Con un'intervista al compiacente "Corriere della Sera"
Bertinotti regala su un piatto d'argento il PRC all'Ulivo
Il capofila dei trotzkisti pronto ad accettare le decisioni della maggioranza del governo a cui parteciperà il suo partito
Applausi della "Sinistra" borghese
Ormai non si contano più le volte che il PRC si sveglia "svoltato" a destra per bocca del suo segretario, che senza chiedere il parere di nessuno e ancor meno degnarsi di sottoporsi a uno straccio di dibattito interno, annuncia le sue giravolte politiche direttamente alla grande stampa borghese. Com'è il caso dell'intervista al compiacente "Corriere della Sera" (Cds) del 12 agosto, con la quale il trotzkista Bertinotti assesta un'ulteriore e decisa spallata a destra al suo partito per spingerlo in braccio all'Ulivo.
In quest'intervista, infatti, il capofila dei trotzkisti annuncia diverse "novità" riguardo alla costruenda alleanza politica e di governo con l'Ulivo, sulle quali finora il Partito della rifondazione trotzkista non si era ancora pronunciato chiaramente, e che anzi dovrebbero essere sciolte, semmai, nel congresso convocato per il prossimo febbraio. Bertinotti, invece, bruciando i tempi e facendo tutto da solo, le ha già decise per tutto il partito e le strombazza direttamente sui mass-media borghesi. Queste "novità" sono le seguenti:
1) Se ci saranno le primarie per scegliere il leader del "centro-sinistra", Bertinotti si presenterà, anche se preferisce "parlare di programma piuttosto che di nomi", anche perché - aggiunge - "oltretutto la leadership di Prodi è un fatto indiscusso".
2) In caso di vittoria del "centro-sinistra" alle prossime politiche, che ritiene probabili anticipate alla prossima primavera, Bertinotti dichiara che lui non entrerà nella squadra di governo, "ma il partito ci sarà", e con poltrone importanti: "Perché no l'economia?", sottolinea infatti compiaciuto il leader trotzkista.
3) Se ci dovessero essere divergenze con il resto della coalizione, il PRC si allineerebbe alla maggioranza. Anche su questioni gravi come per esempio l'innalzamento dell'età pensionabile ("Perché si deve dare per scontato che prevalga quella posizione?", si è limitato infatti a commentare). E perfino sull'Iraq, a proposito del quale questa è la sua testuale risposta: "Non si può dimenticare che c'è di mezzo il limite invalicabile della Costituzione, contraria alla guerra. Daremo battaglia, decisi a non concedere alcuna deroga al principio anche in presenza di un via libera delle Nazioni Unite. Ma se dovessero prevalere i favorevoli all'Onu come condizione sufficiente accetteremmo. Ovviamente solo se a pronunciarsi sarà davvero tutto il popolo delle opposizioni o chi lo rappresenta pienamente".

Un'ipoteca sul futuro del PRC
Quindi Bertinotti è pronto non solo a far entrare il PRC nell'eventuale governo della "sinistra" borghese, ma anche a sottometterlo alle decisioni che prenderà l'Ulivo, fossero pure l'innalzamento dell'età pensionabile, il mantenimento delle truppe italiane di occupazione in Iraq, o altre di analoga gravità. Un'alleanza elettorale organica e un ruolo di governo a tutto servizio, insomma, ben diverso dalla desistenza e dall'"appoggio esterno" al governo Prodi che Rifondazione trotzkista adottò nel '96. E del resto Bertinotti doveva pur offrire una rassicurazione tangibile a Prodi e all'Ulivo che un caso come quello che portò all'uscita del PRC dalla maggioranza e alla caduta del primo governo di "centro-sinistra" non si ripeterà mai più.
Con questa dichiarazione pubblica, cioè, il capofila dei trotzkisti mette un'ipoteca sul futuro del PRC e lo offre su un piatto d'argento all'Ulivo. Una "svolta", questa, per nulla improvvisata ma che, come quella precedente dell'invenzione del Partito della sinistra europea, è solo l'ultimo anello di una strategia di lungo respiro che l'imbroglione trotzkista sta puntualmente attuando per pilotare il suo partito nella "sinistra" borghese nazionale ed europea, dopo averlo spogliato di ogni riferimento anche solo formale al comunismo e alla storia e alle tradizioni di classe del movimento operaio. Non per nulla per questa ulteriore "svolta" a destra ha scelto, come altre volte del resto, il principale giornale della grande borghesia. E per far cosa? Per offrirsi di gestire i suoi affari, in un governo della "sinistra" borghese, addirittura dalla poltrona di un ministero, strategico per il grande capitale finanziario e industriale, quale il ministero dell'Economia.
è significativo che il diretto destinatario politico delle sue profferte, la "sinistra" borghese dell'Ulivo, abbia applaudito entusiasta alla sua intervista al Cds, e in particolare alla sua dichiarazione di sottomissione alla maggioranza della coalizione. Come ha fatto per esempio il capogruppo diessino al Senato, Angius, sottolineando come un "fatto nuovo e importante" che il segretario del PRC sia pronto ad "accettare il principio di maggioranza in una coalizione per governare". O come il presidente dell'assemblea federale della Margherita, Parisi, che ha elogiato "la consapevolezza delle regole di una coalizione e l'impegno a rimettersi al punto di vista prevalente". "Se Bertinotti accetta come regola il principio di maggioranza - ha dichiarato a sua volta il capo dei deputati dello SDI, Intini - finalmente potrà nascere una coalizione di governo di centrosinistra davvero credibile agli occhi di tutto il Paese".

