Sentenza della Cassazione
Mills: corrotto da Berlusconi. Ma il reato è prescritto
Berlusconi: "i magistrati sono una banda di talebani"

L'avvocato inglese David Mills, creatore del sistema di fondi neri della Fininvest all'estero, è stato effettivamente corrotto da Berlusconi per testimoniare il falso a suo favore in processi che lo riguardano, ma il reato è prescritto per decorrenza dei termini grazie a una legge voluta dallo stesso corruttore. Questa l'assurda e scandalosa sentenza che la Corte di cassazione a sezioni riunite, presieduta da Torquato Gemelli, ha emesso il 25 febbraio accogliendo in parte il ricorso degli avvocati di Mills contro la condanna a 4 anni e sei mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari inflitta dal tribunale di Milano e confermata anche in appello.
Mills era stato riconosciuto colpevole, sia in primo che in secondo grado, di aver intascato una tangente di 600 mila dollari dalla Fininvest, tramite un bonifico estero, quale compenso per aver testimoniato il falso in due processi in corso al tribunale di Milano, quello sulle tangenti alla guardia di finanza per salvare le reti abusive del biscione e sui falsi in bilancio dei fondi neri All Iberian a Craxi. Chiamato a ricostruire il giro di società offshore da lui stesso ideato per gestire i fondi neri del cavaliere piduista, Mills mentì alla corte per "evitare guai ancora peggiori al signor B", come scrisse in una sua lettera e ammise poi anche in istruttoria, salvo successivamente ritrattare tutto.
Nel ricorso in Cassazione il suo collegio difensivo chiedeva in via prioritaria l'assoluzione piena per non aver commesso il fatto, cosa che se accolta avrebbe fatto cadere automaticamente anche il processo al corruttore Berlusconi, separato da quello Mills in conseguenza del lodo Alfano e rimesso in moto dopo la sentenza della Consulta che l'ha bocciato come anticostituzionale. Come seconda mossa gli avvocati di Mills chiedevano che la Corte dichiarasse illegittimo il principio di "corruzione susseguente" applicato dal tribunale di Milano: stabilisse cioè che la corruzione non sussiste se il pagamento illecito avviene dopo e non prima della commissione di un altro reato (in questo caso la falsa testimonianza di Mills). Infine il collegio di difesa chiedeva che la Corte sconfessasse la tesi dei giudici milanesi secondo cui i termini della prescrizione decorrevano dal 29 febbraio 2000, data in cui i soldi della tangente depositati in un conto svizzero furono effettivamente prelevati da Mills. Secondo i ricorrenti, invece, doveva valere la data del deposito di questi fondi, retrocedendo il momento della corruzione al novembre 1999. Con questo cavillo, e grazie alla ex Cirielli con cui Berlusconi ha abbassato i termini della prescrizione da 15 a 10 anni, il reato per cui Mills ha avuto ben due condanne doveva considerarsi estinto già lo scorso dicembre.

