Un'amministrazione antipopolare e travolta dagli scandali
Bilancio fallimentare per la giunta regionale di "centro-sinistra" del Lazio
Il governatore dimissionario Marrazzo ha fallito in materia di sanità, rifiuti e politiche sociali. Responsabilità del PdCI e del PRC

Travolta dalla corruzione, la giunta antipopolare Marrazzo ha dimostrato la sua lontananza dai bisogni delle masse popolari del Lazio fin dal suo insediamento, con un programma borghese che, solita fumosa propaganda a parte, si è rivelato un palese fallimento, culminato nei gravi scandali e nei ricatti tra cosche borghesi su cui sta tuttora indagando la magistratura.

Le elezioni del 2005
È nel novembre 2004 che l'ex giornalista Rai Piero Marrazzo decide di candidarsi alla carica di presidente della regione Lazio con la coalizione di "centro-sinistra" che vincerà di misura le elezioni dell'aprile 2005 con l'appoggio determinante di PdCI e PRC e battendo il fascista Storace.
Uno dei primi atti del neogovernatore fu quello di aumentare ulteriormente, da un punto di vista della spesa economica, le consulenze e gli incarichi alla regione Lazio, anziché procedere a sostanziosi tagli (si pensi alle superconsulenze presso l'ente al diritto allo studio "Laziodisu" per centinaia di migliaia di euro), come invece proclamato in campagna elettorale. Questo della giunta Marrazzo non sarà che il primo dei provvedimenti che con politiche di lacrime e sangue graveranno sulle tasche delle masse popolari laziali: si pensi alla gestione del doppio affaire sanità e rifiuti, che nel corso della legislatura rappresenteranno i talloni d'achille del capo dei signori del palazzo regionale.

L'indebitamento della sanità
Minacciando di denunciare alla Procura della Repubblica di Roma il suo predecessore Storace, il "prode" Marrazzo sottolinea il grave stato in cui versa la sanità laziale indebitata fino all'osso ("Il centro-destra ci ha lasciato 10 miliardi e 196 milioni euro di debiti", afferma), dopo che le Asl e le aziende ospedaliere, chiamate a una scrupolosa verifica sui conti, hanno fatto emergere l'incredibile debito (pari ad 1/5 della spesa totale nazionale) lasciato dal fascista Storace.
La giunta Marrazzo prima chiede una mano al governo dell'anticomunista DC Prodi e poi, dopo la sua caduta, si genuflette direttamente all'esecutivo nero del neoduce Berlusconi. A inizio 2007 sottoscrive con il governo Prodi un piano di rientro per l'abbattimento del debito e la nuova gestione del sistema sanitario regionale. Per far fronte all'indebitamento Marrazzo assume ad interim l'assessorato alla sanità; nel luglio 2008, con Berlusconi in carica da due mesi, il governatore di "centro-sinistra" viene nominato commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, concentrando tutto il potere del comparto sanità nelle sue mani.
Tra gli scandalosi provvedimenti taglia-debiti, Marrazzo predispone la chiusura di alcuni ospedali romani, tra cui il Forlanini e il San Giacomo. decisione che provoca un'ondata di proteste da parte dei lavoratori interessati e di numerose associazioni di pazienti nonché dei sindacati, confederali e non, e persino di Confindustria, per il timore della perdita di ben 3.500 posti di lavoro. In agosto si scatena la protesta dei lavoratori ma anche di pazienti e familiari contro l'annunciata chiusura dell'ospedale San Giacomo dopo ben 5 secoli. I manifestanti infatti denunciano che dietro alla chiusura ci sarebbe la speculazione edilizia promessa tanto a costruttori vicino alla casa del fascio che ai caporioni del PD, camuffata dai tagli per bilanciare il "rosso" dei conti.
L'emendamento approvato dal Consiglio regionale, nell´ambito della discussione sull'assestamento di bilancio, finirà per cancellare l'accoglimento di trentamila pazienti nel Pronto soccorso (quota di previsione annuale) dell'ospedale, eliminerà l'assistenza a ben cinquemila degenti in corsia nonché quella in ambulatorio per una percentuale che tocca le centinaia giornaliere. "I buchi della sanità regionale", per l'urologa Sara Pareo, delegata della Cgil Medici al San Giacomo, "non li ha prodotti la sanità pubblica ma scelte sbagliate su quella privata. Che senso ha continuare a tagliare reparti e posti letto negli ospedali, a chiudere addirittura, mentre si accreditano altre degenze per nuovi policlinici privati come il Campus Biomedico di Trigoria?... Si cancellano gli ospedali e restano solo sulla carta i ripetuti annunci del potenziamento dei servizi sanitari nei quartieri".
La macchina antipopolare della giunta Marrazzo procede come uno schiacciasassi su famiglie povere e indigenti, tanto che a partire dal 17 settembre 2008viene reintrodotto il pagamento del ticket sui medicinali nelle farmacie del Lazio, in base a un decreto contestato da associazioni come Cosnil e Federitalia Consumatori, a causa dei disagi a cui potrebbero andare incontro le fasce più deboli della popolazione. Le associazioni puntano l'indice contro la giunta invitando "tutte le forze politiche ad adoperarsi per l'abolizione di detto ingiusto balzello e semmai, ad adoperarsi per recuperare i soldi per la Sanità tagliando da altre spese, quali l'enorme esercito dei collaboratori esterni spesso inutili e che mortificano le professionalità interne, i costi per le spese festaiole (es. le notti bianche finanziate a 10 municipi di Roma)". Successivamente al coro di proteste si aggiunge l'associazione dei farmacisti Federfarma, che ha bocciato il provvedimento.
Il 30 settembre 2008 Marrazzo ottiene dal ministro Sacconi un accordo per lo sblocco di fondi pari a 5 miliardi di euro dovuti dallo Stato alla Regione, come già indicato dalla Corte dei Conti del Lazio, con cui rimpinguare le casse regionali per far fronte all'indebitamento della spesa sanitaria che ammonterebbe a 9 miliardi e 700 milioni di euro. Debito che doveva estinguersi nel 2009 e che invece rimane clamorosamente invariato a tutt'oggi.

