Prima l'ispezione ministeriale, poi la denuncia alla procura di Brescia
Berlusconi mette sul banco degli imputati i pm Bocassini e Colombo

Grazie anche all'avallo del parlamento nero e alla sporca connivenza del capo dello Stato Ciampi che ormai gli votano e gli firmano qualsiasi legge per salvarlo dai processi (dalla Cirami, alla depenalizzazione del falso in bilancio, la legge sulle rogatorie e, ultimo, il golpe istituzionale del Lodo Schifani) e grazie soprattutto all'arrendevolezza della "sinistra" del regime neofascista che non è capace di mettere in campo la benché minima opposizione lasciandogli di fatto campo libero su tutti i fronti, il neoduce Berlusconi si è spinto fino a mettere sul banco degli imputati i suoi accusatori, i Pm Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, che dal 10 luglio risultano iscritti nel registro degli indagati della procura di Brescia con l'accusa di abuso d'ufficio per aver opposto "in modo illegittimo" il segreto investigativo agli ispettori ministeriali sul fascicolo 9520/95 coperto da segreto istruttorio e da cui sono scaturiti i processi Imi-Sir, Lodo Mondadori, Sme e la corruzione dei giudici romani in cui sono imputati fra gli altri il neoduce Berlusconi, Cesare Previti e la loro banda di giudici corrotti.
"Chissà nel frattempo cosa succederà al Pm" aveva sinistramente annunciato l'avvocato di Previti, Sandro Sammarco, nel corso dell'ultima udienza del processo Sme prima del rinvio al 30 settembre deciso in seguito alla richiesta di patteggiamento allargato. E' successo che il Guardasigilli, il leghista Roberto Castelli, a conferma dell'asse di ferro creatosi fra la Lega del caporione Bossi e la casa del fascio del neoduce, si è trasformato nel "Guarda spalle" di Berlusconi e in seguito a un esposto presentato dall'imputato, plurinquisito e già condannato, Cesare Previti manda gli ispettori ministeriali, Ciro Monsurrò e Arcibaldo Miller, al tribunale di Milano col chiaro obiettivo di mettere le mani sul fascicolo 9520/95.
Boccassini e Colombo, come era già successo in una precedente ispezione, non si lasciano intimorire e di fronte alle pressioni degli ispettori rispondono a tutte le domande e i chiarimenti degli "007" di Castelli ma rifiutano categoricamente di consegnare il fascicolo 9520/95 opponendo il segreto d'ufficio.
A conclusione del loro blitz alla procura di Milano, Monsurrò e Miller il 16 luglio stilano un velenoso atto di accusa di 18 pagine contro i Pm milanesi in cui fra l'altro si legge che Ilda Boccassini e Gherardo Colombo "sono venuti meno al dovere di correttezza e di leale collaborazione con organi istituzionali, compromettendo il prestigio dell'ordine giudiziario". Trasformando così gli accusatori di Berlusconi, Previti e di tutta la loro banda di malfattori e giudici corrotti in accusati. Tant'è che alla fine della loro requisitoria Monsurrò e Miller, dopo aver imputato ai Pm milanesi la responsabilità di aver sprecato inutilmente energie investigative in un'indagine che a loro parere non poteva aver sbocco in quanto si occupava di reati prescritti, invocano apertamente pesanti sanzioni disciplinari contro i due Pm e il traferimento d'ufficio per "incompatibilità ambientale".
A tal proposito, visti i precedenti giudiziari di Arcibaldo Miller, uno dei due ispettori di Castelli, verrebbe proprio da dire: da che pulpito viene la predica. Infatti Miller, quando da Pm a Napoli si occupava di indagini sulla camorra, è finito più volte sotto inchiesta per corruzione e favoreggiamento della prostituzione e per un lungo periodo è stato indagato anche per i suoi presunti rapporti con la camorra e la massoneria. Di questa losca vicenda a carico di Miller si è occupato il parlamento, con 4 interrogazioni presentate da altrettanti parlamentari, la Commissione antimafia e perfino il Csm che alla fine ha messo tutto a tacere con un decreto di archiviazione nel '96.
