Rappresaglia nazista degli imperialisti sionisti israeliani
IL BOIA SHARON ATTACCA CON MISSILI E CARRI ARMATI LE CITTA' PALESTINESI
Distrutti uffici, eliporto ed elicotteri del leader dell'Anp. Uccisi e feriti numerosi civili, anche bambini
Il regime imperialista sionista israeliano ha scatenato una feroce rappresaglia contro i territori palestinesi dopo gli attentati terroristici dell'1 e 2 dicembre a Gerusalemme e Haifa. Aerei e elicotteri di Tel Aviv hanno colpito il 3 dicembre con bombe e missili l'eliporto di Gaza e distrutto gli elicotteri utilizzati da Arafat per i suoi spostamenti e diversi uffici e sedi palestinesi a Jenin e Betlemme in Cisgiordania; a Betlemme i missili israeliani hanno colpito una stazione della polizia palestinese e il quartier generale dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), a Jenin i cacciabombardieri F-16 hanno colpito in due ondate il comando della polizia palestinese. Almeno due le vittime civili e una ventina i feriti, fra i quali anche dei bambini.
La rappresaglia nazista del boia Sharon è proseguita il 4 dicembre con nuovi raid aerei sulle città palestinesi amministrate dall'Anp in Cisgiordania. Gli attacchi si sono concentrati in particolare su Ramallah, dove si trovava Arafat, che è stata circondata dai carri armati; i soldati israeliani hanno bloccato tutte le vie di accesso della città dove i centomila abitanti sono di fatto prigionieri.
Il boia Sharon conduce, fin dall'insediamento del suo governo di coalizione col laburista Peres, una guerra aperta contro il popolo palestinese e l'amministrazione dell'Anp; di concerto col padrino imperialista americano preme affinché Arafat si sbarazzi delle organizzazioni e movimenti palestinesi che si oppongono alla pace imperialista della regione, sancita negli accordi di Oslo, etichettando come terroristi tutti i sostenitori dell'Intifada. Al governo palestinese Tel Aviv chiede la fine delle manifestazioni di piazza, la fine dell'Intifada, una tregua unilaterale per poter riprendere i negoziati. Nello stesso tempo in nome della "lotta al terrorismo'' il boia Sharon ha, prima di Bush e col suo consenso, attivato la pratica degli "omicidi mirati'', e in particolare l'eliminazione di dirigenti e militanti di Hamas e Al Fatah.
Il copione degli imperialisti sionisti si è ripetuto anche nelle ultime settimane. Nonostante una tregua unilaterale proclamata da Arafat e rispettata anche da Hamas le forze sioniste hanno assassinato esponenti e militanti dell'organizzazione palestinese che ha risposto con i due attentati a Gerusalemme e Haifa; il bilancio è di una trentina di vittime e oltre 200 feriti.
Gli attentati terroristici in Israele erano condannati dall'Anp e dalla Lega araba; il segretario generale della Lega Araba, Amr Musa, in una nota sottolineava però che "le radici di questo problema sono nell'occupazione israeliana e nella politica di aggressione costante ai palestinesi, che hanno creato una frustrazione senza precedenti le cui conseguenze naturali sono atti come questi (...). Quanto è successo è la reazione alla morte di un politico palestinese assassinato dagli israeliani secondo una lista apposita preparata dal governo di Sharon''.
Sharon, che al momento dell'attentato di Gerusalemme si trovava a Washington per l'incontro con Bush, accusava Arafat di essere il diretto responsabile degli attentati, prospettando la rappresaglia contro le sedi dell'Anp e riscuotendo immediatamente il consenso degli Usa. Il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer, affermava che il presidente americano appoggiava il diritto di Israele a "difendersi'' e ribadiva che "tocca ora al presidente palestinese Yasser Arafat dimostrare che agisce in modo da fermare gli attentati contro Israele''. Il segretario di Stato Colin Powell aggiungeva che "non saremo noi a dire agli israeliani quel che devono fare''. Era l'evidente segnale di via libera degli Usa alla rappresaglia nazista degli israeliani.
La superpotenza imperialista europea, ansiosa di avere un maggiore spazio nella risoluzione della crisi mediorientale finora pilotata da Washington e Tel Aviv, assumeva una posizione da "paciere''. Il presidente della Commissione Prodi affermava che "mai la situazione è stata così grave negli ultimi anni: siamo arrivati al limite estremo della tragedia. Non c'è altra strada che la cooperazione totale fra Ue, Usa, Russia e paesi arabi per la massima pressione internazionale su entrambe le parti (...) perché spezzino la spirale di violenza''. Sullo stesso tono il commento a nome della Ue del presidente di turno, il belga Guy Verhofstadt, che chiedeva alle parti di "fermare gli attentati in Israele e le risposte che vediamo oggi''.
Arafat rispondeva alle pressioni di Bush e Sharon con la dichiarazione dello stato di emergenza nei territori palestinesi, l'arresto di un'ottantina di dirigenti e militanti di Hamas e della Jihad islamica e con una serie di nuove misure restrittive. Il Consiglio superiore di sicurezza palestinese, riunito in seduta straordinaria il 3 dicembre, decideva tra l'altro di vietare le manifestazioni non autorizzate, l'interruzione delle lezioni nelle scuole e università e gli inviti a manifestare rivolti ad alunni e studenti.
Ma tali misure erano ritenute insufficienti da Tel Aviv che, dopo aver mobilitato l'esercito per rafforzare l'assedio alle città di Jenin, Nablus e Tulkarem, in Cisgiordania, scatenava i raid aerei. Mentre sul terreno i carriarmati entravano in azione anche nella striscia di Gaza cannoneggiando il campo profughi di Khan Younis.

5 dicembre 2001