Alla conferenza di fine anno
Berlusconi rilancia il presidenzialismo
Riproposto il disegno della P2 di Gelli. Napolitano lo copre e invoca "riforme condivise". Veltroni pronto al "dialogo" in parlamento
Il neoduce punta al Quirinale col voto plebiscitario
"L'Italia è pronta per una repubblica presidenziale e la faremo entro questa legislatura. Intanto faremo subito il federalismo, la controriforma della magistratura e la legge sulle intercettazioni, che metteremo all'ordine del giorno fin dal prossimo gennaio". Questo nella sostanza il proclama mussoliniano che il neoduce Berlusconi ha lanciato al Paese nella conferenza stampa di fine anno allestita in gran pompa il 20 dicembre a Villa Madama. Una conferenza stampa-fiume, o meglio un monologo in diretta tv, un vero e proprio Palazzo Venezia mediatico, con l'evidente scopo di anticipare ed eclissare il tradizionale messaggio di fine anno del capo dello Stato, come a mettere in chiaro che è lui il vero leader del Paese e il più titolato a parlare a tutti "gli italiani".
Come la classica ciliegina sulla torta il proclama presidenzialista del nuovo Mussolini è arrivato giusto alla fine della conferenza, dopo aver enumerato e magnificato a lungo i "successi" del suo governo neofascista, sia in politica interna che internazionale, e dopo aver annunciato che la "riforma della giustizia è pronta", conterrà la "separazione degli ordini" tra magistratura requirente e giudicante" e l'affidamento delle indagini alle "forze dell'ordine" anziché ai pm, in modo che questi siano ridotti al ruolo di "avvocati dell'accusa", e sarà presentata in parlamento con un disegno di legge che sarà il primo provvedimento sul tavolo del Consiglio dei ministri nel 2009. Insieme ad esso ci sarà anche il ddl sulle intercettazioni, che saranno ristrette ai reati più gravi, cioè mafia e terrorismo.
Dopo aver annunciato in tutta tranquillità il suo programma fascista per irreggimentare la magistratura sotto il ferreo controllo dell'esecutivo e imbavagliare del tutto la stampa, concedendo graziosamente alla "opposizione" parlamentare di partecipare ad un tavolo con i suoi giannizzeri "per cercare insieme una riforma condivisa", a patto che il PD si liberi di Di Pietro, il nuovo Mussolini ha infine sparato il petardo più grosso, quello della repubblica presidenziale: "L'Italia - ha detto - è matura per un sistema presidenziale o semipresidenziale, per l'elezione diretta del presidente della Repubblica, anche perché la nostra architettura costituzionale ci pone in condizioni di svantaggio, in termini di capacità di decisione, rispetto alle altre grandi democrazie". Anche se - ha precisato il neoduce anticipando le critiche e le polemiche da lui già messe nel conto - ad un simile cambiamento costituzionale si dovrebbe arrivare "entro la fine della legislatura" e con il "consenso del cento per cento del parlamento".
Realizzazione piena e integrale del piano della P2
È sottinteso che sarebbe lui il primo presidente eletto plebiscitariamente, che dopo aver governato per i prossimi 4 anni ne avrebbe altri 7 da passare sul colle più alto di Roma e d'Italia, in totale impunità e con poteri praticamente assoluti perché conferiti direttamente "dal popolo". Sarebbe la realizzazione piena e integrale del "piano di rinascita democratica" e dello "schema R" della P2, che non a caso Licio Gelli ha recentemente richiamato in un'intervista a La Stampa con gli stessi concetti espressi da Berlusconi: "Nel mio piano di rinascita della P2 prevedevo la creazione di una Repubblica presidenziale, perché dà più responsabilità e potere a chi guida il Paese, cosa che nella Repubblica parlamentare manca. Il presidente attuale di una Repubblica parlamentare non è responsabile praticamente di nulla. Se accade qualcosa, non riguarda mai il presidente, bensì il parlamento. In Italia c'è bisogno di una Repubblica presidenziale". In un precedente passaggio dell'intervista il "venerabile" della P2 aveva affermato: "Il mio piano di rinascita ha trionfato, non crede? Berlusconi se n'è letteralmente abbeverato, la giustizia e le carriere separate dei giudici, le tv, i club rotariani in politica... già, proprio come Forza Italia. Apprezzo che non abbia mai rinnegato la sua iscrizione alla P2, e del resto come poteva? Ma anche la Bicamerale di sinistra ne aveva fatta sua una parte, sposando il riferimento al presidenzialismo...".