Sale la tensione nel PRC
A questi segnali di gradimento e incoraggiamento il capofila dei trotzkisti ha risposto a stretto giro di posta con una nuova intervista, questa volta ad "Avvenimenti" del 26 agosto, in cui si dichiara pronto a entrare in una coalizione di "centro-sinistra", purché gli si cambi nome: "Coalizione democratica, oppure coalizione riformatrice. Coalizione democratica mi piace, se si intende in termini non frontisti, ma come costruzione di una nuova democrazia", ha detto. Evidentemente Bertinotti pensa che il nome "centro-sinistra" sia troppo sputtanato presso l'elettorato di sinistra, dopo l'amara esperienza dei governi Prodi, D'Alema e Amato. Ma se non è zuppa è pan bagnato: "Ciò che conta - ha tradotto il coordinatore della segreteria DS, Chiti - è che Bertinotti voglia far parte dell'alleanza di centrosinistra, qualunque sia il nome che ad essa viene dato".
Probabilmente questa proposta di cambiamento del nome della coalizione riflette anche la necessità di parare i forti dissensi e resistenze interne allo stesso PRC suscitati dalla sua intervista al Cds, dopo quelli già insorti sulla sua decisione di dar vita al Partito della sinistra europea e la spaccatura nel gruppo dirigente sulle candidature alle europee. Anche stavolta non è andato giù a molti il solito metodo bertinottiano di annunciare decisioni politiche cruciali alla stampa senza aver consultato le altre correnti.
La polemica si è riflettuta sulle pagine di "Liberazione", con interventi fortemente critici di Claudio Grassi, leader della corrente de "L'Ernesto", ex grande elettore di Bertinotti e ora suo oppositore, di Salvatore Cannavò, vicedirettore di "Liberazione" ed esponente del gruppo trotzkista "Erre" facente capo a Maitan, di Marco Ferrando, leader della "sinistra" trotzkista di "Progetto comunista", e di altri che in vario modo e intensità hanno attaccato l'intervista del segretario soprattutto riguardo alla dichiarazione di sottomissione alle decisioni della maggioranza della coalizione di "centro-sinistra" e alla disponibilità ad accettare truppe di occupazione italiane in Iraq sotto mandato Onu. Anche se poi nessuno di loro si è spinto fino al punto di negare la necessità di un'alleanza elettorale con l'Ulivo, quantomeno con le forme e le condizioni del '96. Tutte critiche, comunque, respinte con durezza da Bertinotti sulle stesse pagine del quotidiano del PRC, che le ha definite "dannose" e "imperdonabili", spalleggiato anche da un editoriale altrettanto sordo e sprezzante della trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi.
Sembra evidente, insomma, che si stia andando verso una resa dei conti tra le varie fazioni del vertice del PRC, accelerata dalla fretta di Bertinotti di arrivare in tempo all'appuntamento di governo con l'Ulivo e dalla scadenza congressuale che si avvicina.

1° settembre 2004