Un "compromesso" per salvare Mills e il neoduce
Ed è proprio questa la tesi fatta propria dal procuratore generale della Cassazione Ciani, che peraltro aveva respinto le altre due, determinando così la sentenza che da una parte riconosce che la corruzione ci fu, ma che la condanna decade per prescrizione dei termini, anche se per un soffio. Si tratta quindi di un compromesso con cui la Cassazione ha messo una pezza alla sentenza della Corte costituzionale che aveva bocciato il lodo Alfano e con ciò riaperto il procedimento a carico del neoduce: è vero infatti che la tesi dell'"innocenza" di Mills (e quindi anche di Berlusconi) non è stata accolta e che le sentenze di primo e secondo grado non sono state sconfessate (tant'è che Mills è stato condannato a risarcire la presidenza del Consiglio (sic) con 250 mila euro per "danni d'immagine"), e quindi per la Corte il processo al premier corruttore può andare avanti. Ma con i termini stabiliti da questa sentenza esso andrà in prescrizione a marzo 2011, ed è praticamente impossibile che si possano concludere ben tre gradi di giudizio in un solo anno.
D'altra parte è vero anche che la sentenza non è "un'assoluzione" per Berlusconi, come hanno subito esultato i suoi gerarchi e hanno cercato di presentarla i mass-media al suo servizio, con in testa il suo lacché del Tg1 Minzolini ormai deciso a scalzare Emilio Fede dal cuore del capo. L'accusa di corruttore sulla testa del premier rimane, e paradossalmente se non ci fosse stato il lodo Alfano che ha separato il suo procedimento da quello di Mills ora per lui sarebbe tutto finito. Invece il tribunale di Milano ha respinto la richiesta di Ghedini di rinviarlo in attesa di "conoscere le motivazioni della sentenza" della Cassazione e ha deciso per la prosecuzione, stabilendo la prossima udienza al 26 marzo. Da qui il tono al tempo stesso esultante e rabbioso di Berlusconi, che ha impugnato trionfalmente la sentenza della Corte come la dimostrazione "lampante" che i magistrati sono "una banda di talebani che perseguono fini eversivi", ma ha anche tuonato di pretendere "un'assoluzione piena", perché con il processo all'avvocato Mills, ha ripetuto, "non c'entro nulla. È un'invenzione pura come tutti i processi che mi riguardano".
Stupefacente a questo proposito il comportamento di Vittorio Emanuele III Napolitano, che invece di intervenire in difesa dei magistrati così vigliaccamente insultati dal neoduce, come questi chiedevano a gran voce anche tramite l'Anm, ha inviato un'ipocrita letterina al Csm per raccomandare loro "moderazione" senza peraltro neanche accennare all'attacco del nuovo Mussolini.

Le innumerevoli prescrizioni dei processi all'"innocente" Berlusconi
Per misurare tutta la sfrontatezza e l'arroganza delle reazioni del neoduce a questa sentenza basti ricordare che egli ha sempre negato perfino di conoscere Mills e l'esistenza stessa delle 64 società facenti capo ad All Iberian: "Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conosco neppure l'esistenza", aveva dichiarato in un'intervista all'Ansa nel novembre 1999, proprio mentre il suo amico Bernasconi versava per suo conto i 600 mila dollari destinati a Mills. E più di recente (giugno 2008) aveva aggiunto: "Non conosco David Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l'Italia". Ora le due condanne subite da Mills, indirettamente confermate anche dalla Cassazione con la sentenza che però gli cava anche le castagne dal fuoco, lo sbugiardano in pieno su entrambe queste affermazioni menzognere.
D'altra parte non si contano più ormai le sentenze compiacenti che come questa lo salvano in extremis con l'escamotage della prescrizione. Dei dodici processi già conclusi che lo riguardano solo tre si sono risolti con un'assoluzione, di cui uno solo con formula piena e due con formula dubitativa. In tutti gli altri è stato salvato solo grazie a leggi ad personam che hanno estinto il reato, come il falso in bilancio, alle provvidenziali "attenuanti generiche" e alla prescrizione. Altrimenti starebbe meritatamente e da tempo a marcire in galera, altro che innocente e perseguitato da "giudici politicizzati", come va proclamando atteggiandosi a martire!
Restano a suo carico ancora quattro procedimenti pendenti: corruzione in atti giudiziari per l'affare Mills, istigazione alla corruzione di alcuni senatori, fondi neri per i diritti tv Mediaset e appropriazione indebita per l'affare Mediatrade. Alcuni, come il primo, andranno sicuramente in prescrizione da sé. Per gli altri sta lavorando alacremente per farli cancellare attraverso un'altra raffica di leggi ad personam come il "legittimo impedimento", il "processo breve" e il nuovo progetto di lodo Alfano costituzionale. Senza contare il progetto di ripristinare l'immunità parlamentare. Mentre ha già dato ordine ai suoi sgherri Alfano e Ghedini di accelerare sulla legge contro le intercettazioni, e soprattutto sulla controriforma della giustizia per assoggettare una volta per tutte la magistratura agli ordini del governo.

3 marzo 2010