Riflessioni sulla "sinistra sindacale'' e il Congresso della Cgil
Cambiare la Cgil o creare un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori?
I marxisti-leninisti continueranno a lavorare dentro e fuori la Cgil per far maturare e realizzare una nuova organizzazione sindacale di tutti i lavoratori corrispondente alla nuova situazione sindacale, politica e sociale
PER IL CONGRESSO FACCIAMO FRONTE UNITO PER BATTERE LA DESTRA DI COFFERATI
Con l'assemblea nazionale svoltasi il 10 novembre 2000 al Teatro Nuovo di Milano, cui hanno partecipato un migliaio tra dirigenti e delegati Cgil aderenti alla cosiddetta "sinistra sindacale'', si è chiusa una prima fase di un processo di scomposizione e "ricomposizione'' della aree sindacali che si collocano a sinistra della maggioranza guidata dall'attuale segretario generale, il diessino Sergio Cofferati. Un processo che dura da oltre un anno, promosso principalmente da "Alternativa sindacale'' (la corrente rappresentata da Giampaolo Patta legata al PdCI di Cossutta), dall'"Area dei comunisti in Cgil'' (la corrente capeggiata da Ferruccio Danini legata al PRC di Bertinotti), l'area sindacale che fa capo a Giorgio Cremaschi, Giacinto Botti, Maurizio Zipponi (di provenienza ex PCI-PDS-DS e recentemente entrati nel PRC il primo, nel PdCI il secondo, mentre il terzo si definisce un "comunista non conservatore''); al quale hanno partecipato, pur non aderendovi, esponenti della maggioranza cofferatiana in dissenso, come Claudio Sabattini, Adriana Buffardi, Mario Agostinelli ed altri facenti parte della "sinistra'' DS.

L'ASSEMBLEA DI MILANO E IL DIBATTO PER UNA NUOVA PIATTAFORMA
Un processo avviato e sviluppato per affrontare non in ordine sparso e improvvisato il XIV Congresso nazionale della Cgil, che avrebbe dovuto tenersi nella sua scadenza naturale tra l'autunno del 2000 e la primavera di quest'anno, che nella suddetta Assemblea ha sancito due obiettivi di fondo: il primo l'elaborazione e l'approvazione di un documento congressuale da presentare in alternativa a quello della destra di Cofferati; il secondo la formazione di una nuova aggregazione sindacale denominata "LavoroSocietà-cambiare rotta''. A seguito di ciò, il 28 novembre 2000, tutti i 36 membri del direttivo nazionale della Cgil facenti parte di "Alternativa sindacale'' e dell'"Area dei comunisti'' hanno ufficialmente e formalmente deciso di dar vita "ad un'unica area programmatica che al XIV Congresso sosterrà il documento LavoroSocietà''.
Questi i termini organizzativi e le finalità della nuova area sindacale chiariti nell'Assemblea di Milano. Si tratta di "un'aggregazione di sostegno al documento congressuale, un'aggregazione plurale costituita da singoli iscritti, gruppi, aree programmatiche''. "Questa aggregazione di sostegno al documento congressuale opererà sino al termine del percorso congressuale''. "I delegati eletti ai vari livelli congressuali della Cgil, partendo dalla valutazione sui risultati conseguiti decideranno le forme con cui proseguire la loro esperienza di aggregazione''. L'adesione può essere fatta solo al documento "senza obblighi ad aderire alla nuova area programmatica, né a costituirla dopo il congresso''. Pare esserci insomma, un invito largo e senza particolari vincoli organizzativi a tutti coloro che, individualmente o collettivamente, dissentono da sinistra con l'attuale linea e direzione della Cgil, a unirsi per condurre la battaglia congressuale.
