Nel 40° dalla sua approvazione
Il governo Berlusconi prepara la demolizione dello "Statuto dei lavoratori"
Lo sostituirà con lo "Statuto dei lavori" sfacciatamente filo-padronale
Si proclami lo sciopero generale

Va avanti come un carro armato senza soste l'odiosa politica di "macelleria sociale" del governo del neoduce Berlusconi, specie per quanto riguarda la demolizione sistematica dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro Paese. Una politica questa che anzi rischia di subire, nei prossimi giorni, un ampliamento e un'accelerazione. Come?
Con la manovra economica "correttiva" che ha preparato il ministro Tremonti; una tremenda stangata di 24 miliardi che si abbatterà anzitutto sui lavoratori pubblici ai quali si blocca il rinnovo dei contratti, si tagliano i salari di fatto, si bloccano le assunzioni e si aumentano carichi di lavoro, ma anche su sanità, scuola, previdenza, enti locali.
Con un piano triennale elaborato dal ministro del welfare, Maurizio Sacconi riguardante il "mercato del lavoro" per introdurre nuove ed ennesime precarietà e, di seguito, un decreto legislativo per mettere in soffitta lo "Statuto dei lavoratori" e sostituirlo con uno "Statuto dei lavori" devastante per i diritti dei lavoratori e sfacciatamente filo-padronale. Non va dimenticato, tra l'altro, che in parlamento prosegue la discussione del ddl sul lavoro, presentato sempre dal ministro Sacconi, totalmente inaccettabile, che contiene la norma sull'arbitrato per aggirare l'art.18 e rendere facili i licenziamenti; ddl rimandato alle Camere da Napolitano per evidente anticostituzionalità, che il governo vuole comunque approvare con ritocchi marginali, anche peggiorativi come il "licenziamento orale" per i contratti precari.
Tra questi, merita particolarmente attenzione l'attacco devastante allo "Statuto dei lavoratori" condotto cinicamente proprio in occasione del 40° anniversario dalla sua introduzione. La legge 300/70 contenente "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", passata alla storia appunto come "Statuto dei lavoratori" fu infatti approvata il 20 maggio 1970.
Per quanto la sua ispirazione di fondo fosse di tipo riformista e il suo carattere di tipo democratico-borghese, si trattò di una conquista molto importante del movimento operaio e sindacale italiano ottenuta con la lotta, imposta alle imprese con gli scioperi e le manifestazioni di piazza. Infatti, se è pur vero che l'idea originale venne lanciata nel 1952 dall'allora segretario generale della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, se è pur vero che per la presentazione e l'approvazione di questa legge dettero un contributo diretto gli allora ministri del Lavoro che si succedettero tra il '69 e il '70, Giacomo Brodolini e Carlo Donat-Cattin, sulla base di un testo elaborato da Gino Giugni, è ancor più vero che senza la Grande Rivolta del Sessantotto, senza la contestazione sociale esplosa a quel tempo degli operai, ma anche degli studenti e dell'insieme delle masse popolari, la suddetta legge non avrebbe visto la luce.
Al di là di limiti che pure c'erano e col tempo si sono rivelati in modo più accentuato (il tetto dei 15 dipendenti, il monopolio della rappresentanza data ai "sindacati maggiormente rappresentativi"), l'introduzione dello "Statuto dei lavoratori" fu molto importante perché tendeva a contenere e ridurre lo strapotere padronale nelle fabbriche, incarnato nel "modello Fiat" di Valletta, dove per esempio, il licenziamento per motivi politici era una prassi largamente utilizzata, dove le libertà sindacali erano puramente formali. Fu importante perché introdusse un cospicuo sistema di garanzie e tutele per i lavoratori dipendenti del settore privato: dalla libertà sindacale in fabbrica, alla libertà di manifestazione del pensiero, dal diritto allo sciopero, alla tutela contro i licenziamenti "illegittimi", dal diritto di rappresentatività sindacale al divieto esplicito di discriminazioni, il divieto di utilizzare videocamere per sorvegliare i lavoratori a loro insaputa, detto per sommi capi.
