Con gli inauditi provvedimenti in materia di sanità contenuti nel Dpef 2003-2006
Il governo Berlusconi vuole cancellare il diritto universale alla salute

Un motivo in più per manifestare sotto Palazzo Chigi in occasione dello sciopero generale d'autunno

Va avanti come uno schiacciasassi. Con i provvedimenti in tema di sanità presentati nel Dpef 2003-2006 il governo affamatore del neoduce Berlusconi si appresta a mettere a segno l'ennesimo tassello del suo nerissimo, antipopolare, ultraliberista programma governativo: cancellare il sistema sanitario nazionale, restaurare il corporativismo mutualistico e assicurativo, privatizzare e deregolamentare completamente la sanità.

RESTAURAZIONE DELLE MUTUE E DELLE ASSICURAZIONI DI MALATTIA
Nonostante alcuni dettagli siano scritti volutamente in maniera vaga e indefinita, il testo governativo è abbastanza chiaro nel suo impianto generale. Esso prevede che nel 2003 sarà istituito un fondo assicurativo nazionale, separato dal fondo sanitario nazionale, per l'"assistenza minima'' ai malati cronici, disabili e agli anziani non autosufficienti. Esso sarà finanziato tramite i nuovi contributi in busta paga, pari all'1,5% - 2% del reddito per metà a carico del lavoratore e per metà a carico dell'impresa. Quest'ultima avrà però in compenso la possibilità di sopprimere una giornata festiva ai lavoratori. Il fondo di assistenza servirà per finanziare le casse mutue e le assicurazioni private di malattia. Queste ultime potranno accedere anche a fondi integrativi tramite contributi individuali, di categoria, regionali o da parte degli enti locali. Le casse mutue e le assicurazioni di malattia, organizzate in maniera differente a seconda della "regione, del territorio o della categoria'', erogheranno, in regime di "libera concorrenza'' prestazioni sanitarie tramite enti privati, pubblici e di volontariato "al singolo o alla famiglia'' di chi vi sarà iscritto. Inoltre ciascun iscritto potrà versare volontariamente a questi enti assicurativi quote più alte per aumentare il proprio grado di copertura in caso di bisogno di assistenza. Anche un sindacato o un ordine professionale potrà organizzare proprie casse mutue (in linea con la politica berlusconiana di restaurazione del corporativismo fascista). Le casse mutue e le assicurazioni di malattia potranno essere non solo "integrative'' ma anche "sostitutive'' del sistema sanitario nazionale, ciò significa che chi deciderà di servirsi delle mutue e non del sistema pubblico potrebbe chiedere di non pagare più il sistema sanitario nazionale.
L'obiettivo immediato del provvedimento è quello di tagliare drasticamente le spese pubbliche per le prestazioni preventive, diagnostiche, terapeutiche, riabilitative ad anziani, malati cronici, disabili, portatori di handicap che rappresentano una grandissima fetta dei malati, garantendo tali prestazioni soltanto a coloro che potranno permettersi di pagare una cassa mutua o una assicurazione privata di malattia ed elargendo una elemosina sanitaria "minima'', in forma di sussidio, a tutti gli altri. In concreto l'intera assistenza socio-sanitaria a malati cronici, disabili, portatori di handicap e anziani non autosufficienti non sarà più copertura dal Sistema sanitario nazionale, ma scaricata sulle famiglie (con l'istituzione dei "buoni salute'') o affidata al sistema mutualistico-assicurativo. Quest'ultimo essendo finanziato con i nuovi contributi in busta paga, nonché dalle categorie, dai sindacati (vedi "enti bilaterali'') e dalle regioni permetterà al governo di risparmiare, come ha dichiarato la sanguisuga Sirchia, sugli 8-10 mila miliardi. Altri introiti verranno dall'introduzione di tutte le forme di privatizzazione e di precarizzazione dei rapporti di lavoro nel settore sanitario e dalla conseguente ricollocazione contrattuale del personale destinato ai servizi ai malati cronici, agli anziani, e ai disabili.

