Il neoduce voleva bloccare Annozero
Berlusconi indagato per concussione e minacce
Anche Minzolini (rivelazione di segreto) e Innocenzi (favoreggiamento) sono sotto inchiesta

Il 12 marzo Il Fatto quotidiano rivelava che la procura di Trani stava indagando sul presidente del consiglio Berlusconi sull'ipotesi del reato di concussione per aver esercitato pressioni sull'Authority per le comunicazioni (Agcom) per far chiudere Annozero e altre trasmissioni sgradite al neoduce. Nell'indagine erano coinvolti anche il consigliere di Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore del Tg1 Augusto Minzolini.
La notizia, non confermata né smentita dai magistrati di Trani, era basata su intercettazioni telefoniche operate dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Bari nell'ambito di un'inchiesta per il reato di usura sulle carte di credito "revolving" della American Express. Questa inchiesta aveva portato il 30 settembre scorso ad un blitz delle fiamme gialle nella sede romana della multinazionale finanziaria e i suoi dirigenti misero in campo le loro "amicizie" tra le testate giornalistiche e televisive per non far emergere lo scandalo. Ma le loro telefonate furono intercettate e il 17 dicembre il sostituto procuratore di Trani Michele Ruggiero, titolare dell'inchiesta, chiamò a testimoniare come persone informate sui fatti Minzolini, Innocenzi, il direttore per le relazioni istituzionali di Mediaset Andrea Ambrogetti e l'ex direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce.
A tutti costoro fu imposto di non rivelare il motivo e il contenuto delle audizioni, ma Minzolini si affrettò ad informare il suo padrone Berlusconi con una telefonata tranquillizzante a "Paolino" Bonaiuti non appena finito l'interrogatorio. Poiché il suo telefono era sotto controllo ecco la ragione per cui il pm ha ipotizzato per lui il reato di rivelazione di segreto d'ufficio. Per Innocenzi, ex dirigente Fininvest e ex deputato di Forza Italia, l'ipotesi di reato era invece di favoreggiamento, in quanto a precisa domanda del magistrato aveva mentito negando "nella maniera più assoluta" qualsiasi pressione per mettere a tacere o far chiudere trasmissioni televisive, mentre Ruggiero era già a conoscenza di numerose intercettazioni tra il consigliere dell'Agcom e Berlusconi che dimostravano esattamente il contrario.
Quanto a Berlusconi l'ipotesi era di concussione ("quando un pubblico ufficiale - qual è anche il premier - abusando della sua funzione, costringe un'altra persona a procurargli un'utilità"), in quanto dalle trascrizioni delle intercettazioni, che Il Fatto quotidiano era riuscito in qualche modo a procurarsi e a pubblicare, risultava inoppugnabilmente che si era adoperato in varie occasioni per indurre non solo Innocenzi, ma anche il presidente Calabrò e altri consiglieri dell'Agcom, nonché il direttore generale della Rai Mauro Masi, a non mandare in onda puntate di Annozero, come quella sul processo Mills e quelle sul suo fornitore di "escort" Tarantini e sul suo sottosegretario in odore di camorra Cosentino, e finanche per far "chiudere tutto" ciò che poteva dargli fastidio, a cominciare dalla trasmissione di Michele Santoro.
E anche per lamentarsi di altre trasmissioni a lui sgradite di Rai3 come Ballarò, condotta da Giovanni Floris, e Parla con me di Serena Dandini. Accusata quest'ultima di aver ospitato giornalisti a lui ostili come il direttore de La Repubblica Ezio Mauro e il suo fondatore e principale editorialista Eugenio Scalfari. Per non parlare delle sue telefonate al "sempre pronto" Minzolini per concordare con lui i servizi del Tg1: come l'editoriale dell'11 dicembre scorso in cui il "direttorissimo" (così lo chiamava confidenzialmente il "capo") intervenne per screditare la deposizione di Spatuzza contro il premier.

