Con un colpo di mano il governo del neoduce cancella le tariffe postali agevolate
L'ennesimo attacco alla libertà di stampa. Aumenti dei costi di spedizione tra il 500% e il 700%. I piccoli editori e il settore "no profit" sul piede di guerra
Ripristinare immediatamente il vecchio tariffario

Il governo del neoduce Berlusconi, con un decreto interministeriale di due brevissimi articoli, datato 31 marzo 2010 e firmato dal ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola e dal ministro dell'Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, ha soppresso, a partire dal primo di aprile, tutte le tariffe postali agevolate. "Le tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali di cui ai decreti ministeriali del 13 novembre 2002 e del 1 febbraio 2005, continuano ad applicarsi fino al 31 marzo 2010", recita l'art.1 del decreto. Mentre il secondo articolo prevede: "Con successivo decreto potranno essere determinate tariffe agevolate per i residui periodi dell'anno 2010...", ma questo solo "in caso di sopravvenuto accertamento di disponibilità".
Fino a questo momento, però, il governo non ha dato alcuna nuova disponibilità di fondi. Anzi, il colpo di mano in perfetto stile fascista, con un decreto approvato il giorno prima della sua entrata in vigore, ha origine economica proprio nell'esaurimento dei fondi che erano stati messi a disposizione dalla Finanziaria per coprire le spese delle spedizioni agevolate previste dai decreti ministeriali del 2002 e del 2005. Da quando le tariffe agevolate erano entrate in vigore, era sempre stata garantita una copertura finanziaria annuale di 200 milioni. Nel 2010 la cifra stanziata è scesa a 50 milioni. In sostanza, i soldi stanziati sono già finiti nel mese di marzo. In ogni caso la proroga delle tariffe agevolate, ben lontana dalle intenzioni del governo, avrebbe validità fino al 31 dicembre del corrente anno. E dopo?
Il mondo della piccola editoria e del "non profit" è sul piede di guerra. "Siamo profondamente indignati per un provvedimento improvviso, non annunciato e che per la sua applicazione immediata sconvolge tutte le pianificazioni commerciali del mondo dell'editoria libraria" ha affermato Marco Polillo, presidente dell'AIE (Associazione Italiana Editori). Si calcola che l'innalzamento delle tariffe riguarderà circa 8.000 testate giornalistiche e che, dal primo di aprile, spedire le pubblicazioni tramite le Poste costa anche il 500% in più. Secondo alcuni editori, tuttavia, l'incremento sarebbe ben più pesante e si aggirerebbe intorno al 700%. Il danno economico totale per le piccole e medie case editrici sarà di oltre 65 milioni di euro nel 2010. Alcune associazioni hanno già pubblicato la stima di quanto ammonterà l'aumento delle tariffe postali, nel periodo aprile-dicembre 2010. È di quasi 7 milioni per l'Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro): soldi sottratti alla ricerca; di 788 mila euro per il Cesvi (Cooperazione e sviluppo), di 207 mila per il Banco Alimentare, 113 mila per Emergency.
Peraltro, tale decreto favorirà unicamente le ditte di spedizione private, alcune delle quali applicano tariffe minori di quelle che saranno applicate dalle Poste a partire dal primo di aprile. "È una cosa folle - denuncia, infatti, Maurizio Ampollini, direttore del Cesvov (Centro servizi per il volontariato della provincia di Varese) - ora dovremo trovare sistemi diversi per far arrivare alle famiglie il nostro informatore. Ci rivolgeremo a qualche casa di spedizioni. Ci costerà senz'altro più di prima ma non quanto ci chiedono le Poste". Da notare a questo proposito l'intervento di Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazioni del Pd ed ex ministro, che nel "criticare" il provvedimento, ne apprezza la natura privatistica, affermando che le case editrici "potranno avvalersi della liberalizzazione del mercato postale, ma solo avendo a disposizione un congruo periodo di transizione dal sistema attuale a quello basato sulle tariffe libere". Un problema di tempi di transizione dal pubblico al privato, insomma, per Gentiloni.
Ma al di là del fatto molto importante che il provvedimento è tutto a danno dei piccoli editori e a favore dei privati, va anche considerato il risvolto politico di tale decreto. Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21 afferma che il provvedimento ha "uno spiacevole sapore vendicativo nei confronti di un settore che questo governo non ha mai amato". Di fatto, siamo di fronte all'ennesimo durissimo attacco alla libertà di stampa da parte del governo neofascista, guidato da Berlusconi. Se si considera, infatti, che centinaia di piccole case editrici che pubblicano quotidiani e periodici non in linea con i dettami politici, culturali, economici del regime imperante, saranno costrette a cessare le pubblicazioni ne consegue che ci sarà un corto circuito di grandi dimensioni nella circolazione della stampa democratica e non allineata.
Intanto un incontro fra governo, Poste italiane e associazioni degli editori di quotidiani, periodici e libri, oltre alla Federazione nazionale della stampa si è tenuto a Palazzo Chigi. Presenti il ministro Claudio Scajola, i sottosegretarii alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti (quest'ultimo con delega all'Editoria), il capo del Dipartimento editoria della presidenza del Consiglio, Elisa Grande. Ma sembrerebbe che la via della "soluzione" del problema venga cercata in un accordo quadro fra editori e Poste italiane, al fine di raggiungere tariffe più convenienti le quali, comunque, rischiano di essere più care rispetto a quelle agevolate.
Il PMLI e "Il Bolscevico" auspicano che continui la mobilitazione per difendere la libertà di stampa e la possibilità delle piccole e medie case editrici di pubblicare i loro quotidiani e periodici. L'unico modo per garantire questo obbiettivo politico è che il decreto fascista pubblicato il 31 marzo in Gazzetta ufficiale venga ritirato e che si torni immediatamente alle tariffe agevolate applicate fino a quel giorno medesimo, garantendo la copertura finanziaria necessaria.

14 aprile 2010