Grave attacco alla Cassazione per la sentenza che lo riguarda
Il neoduce Berlusconi vuole l'assoluzione a tutti i costi

"Ho tante possibilità di essere condannato quante di diventare comunista!": così si vantava Berlusconi, ostentando tranquilla sicumera, alla vigilia della sentenza della corte di Cassazione sulla sua richiesta di trasferimento del processo Sme, che lo riguarda come imputato per corruzione di magistrati, da Milano ad altro tribunale ritenuto più compiacente. Richiesta motivata in base al meccanismo del "legittimo sospetto" previsto dalla legge Cirami, da lui fatta approvare a tambur battente dal parlamento proprio per consentirgli di sabotare i suoi processi e quelli che riguardano i suoi amici, come Previti.
La sicurezza di Berlusconi su un esito favorevole della corte era alimentata dai suoi avvocati che avevano interpretato come un autogol la relazione del Pg presso la corte, il quale aveva riconosciuto che in passato a Milano ci poteva essere stato un clima avverso a Berlusconi e Previti (Palavobis, girotondi ecc.), anche se oggi non più. C'era poi stato il tentativo di corrompere i giudici della Cassazione con un emendamento infilato nelle pieghe della Finanziaria che portava da 73 a 75 anni l'età pensionabile, il che avrebbe favorito il presidente della corte, Marvulli, e il Pg Favara. Inoltre con la controriforma della giustizia annunciata dal governo la corte diventerebbe il vertice indiscusso della magistratura. C'erano poi benefici economici più alti per i supremi giudici, e non ultima la reazione "stranamente" morbida del neoduce alla dura requisitoria di Favara all'apertura dell'anno giudiziario.
Tutto questo si è squagliato come neve al sole quando il 28 gennaio è arrivata la doccia gelata della sentenza: i motivi richiesti dalla Cirami (emendata) di una "grave e oggettiva situazione locale, idonea a giustificare la rappresentazione di un concreto pericolo di non imparzialità del giudice, inteso come intero ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo", non sussistono. Per la Cassazione, dunque, i processi Sme-Ariosto e Imi Sir-Lodo Mondadori restano a Milano.
Per il neoduce passare dall'ostentazione di tranquillità alla collera furibonda contro l'intera magistratura è stato un lampo: "Lo sapevo. Che cos'altro potevamo aspettarci? Questa era una partita truccata", è sbottato nelle prime reazioni a caldo. "Si è giocata ieri l'ultima carta: vogliono buttarmi giù ma non ci riusciranno - ha aggiunto minacciosamente il neoduce - e se anche insistessero io andrò avanti per la mia strada. Certo non gli farò il piacere di dimettermi". E il suo avvocato tirapiedi, on. Taormina, rincarava la dose strillando di sciogliere organizzazioni di "toghe rosse" come MD e i Movimenti riuniti e rammaricandosi per le mancate "riforme": "Se avessimo fatto la separazione delle carriere - lamentava - avremmo imbrigliato la magistratura inchiodandola al suo posto di terzo potere dello Stato".
IL PROCLAMA FASCISTA DEL NEODUCE
Non ancora appagato nella sua sete di vendetta, Berlusconi ha messo in atto un intervento di una gravità senza precedenti, per molti aspetti vicino al golpe istituzionale: ha convocato i giornalisti e le tv ad Arcore come per un'intervista, ma invece di rispondere alle domande ha consegnato loro una videocassetta preconfezionata nel suo studio privato, contenente un suo monologo zeppo di minacce ai magistrati e di proclami neofascisti e presidenzialisti, ottenendo così surrettiziamente, complice anche la Rai che l'ha subito trasmessa, oltreché naturalmente le reti Mediaset, una sorta di discorso alla nazione a reti unificate.
"In una democrazia liberale - sentenzia tra l'altro il neoduce in questo monologo - chi governa per volontà sovrana degli elettori è giudicato, quand'è in carica e dirige gli affari dello Stato, solo dai suoi pari (sic!), dagli eletti del popolo, perché la consuetudine e le leggi di immunità e garanzia lo mettono al riparo dal rischio della persecuzione politica per via giudiziaria. Succede così nel mondo, ma non nel nostro Paese". Con questo falso clamoroso, che non trova riscontro in nessuna repubblica parlamentare borghese, ma semmai nel regime fascista di Mussolini ed altre dittature di tipo fascista, Berlusconi pretende di porsi al di sopra della legge, rivelando sfacciatamente il suo disegno neofascista e presidenzialista mutuato dalla P2.
Tant'è vero che - dopo aver tuonato contro le "correnti politicizzate della magistratura" che da dieci anni condizionerebbero il parlamento e ribadito che "il governo è del popolo e di chi lo rappresenta, non di chi avendo vinto un concorso e indossato una toga, ha soltanto il compito di applicare la legge" - Berlusconi ha così concluso il suo proclama di stampo golpista a reti praticamente unificate: "C'è tuttavia qualcosa che non appartiene all'imputato Berlusconi: questo qualcosa è il mandato degli elettori a governare nell'interesse della sicurezza e della libertà degli italiani, il mandato a cambiare il Paese attraverso la realizzazione del programma di riforme e di libertà civili approvato dai cittadini con il loro voto. Oggi sono in gioco i principi della Costituzione e della divisione dei poteri (senti chi parla! ndr), è in gioco il funzionamento delle istituzioni che hanno garantito al Paese una sana alternanza di forze diverse alla guida dello Stato, è in gioco la collocazione ferma del nostro Paese nella coalizione mondiale per le libertà e contro il terrorismo, è in gioco una giustizia davvero uguale per tutti e davvero amministrata in nome del popolo italiano e non in nome e per conto di una parte politica. Per queste ragioni farò fino in fondo il mio dovere di presidente del Consiglio dei ministri senza tradire mai il mandato dei miei elettori, perché è su quel mandato che si fondano la convivenza civile dei cittadini e l'immagine dell'Italia nel mondo. E ora come sempre al lavoro".
BERLUSCONI INAMOVIBILE
In altre parole il neoduce, con questa sparata finale di chiaro stampo mussoliano, manda a dire che se anche lo condannassero egli non pensa minimamente a dimettersi, ma intende restare in sella e proseguire nel suo lavoro per cambiare i connotati alla Costituzione e al Paese. Quantomeno, come ha specificato il caporione della Lega Bossi, si andrebbe alle elezioni anticipate, in modo che se la Casa del fascio le vincesse Berlusconi le sfrutterebbe come un plebiscito a suo favore.
Stupefacenti, si fa per dire, le reazioni dei leader dell'Ulivo, con Fassino che invece di denunciare il proclama del neoduce come una dimostrazione eloquente del suo fascismo mussoliniano, lo definisce semplicemente "populismo", perché "pretendere che l'investitura popolare azzeri ogni altra autorità istituzionale è - a giudizio del segretario DS - esattamente quello che nella storia del pensiero politico è stato definito populismo". E con Rutelli secondo il quale, addirittura, Berlusconi "non deve dimettersi in caso di condanna, ma il governo e la maggioranza non devono proporre il ritorno all'immunità". Se verrà condannato - ha precisato il leader sempre più virtuale dell'Ulivo alla trasmissione "Porta a porta" - "Berlusconi andrà considerato, come ogni cittadino, innocente fino a giudizio definitivo". E quindi, aggiungiamo noi, potrà restare in sella ancora per molti anni, e magari farsi eleggere presidente della Repubblica, così il problema sarà per lui risolto alla radice.