Una dichiarazione questa tanto più inquietante se letta anche con riferimento alle dichiarazioni del procuratore De Magistris ai giudici di Salerno sull'inchiesta Why not, in cui si adombrava l'esistenza di una "nuova P2" con legami anche col passato governo di D'Alema e segnatamente col suo braccio destro Minniti. Ancor di più se si pensa alle lodi sperticate fatte recentemente da Gelli all'indirizzo della moglie di D'Alema e ai continui richiami di quest'ultimo allo "spirito" della Bicamerale golpista nelle sue aperture al presidenzialismo del neoduce e al federalismo di Bossi.
È incredibile la leggerezza con cui la "sinistra" borghese ha accolto il nuovo proclama presidenzialista del nuovo Mussolini. Su tutte spicca per omertà, se non vigliaccheria, la dichiarazione di Veltroni, fatta oltretutto in forte ritardo, secondo il quale la "proposta" del neoduce sarebbe da respingere non per motivi politici di principio, non perché smaccatamente neofascista e mussoliniana, ma perché sarebbe semplicemente "un diversivo alla crisi": "Il premier si occupi della crisi sociale del Paese, della gente che non arriva a fine mese, invece di tirare fuori ogni giorno altri temi, di gettare ballon d'essai", ha detto infatti il leader del PD come se si trovasse di fronte a una dichiarazione qualsiasi. Del resto che aspettarsi da un neonazionalista e presidenzialista convinto come lui? Il fatto è che sa bene che la terza repubblica che anch'egli vuole fortemente non potrà che essere una repubblica presidenziale, sia che i pieni poteri mussoliniani siano attribuiti al capo dello Stato, sia che in alternativa siano assegnati al presidente del Consiglio. Per questo non ha il coraggio di chiudere del tutto la porta alle sfrenate ambizioni presidenzialiste di Berlusconi e pensa semmai ad addivenire ad un accordo con lui a base di scambi ed inciuci.
La viltà della "sinistra" borghese e la copertura del rinnegato Napolitano
Non deve ingannare il fatto - a cui invece ha abboccato La Repubblica - che Bossi abbia reagito con malumore al proclama presidenzialista di Berlusconi, dichiarando di essere "molto preoccupato perché è impensabile in questo momento lavorare a un grosso progetto come quello del presidenzialismo". Ma non si tratta certo di un "altolà" del caporione leghista al suo più stretto alleato, come lo ha presentato il quotidiano di De Benedetti e Scalfari. Semplicemente Bossi teme che il mettere troppa carne al fuoco possa pregiudicare l'approvazione del federalismo fiscale, bloccando il dialogo col PD che su questo tema è in pieno e cordiale svolgimento. Come del resto il PD sta tranquillamente trattando con la maggioranza sulla controriforma della giustizia (su cui è sostanzialmente d'accordo con le posizioni del governo), sulla legge contro le intercettazioni, sulla modifica dei regolamenti parlamentari e sulla bozza Violante di "riforma" della Costituzione.
E difatti i mugugni di Bossi si sono subito trasformati in ghigni di soddisfazione dopo il colloquio telefonico col neoduce che l'ha rassicurato sul fatto che il federalismo è "in cima alla lista" e sarà fatto insieme a tutte le altre "riforme" in cantiere. Del resto lo stesso Scalfari non ha il coraggio di chiamare le cose col loro vero nome e nei confronti di Berlusconi si ferma all'accusa di "cesarismo autoritario", mutuata oltretutto da Fini, anziché riconoscere che siamo davanti a un nuovo Mussolini.
È significativo inoltre che il rinnegato Napolitano, che si riempie sempre la bocca con richiami alla Costituzione, non abbia fatto una piega al discorso mussoliniano di Berlusconi. Anzi. Solo un paio di giorni prima era intervenuto per sollecitare nuovamente la destra e la "sinistra" del regime neofascista a cambiare la Carta costituzionale e i regolamenti parlamentari e a "riformare" la giustizia "in un clima di costruttivo confronto e nella ricerca della più ampia condivisione. Come sempre quando si tratti di modificare la Costituzione o di darvi attuazione". Nel discorso di Capodanno ha continuato a invocare come se nulla fosse "un serio sforzo di corresponsabilità tra maggioranza e opposizione in Parlamento, per giungere alle riforme che già sono all'ordine del giorno e che vanno condivise". Il che rappresenta un'oggettiva copertura istituzionale e un tacito via libera alle arroganti e impudenti dichiarazioni presidenzialiste del neoduce di Arcore.
Non a caso Berlusconi è stato il primo a congratularsi coll'inquilino del Quirinale, dichiarando che le sue "sagge parole" suonano come un "sostanziale riconoscimento" del suo operato. Mentre anche Veltroni, raccogliendo prontamente l'invito di Napolitano a "dialogare" con la maggioranza, si è detto pronto a lavorare in Parlamento "alla ricerca delle necessarie convergenze per affrontare i problemi reali".

7 gennaio 2009