Chi è Fini
Da giovane picchiatore anticomunista a ministro degli Esteri del regime neofascista
Gianfranco Fini è un caporione fascista a 24 carati, cresciuto sotto l'egida del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, e con una carriera politica assicurata da "padrini" del calibro di Teodoro Bontempo, Giuseppe Tatarella e Pino Romualdi; nel '94 ha definito Mussolini "il più grande statista del secolo"; una dichiarazione recentemente ritenuta non opportuna ma non sconfessata.
Nato a Bologna il 3 gennaio 1952, in una famiglia della media borghesia, Fini ha vestito la camicia nera fin dai primi vagiti. Il padre, Argenio Fini, è stato volontario della "Repubblica sociale italiana" e iscritto all'Associazione nazionale combattenti della RSI. Per onorare la morte di un cugino fascista (Gianfranco Dilani giustiziato dai partigiani durante la guerra di Liberazione) decise di dare il nome Gianfranco al suo primogenito. Il nonno materno, Antonio Marani, è stato un fascista della prima ora e partecipò alla marcia su Roma al fianco di Italo Balbo.
All'età di 17 anni, siamo nel 1969, Fini aderisce al MSI e inaugura la sua professione di picchiatore e provocatore anticomunista sfidando apertamente la contestazione organizzata dal movimento studentesco di Bologna contro la proiezione del film americano a favore dell'aggressione Usa in Indocina "I berretti verdi". Si iscrive all'organizzazione studentesca del MSI, "Giovane Italia", poi confluita nel Fronte della gioventù (Fdg).
Nell'estate del 1971 la famiglia si trasferisce a Roma e nella capitale il picchiatore Fini si distingue soprattutto nell'organizzare agguati contro i giovani e gli studenti di sinistra.
Nel 1973 viene nominato responsabile della scuola del Fdg di Roma e cooptato nella direzione nazionale dell'organizzazione, di cui dal 1977 e per 10 anni sarà segretario nazionale. Diplomato alle magistrali si laurea in psicologia presso la Sapienza di Roma; nel 1977 è eletto membro del comitato centrale e inizia a lavorare al quotidiano del MSI-DN, il "Secolo d'Italia".
Dal giornale esce nel 1983, si candida alle politiche e ottiene il seggio alla Camera; era arrivato secondo ma il primo è Almirante che opta per un'altra circoscrizione e gli concede il seggio in parlamento. Dove viene rieletto nel 1987 con un numero di preferenze secondo solo ad Almirante; è la definitiva consacrazione di Fini al vertice del partito fascista. L'elezione a segretario avviene al congresso di Sorrento del 1987; Fini annuncia: "la mia segreteria inizia in perfetta continuità ideale con quella di Almirante".
Lascia la carica a Pino Rauti dopo le sconfitte elettorali dell'88 e dell'89. Pur in seconda fila ribadisce la sua fedeltà al fascismo e dichiara pubblicamente di voler difendere "l'identità tradizionale del partito fondato da Almirante e Romualdi". Anche Rauti inciampa nelle sconfitte elettorali delle regionali del '90 e '91 e lascia di nuovo il posto a Fini, intorno al quale si ricompatta tutta la vecchia feccia fascista almirantiano-romualdiana. Di nuovo segretario, Fini si distingue subito per l'appoggio alle picconate del capo dei gladiatori Francesco Cossiga, fervido sostenitore del presidenzialismo di cui i missini vantano la primogenitura.
L'11 dicembre del 1992 Fini annuncia la fondazione di una grande "Alleanza nazionale, liberaldemocratica, europea e in perfetta sintonia con i grandi valori della cultura occidentale". Con un'operazione mistificante cerca di costruire un'immagine della "nuova" destra lontana dalle origini ma senza però cancellarle e rinnegarle. Il nuovo partito viene fondato a Roma il 22 gennaio 1994. Fini viene eletto per acclamazione coordinatore di AN cui il MSI-DN decide di aderire in blocco, tranne la corrente del bombarolo Rauti.
