Intervenendo al Comitato politico nazionale del PRC
BERTINOTTI GIA' PENSA A
UN "NUOVO SOGGETTO POLITICO''
Rifondazione potrebbe
cambiare persino il nome
La sconfitta del "centro-sinistra''
alle elezioni politiche del 13 maggio ha fatto esplodere contraddizioni e messo in moto
profondi sconvolgimenti politici e organizzativi all'interno della sinistra parlamentare
borghese.
Questi sconvolgimenti riguardano il futuro dell'Ulivo nel suo complesso, ma soprattutto
quello dei DS e del PRC che hanno pagato il prezzo più salato in termini di voti ottenuti
e di rappresentanza parlamentare.
Se i DS, giunti al loro minimo storico, sono ormai alla resa dei conti, anche Rifondazione
si trova a dover gestire un risultato deludente in termini politici ed elettorali, ma
anche un problema sempre più profondo di scollamento politico e organizzativo con la
propria base e il proprio elettorato che ne mettono in discussione la sopravvivenza
futura.
La china elettorale di Rifondazione è infatti iniziata con le elezioni europee del '99,
è proseguita alle regionali del 2000 ed è stata contenuta, ma non invertita, quest'anno
solo grazie al ricatto morale e politico della necessità di "battere le destre'' che
ha richiamato al voto una parte di elettorato di sinistra astensionista che comunque non
si riconosce nella linea, nella strategia e nel gruppo dirigente di Rifondazione. Del
resto a distanza di dieci anni, per sua stessa ammissione, Rifondazione ha esaurito la
rendita proveniente dalla liquidazione del PCI e ha visto il ridimensionamento e la
progressiva marginalizzazione, anche in termini elettorali, dello "zoccolo duro'' da
esso ereditato.
UN NUOVO PARTITO?
Ecco quindi il tentativo di riorganizzarsi per andare a pescare la propria base e il
proprio elettorato in nuove direzioni e comunque diverse dal vecchio elettorato PCI, fra i
cosiddetti "nuovi soggetti'', per legare a sé l'"universo antagonista'', fatto
di "movimenti'', centri sociali, sindacalismo di base. Un obiettivo che alla fine
potrebbe portare anche alla costituzione di un nuovo partito e persino all'abbandono del
proprio nome.
Questo almeno si può dedurre al momento dalla parola d'ordine lanciata da Fausto
Bertinotti nella relazione al Comitato politico nazionale (Cpn) del PRC tenutosi il 26 e
il 27 maggio scorso per discutere i risultati elettorali e le prospettive politiche di
quel partito. Egli, partendo dalla "sconfitta della sinistra'' e dalla necessità di
una "rifondazione'' di tutta la sinistra, Rifondazione compresa, ha infatti parlato
apertamente del "bisogno di un nuovo soggetto politico alla sinistra dei DS che
comprenda noi ma che non si esaurisca con noi''. "Rifondazione - ha precisato
Bertinotti - ha di fronte il problema della sua crescita. Il risultato importante del voto
ha sancito che siamo vivi ma ora abbiamo il problema di crescere e dobbiamo realizzare la
grande apertura alla società, ai movimenti, alle culture diverse, dobbiamo darci
l'obiettivo della costruzione di un soggetto politico della sinistra alternativa''. è
già un paio di anni che Bertinotti ha iniziato a parlare di "Forum della sinistra
alternativa'', poi di "consulta antiliberista'', quindi di "Federazione della
sinistra alternativa''. La novità sta che adesso parla apertamente dell'obiettivo della
"costruzione di un nuovo soggetto politico'' che potrebbe anche portare allo
scioglimento del partito nato nel 1991 rivendicando l'eredità del PCI e alla nascita di
un partito completamente nuovo.
In questo senso vanno anche le pressioni dei trotzkisti storici de "il manifesto''
come Luigi Pintor (che già nel maggio dell'anno scorso aveva lanciato la
"costituente per una nuova formazione politica'') e Lucio Magri che hanno
rispettivamente esortato Rifondazione a "favorire l'aggregazione di una sinistra
radicale'' (Pintor, "il manifesto'' del 9 giugno) e la costruzione di "una nuova
forza politica'' (Magri, "Rivista del manifesto'' di giugno).
Per ora Bertinotti e il Cpn non hanno chiarito i caratteri ideologici, politici e
organizzativi di questo "nuovo soggetto politico'' limitandosi a porre la necessità
di una loro elaborazione attraverso un percorso che passa dalla "Costituente
programmatica della sinistra alternativa'' della quale per ora però non si anticipano
formule o scadenze organizzative.
NUOVO INGANNO TROTZKISTA
In attesa che questa elaborazione si compia e venga resa nota, ci pare però che i suoi
tratti fondamentali siano facilmente individuabili.