Le associazioni padronali, con in testa la Confindustria, l'introduzione dello "Statuto dei lavoratori" l'hanno, di fatto, subìta e mai accettata interamente. Di volta in volta hanno chiesto ai governi di operare modifiche sostanziali per indebolirlo e renderlo meno efficace almeno su due punti: allentare i vincoli previsti dell'art.18 che prevedono il reinserimento obbligatorio nel posto di lavoro del lavoratore licenziato senza "giusta causa"; aumentare il numero di lavoratori occupati nelle imprese (attualmente il tetto è di 15 dipendenti) sotto il quale non si applica la legge 300/70. Sono stati i governi Berlusconi che, più di altri, hanno raccolto e messo in pratica le rivendicazioni padronali, anche sulla base delle teorizzazioni del giuslavorista Marco Biagi. Nel 2003 con il varo della legge 30 che ha precarizzato tutti i contratti di lavoro e per questa via tolto a milioni di lavoratori le tutele dello "Statuto dei lavoratori"; attaccando direttamente l'art.18 per cancellare di fatto le tutele contro i licenziamenti "illegittimi"; attacco poi fallito a seguito della risposta di lotta di massa promossa dalla Cgil che fece seguito. Nel 2009, con l'accordo separato sul nuovo modello contrattuale padronale e corporativo, firmato il 22 gennaio insieme a Confindustria e i sindacati complici Cisl, Uil e Ugl, contro la volontà della Cgil. Nel 2010, come si è detto con il ddl sul lavoro con al centro la normativa sull'arbitrato e gli enti bilaterali che, oltretutto, cambiano la natura del sindacato e con l'annunciato "Statuto dei lavori" in luogo dello "Statuto dei lavoratori".
Si vedranno i contenuti che avrà il decreto legislativo, ancora in preparazione, per lo "Statuto dei lavori", ma la filosofia e le finalità si conoscono già e sono assolutamente irricevibili e totalmente da rigettare. Sacconi infatti, intende inserire il suo grimaldello per scardinare le principali tutele in vigore per inserire deroghe, per trasformarle da certe ed esigibili per legge da tutti coloro che ne hanno diritto a incerte, negoziabili tra le "parti sociali" magari sempre attraverso i corporativi "enti bilaterali", e differenti territorialmente in omaggio alla Lega separatista, razzista e xenofoba di Bossi. Il ministro asserisce che queste modifiche porterebbero più diritti per tutti, anche per quelli che oggi non ce l'hanno: ma è una balla stratosferica che solo gli allocchi possono bere.
Preoccupa sin da ora il diverso atteggiamento assunto dei sindacati confederali: contrario quello della Cgil, possibilista, e ti pareva, quello di Cisl e Uil. La proposta di Sacconi "si fonda su principi intollerabili - ha affermato in proposito Epifani - che vanno ripudiati: la sostanziale equiparazione dei diritti dei lavoratori dipendenti con quelli dell'impresa, e la riduzione degli spazi di libertà e di autodeterminazione dei lavoratori". Ciò che si vuole cambiare, ha aggiunto il segretario della Cgil, non è soltanto la legislazione vigente, il quadro del lavoro consolidato, dallo Statuto alle leggi sullo sciopero, ma anche la radice e il fondamento della nostra architettura giuslavorista, ovvero la Costituzione.
Se è questa la portata dell'offensiva reazionaria del governo, e lo è nell'ambito del progetto della terza repubblica, non bastano le parole, si deve agire tempestivamente, occorre promuovere subito la mobilitazione dei lavoratori e preparare in tempi brevi lo sciopero generale. Questo governo va fermato, va abbattuto prima che sia troppo tardi. Il PMLI lo va dicendo da tempo!

1 giugno 2010