L'approdo del 10 novembre di Milano è, come si accennava, il risultato di numerose riunioni e assemblee assai partecipate tenute nelle principali città del Paese, almeno dall'estate del '99 in poi. Infatti, il 14 luglio '99 si riunisce a Milano l'"Area dei comunisti'' che si rende disponibile a sciogliersi, se "Alternativa sindacale'' farà lo stesso, per costruire una "sinistra sindacale plurale e unitaria''. Il 15-16 ottobre '99 si tiene a Roma un seminario, cui partecipano le diverse "anime della sinistra della Cgil'' per promuovere "una fase costituente per una nuova piattaforma sindacale in Cgil''. Un mese dopo, il 14 novembre, si tiene con successo a Torino un'assemblea regionale della "sinistra sindacale'' per proseguire la discussione attorno a un documento di base per la definizione di una nuova piattaforma. Lo stesso viene organizzato il 26 novembre a Palermo in un'assemblea gremita con molti posti in piedi. A dicembre, due le assemblee importanti per partecipazione e contenuti sindacali e politici: quella del 3 a Milano dove, tra l'altro, viene attaccato il governo D'Alema per aver affrontato il tema dell'occupazione "con gli strumenti della destra liberale'', e quella del 16 a Napoli dove viene rimarcata una netta opposizione al lavoro precario e una indisponibilità a mercanteggiare sui diritti sotto il ricatto del lavoro.
Nel 2000, due sono i momenti cruciali di questo percorso di aggregazione della "sinistra sindacale'': l'Assemblea nazionale del 3-4 marzo a Roma, con la partecipazione, su invito, di un livido e stizzoso Cofferati, dove viene varato un documento denominato "Cambiare rotta'', una sorta di documento congressuale "in bozza''; e ancora un'altra Assemblea nazionale, appunto quella del 10/11 a Milano dove viene approvato in modo definitivo il documento congressuale "alternativo'' e deciso la formazione della nuova area sindacale "LavoroSocietà''.

L'ESIGENZA DI UNA SVOLTA SINDACALE
Il fatto che queste assemblee nazionali (e le altre territoriali che non abbiamo citato) abbiano registrato una partecipazione molto ampia, andata ben al di là degli "addetti ai lavori'', che questo movimento di riaggregazione della "sinistra sindacale'', almeno per il momento, non sia abortito in un niente di fatto, nonostante la presenza di parecchi "galli nel pollaio'', sta a dimostrare che il disagio, l'insoddisfazione, il dissenso vero e proprio di una larga parte di lavoratori, delegati e quadri sindacali della Cgil verso la politica sindacale, contrattuale e rivendicativa portata avanti dal vertice della Confederazione è un fenomeno concreto e in crescita; vedi per esempio la vertenza aziendale della Zanussi e il contratto dei lavoratori della scuola. Sta a dimostrare che l'esigenza di cambiare la linea praticata quanto meno in tutti gli anni '90, di far affermare una svolta nella strategia, nelle politiche rivendicative, nelle relazioni sindacali, sta diventando pressante e sempre più sentita.
Il ragionamento al centro di questa discussione e che si ritrova nei documenti presentati nelle assemblee sopracitate è in sintesi e per sommi capi il seguente: il bilancio sindacale degli ultimi 10 anni è, per i lavoratori, fortemente negativo; gli accordi del luglio '92, luglio 93 e dicembre '98 relativi alla "politica dei redditi'', al sistema delle relazioni sindacali e contrattuali concertative, alle flessibilità e alla deregolamentazione del "mercato del lavoro'' hanno fatto fallimento nel senso che hanno portato alla frammentazione e alla precarizzazione del lavoro, alla cancellazione di importanti diritti sindacali e sociali e al peggioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori; la gestione del sindacato si è fatta via via sempre più verticistica, burocratica e antidemocratica fino ad arrivare ad una direzione della Cgil di tipo "presidenzialista'', cioè decide Cofferati senza preventiva discussione e mandato del direttivo nazionale; l'autonomia e l'indipendenza di proposta e di azione nei confronti del governo, specie quelli di "centro sinistra'', e del padronato è stata, di fatto, sostituita con un comportamento subalterno, si pensi al sostanziale e clamoroso appoggio offerto al governo D'Alema in occasione della guerra di aggressione della Nato alla Serbia; all'offensiva neoliberista in materia di politica economica e sociale la Cgil (come d'altronde la Cisl e la Uil) invece di opporsi con fermezza e contrattaccare, ha assunto un atteggiamento definito di "minor danno'', in parole povere di continui cedimenti e concessioni sullo stesso terreno; nonostante che, con la presidenza del berlusconiano D'Amato, la Confindustria abbia appoggiato i referendum liberticidi, antioperai e antisindacali promossi dai radicali, rimesso in discussione a suo favore i "patti'' sottoscritti in materia di salari e flessibità e persegua persino la libertà di licenziamento e che da tempo la Cisl applichi la linea della "competizione'' e degli accordi separati, eclatante quello col Comune di Milano, il vertice cofferatiano non solo non intende cambiare strategia ma ha addirittura rinviato senza valide giustificazioni e in maniera strumentale e opportunistica il Congresso nazionale al 2002.