Bertinotti, come del resto Pintor e Magri, pensa infatti a un partito sempre più
sganciato e distante dalla tradizione del PCI revisionista che ormai non è più in grado
di rendere profitti in termini elettorali. Pensa piuttosto a un partito dai caratteri
ancor più marcatamente movimentisti, operaisti, trotzkisti e anarcoidi, capace cioè di
"agire nelle istituzioni'' ma al tempo stesso di presentarsi come un partito
antistituzionale, impegnato ad aggregare tutta la sinistra non governativa,
anticapitalista e antiparlamentare. In questo senso va anche letta la sottolineatura di
Bertinotti sulla necessità della "valorizzazione dei movimenti e dell'affermazione
di forme di democrazia diretta''.
Un "nuovo soggetto politico'' che si discosti anche dalla forma classica del partito
operaio, per assumere quella di tipo assembleare e movimentista nel quale possano
convivere liberamente, ancor più di ciò che avviene già in Rifondazione, ideologie,
culture, politiche e pratiche di diversa natura e origine: trotzkista, operaista,
anarchica, ambientalista, femminista, cattolica, pacifista, ecc.
Un partito che non si pone più l'obiettivo di riunire la classe operaia e i suoi alleati,
ma che fa dei "movimenti'' e di un generico "popolo di sinistra'' il proprio
referente politico.
Si tratta di un tipo di partito pensato evidentemente per attirare più facilmente
soprattutto le nuove generazioni che non hanno conoscenza della storia del movimento
operaio, dei grandi maestri del proletariato internazionale, della vera teoria e prassi
del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e di un autentico partito marxista-leninista e che
quindi possono essere ingannati e affascinati da una proposta che solo all'apparenza può
risultare nuova.
Da sempre la borghesia, soprattutto in certe fasi della lotta di classe, ha infatti avuto
bisogno di partiti che in qualche modo egemonizzassero e controllassero le forze
anticapitaliste e rivoluzionarie per ricondurle nel pantano del revisionismo, del
riformismo, dell'elettoralismo, del parlamentarismo e del partecipazionismo borghesi.
Forze che si presentassero come "antagoniste'', anticapitaliste e persino
rivoluzionarie a parole, ma riformiste, parlamentariste e governative nei fatti. Ne sono
nate una miriade con questa stessa natura opportunista, trotzkista, operaista, anarchica e
pseudorivoluzionaria durante e dopo il Sessantotto affinché quelle forze rivoluzionarie
che si erano liberate dall'egemonia del PCI revisionista non si saldassero con gli
autentici marxisti-leninisti.
LA "SINISTRA PLURALE''
Fra l'altro questa "sinistra alternativa'' che Bertinotti vuole costruire svela già
in partenza tutto il proprio opportunismo e ruolo di copertura a sinistra del sistema
capitalistico. L'orizzonte strategico entro cui viene collocata è infatti la costruzione
della cosiddetta "sinistra plurale''. Una "sinistra plurale'' che unifichi
"sinistra moderata'', liberale, ambientalista e alternativa allo scopo di
riconquistare il governo del Paese. "Unire la sinistra plurale - spiega Bertinotti -
perché il PRC da solo non ce la può fare e neanche la sinistra alternativa. Questa
prospettiva è l'unica in grado di raccogliere le varie istanze''.
Non è un caso che nella sua relazione Bertinotti, come del resto il documento finale
approvato dal Cpn, non accenni nemmeno formalmente all'ideologia comunista,
all'abbattimento del capitalismo e al socialismo. Tutto si esaurisce nella lotta generica
al "liberismo'' e alla "globalizzazione'' e alla conquista di un governo che,
fermo restando il capitalismo, è pur sempre il governo della borghesia, magari nella sua
versione socialdemocratica cioè di chi lavora per "riformare'' la società
capitalistica dall'interno per neutralizzare le contraddizioni di classe e renderle più
"sopportabili'' agli sfruttati e agli oppressi.
Il fatto poi che i modelli di governo a cui si ispira il partito della rifondazione
trotzkista sono quelli ben noti di Prodi fino a che il PRC è rimasto nella maggioranza, e
di Jospin, che Bertinotti costantemente porta ad esempio, dimostra che tale partito non si
muove semplicemente sul terreno classico della socialdemocrazia ma in pieno campo
liberista, antioperaio e imperialista.
L'esperienza ha già ampiamente dimostrato che è impossibile cambiare la società
collaborando con la borghesia anche se attraverso un governo cosiddetto di "sinistra
plurale'' perché la madre di tutte le questioni è la conquista del potere politico da
parte del proletariato.
Oggi si tratta di combattere una guerra totale al governo del neoduce Berlusconi nella
consapevolezza che l'unica via per uscire da sinistra da questa seconda repubblica
capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista è il socialismo. Smascherare e
isolare tutti gli imbroglioni politici mascherati da comunisti e le loro manovre che
sabotano l'avvento del socialismo, fare grande, forte e radicato il PMLI che da oltre
ventiquattro anni lavora per realizzare questo grande evento storico, è il compito che
sta di fronte agli anticapitalisti, alle ragazze e ai ragazzi rivoluzionari che vogliono
cambiare il mondo affinché si affrettino i tempi della conquista dell'Italia unita, rossa
e socialista.
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