Ma per Castelli i giudici da colpire e le inchieste da mandare avanti evidentemente non sono i collusi con mafia e massoneria e i corrotti, ma chiunque osa indagare e mettere sotto inchiesta il suo attuale padrone politico Berlusconi e la sua banda di malfattori con alla testa Previti. Infatti Castelli, non molla la presa, e pochi giorni dopo invia la relazione dei suoi ispettori al procuratore generale di Milano Mario Blandini affinché prenda in considerazione l'opportunità di un'avocazione del fascicolo 9520/95. Allo stesso tempo Boccassini e Colombo chiedono il pronunciamento del Csm. Della vicenda si occupa la VI Commissione che elabora un lungo documento sottoposto alla votazione del Plenum in cui si ribadisce la totale correttezza dei Pm milanesi. Ma al momento del varo del dispositivo i 5 membri "laici" eletti dalla maggioranza di governo minacciano di uscire dall'aula e di far mancare il numero legale se viene messo ai voti il documento della VI Commissione e chiedono esplicitamente di cancellare ogni riferimento alla "leale collaborazione" che il dispositivo attribuisce ai Pm milanesi provocando così una profonda spaccatura con la maggioranza del plenum che invece vuole approvare il documento senza modifiche.
Dopo oltre 12 ore di dibattito e limature il vicepresidente del Csm Virginio Rognoni su "consiglio" del Quirinale sottopone al Plenum un accordo tecnico che spezza in due il dispositivo della VI Commissione. La prima parte, inerente i principi generali sulla secretazione degli atti, è votata all'unanimità. Mentre sulla seconda parte, che chiarisce le motivazioni e si occupa direttamente dell'operato dei Pm milanesi, la spaccatura del Csm si è consuma fino in fondo col rifiuto da parte dei 5 membri della maggioranza di governo di votare il provvedimento che è approvato a maggioranza.
Sulla vicenda era già intervenuta anche l'Associazione nazionale magistrati (Anm) che in un documento aveva definito l'ispezione ordinata da Castelli "un gravissimo attacco nei confronti dei pubblici ministeri". Inoltre "La divulgazione della relazione dell'inchiesta ministeriale presso la Procura della Repubblica di Milano - scrivono il presidente Bruti Liberati, il vice Piero Martello, il segretario Carlo Fucci e la vicesegretaria Antonietta Fiorillo - preceduta da settimane di anticipazioni e preannunci e accompagnata ora da commenti e apprezzamenti di uno degli ispettori e del capo dell'Ispettorato ha costituito l'occasione per un gravissimo attacco nei confronti dei Pubblici ministeri, mentre è pendente il dibattimento in uno dei due processi milanesi per corruzione e si attende il deposito delle motivazioni dell'altro già definito dal Tribunale". Infatti il primo a esultare per la divulgazione dei contenuti inquisitori dell'ispezione ministeriale contro i Pm milanesi è stato non a caso il plurinquisito Previti che spudoratamente ha minacciato: "La mia battaglia comincia da qui. Da questo momento in poi non mi fermerò finché tutti coloro che hanno commesso reati ai miei danni, siano essi magistrati o meno, rispondano delle loro condotte di fronte alla legge che in uno Stato democratico deve essere uguale per tutti". E così i due Pm Boccassini e Colombo sono passati dal banco dell'accusa a quello degli imputati a Brescia nel giro di pochi giorni in seguito all'esposto presentato il 4 luglio da un fantomatico "Comitato nazionale per la giustizia" presieduto dall'avvocato perugino Giacomo Borrione, responsabile giustizia di Forza Italia in Umbria, e di cui fanno parte fra gli altri, l'avvocato di Previti, Sandro Sammarco, il giornalista Giancarlo Lehner, più volte condannato per i suoi articoli diffamatori contro il pool di Milano, e l'ex giudice Francesco Pintus, ex esponente di Magistratura democratica e attuale editorialista del Giornale berlusconiano.
Ecco la "giustizia giusta" invocata dal neoduce Berlusconi che dopo aver salvato se stesso e i suoi coimputati da una sicura condanna con una raffica di leggi ad personam, adesso vara la controriforma della giustizia. Proprio come invocavano Gelli e la P2 nel "piano di rinascita democratica" e poi Craxi nel progetto di "grande riforma istituzionale" allo scopo di ristabilire l'immunità totale per i nuovi gerarchi della casa del fascio proprio come ai tempi di Mussolini.