Grazie al successo della compravendita dei deputati
Berlusconi ottiene la fiducia
Occorre un nuovo 25 Aprile per liberarsi del nuovo Mussolini

Il 14 dicembre, in un parlamento nero assediato dalle manifestazioni degli studenti, dei precari, dei metalmeccanici, dei terremotati aquilani e dei comitati di lotta campani, scesi in piazza per chiedere le dimissioni di Berlusconi, il governo è riuscito a strappare la fiducia delle Camere.
Con una maggioranza ampia e scontata, 162 contro 135, al Senato; sul filo di lana e con soli tre voti di margine, 314 contro 311, alla Camera: voti per giunta comprati uno per uno a suon di milioni dal neoduce, che tuttavia gli sono bastati per ottenere una netta vittoria politica su chi voleva sbalzarlo di sella - primo fra tutti l'odiato rivale interno al "centro-destra", Fini - e per restare ancora padrone del gioco almeno per i prossimi mesi.
Va anche detto che il nuovo Vittorio Emanuele III che siede al Quirinale gli ha dato una mano preziosa per cavarsela, facendo chiudere la Camera - un atto arbitrario senza precedenti - con la scusa di non intralciare l'approvazione della Legge di stabilità per "non turbare i mercati". Il che ha regalato al neoduce quasi un mese di tempo per allestire in tutta tranquillità uno scandaloso ma anche fruttuoso mercato delle vacche in parlamento per comprarsi i voti necessari a far fallire le mozioni di sfiducia al governo presentate da UDC e PD-IDV.
Così come un altro aiuto provvidenziale gli è venuto dalla Corte costituzionale, che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla incostituzionalità del "legittimo impedimento" proprio il 14 dicembre, e che invece, alla vigilia del voto in parlamento, ha deciso di rinviare l'esame del provvedimento all'11 gennaio con la stupefacente motivazione di "evitare il clima infuocato": un'altra forzatura procedurale arbitraria e senza precedenti come quella di Napolitano, forse anzi da lui stesso ispirata.
Ma non c'è dubbio che anche da parte sua il neoduce abbia giocato in maniera molto abile la difficile partita: mentre roteava il bastone contro i "traditori" finiani, facendoli perfino mettere alla berlina con tanto di foto e indirizzi su "Libero", agitava la carota facendo shopping nelle loro file tra i più dubbiosi e corruttibili e riuscendo a comprare perfino un paio di deputati dell'IDV, Razzi e Scilipoti, che sono usciti dal loro gruppo e hanno poi votato a favore del governo. Anzi, Scilipoti, Cesario e l'ex PD ed ex API Calearo (un imprenditore scelto da Veltroni come capolista nel Veneto alle politiche del 2008), hanno perfino formato un nuovo gruppo ad hoc a sostegno del neoduce, e con i loro tre voti dati all'ultimo tuffo, unitamente a quelli di due transfughe finiane e l'astensione di un altro, sono stati determinanti per salvare il governo. Il che fra l'altro la dice lunga su che razza di porti di mare siano i partiti di Di Pietro e Bersani.

Le abili mosse del neoduce
Che il calciomercato stesse avendo successo è apparso evidente quando il vice di Fini, Bocchino, si è incontrato con Berlusconi a Palazzo Grazioli per proporgli un compromesso, basato sulle sue dimissioni prima del 14, con reincarico lampo entro 72 ore per formare un Berlusconi-bis allargato a FLI e UDC, ma che il neoduce ha respinto sprezzantemente ribadendo la sua certezza di ottenere la fiducia anche alla Camera. L'incontro, che doveva restare segreto e che era stato smentito da Bocchino, è stato invece sputtanato alla stampa dal premier, che così è riuscito anche a mettere zizzania tra FLI e l'UDC di Casini, che non era stato informato da Fini dell'iniziativa.
Quanto a Casini il neoduce intensificava le pressioni e le lusinghe per tirarlo nella maggioranza, sfruttando anche il suo asse privilegiato con la chiesa, rafforzato proprio alla vigilia del voto da un ricevimento sfacciatamente "amichevole" con il segretario di Stato Bertone e i cardinali italiani all'ambasciata italiana presso il Vaticano.
Anche nei suoi interventi il 13 dicembre, prima al Senato e poi alla Camera, il neoduce è stato molto abile, vantando solo "successi" e limpida coerenza da parte del suo governo e alternando sapientemente una spietata durezza contro la "follia politica" di chi vuole la "crisi al buio" (Fini e Casini) a toni concilianti e melliflui rivolti "a tutti i moderati" (i parlamentari di FLI e dell'UDC) per un "patto di legislatura per garantire coerenza e continuità con il programma elettorale e con le scelte condivise, rinnovando quello che c'è da rinnovare nel programma e nella compagine di governo". Altrimenti, se passa la sfiducia, ha concluso, ci sono solo le elezioni anticipate. E per sottolineare la minaccia, nella replica al Senato, si è rivolto "agli amici di Futuro e libertà" augurando loro "di passare una notte piena di riflessioni" e augurandosi "che davvero la notte porti consiglio".
Siano state le minacce o i soldi o entrambe le cose a portare loro consiglio, sta di fatto che la sua tattica ha funzionato ed è riuscito a spuntarla, come aveva promesso. È inutile che Fini, al quale ora non resta che la via dell'opposizione fuori dal "centro-destra" che voleva strappare al neoduce, si consoli definendo solo "numerica" e non politica la vittoria di Berlusconi. Come è inutile e puerile che Bersani, prevedendo la mala parata e mettendo le mani avanti abbia parlato nel suo intervento di "vittoria di Pirro" nel caso Berlusconi fosse passato con due o tre voti di scarto perché non sarebbe una maggioranza sufficiente per durare.

