Flavio Carboni, dalla cupola della P2 di Gelli al servizio del neoduce Berlusconi

78 anni, originario di Torralba (Sassari), Flavio Carboni è una delle figure più ricorrenti in tutte le inchieste a sfondo politico, affaristico e criminale degli ultimi trent'anni: dalla P2 alla vicenda Calvi-Banco Ambrosiano, dal sequestro Moro alla banda della Magliana e alla scomparsa di Emanuela Orlandi; e, buon ultima, l'inchiesta sulle tangenti per l'eolico in Sardegna, con annessa associazione segreta (la cosiddetta P3), insieme a Verdini, Dell'Utri e altri per affiliare magistrati e procurare vantaggi a "Cesare" Berlusconi.
Inchieste da cui peraltro il "faccendiere" sardo è riuscito quasi sempre a tirarsi fuori con pochi o punti danni, vuoi per insufficienza di prove, vuoi per sconti di pena, amnistie, ecc. In pratica, a tutt'oggi, Carboni ha avuto una sola condanna, quella a 8 anni e 6 mesi di reclusione (parte scontati con la custodia cautelare e il resto condonati) per il fallimento del Banco Ambrosiano. Lo stesso procedimento per cui sono stati condannati Gelli e Ortolani a 12 anni e Francesco Pazienza a 8 anni. Per tutte le altre inchieste in cui è risultato coinvolto è riuscito a farla franca, come Gelli del resto, la cui loggia P2 fu derubricata al livello di un'innocua bocciofila da parte della magistratura romana, quella che non a caso era diventata famosa nei decenni passati come il "porto delle nebbie". Ciò a dimostrazione che nonostante gli strepiti di Berlusconi sulla magistratura infestata di "toghe rosse", a chi è ben dotato di mezzi economici e di relazioni politiche giuste la giustizia è sempre di manica larga e offre sempre ampie possibilità di farla franca, e che se di magistrati "politicizzati" si deve parlare questi abbondano proprio nelle stanze della servitù di Palazzo Grazioli e dintorni, come dimostra appunto la vicenda della cosiddetta P3.
Carboni infatti è stato assolto per insufficienza di prove dall'accusa di concorso nell'omicidio del banchiere piduista Calvi, trovato impiccato nell'82 sotto un ponte di Londra, in uno scenario da suicidio simulato. Per lui il pm aveva chiesto l'ergastolo. Assolto anche dall'accusa di ricettazione della borsa di Calvi con tutto il suo misterioso contenuto che avrebbe venduto a un monsignore dello Ior (la banca del Vaticano), il quale fu assolto a sua volta perché avrebbe agito "in stato di necessità" per proteggere il papa nero Wojtyla. Assolto poi dall'accusa di essere stato il mandante del tentativo di omicidio del vice di Calvi all'Ambrosiano e infine assolto dall'imputazione di falso e truffa ai danni del Banco di Napoli.
La carriera di Carboni inizia negli anni '70 con una serie di società immobiliari e finanziarie e un'incursione nel campo dell'editoria: acquista infatti il 35% del quotidiano La Nuova Sardegna, grazie anche all'intercessione del suo amico imprenditore Carlo Caracciolo. Tra l'altro sembra che i suoi legami con il defunto proprietario del gruppo Espresso-La Repubblica non si siano mai interrotti, così come quelli col giornale sardo, adesso di proprietà del costruttore cagliaritano Sergio Zuncheddu, ammanicato con il governatore PDL Ugo Cappellacci (anch'egli indagato per l'eolico) e proprietario anche di una quota del Foglio diretto dal rinnegato, ex agente della Cia e consigliere del neoduce, Giuliano Ferrara. Il che, per inciso, crea un curioso anche se indiretto legame tra il fogliaccio berlusconiano e il quotidiano di Mauro e Scalfari. Per inciso Il Foglio è stato il primo a lanciare la tesi della "nuova P2" come un'innocua "banda di sfigati", poi usata dallo stesso Berlusconi per tentare di liquidare la losca vicenda come un'iniziativa di pasticcioni fatta "a sua insaputa" e gli faceva eco il direttore del Giornale della famiglia Berlusconi che definiva fin dal titolo del suo editoriale il 18 luglio: "la P3 è un bidone".
Le rapide "fortune" di Carboni nel corso degli anni '70 si spiegano con gli stretti rapporti intessuti con Gelli, Ortolani e soprattutto con Luigi Bisignani, il reclutatore della P2 e "postino" di tangentopoli, attualmente assurto alla segreteria di Gianni Letta a Palazzo Chigi, nonché fidanzato della sottosegretaria fascista Daniela Santanché (che, altra curiosità, sembra che stia per acquistare con un altro socio proprio Il Foglio di Ferrara). In quegli anni datano anche i suoi rapporti con la mafia, e in particolare col suo "cassiere" Pippo Calò, e con la banda della Magliana, tanto che il suo nome spunta non solo durante il sequestro Moro nel 1978, (si offrì come mediatore con la mafia per far liberare il leader democristiano) ma compare anche nell'inchiesta sul rapimento di Emanuela Orlandi, attribuito alla banda della Magliana, di cui era in rapporti con il suo boss Diotallevi.
È poi la volta della vicenda Ior-Banco Ambrosiano e della fuga e assassinio di Roberto Calvi a Londra, vicenda in cui, anche se è riuscito a cavarsela sul piano giudiziario, Carboni risulta dentro fino al collo come uno dei protagonisti di primo piano. I suoi stretti legami con Berlusconi risalgono proprio a quel periodo, cioè ai primi anni '80, quando Carboni si mette in affari col cavaliere piduista per una gigantesca speculazione immobiliare in Sardegna (rimasta poi in sospeso), denominata "Olbia 2" (sulla scia, guarda caso, di "Milano 2", edificata dall'allora imprenditore edile Berlusconi riciclando soldi della mafia tramite la mediazione di Dell'Utri). È sempre Carboni a proporre l'acquisto di Villa Certosa in Costa Smeralda a Berlusconi, magione faraonica contigua alla villa Dolce Drago acquistata dal fratello Paolo, e prima di lui usata dallo stesso Carboni per riunioni piduiste e frequentata perfino da esponenti della banda della Magliana.
Un sodalizio di lunga data all'ombra della P2 e del malaffare dunque, quello tra Flavio Carboni e il nuovo Mussolini, e che si è recentemente arricchito di nuove imprese politico-criminali frutto dell'associazione segreta tra il "faccendiere" sardo e gli uomini più fidati del neoduce, come Verdini e Dell'Utri, in cui si mescolano in un groviglio inestricabile manovre per comprare magistrati al servizio degli interessi del capo (Lodo Alfano, lista Formigoni, ecc.), trame per appoggiare candidati in odore di mafia e screditare rivali (caso Cosentino-Caldoro), associazioni a delinquere per favorire mega speculazioni come quella sull'eolico in Sardegna in cui si sospetta una cointeressenza delle mafie.
E chissà cos'altro ancora.

21 luglio 2010