Il commissariamento ai rifiuti: un altro flop
A fronte dell'emergenza rifiuti, Marrazzo ingloba anche questa gestione commissariale che, secondo una sua prima dichiarazione, doveva scadere il 31 gennaio 2007, ma poi è stata da lui prorogata fino al 24 giugno 2008, data in cui è stato presentato al Consiglio regionale lo stato di attuazione delle misure per l'uscita dall'emergenza. Anche qui il governatore antipopolare lancia fumo negli occhi alle masse affermando di voler attuare una politica di chiusura delle discariche già esistenti e avvertendo che un loro ampliamento non è all'ordine del giorno.
A completare l'opera ci pensa lo slogan sul rilancio della raccolta differenziata, con l'obiettivo di raggiungere il 50% nel 2011, con investimenti per oltre 300 milioni di euro da destinare alle province e ai comuni del Lazio.
La raccolta differenziata porta a porta, vedi dichiarazioni fin troppo entusiastiche della vice presidente della provincia di Roma con delega alle politiche di tutela ambientale, Pina Rozzo, doveva essere una realtà nel progetto del "centro-sinistra" tanto da realizzare impianti di compostaggio e isole ecologiche attraverso i comuni del Lazio. Nulla di tutto questo è stato realizzato; anzi Marrazzo intraprende, alla fine del 2008, un nuovo proficuo confronto con il neopodestà di Roma, il fascista Alemanno, giungendo alla fine a un accordo con il comune capitolino per portare la raccolta differenziata fino al 45% entro il 2013 con pochi milioni di finanziamento (12) a fronte dei 100 che servirebbero effettivamente per far partire, capillarmente nella città, la raccolta porta a porta. Così dichiara Marrazzo in sollucchero dopo l'incontro con Alemanno: "usciamo da questo incontro con una logica comune: da oggi c'è una certezza, cioè che Roma punta a livelli virtuosi di raccolta differenziata. È una grande svolta della quale ringrazio Alemanno". A tutt'oggi il fantomatico accordo è fermo al palo.