Vittoria numerica e politica
Quella del neoduce è invece una vittoria non solo numerica ma anche prettamente politica. A questo punto, infatti, che il governo abbia una maggioranza risicata è del tutto secondario. A Berlusconi, già dato troppo frettolosamente per spacciato, importava restare in sella, dare una lezione a Fini, continuare a usufruire del "legittimo impedimento", dimostrare a Napolitano di avere ancora la maggioranza per spazzare dal terreno ogni ipotesi di governo "tecnico" e simili senza di lui al comando, e tenere saldamente in mano il pallino della situazione per gestire ancora da protagonista il dopo voto. Tutti obiettivi pienamente conseguiti.
Adesso, con tutta calma, potrà dedicarsi a rafforzare il governo cercando di imbarcare Casini con tutta l'UDC, o quantomeno comprarne qualche pezzo continuando nel frattempo lo shopping nelle file di FLI e tra i cani sciolti in parlamento, gestendo sapientemente tanto i fondi illimitati di cui dispone quanto il pacchetto di posti di governo e di sottogoverno rimasti liberi dopo l'uscita dei finiani.
Se ciò gli riuscirà ha già pronte, come ha annunciato nel suo discorso, le "riforme" da attuare subito: il completamento del federalismo fiscale, innanzi tutto, per rafforzare l'alleanza di ferro con Bossi. Poi la controriforma della giustizia, le "riforme istituzionali", con "l'aumento dei poteri del presidente del Consiglio, la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo". E infine la modifica della legge elettorale, ma non per abolire il "porcellum", bensì per rafforzarlo ulteriormente estendendo lo scandaloso premio di maggioranza su scala nazionale anche al Senato.
Se invece non gli riuscisse c'è sempre la strada delle elezioni anticipate, che con questa legge elettorale e l'alleanza con la Lega, a fronte di un "centro" ancora debole e diviso e di un "centro-sinistra" tuttora in pieno marasma, vincerebbe ancora una volta a tavolino, pur con una probabile ulteriore emorragia di voti a favore del partito di Bossi.
Ancora una volta, dunque, il nuovo Mussolini è riuscito a beffare chi si illudeva di averlo messo in trappola e che solo un mese fa lo dava ormai per bollito e sul viale del tramonto. E ancora una volta questo dimostra che la via per cacciare Berlusconi non può essere quella illusoria e fallimentare dei colpi di palazzo, bensì solo quella della lotta di massa nelle piazze. La conclusione di questa squallida vicenda, con il marcio e la corruzione che ha fatto emergere nelle istituzioni borghesi, rende sempre più urgente un nuovo 25 Aprile, generalizzando e intensificando lotte di massa e di piazza come quelle del 14 dicembre a Roma e in altre città d'Italia.
"L'auspicio del PMLI - si legge nel comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI datato 14 dicembre - è che questa lotta di piazza e di massa si sviluppi sempre più e non si limiti nell'utilizzo di tutte le forme di lotta necessarie per abbattere il nuovo Mussolini che ha rimesso la camicia nera all'Italia, ha gettato sul lastrico e alla miseria milioni di italiani e ha negato il futuro ai giovani".

15 dicembre 2010