Da qui la richiesta di una svolta, di "cambiare rotta'' che si sostanzia in una piattaforma rivendicativa, in una certa parte e fino a un certo punto condivisibile, sui temi:
Del LAVORO, dove si chiede la piena occupazione e lo sviluppo del Sud come questione centrale.
Del SALARIO, dove si rivendica il superamento della "politica dei redditi'' e aumenti salariali che oltre a recuperare l'inflazione, beneficino di parte dell'incremento del Pil e riducano il ventaglio parametrale
Della LOTTA ALLA PRECARIZZAZIONE, dove si chiede il contenimento dell'interinale e dei contratti a termine, penalizzazioni per le aziende che li usano e diritti sindacali e previdenziali per i lavoratori precari.
Degli ORARI, in cui si rivendica, contro una flessibilità selvaggia e incontrollata, la riduzione ai minimi termini dello straordinario e si rilancia la battaglia per le 35 ore settimanali (7x5) e le 32 ore settimanali (8x4) pagate 40, quest'ultime per turni e lavori particolarmente disagiati e faticosi.
Del FISCO, dove si chiede di alleggerire i redditi medio-bassi e appesantire il prelievo su quelli medio-alti, perseguire con più efficacia l'evasione fiscale, aumentare le tasse sui grandi patrimoni e la grande ricchezza e introdurre un'imposizione sulla speculazione finananziaria internazionale.
Degli IMMIGRATI, per i quali si rivendica piena accoglienza, diritto d'asilo e al ricongiungimento familiare, diritto alla regolarizzazione per coloro che dimostrino di avere rapporti di lavoro e diritto pieno alla sanità, previdenza e assistenza.
E ancora, temi riguardanti lo "stato sociale'', la previdenza, l'assistenza sociale, la sanità, gli "ammortizzatori sociali''; la scuola, l'università e la ricerca; la democrazia sociale e sindacale, segnatamente il diritto di sciopero e la legge per la rappresentanza sindacale aziendale (Rsu); la "riforma democratica e pluralistica della Cgil''; la "riforma democratica dello Stato''; l'"Europa sociale''. Su quest'ultima parte invece, che presenta una chiara impostazione riformista, di motivi di dissenso ce ne sono, eccome. Ce ne occuperemo però in un successivo articolo.

LA NOSTRA POSIZIONE
Noi marxisti-leninisti, attraverso le nostre compagne e i nostri compagni impegnati nella Cgil, abbiamo seguito con interesse e apprezzato la decisione di "sciogliere'' le correnti sindacali legate al PRC e al PdCI per formare un'aggregazione più ampia, aperta a tutti i dissidenti di sinistra e meno vincolata ai partiti di riferimento; diversamente non sarebbe stato possibile formare un fronte il più largo possibile per condurre la battaglia congressuale contro la destra di Cofferati. Anche se dubitiamo che i vari Patta, Danini, Cremaschi, ecc. rinunceranno a fare la parte del leone e a determinare dall'alto la gestione della nuova area sindacale e il percorso congressuale, a detrimento della partecipazione dei delegati e degli iscritti.
Abbiamo condiviso la protesta contro Cofferati perché in modo arbitrario, ingiustificato e antidemocratico ha rinviato il congresso dalla sua scadenza naturale al fine di regolare la sua tattica successiva alle elezioni politiche a seconda di chi e quale schieramento le vincerà, avere il tempo di eliminare il più possibile dai posti di direzione ai vari livelli della Confederazione i suoi oppositori, ricomporre i dissensi e trovare un nuovo accordo con la "sinistra'' della sua maggioranza e ottenere un nuovo mandato oppure determinare la sua successione alla segreteria generale della Confederazione.