Gli scandali fuori e dentro il palazzo
Nel 2009, nel giro di una decina di mesi, la giunta regionale si affossa da sola: protagonista assoluto della fine ingloriosa del "centro-sinistra" è proprio il governatore travolto da intrighi e scandali, conditi da un dispendio di denaro pubblico e persino da alcune morti, come emergerà da diverse inchieste che inchioderanno Marrazzo fino alle dimissioni.
Si pensi ai 72mila euro che l'ex governatore destina alla festa-concerto di San Valentino per il 14 febbraio tirandosi dietro le ire persino del sindacato dei dirigenti degli enti regionali, il "Direr", che denuncia: "la Regione che mette sulle spalle dei contribuenti l'addizionale Irpef più alta, la stessa con la sanità più indebitata e le barelle nei pronto soccorsi che stazionano anche per quattro giorni, non trovi di meglio da fare?... Sembra che la Regione viva in un altro mondo: dà vita a un concerto nel giorno degli innamorati, una festa senza tradizione, importata e per niente sentita. E con quali costi. Così manda un segnale di distacco dai problemi della gente. A meno che, vista l'aria che tira, non pensi che manifestazioni come questa servano a distrarre dalla morsa della crisi".
I primi contraccolpi per la giunta si hanno il 18 febbraio 2009 quando il consesso borghese subisce l'uscita del PdCI di Diliberto, non certo per la denuncia da parte dei falsi comunisti della natura antipopolare del governo del Lazio, ma solo per uno scambio di poltrone non gradito: dalla giunta vengono esclusi Marco Di Stefano, gli subentra Francesco Scalia (entrambi PD), e Mario Michelangeli (PdCI), al posto del quale si siede Vincenzo Maruccio dell'IdV.
Scoppia l'ormai famigerato scandalo in cui viene coinvolto il governatore Marrazzo, con un vero e proprio sputtanamento delle vicende personali (poi divenute giudiziarie) dell'ex giornalista di "Mi manda Raitre" per screditarlo e metterlo fuori gioco. La novità rispetto al passato è che in questa guerra fra bande, oltre a utilizzare dossier su mazzette, corruzioni e concussioni, si utilizzano al momento opportuno anche quelli sulle abitudini di vita e sessuali dei vari esponenti politici borghesi, ivi compresi l'uso e l'abuso di prostituzione e di droga pesante. Uno squallido teatrino nel quale gli interessi delle masse sono completamente estranei, visto che ai partiti borghesi interessa unicamente curare i propri affari, quelli dei capitalisti da cui dipendono e del sistema capitalistico nel suo insieme.
Il 23 ottobre esplode il caso Marrazzo. Un video ritrae il governatore del Lazio in compagnia di una transessuale con cui ha pattuito una ricompensa di 5 mila euro. Si vede anche della cocaina. Ma c'è di più. Quattro carabinieri, Luciano Simeone, Carlo Tagliente, Nicola Testini e Antonio Tamburrino, vengono arrestati con l'accusa di aver tentato un'estorsione nei mesi precedenti nei confronti di Marrazzo che avrebbe pagato almeno 20 mila euro in assegni per impedire l'uscita della notizia. Secondo la versione messa a verbale da Tagliente, uno dei carabinieri che fece irruzione in via Gradoli, Marrazzo "ci pregò con gli occhi lucidi di non fare nulla perché ci diceva 'io ho una mia dignità e la mia posizione... Vi prego aiutatemi... saprò ricompensarvi, vi aiuterò nell'arma'".
In seguito al clamore mediatico sollevato dalla vicenda, dopo aver sfrontatamente mentito e negato il proprio coinvolgimento, Marrazzo ammette parzialmente le sue colpe definendole "frutto di una mia debolezza della vita privata", autosospendendosi dalla carica di presidente del Lazio e trasferendo i poteri al vice-presidente e assessore all'Urbanistica Esterino Montino (PD). Il 26 e 27 ottobre. Dopo essersi rifugiato in un monastero, si dimette da governatore e da commissario alla sanità.
La squallida vicenda si è tinta poi di colorature fosche: Gianguerino Cafasso, coinvolto nello scandalo con il ruolo di mediatore nella vendita del video, era stato trovato morto il 12 settembre, ucciso da una dose di cocaina che potrebbe essere stata appositamente "tagliata" per assassinarlo. Il 20 novembre Brenda, una delle due transessuali coinvolte nello scandalo, viene trovata morta soffocata dal fumo nel suo appartamento in seguito a un incendio che secondo la pista più accreditata dagli inquirenti sarebbe di origine dolosa.
Questo comunque è stato solo l'ultimo inglorioso capitolo della carriera di governatore di Marrazzo. Nei suoi quasi cinque anni di governo non ha risolto uno solo dei problemi più urgenti delle masse laziali. Al contrario, si è puntualmente rimangiato ciò che aveva promesso in campagna elettorale finendo per favorire gli interessi delle consorterie amiche nel campo dei rifiuti e dell'energia, come in quello della sanità, dell'edilizia e delle infrastrutture. Consorterie fra cui vanno annoverate la Co.ge.ma di Manlio Cerroni, la società energetica del gruppo Cir di De Benedetti, Sorgenia, e la multinazionale Enel.
Tutta questa vicenda dimostra che i politicanti borghesi, siano essi di destra o di "sinistra", non meritano alcuna fiducia e sono privi di qualsiasi credibilità non solo e non tanto per il comportamento personale, ma soprattutto per quello politico e morale. È inevitabile che sia così, perché chi accetta di partecipare ai governi della borghesia, siano questi centrale, regionali o locali, per gestire gli interessi e gli affari del capitalismo, automaticamente ne accetta anche il sistema basato sulla corruzione, le tangenti, il clientelismo, il nepotismo e ogni altro mezzo "lecito" o illecito atto a mantenere ed estendere il proprio potere e fare gli interessi delle proprie cordate di riferimento.
Non saranno certo la liberale di destra Emma Bonino né la neofascista doc Renata Polverini a rappresentare un'alternativa alle malefatte della giunta antipopolare Marrazzo: perciò occorre votare per il PMLI astenendosi alle elezioni regionali nella prospettiva strategica di conquistare l'Italia unita, rossa e socialista.

24 marzo 2010