivi. Innanzi tutto bisogna chiedersi: che cosa significa difendere la Costituzione, oggi? E prima ancora di questo bisogna chiedersi: quale Costituzione? Ovvero, esiste ancora la Costituzione del '48 da difendere?
Per rispondere a queste domande bisogna riflettere su come è nata 62 anni fa e su cosa è diventata nel corso del tempo, soprattutto dall'avvento della seconda repubblica e del regime neofascista attualmente imperante.
La Costituzione del 1948, pur nata all'indomani della vittoriosa Resistenza al nazifascismo, non è certo una Costituzione socialista, ma è una Costituzione borghese frutto di un compromesso tra la borghesia e il proletariato, a netto sfavore di quest'ultimo, a causa dell'opportunismo dei revisionisti capeggiati da Togliatti. Questi, tra l'altro, fu l'artefice principale dell'approvazione dell'articolo 7 che accolse pari pari i patti lateranensi. Per cui la Carta del '48 ha "riorganizzato sulle basi nuove della repubblica democratica borghese la forma di dominio e la struttura dello Stato capitalistico configurate e attuate dal regime fascista mussoliniano". Come afferma il documento dell'Ufficio politico del PMLI adottato il 15 Dicembre 1997, che ripubblichiamo integralmente su questo numero de "Il Bolscevico" affinché chi avrà modo di leggerlo possa avere un'idea completa della posizione dei marxisti-leninisti italiani sulla Costituzione.

La Costituzione formale e quella reale
È per questo suo carattere, formalmente aperto alle istanze egualitarie, lavoratrici, antifasciste e popolari, ma nella sostanza rigidamente ancorato ai principi borghesi, primo fra tutti la proprietà privata, alla divisione in classi, all'intangibilità dell'ordinamento statale borghese e ai privilegi della chiesa, che la Costituzione del 1948 non ha certo potuto impedire che nel dopoguerra la borghesia, tramite il suo principale partito, la DC, riprendesse il pieno controllo dello Stato e del Paese, che l'Italia si schierasse con la Nato imperialista e guerrafondaia, che il partito fascista e le mafie rialzassero la testa, che il Sud fosse spopolato e ridotto alla miseria e al sottosviluppo, che il proletariato fosse torchiato con uno sfruttamento bestiale e sottoposto a una feroce repressione poliziesca, che la stessa democrazia borghese fosse minacciata continuamente da tentativi di golpe fascista.
La Carta del 1948 non ha costituito e non poteva costituire il minimo argine a tutto ciò, ma l'opportunismo del PCI revisionista, per giustificare la sua incallita vocazione riformista e parlamentarista, e non potendo ripudiare quella carta anche da esso stesso elaborata e approvata, ne dava la colpa alla sua mancata "attuazione". E di questa "attuazione piena" della Costituzione aveva fatto lo specchietto per le allodole per ingannare le masse e tenerle ingabbiate nello Stato borghese capitalista col miraggio di una sua progressiva "democratizzazione" e "umanizzazione". Un inganno che ha raggiunto l'apice con il "compromesso storico" di Berlinguer e i "governi di unità nazionale" della fine degli anni '70.
Con la fine del PCI revisionista e l'instaurazione del regime neofascista, piduista e mafioso, inaugurato da Craxi e rafforzato da Berlusconi, con l'intermezzo di alcuni governi di "centro-sinistra" che non hanno certo rappresentato una controtendenza, non c'è stato più bisogno neanche di quell'inganno, ma anzi la Costituzione è stata attaccata esplicitamente in quanto cominciava a diventare un intralcio per la nascente seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista, secondo il "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli e Craxi, poi passato nelle mani di Berlusconi dopo la caduta in disgrazia del leader del PSI.
È così che negli ultimi trenta anni, in attesa di una sua definitiva controriforma neofascista, presidenzialista e federalista, si è assistito a un incessante e progressivo svuotamento, stravolgimento e demolizione della Carta del 1948. Dall'abolizione della XIII disposizione transitoria (sotto il governo di "centro-sinistra" di Prodi) che ha riammesso i Savoia in Italia, alla modifica del titolo V che ha introdotto il federalismo (sempre grazie ad un altro governo di "centro-sinistra", quello di Amato). Dall'abolizione di fatto dell'articolo 11, per legalizzare le missioni internazionali di guerra e l'interventismo del rinato imperialismo nostrano, al presidenzialismo di fatto introdotto surrettiziamente con la legge elettorale che sancisce l'elezione diretta del premier in quanto capo della coalizione vincente. E questo dopo aver preparato il terreno al presidenzialismo con l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia e di regione.