"Nemmeno nello Zimbabwe"
Con Innocenzi e Masi il neoduce era ancora più esigente e imperioso, li trattava come suoi dipendenti, esigendo che si muovessero immediatamente per far chiudere Annozero e le altre trasmissioni a lui "ostili" (cosa che poi ha ottenuto lo stesso per altra via) e questi si facevano in quattro per servirlo e compiacerlo, pur non riuscendo a fargli capire che i suoi ordini non potevano tradursi automaticamente in realtà perché certe regole formali andavano comunque rispettate. Tanto che il primo, dopo le sfuriate del premier che lo trattava come un suo domestico ("ti dovresti vergognare", "ti ci ho messo io costì") si sfogava lamentandosi che il capo "mi ha fatto un culo che non finiva più", e il secondo gli rispondeva che non poteva impedire preventivamente a Santoro di andare in onda solo perché così voleva Berlusconi: "Non si fa così nemmeno nello Zimbabwe", osservava lo sconsolato Masi, che pure assicurava di star facendo tutto il possibile per "aggiustare la Rai". "Abbiamo mandato via anche Ruffini", aggiungeva a mo' di riprova della sua buona volontà nell'eseguire gli ordini del suo padrone.
A queste rivelazioni, che Innocenzi aveva inizialmente la faccia tosta di definire "illazioni", e che Minzolini accoglieva con supponenza rivendicando il diritto "di parlare al telefono con tutti" e chiedendo con strafottenza "dove sta il reato?", il neoduce reagiva con sdegno e arroganza, parlando al Tg4 di "indagine ridicola e grottesca", di "fango da parte di certa magistratura per dettare tempi e modi della campagna elettorate". E dava subito ordine ai suoi gerarchi di accelerare sulla legge contro le intercettazioni attualmente ferma al Senato, con il plauso del suo presidente Schifani che si affrettava a dichiarare i tempi "maturi" per finire di approvarla rapidamente. Inoltre il Guardasigilli Alfano si mobilitava immediatamente annunciando l'invio degli ispettori del suo ministero alla Procura di Trani per verificare se l'inchiesta fosse viziata da "tre gravissime patologie": la competenza territoriale, che a detta sua e degli avvocati di Berlusconi avrebbe dovuto essere della procura di Roma, l'abuso di intercettazioni e la rivelazione di segreti d'ufficio per la fuga di notizie finite sui giornali.
Un atto, il suo, palesemente illegale e intimidatorio nei confronti dei magistrati pugliesi, tanto che il Consiglio superiore della magistratura (Csm) decideva di aprire un fascicolo in difesa dei giudici di Trani dalle interferenze dell'esecutivo. Tra l'altro dalle intercettazioni delle telefonate di Innocenzi risulta che per trovare pretesti per far chiudere Annozero e le altre trasmissioni "nemiche" del neoduce egli si avvaleva dei consigli giuridici di un consigliere dello stesso Csm, poi individuato in Cosimo Ferri, figlio dell'ex ministro dei Lavori pubblici del PSDI, già incappato in passato nell'inchiesta su calciopoli, e che perciò è stato sottoposto ad indagine all'interno del Consiglio. Al braccio di ferro che minacciava di allargarsi tra Csm ed esecutivo ha poi posto un brusco stop il servizievole Napolitano, con una lettera in cui ribadisce il pieno diritto del governo di inviare gli ispettori, e dando così ragione a Berlusconi e Alfano che hanno potuto parlare trionfalmente di "sconfessione" del Csm da parte del Quirinale.

Verso l'insabbiamento
Intanto la procura di Trani, interpellata direttamente dai legali di Berlusconi, non solo confermava che quest'ultimo era indagato, ma che in aggiunta al reato di concussione (da 4 a 12 anni la pena) era indagato anche per il reato di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario (art. 317 e 338 cp, con pena fino a 7 anni di reclusione). Confermando altresì le indagini su Innocenzi per favoreggiamento personale e su Minzolini per rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.
La Procura ha anche confermato che queste ultime due inchieste rimangono a Trani (i reati sono stati commessi infatti in quella città), mentre quella su Berlusconi viene trasferita per competenza alla procura di Roma. Che a sua volta la sottoporrà all'autorizzazione del tribunale dei ministri, e quindi finirà, dal punto di vista giuridico, nel nulla come al solito. Come finiranno certamente nel nulla l'inchiesta del Comitato etico della super lottizzata Agcom su Innocenzi e le richieste di dimissioni di Minzolini, avanzate dal sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai) e da una metà del Comitato di redazione del Tg1, e sostenute senza troppa convinzione anche dai consiglieri in quota PD nel Cda della Rai insieme a quelle del direttore generale Masi.
Ma lo scandalo politico e morale rimane per intero, e troppo fiacche e reticenti sono state invece le reazioni da parte dell'"opposizione" parlamentare, che non solo si è ben guardata dal cavalcare l'indignazione per le sfuriate telefoniche del neoduce che riportano alla ribalta l'intollerabile conflitto di interessi e il suo totale controllo sull'informazione anche cosiddetta "pubblica", ma è arrivata al punto di mettere in dubbio la fondatezza dell'inchiesta insinuando perfino che essa farebbe il gioco dello stesso Berlusconi, permettendogli di passare da vittima e risalire nei sondaggi.
Accortosi infatti di questa riluttanza del PD ad attaccarlo il nuovo Mussolini è passato subito dalla negazione indignata all'ammissione arrogante, rivendicando le sue pressioni contro Annozero e le trasmissioni di Rai3 come legittime e anzi addirittura "doverose", per cui c'è da star sicuri che il suo programma di completo asservimento e militarizzazione della Rai andrà avanti senza interruzioni. E ciò conferma che non è confidando nelle illusioni elettorali e nell'opportunistica e imbelle "sinistra" borghese, ma solo con la lotta di piazza che si può sperare di fermarlo e buttarlo giù prima che riesca a zittire e mettere al passo dell'oca l'intero Paese.

24 marzo 2010