CANCELLAZIONE DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE (SSN)
Il governo Berlusconi, come per la cancellazione dell'art.18, dichiara che il nuovo modello sarà applicato soltanto alle categorie sopracitate ma non è difficile intravedere, che attraverso questa breccia il processo di demolizione del sistema sanitario nazionale (processo che si è dispiegato ininterrottamente nell'ultimo decennio) investirà ben presto tutti i settori e dalle sue macerie prenderà vita un modello di sanità più conforme alle esigenze del regime capitalista, neofascista e federalista imperante. I principi ispiratori che definiscono il nuovo modello di sanità sono diametralmente opposti a quelli che ispirarono la legge 883 del '78 che istituiva il sistema sanitario nazionale e "spazzava via'' il sistema mutualistico. Il carattere pubblico della sanità viene sostituito con "libero mercato'' e "concorrenza'' sia tra i finanziatori (mutue e assicurazioni) che tra gli erogatori dell'assistenza sanitaria (strutture private, no-profit, volontariato); il carattere universale cancellato da un'assistenza sanitaria che varierà a seconda del reddito e della classe di appartenenza (assicurazioni), a seconda della categoria lavorativa o a seconda del sindacato, più o meno di regime, cui si è iscritti (casse mutue), a seconda della regione (federalismo sanitario); la gratuità spazzata via dall'invasione di mutue, assicurazioni, strutture, studi medici privati e servizi a pagamento, anche negli ospedali; l'unitarietà e la capillarità delle strutture preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative polverizzata dalla progressiva riduzione e snaturamento dei compiti delle Asl, dei distretti e degli ospedali che sempre più schiacciati dalla concorrenza dei privati e delle mutue da un lato e dal prosciugamento dei finanziamenti pubblici dall'altro, saranno costrette a tagliare e a svendere i servizi, in primo luogo quelli di prevenzione e riabilitazione, e ad accelerare il processo di privatizzazione già in atto. Per quanto riguarda il finanziamento oltre agli effetti sulla spesa sanitaria pubblica determinata dalla riforma fiscale del governo, che ha ridotto notevolmente le tasse per i ceti più ricchi, c'è da tenere conto di un altro aspetto da non sottovalutare. è probabile infatti che con l'instaurazione del sistema mutualistico sostitutivo una fascia sempre più ampia di lavoratori dipendenti e autonomi (e di imprenditori) uscirà dal Ssn: ciò comporterà inevitabilmente il depauperamento ulteriore del fondo sanitario nazionale (finanziato per il 60% dai contributi del lavoro dipendente), e la nascita al suo posto di nuovi fondi assicurativi sociali nazionali, regionali o categoriali separati per settore d'intervento. Di pari passo con l'assottigliarsi dei fondi pubblici, una fascia sempre più vasta di popolazione rimarrà "scoperta'' in uno o più settori assistenziali, non potendosi permettere di accedere a mutue o a privati. In pratica ci troveremo di fronte a fette di popolazione senza assistenza sanitaria o con un'assistenza sempre più minima, ad assistiti di serie A, B e C, in base al reddito e alle condizioni di salute (selezione del rischio assicurativo, come avviene negli Usa); ancora ci saranno categorie lavorative o sindacati che potranno garantirsi prestazioni sanitarie di serie A, B, C, altri prive di copertura in uno o più settori. I "livelli minimi essenziali di assistenza'' garantiti dal sistema pubblico e le stesse caratteristiche del sistema mutualistico-assicurativo privato varieranno di regione in regione, aumentando il divario in campo sanitario tra quelle povere e quelle ricche, tra il Sud e il Nord del paese. Insomma assisteremo da ogni angolo visuale alla polverizzazione e frantumazione del sistema sanitario nazionale.
Mentre Sirchia, all'unisono con la Confindustria, ribadiva la necessità di "introdurre in via sperimentale strumenti assimilabili alle mutue che, nella storia del nostro paese, hanno prodotto effetti straordinari di efficienza e sicurezza'' (sic!), il provvedimento ha scatenato da più parti reazioni indignate. Carlo Melchionna, segretario campano della Anaao-Assomed (sindacato medici ospedalieri) denuncia che "quando si parla di mutua sostitutiva del sistema sanitario nazionale si ipotizza una trasformazione globale dell'assistenza che porterebbe all'annullamento della legge 883 sul sistema sanitario nazionale'' mentre Mario Falconi, segretario della Fimmg (sindacato dei medici di famiglia), ricorda che "saranno le categorie più ricche che si potranno pagare il lusso di una mutua...''. Il Movimento consumatori ribadisce: "questo è il primo passo per lo smantellamento di un servizio che, pur con le sue pecche, garantisce un livello di assistenza universale e capillare su tutto il territorio nazionale'' mentre Antonio Improta della Fimp (sindacato dei pediatri di famiglia) avverte che "Il primo rischio in tutta Italia è sulla prevenzione che rischia di saltare'' e che "con le mutue si realizza medicina per fasce di reddito e avremmo cittadini di classe A, gente di classe B, pazienti di serie C''. Persino Giuseppe Del Barone, presidente dell'ordine dei medici di Napoli e vicino alla casa del fascio, dichiara: "il nostro dissenso sulle mutue sostitutive è totale perché parlando di ritorno a mutue sostitutive si potrebbero spalancare le porte alle compagnie di assicurazione, che gradualmente potrebbero sostituire il Sistema sanitario nazionale. Per noi medici è una soluzione assurda poiché l'obiettivo di una assicurazione resta quello di ridurre al massimo le spese per i propri assistiti e, quindi, ci troveremmo di fronte a un calo verticale della qualità dell'assistenza''.