Solo un intralcio alla terza repubblica
Per capire quanto poco rimanga in piedi della Costituzione, ormai fatta a brandelli dalle cosche del regime neofascista, basta pensare a tutti i tentativi messi in campo per cambiarla anche formalmente, dalla Bicamerale golpista del rinnegato D'Alema alla controriforma neofascista, presidenzialista e federalista del secondo governo Berlusconi, poi bocciata dal referendum; dal federalismo fiscale approvato anche con i voti PD, alla bozza Violante tuttora in campo. Per non parlare delle ripetute e scandalose leggi ad personam per salvare Berlusconi dai processi, come quelle attualmente in discussione in parlamento, che tendono a scardinare e stravolgere l'uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge ed altri principi basilari della Carta del 1948.
D'altra parte il fatto che la si voglia controriformare non vuol dire che la Costituzione è ancora viva e attuale, ma semplicemente che pur ridotta a brandelli rappresenta comunque un intralcio all'instaurazione piena e ufficiale della terza repubblica neofascista e presidenzialista, e che per il suo nuovo Mussolini è tempo di sbarazzarsene definitivamente e sostituirla con un'altra che gli dia gli agognati pieni poteri. In ogni caso un intralcio è solo un intralcio, un fastidio, non una barriera insormontabile, e la prova è che la Costituzione non è riuscita negli ultimi 15 anni a porre un argine all'ascesa e allo strapotere di Berlusconi.
Perciò, cosa vuol dire oggi "difesa della Costituzione"? Di quale Costituzione, visto che di fatto quella Costituzione ormai non esiste più? Appiattirsi su questa parola d'ordine vuol dire ripiegare su posizioni più arretrate, mentre il neoduce e i suoi gerarchi stanno già per completare il piano presidenzialista della P2, anche grazie all'acquiescenza del nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, e della "sinistra" borghese che è sempre pronta a trattare sulle "riforme" istituzionali. La "difesa della Costituzione" è addirittura una parola d'ordine più arretrata e ingannatoria dell'"attuazione della Costituzione" del vecchio PCI revisionista, in quanto non offre neanche una prospettiva futura, per quanto illusoria, ma si contenta della semplice attestazione di fedeltà a un pezzo di carta, a un simulacro che non ha mai rappresentato e difeso le masse popolari. E men che mai lo potrebbe fare oggi, ridotto a brandelli, com'è, e rinnegato ormai anche dalla "sinistra" borghese.
Per dare ali al movimento per cacciare il nuovo Mussolini e farla finita col regime neofascista occorre invece guardare avanti, occorre avere una prospettiva e degli obiettivi più avanzati e lungimiranti. Occorre in altre parole puntare a una società che sia radicalmente alternativa alla terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista, la quale non può che essere l'Italia unita, rossa e socialista.
Un conto è rifiutare giustamente di farsi strumentalizzare e fagocitare dai partiti del regime neofascista e mantenere la libertà di pensiero e di azione del "Popolo Viola". Un altro è rifiutare la politica in assoluto, rifiutare qualsiasi prospettiva strategica di cambiamento della società, dell'economia e dello Stato, con la quale dare un senso e un futuro alle lotte delle masse e senza la quale il movimento, arroccandosi nella sterile "difesa di una Costituzione" che non c'è più, non può che restare chiuso in un vicolo cieco e finire prima o poi per esaurirsi in sé stesso.
Il "Popolo Viola" è nato con l'obiettivo di cacciare Berlusconi da Palazzo Chigi, perché allora si è voluto sostituire quell'obiettivo con quello della "difesa della Costituzione"? Non è un passo indietro e fuorviante?

20 gennaio 2010