Il guardiano della Camera al servizio dei sionisti
Bertinotti chiede al parlamento palestinese di riconoscere lo Stato di Israele e di rinunciare alle armi
Un deputato di Hamas: "Riconoscere Israele? No, per noi è uno Stato occupante"
Il nuovo servo di Israele fa togliere la parola a un deputato di Hamas
Dopo la visita in Libano, dove ha esaltato come "di pace" il contingente militare italiano e lodato i parà della Folgore come "vetrina dell'Italia nel mondo", e dopo la sosta in Israele per ribadire servilmente davanti ai governanti nazi-sionisti di Tel Aviv che "Israele è una realtà", Bertinotti ha concluso il suo giro in Medio Oriente con una visita nei territori palestinesi, per impartire a quel popolo sotto occupazione militare una lezione su come deve cessare ogni lotta, riconoscere lo Stato sionista e accettare una schiavitù contrattata in nome della "pace".
È questo in sostanza il succo dell'intervento che egli ha fatto il 9 maggio al parlamento palestinese di Ramallah, mezzo decimato dagli arresti compiuti dagli israeliani, dove pure era stato accolto con tutti gli onori come primo presidente di un parlamento europeo che si recava in visita a quell'assemblea dopo le elezioni che avevano dato la vittoria a Hamas. Ma si è capito subito che il guardiano della Camera non era venuto per rompere il criminale isolamento decretato dall'imperialismo occidentale, Italia compresa, e per esprimere solidarietà al popolo palestinese oppresso e ai suoi legittimi rappresentanti, bensì per dividerlo e blandirlo: attaccando Hamas e cercando di convincere i "moderati" ad isolarlo per far cessare la lotta armata e trattare la resa con gli occupanti sionisti, ripetendo per cinque volte, come un mantra, la formula capitolazionista dei "due Stati, due popoli". Non a caso ha rifiutato di andare al parlamento di Gaza, dove la presenza di Hamas è più forte, e ha preferito l'altra metà del parlamento palestinese, quella di Ramallah, dove più forte è la presenza dei "moderati" di Fatha.
Comportandosi non da ospite, ma da padrone, Bertinotti è arrivato perfino a far interrompere l'intervento in videoconferenza di un deputato vicino ad Hamas solo perché stava denunciando i soprusi dei sionisti, per poi tenere lui un insulso comizio "pacifista" all'assemblea in cui ha chiesto ripetutamente di cessare la lotta e riconoscere lo Stato di Israele. In collegamento video da Gaza stava parlando infatti il presidente ad interim del Consiglio legislativo palestinese, Radwan Bahar, impossibilitato come altri suoi colleghi deputati a raggiungere Ramallah a causa del divieto imposto dagli occupanti sionisti. Dopo aver fatto gli auguri all'Italia per il recente 25 Aprile e aver ringraziato il popolo italiano per essere sceso in piazza contro i massacri israeliani come quello di Jenin, Bahar, il facente le veci del presidente del parlamento palestinese Aziz Dweik, quest'ultimo gettato illegalmente nelle carceri israeliane insieme ad altri 41 deputati, stava denunciando il sequestro dei parlamentari e chiedendo la loro liberazione, quando Bertinotti ha cominciato ad agitarsi visibilmente irritato per il "comizio" dell'esponente di Hamas. Poi lo si è visto passare un bigliettino all'interprete, e subito dopo il vicepresidente Hassan Kreische ha fatto spengere il collegamento da Gaza, tra la costernazione e i mormorii di disapprovazione di molti parlamentari. Bertinotti ne ha subito approfittato per prendersi lui la parola e tenere fino alla fine la sua concione pro-Israele.
Da notare che il giorno prima, durante la visita alla sinagoga di Gerusalemme, questo lacché dei sionisti era stato apostrofato dal rappresentante degli ebrei italiani residenti in Israele, Vito Anav, il quale gli aveva chiesto con insolenza di intervenire sull'informazione "di sinistra" in Italia perché a suo dire troppo sfavorevole ad Israele. Bertinotti aveva ascoltato l'intervento di Anav con imbarazzo, ma all'ambasciatore italiano che stava per interromperlo aveva detto: "Visto che ha iniziato, lo lasci pure parlare". Alla fine dell'arrogante sparata sionista, il guardiano della Camera si era limitato a farfugliare che gli avevano "interrotto l'emozione" della visita, trincerandosi come al solito dietro la sua carica istituzionale che gli impedisce di rispondere. Un atteggiamento remissivo e servile diametralmente opposto a quello autoritario e padronale che ha sfoderato nei confronti del deputato di Hamas e del parlamento palestinese.
Presa la parola, Bertinotti ha subito sferrato un velenoso attacco a Hamas: "Lavorare per la pace - ha detto con supponenza scandendo le parole - vuol dire anche usare le parole della pace e rifiutare le parole del conflitto e della guerra". Poi si è messo a perorare la causa dello Stato sionista, e ha esortato i palestinesi a riconoscerlo ricorrendo al più scontato e ipocrita degli argomenti: quello dell'olocausto, che legittimerebbe automaticamente la nascita di Israele: "Israele è una realtà, dopo Auschwitz è anche un luogo dello spirito. Sono stato al museo dell'olocausto, ho rivisto quell'orrore. Ve lo dico con il cuore in mano. Voi che vivete una diaspora senza colpe, voi che vi battete giustamente per la conquista di un vostro Stato, sapete che lo Stato è una costruzione storica in cui vive però anche uno spirito", ha piagnucolato questo aspirante monaco hegeliano, esortando con ciò i palestinesi a prendere sulle spalle le conseguenze dell'olocausto degli ebrei, rinunciando per sempre alla terra che gli è stata strappata col ferro e col fuoco dai sionisti. E ha chiesto poi alle vittime quello che si è ben guardato di chiedere ai loro boia nazi-sionisti a Tel Aviv, e cioè di "liberare tutti i prigionieri e tutti i detenuti per ristabilire la fiducia reciproca".
Uscendo dal parlamento il guardiano della Camera è stato avvicinato da un altro deputato di Hamas, lo sceicco Ahmed Al Bitawi, che pieno di giusta indignazione gli si è rivolto così: "Devo dirgli che è sbagliato l'appoggio che l'Europa dà agli israeliani. Riconoscere Israele? No, per noi è uno Stato occupante". "Il passato è passato, non resta che la trattativa", lo ha liquidato senza scomporsi il nuovo lacché di Israele, allontanandosi sotto scorta dopo aver compiuto il suo sporco lavoro al servizio del sionismo e dell'imperialismo.

16 maggio 2007