Interventi alla Camera e al Senato
BERLUSCONI HA GIA' CALZATO L'ELMETTO PER LA GUERRA ALL'IRAQ
Il 6 febbraio Berlusconi si è recato nelle due aule parlamentari per una "informativa urgente del governo sugli sviluppi della crisi irachena". Per decisione della conferenza dei capigruppo parlamentari, grazie ad un accordo preliminare tra la Casa del fascio e l'Ulivo, agli interventi di Berlusconi e al dibattito non ha fatto seguito alcuna votazione parlamentare, per cui il neoduce ha avuto tutta la comodità di presentarsi in aula con l'elmetto calzato a rivendicare la giustezza della scelta dell'arruolamento dell'Italia nell'alleanza imperialista di Bush, con tutta la sicumera e l'arroganza di chi non ha da rendere conto delle decisioni già prese.
Appena presa la parola, alla Camera, Berlusconi era stato oggetto di una vivace contestazione: alcuni deputati del PdCI innalzavano cartelli con la scritta "No basi, no guerra", mentre dai banchi di "sinistra" venivano lanciate alcune grida di "pace, pace". Il deputato dei Verdi, Cento, tentava di sventolare una bandiera arcobaleno davanti al banco del governo, ma veniva espulso con la forza per ordine del presidente dell'aula, Casini, che faceva anche sospendere per qualche minuto la seduta. Alla ripresa Casini stigmatizzava aspramente l'"indegna gazzarra" e annunciava severi provvedimenti disciplinari contro i responsabili della contestazione, tra gli applausi di approvazione della destra e della "sinistra" dell'emiciclo.
Sedato questo accenno di contestazione il neoduce ha ripreso a leggere il suo intervento, partendo dall'accettazione a scatola chiusa del rapporto di Powell al Consiglio di sicurezza, che a suo dire "ha dimostrato che l'Iraq è in flagrante violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite", per arrivare a sostenere che "non vogliamo la guerra, ma non intendiamo mettere la testa sotto la sabbia; vogliamo la pace e, insieme, la sicurezza dei cittadini, che sono due facce della stessa medaglia". Su questa base ha quindi esaltato il documento di appoggio incondizionato agli Stati Uniti e alla loro politica della "guerra preventiva" firmato da otto governi europei, tra cui quello italiano, citandone con sussiego il passo in cui si dice che "la relazione tra noi europei e gli Stati Uniti ha resistito alla prova del tempo. Grazie al coraggio, alla generosità e alla lungimiranza americana, l'Europa è stata liberata dalle due forme di tirannia che hanno devastato il nostro continente nel XX secolo: il nazismo e il comunismo".
Un falso storico deliberato e disgustoso, perché equipara il comunismo al nazismo sottacendo il contributo decisivo di sangue e di sacrifici dell'Unione Sovietica di Stalin nella sconfitta del nazismo, mentre ne attribuisce il merito esclusivo agli Usa, che invece non intervennero certo per beneficenza, ma per conquistarsi sul campo la leadership dell'imperialismo occidentale e l'egemonia mondiale, che intendono mantenere con le buone o con le cattive anche oggi e nel prossimo futuro.
Con la stessa faccia di bronzo ha invocato l'allineamento agli Usa del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che se non facesse rispettare le sue risoluzioni - ha detto - "perderebbe la propria credibilità e il mantenimento della pace nel mondo ne subirebbe le conseguenze". Che razza di ipocrita! E tutte le risoluzioni dell'Onu di cui Israele si fa beffe da decenni? Perché gli Usa non le fanno "rispettare" con altrettanta inflessibilità di quelle per l'Iraq?

"LA GUERRA PREVENTIVA E' UN CONCETTO ANTICHISSIMO"
Ma il neoduce va avanti imperterrito per la sua strada, preoccupato unicamente di dimostrare la sua assoluta identità di vedute con l'amministrazione Bush, tanto che ha cercato perfino di giustificare, con un suo modo contorto e grottesco, la teoria della "guerra preventiva", sostenendo che si tratterebbe addirittura di un concetto "antichissimo", e perciò del tutto "normale", di cui non c'è insomma di che scandalizzarsi: "Quel che è sicuro - ha detto infatti con disinvolta retorica il neoduce - è che la prevenzione politica e militare dei rischi non è un concetto nuovo: si tratta, infatti, di un concetto antichissimo; anzi, la dissuasione e la stessa deterrenza sono state, per oltre dieci anni, alla base della politica del containment verso l'espansionismo guerrafondaio del regime di Saddam Hussein, ma devono essere sorrette da una compatta capacità di prevenire i pericoli e di scongiurarli con autorevolezza dalle Nazioni Unite che sono, e devono restare, il luogo della mediazione e del dialogo". Insomma, per Berlusconi, l'Onu dovrebbe dimostrare la sua capacità di "mediazione" e di "dialogo" adottando pari pari il principio della "guerra preventiva" di Bush!
