Il leader della Casa del fascio vuole che l'Italia conti di più nella Ue
BERLUSCONI LICENZIA RUGGIERO
Il neoduce si mette la feluca come Benito Mussolini

Il 5 gennaio Berlusconi ha licenziato il ministro degli Esteri Ruggiero e ha assunto ad interim la guida della Farnesina "per tutto il tempo che sarà necessario'', risolvendo così con piglio ducesco la contraddizione emersa nel suo governo all'indomani dell'esordio della moneta unica europea.
La contraddizione era esplosa a inizio anno con le dichiarazioni di Ruggiero che lamentava la "freddezza'' del governo e dello stesso presidente del Consiglio per il lancio ufficiale dell'euro, e denunciava la presenza di una forte corrente "euroscettica'' all'interno della maggioranza, facente capo ai ministri Bossi, Tremonti e Martino. In realtà era da un pezzo che Ruggiero, uomo della Fiat imposto da Agnelli e Ciampi a Berlusconi, si muoveva non in stretta sintonia col neoduce, e che quest'ultimo aspettava l'occasione per sbarazzarsi della sua tutela e poter condurre a modo suo la politica estera del Paese. I contrasti tra i due erano già emersi quantomeno in altre due occasioni, cioè con la vicenda dell'Airbus militare europeo e con quella del mandato di cattura europeo, che avevano visto Ruggiero da una parte, e Berlusconi e il resto del governo dall'altra, marciare in direzioni esattamente opposte.
è così che alle lamentele di Ruggiero sulla scarsa vocazione europeistica del governo il neoduce ha risposto picche, riaffermando in un'intervista a la Repubblica del 4 gennaio che "la politica estera del paese è guidata dal presidente del Consiglio, non da questo o quel ministro'', e ricordando che "Ruggiero è un ministro tecnico, e in questa veste io l'ho chiamato al governo: non c'è alcuna possibilità che quel che dice abbia conseguenze politiche. Anche perché, lo ripeto, ho io la titolarità della nostra politica estera''. Con questa mossa ha messo il ministro con le spalle al muro, al quale non è rimasto altro che dare le dimissioni, presentate ufficialmente come una decisione "consensuale''.
Berlusconi ha immediatamente assunto ad interim la titolarità del ministero vacante, in attesa di pensare con tutta calma a un successore di Ruggiero che dovrà essere, al contrario del ministro "dimissionato'', un fedele esecutore della sua politica. In questo senso il suo candidato ideale per questa carica sarebbe Gianni Letta, o comunque un altro forzista, come Urbani o Frattini. è stato fatto anche il nome di Romiti, suo grande elettore e avversario del clan Agnelli, col quale ha avuto infatti un incontro riservato. è per questo che il neoduce ha fatto orecchie da mercante, non dicendo né sì né no, alla candidatura di Fini avanzata da AN, che vuole cogliere al balzo la prospettiva di un rimpasto di governo per avere più "visibilità'' acquisendo un ministero importante come quello degli Esteri, ora che gli eredi di Mussolini sono stati sdoganati ufficialmente perfino da Israele.
Nel frattempo il neoduce intende guidare in prima persona la Farnesina per imprimergli la sua personale impronta: "Resterò alla Farnesina tutto il tempo necessario per far sì che il ministero degli Esteri si adegui alle esigenze e agli impegni che si prospettano - ha detto con sussiego ai giornalisti all'atto del passaggio delle consegne con Ruggiero - anche perché la politica estera tra qualche tempo diventerà qualcosa che guida tutta l'Europa. E vi dico anche una cosa: è un lavoro che mi piace e che credo di sapere fare bene perché ci vuole un imprenditore, un innovatore, un organizzatore. Credo di essere la persona giusta al posto giusto e mi ci diverto pure''.

LA STRATEGIA PERDENTE DELL'ULIVO
L'estromissione di Ruggiero è stata impugnata dall'Ulivo come una dimostrazione dell'"antieu-ropeismo'' del governo Berlusconi. Rutelli l'ha definita "una crisi disastrosa per il governo Berlusconi'' e ha parlato di "un danno gravissimo per l'Italia e per la sua autorevolezza internazionale''. Anche il leader DS, Fassino, ha parlato di "un durissimo colpo al prestigio e alla credibilità dell'Italia''. L'Ulivo ha anche promosso una ridicola manifestazione in Campidoglio per rivendicare con orgoglio la sua vocazione europeistica e denunciare l'"euroscetticismo'' del governo, presentando Ruggiero come una sorta di eroe della "sinistra''. Mastella è arrivato addirittura a proporlo come nuovo leader della coalizione di "opposizione''.
In questo gioco di pura rimessa, in cui l'unica bandiera da sventolare che gli è rimasta è quella europea, l'Ulivo si attacca a tutto, anche alle reazioni di sorpresa e di diffidenza nei confronti della mossa di Berlusconi manifestate da alcuni governi socialdemocratici della Ue e dalla stampa ad essi collegata, specialmente in Francia, Germania e Belgio, reazioni che sembrano accreditare l'"antieuropeismo'' del governo italiano. A confortare questa interpretazione i leader ulivisti citano anche il disappunto manifestato da Agnelli, con la sua battuta sull'Italia che così rischia di diventare una "repubblica dei fichi d'India'' (lui che però, alla vigilia delle elezioni, aveva negato recisamente che l'Italia fosse una "repubblica delle banane''). Ma è proprio questo il nocciolo della contraddizione, il vero disegno politico del neoduce, che secondo i leader dell'Ulivo starebbe dietro l'estromissione di Ruggiero e la sua avocazione del ministero degli Esteri?
In realtà l'interpretazione del "centro-sinistra'' è quantomeno riduttiva e fuorviante. Infatti la mossa di Berlusconi non riguarda e va ben oltre l'"euroscetticismo'' di cui l'accusano i socialdemocratici nostrani e d'oltralpe. E non solo perché egli ha riaffermato di essere un europeista convinto, ricevendo anche l'avallo autorevole di Prodi, Giscard e Aznar. Vi si legge invece senz'altro la smisurata megalomania del personaggio, nel volersi occupare di tutto in prima persona, lasciando agli altri solo il ruolo di esecutori dei suoi ordini. Ma c'è soprattutto - e questo l'Ulivo non lo dice, perché ha i suoi bravi scheletri nell'armadio - uno scoperto presidenzialismo, che si manifesta nella ulteriore concentrazione di poteri nelle mani del presidente del Consiglio, legittimata per di più non da necessità istituzionali ma da una proclamata "investitura'' diretta del Paese: "Gran parte dell'opposizione e della stampa - ha dichiarato non a caso il neoduce entrando con piglio da padrone alla Farnesina - avevano criticato la nomina di Ruggiero proprio perché considerato amico dei poteri forti. Ora ci sono addirittura delle critiche perché questo ministro si è dimesso. Siamo seri! Gli unici poteri forti con cui questo governo è alleato sono gli elettori, i milioni di elettori che rappresentano la nostra forza''.