Per rendere ancora più credibile la "svolta" e conquistarsi una patente da "democratico" Fini si spinge fino alla provocazione e agli inizi del '94 visita le Fosse Ardeatine. Operazione che ripeterà nel 1999 quando si reca in visita al campo di sterminio nazista di Auschwiz.
Il sigillo alla definitiva riabilitazione dei fascisti lo pone il vertice del PCI-PDS che, 11 anni dopo la partecipazione ai funerali di Almirante, manda una propria delegazione al congresso di fondazione di AN e invita per la prima volta il fascista Fini ad una festa nazionale de "l'Unità".
Fini nel '94 può coronare il suo sogno di portare i fascisti alla guida del Paese insieme al neoduce Berlusconi e al caporione neofascista, razzista e secessionista Bossi.
Nel gennaio del '95 a Fiuggi Fini scioglie il MSI-DN e apre il congresso nazionale di fondazione di AN. Nel simbolo di AN rimane fra l'altro, anche se rimpicciolita, la fiamma tricolore del MSI ideata nel 1947. E anche il gruppo dirigente rimane lo stesso, rafforzato con l'ingresso nella segreteria di alcuni "giovani" provenienti da una lunga esperienza di mazzieri contro i movimenti giovanili e studenteschi degli anni '70 fra cui spiccano: Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa, Francesco Storace, Gianni Alemanno e Adolfo Urso.
Nel corso della XIII legislatura Fini si prodiga per l'approvazione delle riforme costituzionali proposte dalla commissione bicamerale golpista presieduta dal rinnegato D'Alema. Si allea con Mariotto Segni alle elezioni europee del '99 ma dopo la batosta subita rinsalderà l'asse con Berlusconi e Bossi per volare alla vicepresidenza del Consiglio e successivamente come rappresentante del governo italiano alla Convenzione europea che scriverà la Costituzione dell'Europa imperialista. L'europensiero di Fini combacia con quello di Berlusconi nella riedizione mussoliniana "Dio, patria, famiglia", riadattato alla situazione attuale e al compito assegnatogli che porterà a termine contribuendo a realizzare quel testo presidenzialista che istituzionalizza il ruolo mondiale, economico, politico e militare dell'Ue imperialista.
Sdoganato e riabilitato a tutto tondo il fascista doc fa asse con il neoduce Berlusconi nella piena attuazione della seconda repubblica neofascista, federalista e imperialista: la sua firma contribuisce a segnare le tappe più nere, repressive, razziste e xenofobe della politica interna. Dai fatti di Genova 2001, dove segue dalla cabina di regia governativa la mattanza di piazza, alla legge razzista e xenofoba Bossi-Fini che criminalizza l'immigrazione e istituisce i lager per immigrati. Dalla "tolleranza zero" espressa dalla legge proibizionista sull'uso delle droghe, che inasprisce le pene e militarizza ogni aspetto della vita dei govani, alla politica ottusa, oscurantista e antifemminile sulla ricerca scientifica, la legge sull'aborto e i diritti degli omossessuali.
Come vice premier scalpita per avere più "visibilità" e poteri nel governo del neoduce Berlusconi, palesando ambizioni anche verso la leadership della coalizione di "centro-destra". La sua nomina al dicastero più prestigioso del governo, come primo ministro degli Esteri fascista nella storia della repubblica, segna un passaggio storico nefasto: si conclude di fatto quella parabola che ricollega il regime fascista di Mussolini al regime neofascista, presidenzialista e federalista di Berlusconi con Fini nel ruolo che fu di Galeazzo Ciano; un ruolo che gli permette di rappresentare e perseguire quella politica nazionalista, patriottarda, interventista e imperialista in rappresentanza del governo del neoduce Berlusconi e sottoscritta dal presidente della repubblica Vittorio Emanuele Ciampi.

24 novembre 2004