Avendo sposato in pieno questa logica è naturale per il neoduce auspicare sì una "nuova risoluzione" del Consiglio di sicurezza, ma solo per autorizzare "se necessario" quell'uso "misurato della forza che è il solo deterrente contro le minacce della pace provenienti da quel regime". Esattamente quello che pretende dall'Onu l'amministrazione americana! Ripetendo pappagallescamente il ritornello di Bush che "il tempo sta per scadere" per l'Iraq, nell'intervento al Senato, dove aveva esordito ridendo e citando l'antico motto dell'impero romano "se vuoi la pace prepara la guerra", il neoduce ha voluto anche rimarcare l'inutilità di accordare altro tempo agli ispettori dell'Onu, come chiedono la maggior parte dei componenti del Consiglio di sicurezza con in testa Francia e Germania, sostenendo che tanto andare a cercare le armi segrete di Saddam - di cui ha fornito un corposo elenco senza peraltro prendersi la briga di specificarne la fonte - sarebbe secondo lui come "cercare il classico ago nel pagliaio".
Nel corso del suo intervento, secondo gli accordi presi con Ciampi, Berlusconi ha anche cercato di sollecitare l'appoggio del "centro-sinistra" alla linea del governo, tentando di lusingarlo con la prospettiva della partecipazione dell'Italia al banchetto imperialista del dopo Saddam: "Per agire in favore della pace bisogna essere ascoltati e contare e, per essere ascoltati e contare, occorre che un paese sia accreditato come soggetto stabile di politica internazionale all'insegna della comprensione esatta dei problemi e all'insegna della lealtà e della affidabilità. Questo è precisamente il ruolo che oggi viene riconosciuto all'Italia e al suo governo", ha detto infatti tutto suadente Berlusconi, rivelando candidamente il suo ruolo di nuovo Mussolini, al fianco dell'Hitler della Casa Bianca, che si è ritagliato mettendo a disposizione l'Italia, a cominciare dal suo suolo e dal suo spazio aereo, per l'aggressione imperialista all'Iraq.
E subito dopo, come un esattore implacabile, ha ricordato l'appoggio che il "centro-destra" diede al governo D'Alema per la guerra nei Balcani, ammonendo che "sulle grandi questioni che riguardano tutti i cittadini e la comunità mondiale ci si unisce, non ci si divide". Ma poiché la certezza di un "centro-sinistra" ondivago e diviso e la tentazione di stravincere devono aver prevalso sulle raccomandazioni di Ciampi, il neoduce ha voluto a questo punto lanciare una provocazione sollecitando un applauso di tutta l'aula per gli alpini inviati in Afghanistan, affrettandosi ad accusare l'Ulivo di mancata solidarietà perché, forse presi alla sprovvista, solo parte dei deputati della "sinistra" ha risposto all'invito. Toccherà a Casini, al termine del discorso del neoduce, ricucire lo "strappo" invitando ufficialmente tutta l'aula ad applaudire gli alpini, e a questo punto nessun deputato dell'Ulivo si è fatto pregare, spellandosi le mani in un'unica ovazione nazionalista imperialista, insieme a tutta la Casa del fascio, ad esaltare una missione militare italiana che di fatto fa già parte organica della gigantesca macchina da guerra di Bush contro l'Iraq. In Senato non c'è stato nemmeno bisogno di un analogo intervento del presidente Pera: tutto l'Ulivo è scattato in piedi nell'applauso assieme alla Casa del fascio non appena Berlusconi ha nominato "quei mille ragazzi italiani impegnati a neutralizzare le sacche di terrorismo che sono ancora presenti nelle montagne afghane".

