Le bugie di Montezemolo e Marchionne
270 milioni di euro regalati dallo stato alla Fiat solo in tre anni
Intanto chiude lo stabilimento di Termini Imerese e porta la produzione in Serbia

L'ha detta davvero grossa Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fiat, forse spinto dalle polemiche esplose a seguito della decisione di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese e che accusano la casa torinese di prendere soldi dallo Stato senza alcun impegno per la difesa dell'occupazione e della produzione in Italia. Montezemolo in pratica è arrivato a dire che: "da quando noi siamo arrivati alla Fiat non ho ricevuto un euro dallo Stato". Qualche mese fa anche l'amministratore delegato, Sergio Marchionne, era intervenuto sullo stesso argomento con toni persino più duri: "Da quando sono alla guida della Fiat sento dire... che questa azienda vive di aiuti pubblici. Sento dire che l'attività del Gruppo poggia sull'assistenza dello Stato. È una delle assurdità - concludeva - più grandi che si possa sostenere".
Beh, in quanto a faccia tosta, i vertici della Fiat non temono nessuno. Lo sanno tutti che le cose stanno esattamente all'opposto di quanto sostenuto da Montezemolo e Marchionne. Non per caso circola a livello popolare la battuta che recita: "se sommassimo tutti gli aiuti dati dallo Stato nell'arco di 50-60 anni, la Fiat ce la saremmo potuta comprare 2-3 volte".

I conti della Cgia di Mestre
Ad ogni modo, le parole sono parole, i fatti sono fatti. La Cgia (l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese) di Mestre si è presa la briga di quantificare gli aiuti pubblici ricevuti dal Gruppo Fiat (autoveicoli, macchine per l'agricoltura, componentistica, ecc.), nei tre anni che vanno dal 2006 al 2008. Dalla lettura del bilancio di sostenibilità del Gruppo della casa torinese, risulta che i contributi e i finanziamenti agevolati ricevuti nel periodo considerato ammontano complessivamente a 270 milioni di euro. Così suddivisi: 193 milioni di contributi a fondo perduto per aree depresse o in declino industriale, e 77 milioni di finanziamenti agevolati "a fronte di progetti pluriennali in ricerca e innovazione". Non sono noccioline. Tanto più se si considera che la Fiat ha proseguito a ricevere aiuti consistenti nel 2009 e che, molto probabilmente, ne riceverà altri anche per quest'anno, nella forma della cassa integrazione e in quella di eco-incentivi per l'acquisto di auto. A quest'ultimo proposito, nel 2009 la Fiat ha ricevuto consistenti aiuti statali che hanno pesato per il 40,7% sulle nuove immatricolazioni auto in Italia (675 mila su un totale di 1,57 milioni di veicoli).

Aiuti e agevolazioni per lo stabilimento di Termini Imerese
Anche per lo stabilimento di Termini Imerese, che ora Montezemolo e Marchionne vogliono chiudere, la Fiat ha sempre ricevuto aiuti e agevolazioni dal governo e dalla regione Sicilia a non finire. Sin dal 1970, anno di inaugurazione, l'azienda del pescecane Agnelli ricevette a fondo perduto 20 miliardi di lire, che corrispondevano a 55 milioni per ciascuno dei 350 operai assunti. A quel tempo rappresentava un bel gruzzolone se si pensa che un panino costava 20 lire. Ma ancor prima della costruzione dello stabilimento, la regione Sicilia aveva espropriato e dato alla Fiat 440 mila metri quadrati di costa. Gli aiuti e le agevolazioni si sono moltiplicati man mano che l'azienda si espandeva, in particolare con l'adeguamento delle infrastrutture e la costruzione di nuove: la ferrovia, l'autostrada, il porto e anche la centrale Enel che per esigenze Fiat viene riconvertita a metano tra il 2004 e 2005 con un costo di 200 milioni di euro a carico della collettività. Si tratta di 10 milioni di euro spesi per lo svincolo autostradale nella zona industriale, 45 milioni per l'adeguamento del porto e altrettanti per potenziare la stazione ferroviaria. E non è tutto. Tra il 2002 e il 2005 la Fiat ha avuto a disposizione 40 milioni di euro di fondi comunitari da usare per la formazione speciale nei periodi di cassa integrazione.
Il fatto è che la casa automobilistica torinese ha sempre usato i periodi di crisi per fare incetta di aiuti statali, sia finanziari, sia fiscali, sia previdenziali, per ridurre gli organici, chiudere gli stabilimenti e, con l'occasione, abbassare salari e diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Si veda la fine che hanno fatto nelle mani della Fiat due marchi storici di auto italiane come l'Alfa Romeo e la Lancia, ridotti al lumicino. Ma oggi c'è qualcosa di nuovo nella strategia del Lingotto che non porta nulla di buono per il mantenimento della produzione dell'occupazione in Italia.

La Fiat delocalizza all'estero
Questa "novità" si chiama delocalizzazione della produzione Fiat fuori dall'Italia, nei Paesi dove più basso è il costo del lavoro e dove i diritti sindacali sono praticamente inesistenti e dove, di nuovo, può disporre di ampi aiuti statali. Infatti, la Fiat in Italia produce solo un terzo delle auto assorbite nel mercato interno. Una quota inferiore non solo a quella dei Paesi di nuova industrializzazione ma anche a quella dei Paesi capitalisticamente più evoluti come Francia e Germania. I modelli più venduti come la 500 e la Panda sono costruiti in Polonia. Montezemolo e Marchionne, che negli Usa si presentano come i salvatori della Chrysler, pappandosi anche lì lauti aiuti finanziari promessi da Obama, in Italia smobilitano e licenziano, in altri Paesi costruiscono nuovi stabilimenti e assumono nuovo personale. È il caso del Brasile dove negli ultimi tre anni hanno occupato 8 mila addetti. È il caso della Serbia dove ne assumeranno altri mille.
Appena qualche anno fa, a seguito di una dura lotta delle lavoratrici e dei lavoratori siciliani, la Fiat aveva sottoscritto un accordo che prevedeva lo sviluppo dello stabilimento di Termini Imerese che doveva diventare un vero polo industriale per la produzione completa di modelli auto in loco. Invece, è arrivata la decisione della chiusura entro il 2011 che comporta il licenziamento di 2 mila dipendenti tra addetti diretti e indotto, è arrivata la decisione dello spostamento degli investimenti dalla Sicilia in Serbia, intanto di 100 milioni di euro, come prima tranche di un totale di 700 milioni per acquisire al 67% la vecchia Zastava (l'altro 33% rimarrà nelle mani dello Stato serbo) sulle cui ceneri nascerà la nuova Fiat serba.
Siamo all'assurdo: la Fiat ha preso soldi e tanti dallo Stato, complici i governi che si sono succeduti, non per garantire produzione e occupazione nel nostro Paese, non per consolidare e sviluppare i siti industriali in Italia ma per delocalizzare all'estero, per trasferire le produzione in Paesi dove lo sfruttamento della forza lavoro è maggiore. E' un andazzo questo del tutto inaccettabile e che deve finire. La lotta deve continuare. La trattativa sul piano industriale deve subire una svolta. La Fiat va costretta a modificare radicalmente la sua strategia. Altrimenti è la scelta della nazionalizzazione, senza indennizzo da parte dello Stato, che s'impone.

17 febbraio 2010