Alla conferenza stampa di fine anno
Il neoduce Berlusconi rilancia il presidenzialismo mussoliniano
Nel mirino anche le pensioni. DS e Margherita abboccano all'amo. "Intesa perfetta" con Ciampi, Pera e Casini
SOLO LA PIAZZA LO PUO' FERMARE
Il 2003: "sarà l'anno delle grandi riforme", promette il neoduce Berlusconi nella conferenza stampa di fine anno che è stata trasformata nel messaggio del presidente del Consiglio alla nazione, anticipando di sole 24 ore quello istituzionale del presidente della Repubblica.
Infatti, la rituale conferenza stampa, che inizialmente era stata fissata per il 20 dicembre, è stata spostata al 30 ed è stata sfruttata da Berlusconi per parlare direttamente agli italiani a reti quasi unificate per oltre due ore, in una scenografia tipicamente presidenzialista e facendo precedere le consuete domande e risposte da un monologo lungo ben 55 minuti. Anche il consueto orario è stato modificato per realizzare il massimo ascolto. Così da Mezzogiorno si è passati alle 20 a ridosso dei maggiori telegiornali Rai e Mediaset.
Insomma, un altro assaggio di presidenzialismo mussoliniano che Berlusconi è tornato non a caso a rilanciare proprio nel corso di questa conferenza. "Sono sempre stato a favore dell'elezione diretta del capo dell'esecutivo, in modo che possa durare e quindi operare", ha affermato senza mezzi termini. "Oggi - si è lamentato - il premier può contare solo sulla moral suasion, non può nominare i ministri o licenziarli, è primus inter pares". Berlusconi ha confermato di preferire il modello di presidenzialismo alla francese, dove il presidente è anche capo dell'esecutivo e la funzione di primo ministro è assai ridotta, ma ha fatto capire che sarebbe disponibile anche a forme di premierato. L'importante è che al presidente del Consiglio vengano conferiti ampi poteri come, e diciamo poco, quello di sciogliere le Camere, nominare e revocare i ministri.
Il modello di Berlusconi, insomma, non è né il presidenzialismo alla francese, né quello all'americana, ma il presidenzialismo mussoliniano, l'unico attuabile, secondo lui, nella realtà storica e nella contingenza politica e istituzionale del nostro Paese.
Il problema per Berlusconi, infatti, non sta nelle formule ma nei "pieni poteri" che egli pretende per il presidente della repubblica o il premier. Quei "pieni poteri" che Mussolini chiese nel '22 nel suo discorso di insediamento alla Camera (ottenendoli subito in campo economico e amministrativo) e ottenne pienamente sul piano politico e istituzionale con la legge del 24 dicembre 1925, allorché il potere esecutivo fu sganciato dalla designazione parlamentare.
Le "grandi riforme" del neoduce non si limitano ovviamente al presidenzialismo. Sul terreno istituzionale ancora nel suo mirino ha posto la magistratura ("non voglio che a nessuno capiti quello che è capitato a me") e su quello delle "riforme" strutturali del sistema economico e sociale ha posto le pensioni: "Ora è tempo di mettere mano alle riforme, a cominciare da quella irrimandabile del sistema pensionistico" come l'innalzamento di cinque anni dell'età pensionabile e l'abolizione delle pensioni di anzianità.
Il tema del presidenzialismo sta comunque in testa alle sue priorità. Anche perché egli vorrebbe che il nodo cruciale della nuova architettura istituzionale di stampo fascista dello Stato fosse sciolto già in questa legislatura e poter così chiudere il cerchio della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista.
Un disegno strategico da sempre sostenuto dai fascisti, rilanciato dalla P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi, e oggi da quest'ultimo ereditato con la volontà di realizzarlo compiutamente.
Il neoduce spinge sull'acceleratore e le aperture nei confronti dell'opposizione parlamentare ("Credo si possa trovare facilmente un accordo nella maggioranza, e mi auguro ci sia anche con l'opposizione") sembrano proprio avere lo scopo tattico di giungere prima a questo traguardo.
Anche all'interno della casa del fascio sembra ci sia una sorta di divisione di ruoli fra coloro che si dimostrano più disponibili al dialogo (fra i quali il fascista e presidenzialista storico Gianfranco Fini che ha aperto a ipotesi di premierato) e quelli che insistono per andare avanti da soli, lasciando in pratica aperte le due strade.
Fatto sta che Berlusconi ha gettato l'esca e DS e Margherita hanno come allocchi abboccato all'amo rendendosi disponibili al dialogo e all'accordo. Come hanno chiaramente espresso il presidente dei deputati della Margherita Pierluigi Castagnetti ("Il centrosinistra è disponibile a cercare una convergenza in parlamento sulle riforme istituzionali") e Dario Franceschini coordinatore della Margherita ("Sì c'è qualche spiraglio"). Sulla stessa linea i diessini Luciano Violante, Gavino Angius, Franco Bassanini che ritengono doveroso non rifiutare a priori l'invito del neoduce a completare il lavoro incompiuto della Bicamerale golpista di D'Alema.
Del resto i leader dell'Ulivo hanno accolto con entusiasmo l'invito rivolto da Ciampi, nel suo messaggio di fine anno, a "collaborare" con la casa del fascio chiedendo e illudendosi che egli faccia loro da garante. Facendo finta di non vedere che Ciampi e Berlusconi, proprio come Vittorio Emanuele di Savoia e Mussolini, lavorano in piena sintonia per completare le controriforme istituzionali e rafforzare la stabilità del regime neofascista.
Tant'è vero che, a fugare ogni voce contraria, Berlusconi ha voluto sottolineare nella conferenza l'"intesa perfetta" con Ciampi, Pera e Casini.
Attualmente tra le forze parlamentari solo la minoranza DS di Salvi e Cofferati, i Verdi, PdCI e Rifondazione non ci stanno e chiedono all'Ulivo di rifiutare le profferte di dialogo di Berlusconi. Tuttavia c'è chi si attarda ad avanzare proposte alternative come il cancellierato, che in realtà è solo una variante più morbida di presidenzialismo, e comunque continua a sottovalutare la pericolosità del disegno del neoduce. Come Bertinotti che nel discorso di Berlusconi ha letto solo "uno smarrimento impressionante di ogni capacità di analisi".
E invece il neoduce va fermato ad ogni costo perché grazie anche all'omertà e all'attiva partecipazione della "sinistra" del regime neofascista ha già rimesso la camicia nera all'Italia e ora attende solo i pieni poteri e l'investitura plebiscitaria.
Va fermato, ma solo la piazza può farlo. Inutile rincorrere pie illusioni elettorali e parlamentari. Solo con la lotta di classe e di massa, e cioè con gli scioperi, le manifestazioni di piazza, i blocchi stradali, ferroviari e navali, le occupazioni di fabbriche, scuole, università, edifici pubblici, ecc, si può arrivare a buttar giù il neoduce Berlusconi e a far fallire i suoi neri propositi.

8 gennaio 2003