Bush approva il piano del boia Sharon di occupazione perenne della Cisgiordania
Per il nuovo Hitler "i palestinesi devono abbandonare il loro diritto al ritorno"
I SIONISTI UCCIDONO CON UN MISSILE IL NUOVO LEADER DI HAMAS

Il progetto del boia Sharon di rendere permanente l'occupazione sionista della Cisgiordania ha ricevuto la formale approvazione del presidente americano Bush nel corso del loro incontro a Washington lo scorso 14 aprile. Non sono certo una novità gli obiettivi di Tel Aviv, perseguiti nella stessa misura dai governi laburisti e del Likud, di negare il diritto al ritorno ai palestinesi cacciati dalle loro case dopo il 1948; di annettersi parte dei territori occupati e di rinchiudere il popolo palestinese nella striscia di Gaza e nelle riserve della Cisgiordania che costituirebbero quello Stato palestinese fasullo, strettamente controllato da Israele e delineato dai progetti di pace imperialisti, non ultimo la cosiddetta road map. Il progetto sbandierato da Sharon del ritiro unilaterale da Gaza, anche se non è chiaro se comprende tutti gli insediamenti dei coloni, e lo smantellamento di una minima parte delle colonie in Cisgiordania in cambio dell'annessione di una parte dei territori occupati, sancito dalla costruzione del muro, sono l'ultimo aggiornamento del piano degli imperialisti sionisti che per la prima volta hanno ottenuto l'avallo formale del nuovo Hitler Bush.
Il ritiro dai territori occupati nel 1967 richiesto da due inapplicate risoluzioni dell'Onu, la 242 del '67 e la 338 del '73, è un atto dovuto al popolo palestinese; tantomeno può essere una concessione in cambio della quale Tel Aviv modifica a suo favore i confini del 1967 con la Cisgiordania. è invece tutto regolare per Bush che ha approvato il piano di Sharon, assieme al rinnovato sostegno dell'imperialismo americano al "diritto all'autodifesa" di Tel Aviv "contro il terrorismo" nel nome del quale il boia Sharon ha ordinato pochi giorni dopo l'uccisione del nuovo leader di Hamas, Rantisi.
Nella conferenza stampa dal 14 aprile, al termine dell'incontro con Sharon, il nuovo Hitler Bush ha definito quella del governo di Tel Aviv una decisione "storica e coraggiosa" che può "aprire la porta del progresso e mettere fine a uno dei più lunghi conflitti della storia", sulla pelle del popolo palestinese i cui diritti sono nuovamente calpestati. "Alla luce delle nuove realtà sul terreno - ha affermato Bush - compresa l'esistenza degli insediamenti israeliani non è realistico aspettarsi che l'esito dei negoziati sull'assetto definitivo disponga un ritorno alle linee dell'armistizio del 1949". Il popolo palestinese, secondo Bush, dovrebbe quindi assoggettarsi alle conquiste sioniste e rinunciare per sempre anche a una parte dei territori occupati. Ma non solo, per il presidente americano anche il diritto al ritorno dei profughi non esisterebbe più: "appare chiaro che una soluzione giusta e realistica del problema dei profughi palestinesi, nell'ambito di un accordo sull'assetto definitivo, deve essere trovato attraverso la creazione di uno Stato palestinese e la sistemazione dei profughi lì e non in Israele".
Contro l'intesa Bush-Sharon si è espresso il presidente dell'Anp Arafat che ribadito il diritto al ritorno dei palestinesi nelle terre da cui furono cacciati nel 1948 ha detto che "non ci sarà pace fino a quando il governo israeliano non deciderà il ritiro da tutta Gaza e da tutta la Cisgiordania. Il popolo palestinese non rinuncerà mai al suo obiettivo di raggiungere la libertà, l'indipendenza e la sovranità nazionale con uno Stato che abbia Gerusalemme come capitale". Il premier Abu Ala e altri ministri del governo palestinese hanno denunciato che "Bush è il primo presidente americano a dare legittimità agli insediamenti ebraici in terra palestinese, noi lo rifiutiamo e non lo accetteremo" e che "Bush non ha alcun diritto di negoziare a nome del popolo palestinese e di modificare le risoluzioni dell'Onu e gli accordi già sottoscritti". Per le organizzazioni della resistenza armata hanno parlato dirigenti della Jihad che hanno denunciato il discorso di Bush come "una dichiarazione di guerra". Nello stesso modo lo ha definito il leader di Hamas Rantisi che ha affermato "noi di Hamas non ci meravigliamo dell'ostilità statunitense", chi ha assecondato le iniziative di pace con Israele "ha spianato la strada di fronte alla protervia americana. Adesso l'illusione è scomparsa e ai palestinesi non resta che la lotta armata".
Un impegno, quello di Hamas, che è stato riconfermato anche il 17 aprile dopo l'uccisione a Gaza di Rantisi la cui auto è stata colpita da un razzo israeliano. Un nuovo assassinio di Stato contro il vertice di Hamas deciso a Tel Aviv, con l'avallo di Washington, dopo quello del 22 marzo nel quale era stato ucciso lo sceicco Yassin, di cui Rantisi aveva preso il posto. Migliaia di palestinesi erano immediatamente scesi in piazza a Gaza e nelle città della Cisgiordania contro "gli assassini e il terrorismo di Stato" di Israele, altrettanti partecipavano ai funerali del leader assassinato. Uno dei leader di Hamas ha ribadito che "la morte di Abdelaziz Rantisi non ci fermerà, combatteremo fino alla liberazione".
21 aprile 2004