BERLUSCONI RILANCIA IL PRESIDENZIALISMO
Dopo qualche mese di
apparente disinteresse, Berlusconi improvvisamente è tornato a battere insistentemente il
chiodo del presidenzialismo. Prima all'assemblea del Cnel del 20 dicembre, poi,
l'indomani, durante la consueta conferenza stampa di fine anno organizzata dall'Ordine dei
giornalisti a Villa Madama, il presidente del consiglio è tornato a parlare della
necessità di giungere a una "riforma'' elettorale che contempli l'elezione diretta
del presidente della Repubblica, al quale vengano attribuiti poteri esecutivi.
Una soluzione tecnicamente all'americana, ma, data la storia istituzionale e politica del
nostro Paese, assimilabile piuttosto al plebiscitarismo mussoliniano. Senza dimenticare
che il presidenzialismo è sempre stato in Italia la bandiera della destra fascista ed era
un punto qualificante del "piano di rinascita democratica'' e dello "Schema R''
della P2, di Gelli, di Craxi e dello stesso Berlusconi.
Berlusconi ha inserito l'elezione diretta del presidente della Repubblica all'interno di
un pacchetto di "riforme'' istituzionali e costituzionali già infornate o da mettere
in cantiere: da quella che riguarda la magistratura, per giungere alla divisione delle
carriere fra pubblici ministeri e giudici (altro pallino della P2), a quella federalista
della "devolution'', a quella elettorale (sul modello tedesco), a quella che dovrebbe
ridefinire il ruolo delle Camere, riducendo il numero di parlamentari e introducendo una
Camera delle autonomie. Insomma, Berlusconi è fermamente intenzionato ad abbattere i
residui istituzionali e costituzionali della prima Repubblica democratica-borghese e
antifascista per giungere a definire con precisione i contorni istituzionali e governativi
dell'attuale seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista.
Ciò risponde all'esigenza della classe dominante borghese in camicia nera di assicurare
all'Italia un governo forte, con poteri forti e incondizionati, quale sarebbe un governo
del presidente della repubblica plebiscitariamente eletto, in grado di attuare senza
ostacoli una feroce politica liberista, antioperaia e antipopolare all'interno e di aver
mano libera nella politica estera e militare, nel quadro della sempre più feroce
competizione con le altre potenze imperialiste europee e mondiali.
è ovvio che Berlusconi conta anche di avere i numeri per essere il primo presidente della
repubblica eletto direttamente dal popolo. A dimostrazione delle proprie smanie
presidenzialiste, durante la conferenza stampa a Villa Madama, Berlusconi ha tenuto
persino a battesimo il nuovo "sigillo'' di Palazzo Chigi: un gigantesco logo posto
sulla parete alle sue spalle con al centro il simbolo della Repubblica incastonato fra 12
stelle (a simboleggiare l'Europa) e la scritta, altrettanto enorme, "consiglio dei
ministri, il presidente''.
Secondo i piani di Berlusconi la controriforma presidenzialista dovrebbe essere avviata
fra la fine del 2003 e l'inizio del 2004, una volta concluso il semestre italiano di
presidenza dell'Unione europea, per giungere in porto entro il 2004. Ciò permetterebbe di
arrivare alla prima elezione diretta del presidente della Repubblica nei primi mesi del
2005, in anticipo rispetto alla scadenza della legislatura. Ovviamente resta da sciogliere
il problema di Ciampi, il cui settennato scade, come per il parlamento nella primavera del
2006. Ma sembra che lo stesso Ciampi, durante i fitti colloqui che nelle ultime settimane
intrattiene con Berlusconi, si sia reso disponibile a dimissioni anticipate qualora arrivi
in porto la controriforma presidenzialista.
Proprio il via libera di Ciampi avrebbe spinto Berlusconi a rilanciare con determinazione
il suo disegno. A chi gli ha posto il problema di come giungerà a tali "riforme''
costituzionali che richiedono con le procedure ordinarie previste dall'art. 138 della
Costituzione una larga maggioranza, Berlusconi ha ribattuto nel suo consueto modo
arrogante e ducesco che non ha bisogno di alcun dialogo e collaborazione con
l'"opposizione'' visto che lui ha i "numeri'' in parlamento per far prevalere i
suoi progetti.
Del resto, non è affatto scontato che la "sinistra'' del regime neofascista, che
già ai tempi della bicamerale golpista di D'Alema aveva calato le brache sul
presidenzialismo, abbia la volontà e sia in grado in qualche modo di intralciare i piani
del neoduce. Tant'è vero che è rimasta muta o, in alcuni casi, ha addirittura tentato di
ridicolizzare le "manie di grandezza'' o i "deliri'' di Berlusconi, guardandosi
però bene dal denunciarne il programma neofascista.
9 gennaio 2002
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