INTERVENTI FIACCHI E PUERILI
Ancora una volta, come per l'intervento in Afghanistan e la votazione sull'invio degli alpini, l'atteggiamento del "centro-sinistra" è stato ambiguo, opportunista e capitolazionista nei confronti delle decisioni guerrafondaie già deliberate dal governo. Su Berlusconi e il suo discorso di totale schieramento con Bush e i superfalchi del Pentagono il massimo che i leader dell'Ulivo hanno saputo dire è che è stato "generico", "reticente", "omissivo" e altri aggettivi del genere. Gli interventi, poi, sono stati fiacchi e puerili, evitando di attaccare frontalmente il governo per aver già imbarcato l'Italia nell'avventura imperialista di Bush, eludendo la questione del no fin da ora alla guerra all'Iraq e alla concessione delle basi e dello spazio aereo agli Usa, e rimettendosi alle decisioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
D'Alema, per esempio, che si è definito "un uomo che ama la pace, ma che sa che l'uso della forza può essere, a volte, inevitabile", si è coperto sostanzialmente dietro le posizioni di Francia e Germania, ma al ribasso, auspicando che la "comunità internazionale" possa "se è possibile evitare la guerra e disinnescare il pericolo Saddam, prendersi ancora una settimana o dieci giorni (sic!) per ricercare una soluzione pacifica". Rutelli ha addirittura riconosciuto la "fondatezza" nonché la "necessità ed urgenza" dell'azione della "comunità internazionale" contro il regime di Saddam Hussein, sostenendo però che siccome questa guerra "non convince" e "non si può fare una guerra senza consenso", occorre il mandato del Consiglio di sicurezza, dopodiché ci potrà essere anche l'adesione dell'Ulivo.
Per il capogruppo DS al Senato, Angius, Bush - poverino lui - "sbaglia, commette un tragico errore" a preparare la guerra, e il governo Berlusconi"non ha fatto quello che avrebbe potuto fare, e che secondo noi ancora può fare" per cercare di evitare la guerra. Sembra di sognare: Angius si raccomanda a Berlusconi perché faccia di più per evitare la guerra? Ma avrà letto i giornali degli ultimi 15 giorni? Neanche Bertinotti è andato molto al di là delle giaculatorie dei leader dell'Ulivo, ripetendo il ritornello trotzkista del "potere imperiale" e della "guerra imperiale", dalla cui opposizione passerebbero un fantomatico "nuovo ordine mondiale" e "un altro mondo possibile"; comunque ha stigmatizzato la decisione congiunta Polo-Ulivo di non far votare il parlamento e ha pronunciato la giusta parola d'ordine "né un uomo né un soldo per questa guerra".

MOZIONE OPPORTUNISTA E IPOCRITA
Il leader del PdCI Diliberto ha definito la guerra di Bush una guerra "imperialista in senso classico", una "sporca guerra coloniale", e ha denunciato che "l'Italia è oggettivamente in guerra", con la concessione delle basi e dello spazio aereo agli Usa e l'invio degli alpini in Afghanistan. Dopo aver attaccato aspramente il governo ("la vostra politica ci fa semplicemente orrore", ha detto tra l'altro), Diliberto ha spronato i "colleghi dell'Ulivo" a non avere "nessuna timidezza nel contrastare la guerra".
Questa esortazione del segretario dei Comunisti italiani non è stata fatta a caso, ma si riferiva all'indegno spettacolo dei contrasti in seno al "centro-sinistra" sulla posizione da tenere nei confronti della concessione delle basi e del diritto di sorvolo dell'Italia da parte degli Usa, con PdCI, "sinistra" DS e Verdi contrari, Margherita, UDEUR e SDI favorevoli in caso di ok dell'Onu alla guerra, e maggioranza DS a fare da mediatori.
Alla fine è prevalsa la posizione opportunista e ipocrita di nemmeno nominare questo problema nella mozione adottata dai gruppi parlamentari dell'Ulivo alla Camera. Mozione che quindi si limita a esprimere opposizione ad ogni azione militare "unilaterale" (il che implica automaticamente il consenso se la guerra avverrà sotto il cappello dell'Onu), a censurare le scelte del governo in quanto comportano la rottura del "tradizionale profilo europeista della politica estera italiana", e a chiedere puerilmente al governo Berlusconi "di adoperarsi per una soluzione pacifica della crisi in atto".
Nonostante l'opposizione di burro dell'Ulivo, però, a Berlusconi gli brucia che nel Paese si sviluppi e cresca l'opposizione alla guerra, dopo che già i sondaggi dicono che la stragrande maggioranza della popolazione italiana non la vuole, né con l'Onu né senza l'Onu. E così, il giorno dopo gli interventi in parlamento, ha convocato una conferenza stampa in cui, con la sua migliore faccia da piazzista di frigoriferi tra gli esquimesi, ha spergiurato che "noi vogliamo la pace, facciamo di tutto per non arrivare alla guerra". Ma poi non ce l'ha fatta a seguitare su quel tono, e mostrando il suo vero volto di nuovo Mussolini ha schizzato tutto il suo livore guerrafondaio attaccando e insultando i pacifisti, accusandoli di "non avere la testa", perché non vogliono capire "che solo la pressione internazionale (leggi: un diluvio di bombe sull'Iraq) potrà convincere Saddam ad andare in esilio".

12 febbraio 2003