LE RESPONSABILITA' DEL "CENTRO-SINISTRA''
Anche gli esponenti del "centro-sinistra'' hanno fatto sentire la loro contrarietà a quanto contenuto nel Dpef presentato dal governo. L'ex ministro della sanità, la democristiana Rosy Bindi ha dichiarato che "il Dpef mette a rischio la tenuta del sistema sanitario, è una prospettiva disastrosa per cittadini ed anziani alla quale ci opporremo con tutto l'Ulivo''.
In attesa della "dura'' opposizione dell'Ulivo non possiamo non ricordare che il provvedimento non è che l'ultimo atto del processo di smantellamento e privatizzazione della sanità pubblica e distruzione del Ssn. Questo processo è iniziato dieci anni fa con le leggi controrifomatrici dei governi Amato (1992) e Ciampi (1993) che varavano l'aziendalizzazione delle Asl e degli ospedali, la regionalizzazione e privatizzazione dell'assistenza sanitaria ed è proseguito tra tagli ininterrotti alla spesa sanitaria pubblica con la legge "Bindi ter'' del 1999 (governo D'Alema) che ampliava lo spazio di intervento nel "sistema misto'' dei privati, del no-profit, del volontariato, completava l'aziendalizzazione, accentuava il federalismo sanitario, istituiva il concetto controriformatore dei "livelli minimi essenziali di assistenza''
Gli esponenti del "centro-sinistra'' non solo hanno gravi responsabilità circa la privatizzazione e la devolution federalista della sanità ma tendono a nascondere anche, coperti in questo a sinistra dal PRC, che la breccia per la restaurazione delle mutue in Italia è stata aperta proprio da loro quando erano al governo. Mentre infatti la legge 883 del '78 cancellava le mutue vietando "agli enti, alle imprese ed aziende pubbliche di contribuire sotto qualsiasi forma al finanziamento di associazioni mutualistiche'' la legge "Bindi ter'' ne stimolava la rinascita permettendo ad esse di costituire "fondi intergrativi finalizzati a potenziare l'erogazione di trattamenti e prestazioni eccedenti i livelli uniformi ed essenziali''. Così facendo dava impulso alle mutue integrative e al frazionamento della sanità in tanti livelli diversi a seconda dei fondi integrativi che ciascuno può comprarsi per integrare le prestazioni minime (evidentemente insufficienti) garantite dal Ssn. Partendo dall'opera dei suoi predecessori, Berlusconi con piglio neofascista e ultraliberista vuole portare fino in fondo la controriforma della sanità arrivando a proporre la disintegrazione del Ssn e la sua sostituzione con un sistema mutualistico-assicurativo-corporativo che in parte ricalca quello che esisteva in Italia durante il ventennio e fino al '78 in parte si ispira ai modelli di sistemi sanitari liberisti inglesi e americani.

BUTTIAMO GIU' IL GOVERNO DEL NEODUCE BERLUSCONI
Per impedire che il progetto del neoduce vada in porto è necessario costituire un fronte unito che si batta per la difesa del diritto alla salute gratuito e uguale per tutti e per una sanità pubblica, universale, gratuita, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, che disponga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale. Tale lotta deve essere fatta propria anche dalla Cgil che deve inserirla a pieno titolo negli obiettivi di lotta del prossimo grande sciopero generale di otto ore e di tutte le categorie che si svolgerà in autunno contro "il patto per l'Italia''.

24 luglio 2002