Abbiamo condiviso e condividiamo la scelta, che auspichiamo sia mantenuta allorché inizierà ufficialmente l'iter congressuale, di presentare un documento alternativo a quello della maggioranza, evitando di accogliere la proposta di un documento-marmellata "unitario'' per temi che avrebbe per forza messo la sordina al dissenso e favorito Cofferati e i suoi compari. Di conseguenza abbiamo condiviso e condividiamo lo sforzo messo in essere, sia pure parzialmente riusciuto, per definire una piattaforma rivendicativa concreta che mettesse al suo centro gli interessi economici, sindacali e sociali delle lavoratrici e dei lavoratori, immigrati compresi, dei giovani, delle donne e degli anziani, che rifiutasse i patti neocoporativi e il sistema delle relazioni sindacali concertative e cogestive, a favore del rilancio della lotta e della contrattazione per l'affermazione dei diritti dei lavoratori, che si dichiarasse apertamente contro il neoliberismo e le privatizzazioni, il razzismo e la xenofobia, l'interventismo militare mascherato da "ingerenza umanitaria''.
Non condividiamo e dunque critichiamo invece, alcune parti più politiche del documento congressuale, certe incoerenze, mancanza di coraggio, l'opportunismo che serpeggia nella lotta al neoliberismo e alle privatizzazioni, per esempio quando di fatto si accettano le controriforme sulle pensioni (Dini) e sulla sanità (Bindi) anche se ci sono richieste di miglioramento, quando si afferma di schierarsi per l'universalità dei diritti sociali e poi non si chiede la cancellazione del "redditometro'' sulla base del quale si ha accesso ai servizi sociali e assistenziali; non condividiamo tutta la parte che riguarda le "riforme'' istituzionali: sia l'analisi assolutamente carente e sbagliata e le richieste del tutto illusorie, così come il capitolo relativo all'"Europa sociale''. Ma il nostro dissenso più importante e profondo riguarda la strategia di fondo e la proposta di modello di sindacato per la Cgil.
Un dissenso che non riguarda tanto gli aspetti rivendicativi concreti circa la "democrazia di mandato'', la "democratizzazione e la sburocratizzazione dell'organizzazione'', la "riforma della struttura organizzativa della Cgil'', quanto il progetto politico di fondo di cambiare la linea e la direzione in senso di classe, ormai vecchio, arretrato, superato, in ogni caso non corrispondente alla nuova situazione sindacale, politica e sociale determinata dall'avvento della seconda repubblica capitalistica, neofascista, presidenzialista e federalista e dalla piena e totale integrazione in essa dei vecchi "partiti operai'', PCI-PDS-DS in testa, e della stessa Cgil, almeno da Trentin in poi.
Noi marxisti-leninisti crediamo, e lo abbiamo ribadito anche nel nostro Nuovo Programma d'azione approvato il 17 febbario 2001, che l'obiettivo strategico per cui occorre e valga la pena lottare non è "cambiare la Cgil'' che peraltro giudichiamo impossibile, ma lavorare alacremente e con buona lena per costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori (SLL) fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori. Ciò comporta il superamento del modello del sindacato degli iscritti, il sindacato associativo promosso da correnti sindacali partitiche; comporta, allorché le condizioni saranno mature, allorché la maggioranza degli operai e dei lavoratori lo chiederanno, lo scioglimento delle attuali confederazioni Cisl e Uil, oltreché la Cgil. Solo in questo modo sarà possibile realizzare l'unità sindacale di tutti i lavoratori privati e pubblici, sarà possibile dare vita a un'organizzazione sindacale di tutti i lavoratori libera dalla soffocante e mastodontica burocrazia sindacale e dai vincoli e dalle compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo, con al centro la difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.
è pertanto sulla base delle considerazioni sopra espresse e soprattutto della proposta sindacale per il Sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori che le nostre compagne e compagni, lavoratrici e lavoratori, semplici iscritti, delegati e a maggior ragione con cariche dirigenziali, si rendono disponibili, nella battaglia congressuale, a fare fronte unito contro la destra cofferatiana, aderiscono al documento e, se del caso, all'area sindacale programmatica "LavoroSocietà-cambiare rotta''. Questo senza rinunciare alla nostra indipendenza e alla nostra autonomia e con la consapevolezza che i marxisti-leninisti continueranno a lavorare dentro e fuori della Cgil per promuovere la Corrente sindacale di Classe (CSC) che ha lo scopo di far conoscere alle masse lavoratrici la nostra proposta sindacale dell'SLL e di realizzarla nei luoghi di lavoro dove esistono le condizioni.