Col pretesto della lotta al terrorismo e della guerra in corso
Berlusconi fascistizza i servizi segreti
Avoca a sé pieni poteri. Case e uffici possono essere controllati di nascosto
Gli 007 possono compiere operazioni illegali

Dal 7 aprile il disegno di legge Frattini sulla "riforma" dei servizi segreti è approdato in Senato, iniziando così l'iter per la sua conversione in legge. Si tratta di un provvedimento liberticida e fascista, concepito appositamente per rafforzare il regime mussoliniano del neoduce Berlusconi. Esso infatti concede alle spie del regime una vera e propria licenza di delinquere, svincola i servizi segreti da ogni controllo della magistratura e del parlamento e li pone direttamente agli ordini del presidente del Consiglio, rafforzandone notevolmente i poteri.
Questi in sintesi i capisaldi della "riforma", che fu concepita dal governo all'indomani dell'11 settembre 2001, per sfruttare il clima favorevole a misure "antiterrorismo" eccezionali. Si incaricò di redigerla l'allora ministro della Funzione pubblica, con delega ai servizi segreti, Frattini (oggi passato agli Esteri, mentre la delega sui servizi è stata avocata dallo stesso Berlusconi), e fu approvata dal Consiglio dei ministri giusto un anno fa. Oggi, con l'"emergenza terrorismo" quanto mai in auge (in pratica ormai è un pretesto perpetuo), grazie anche alla guerra all'Iraq a cui l'Italia ora partecipa di nome e di fatto, il governo coglie la palla al balzo per dare un colpo d'acceleratore al provvedimento e farlo approvare in tempi rapidi dal parlamento.
Il cuore del provvedimento è rappresentato dalle cosiddette "garanzie funzionali", ovvero la concessione agli agenti segreti in missione della facoltà di compiere tutta una serie di reati, senza l'autorizzazione della magistratura e senza dover render conto al parlamento, ma solo al presidente del Consiglio e a un ristretto numero di ministri e dirigenti del servizio. In altre parole gli 007 che agiscono per la "sicurezza dello Stato" potranno commettere reati anche gravi, come penetrare in case e uffici, scassinare e trafugare documenti, pedinare e spiare persone, finanche partecipare a traffici di droga e armi e alla preparazione di attentati, purché senza recare danno all'"incolumità di persone", senza alcuna limitazione e con la certezza dell'impunità.
L'autorizzazione a compiere azioni illecite viene rilasciata dal ministro competente su richiesta del direttore del servizio interessato, e sottoposta successivamente al presidente del Consiglio per l'autorizzazione definitiva. Il quale non è tenuto a informare né il parlamento né la magistratura. Il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (Copaco) potrà esercitare un controllo periodico solo sui budget di spesa riguardante le operazioni coperte. La magistratura sarà informata solo ad operazione conclusa con una relazione del direttore del servizio. In caso di "incidente", cioè che un agente segreto venga pizzicato mentre sta commettendo un reato, la decisione sulla "legittimità" del suo operato spetterebbe alla Direzione antimafia.
La "riforma" Frattini manterrà l'attuale suddivisione dei servizi segreti in militare (Sismi) e civile (Sisde), coordinati dal Cesis che dipende direttamente dalla presidenza del Consiglio. Sarà creato però un organismo interministeriale più ristretto con il compito di supervisionare tutte le operazioni di intelligence, il Ciis, di cui faranno parte, oltre al capo del governo, i ministri dell'Interno, Esteri, Difesa ed Economia.
Si tratta quindi di una "riforma" di una gravità senza precedenti, direttamente ispirata alla famigerata Ovra, la polizia segreta di Mussolini. Non che le operazioni illecite coperte da segreto siano una novità assoluta. Basti pensare agli innumerevoli casi di stragi, attentati, tentativi di golpe, terrorismo nero e sedicente "rosso", depistaggi, complotti massonici, in cui è stato riscontrato lo zampino dei servizi segreti. Solo che finora i governi erano costretti a coprire queste attività criminose e anticostituzionali col segreto di Stato. Con questa "riforma" non ce ne sarebbe più bisogno (e difatti è previsto un limite di 15 anni al segreto di Stato, comunque prorogabile a giudizio del presidente del Consiglio), dal momento che queste attività diventerebbero del tutto legittime e svincolate dal controllo dei poteri legislativo e giudiziario, ma soggette unicamente al controllo del potere esecutivo. Quest'ultimo si rafforzerebbe enormemente a danno degli altri due, potendo disporre dei servizi segreti come di una vera e propria guardia pretoriana alle dirette dipendenze del premier: una "riforma", quindi, di chiaro stampo presidenzialista e neofascista, che se passasse darebbe al neoduce Berlusconi un potere paragonabile solo a quello del suo ispiratore e maestro, Mussolini.
E che non passi sarà molto difficile, dal momento che l'opposizione di cartone dell'Ulivo non è contraria in linea di principio a una simile controriforma, anche perché riprende un vecchio progetto dei governi di "centro-sinistra", e poi perché essa ormai non osa contestare qualunque provvedimento, anche il più liberticida, fascista, razzista e militarista, sia preso in nome della "sicurezza nazionale" dopo l'11 settembre. Tant'è vero che l'unica "modifica" di un qualche peso che richiede al provvedimento (un accordo in tal senso è stato raggiunto tra Ulivo e Casa del fascio in commissione Giustizia) è l'istituzione di un "comitato di saggi" sulle operazioni illecite, formato da magistrati a riposo, che però potrebbe esprimere solo parere consultivo. Senza contare che, essendo eletto dalla maggioranza del Copaco, sarebbe comunque espressione del governo in carica, e quindi subordinato anch'esso al presidente del Consiglio.