IL DISEGNO MUSSOLINIANO DI BERLUSCONI
Il realtà il paragone più calzante è quello con Mussolini, che non a caso tenne anche lui l'interim degli Esteri e che ostentava la feluca di ambasciatore per sottolineare che la politica estera era materia troppo importante perché egli non se ne occupasse personalmente. E come Mussolini voleva un "posto al sole'' per l'Italia fascista tra le grandi potenze mondiali, così il neoduce Berlusconi intende guidare - personalmente o tramite un suo fidato esecutore - la politica estera della seconda repubblica per dare all'imperialismo italiano uno spazio e una visibilità maggiori in Europa e nel Mondo.
Non per nulla la prima cosa che ha fatto da nuovo ministro degli Esteri è stata annunciare una "riconversione delle strutture diplomatiche che, accanto al ruolo politico e di promozione culturale, devono offrire una più accentuata capacità di sostenere l'Italia sui mercati esteri''. Parole che hanno fatto arricciare il naso all'Ulivo, che difende un'immagine "nobile'' e ottocentesca della diplomazia, ma che sono piaciute invece moltissimo alla Confindustria, e in special modo al suo presidente D'Amato, stretto alleato di Berlusconi, che ha ricordato che gli industriali italiani chiedevano da tempo che le nostre ambasciate fossero maggiormente orientate a promuovere le produzioni italiane nel mondo e ad attrarre investimenti in Italia, "come avviene nel resto d'Europa'', ha detto, dove "diplomazia economica e diplomazia politica vanno di pari passo''. Per inciso, in segno di ulteriore appoggio alla mossa del presidente del Consiglio, D'Amato ha anche criticato la battuta di Agnelli sui "fichi d'India'', chiedendo di parlare con "più rispetto'' del nostro paese. Inoltre, se confermata, la candidatura di Romiti alla Farnesina risponderebbe perfettamente al nuovo ruolo di promozione del capitalismo made in Italy che Berlusconi intende assegnare al dicastero.
Quindi, checché ne dica strumentalmente l'Ulivo, il disegno di Berlusconi non è antieuropeo, ma piuttosto tende a sfruttare le contraddizioni, anche di linea politica e non solo economica, all'interno della Ue, per far valere gli interessi del capitalismo italiano, di cui è al tempo stesso componente e rappresentante: "I cittadini - ha detto a questo proposito il neoduce - devono sapere che l'Europa non è una confraternita. è una unione di paesi in competizione tra loro. I cittadini devono sapere che anche in Europa c'è la polarizzazione della politica tra sinistra e centrodestra''.
è in questo quadro che vanno interpretate certe sue impuntature, come sulla vicenda dell'Airbus europeo e al recente vertice di Laeken. In particolare ora mira a far chiudere la Convenzione che dovrà stilare la Costituzione europea entro il 2003, in coincidenza con la presidenza di turno italiana, in modo da sfruttarne politicamente i riflessi di immagine. La sua è una strategia per certi aspetti simile a quella di Blair, la cui partecipazione al processo di integrazione imperialista europea non gli impedisce di perseguire in piena autonomia gli interessi specifici dell'imperialismo britannico, compresa l'alleanza speciale con gli Usa. Non a caso il Times di Londra ha scritto che "l'idea che Berlusconi sia un cattivo europeo è ridicola. Egli crede che il suo paese debba perseguire con più decisione i propri interessi e non debba prendere parte a progetti svantaggiosi''.
Del resto anche nel suo intervento in parlamento, in risposta alle interrogazioni sulla politica estera, il neoduce ha ribadito puntigliosamente questa linea, proclamando che la collocazione dell'Italia in Europa "è e sarà sempre salda'', ma facendo anche leva sull'orgoglio nazionale e rispondendo sprezzantemente alle critiche espresse da alcuni esponenti di governi socialdemocratici della Ue che "nessuno può pensare di metterci sotto tutela o, peggio, di considerarci o trattarci come soggetti a sovranità limitata''. Un atteggiamento il suo, anche sotto il profilo del linguaggio, sempre più mutuato dalle sparate nazionaliste e scioviniste del suo maestro Mussolini.

16 gennaio 2002