La candidata del "centro-sinistra" a governatrice del Lazio. Si accodano Sinistra, ecologia, libertà e la Federazione della sinistra
La "fuoriclasse" di Bersani è di destra e anticomunista
Emma Bonino: "Spero di convincere anche l'elettorato di destra a votarmi"

"È una donna fuori dagli stereotipi. È una fuoriclasse. Questo è come la penso". Con queste parole il segretario del PD e rinnegato del comunismo, Pierluigi Bersani, ha battezzato la candidatura per il "centro-sinistra" alla presidenza della regione Lazio del vecchio cavallo della destra e della "sinistra" del regime neofascista, Emma Bonino. Una candidatura sostenuta non solo dai radicali e dal PD ma anche dall'Idv di Di Pietro, dai Verdi, da "Sinistra, ecologia, libertà" di Vendola e dalla Federazione della sinistra (PRC, PdCI, Socialismo 2000). Sembra, inoltre, stia arrivando in porto anche la trattativa con l'Alleanza per l'Italia di Rutelli.

Una vita votata al femminismo piccolo borghese e al liberalismo
Emma Bonino nasce a Bra (Cuneo) nel 1948. È stata sempre una delle figure principali del cosiddetto "radicalismo liberale" sia a livello nazionale che internazionale. Secondogenita di una famiglia borghese e cattolica (il padre era proprietario di una fattoria prima di diventare un commerciante di legname, la madre era una cattolica praticante), la Bonino raggiunge la maturità classica al liceo "Gandino" di Bra nel 1967 per poi conseguire 5 anni dopo, nel 1972, la laurea in Lingue e letterature moderne alla prestigiosa Università privata della "Bocconi" con una tesi sulla figura di Malcom X. È in questi anni che entra in politica sposando le tesi del femminismo piccolo-borghese fondando il "Centro d'Informazione sulla Sterilizzazione e sull'Aborto" venendo arrestata più volte dopo essersi autoconsegnata alle "forze dell'ordine" per procurato aborto. Nel 1976, dopo aver aderito al Partito Radicale, si presenta per la prima volta alle elezioni politiche, capolista alla Camera in molte circoscrizioni venendo eletta a soli 28 anni, assieme ad altri 3 radicali (Marco Pannella, Mauro Mellini ed Adele Faccio). Nel 1978 scoppia lo scandalo Lockheed che costringerà l'allora presidente della Repubblica, il DC di destra Giovanni Leone, a dimettersi sotto la pressione della protesta dilagante in Italia sui suoi rapporti con gli Usa e la vendita, in segreto, di armamenti militari. Benché il Partito Radicale avesse partecipato all'epoca alla ferma battaglia contro Leone, diversi anni dopo, il 3 novembre 1998, sotto l'egida dell'allora presidente della Repubblica Scalfaro e del futuro Vittorio Emanuele III Giorgio Napolitano (in veste di mediatore), Marco Pannella ed Emma Bonino vollero stringere la mano all'ormai novantenne ex presidente e, a schiena curva, si scusarono pubblicamente per gli attacchi di vent'anni prima. La mattina dello stesso giorno, i quotidiani avevano anticipato il contenuto di una lettera di conciliazione dei due esponenti radicali, con la quale, oltre a rendere omaggio a Leone, costoro riconoscevano di essere stati vent'anni prima dalla parte del torto chiedendogli pubblicamente scusa.

Dall''anticlericalismo militante' alla riconciliazione con le gerarchie vaticane
Il fantomatico anticlericalismo e laicismo sbandierati per tutti gli anni '70 dietro le battaglie per il divorzio e l'aborto si attenuano fino a diventare di facciata con il nuovo impegno da piccola scout dell'attuale candidata alla presidenza della regione Lazio. Difatti, dopo essere diventata parlamentare europeo nel 1979, la Bonino promuove nel 1981 un appello contro la fame contribuendo a fondare l'associazione "Food and Disarmament International", di cui di lì a poco diverrà segretario. Ed ecco che avviene una "sorprendente" riconciliazione, quella con il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche: l'incontro amichevole e ufficiale nel 1986 con il papa nero Wojtyla, con il quale discute delle proposte per combattere la fame del mondo; con risultati che stanno sotto gli occhi di tutti. I frutti di quell'incontro furono tutt'altro che diretti verso la fame nel mondo ed ecco, non a caso, un anno dopo, nel 1987, la Bonino manifesta in prima fila a favore di Solidarnosc contro Jaruzelski "e la sua dittatura comunista", in piena sintonia col filo-papalino Lech Walesa.

Un'anticomunista viscerale e falsa non-violenta
La Bonino ingaggia una lotta senza quartiere con qualsiasi Stato che possa sembrare anche da lontano socialista o comunista, attaccando in ogni momento e quando se ne presenta l'occasione lo storico movimento comunista internazionale da Marx a Mao, senza distinzioni di sorta. La troviamo ad attaccare, con un livore senza pari, l'esperienza storica del socialismo quando agli inizi del 2000 presenta un libro, finanziato dagli Usa, di tale Micheal Breen contro la Corea del Nord, tanto che nella prefazione, peggio di un becchino, elenca i milioni di morti causati dal comunismo, smascherandosi completamente nel suo anticomunismo viscerale. In un'intervista a "Il Messaggero" (17 aprile 2004) così si rivolgeva al giornalista nel definire il terrorismo: "Penso, al contrario di quanto continuano a sostenere tante altre persone, che il terrorismo sia una minaccia come lo sono stati il nazismo o lo stalinismo. E che quindi non è, a dispetto di certi luoghi comuni di sinistra, il prodotto della povertà o dell'unilateralismo USA... Credo che i gruppi del terrore siano organizzazioni pericolose e molto astute. Vogliono governare, tramite un regime alla talebana, su una parte del mondo arabo e contro un'altra parte: quella degli arabi moderati e dell'Occidente democratico. I terroristi sanno, per esempio, che la principale 'debolezza' dell'Occidente è l'opinione pubblica. Nel mondo arabo esistono fonti di informazione, a noi del tutto ignote, le quali sostengono l'idea che c'è bisogno di una pressione esterna per diffondere la democrazia. Per esempio, il comunismo, senza la pressione esercitata dagli europei e della politica reaganiana, oggi sarebbe ancora in piedi. E l'apartheid in Sudafrica è forse caduto da solo?". Di seguito non si contano le campagne da lei promosse contro la Cina rea di aver attaccato e isolato sul Tibet il Dalai Lama, fin dai tempi di Mao; rimane scolpita negli occhi la sua campagna di odio anticomunista contro la Serbia e il "comunista" Milosevic, che sarà la premessa dell'attacco contro la ex-Jugoslavia del 1999.
Infatti, la sbornia anticomunista la fa spostare talmente a destra da sposare totalmente le politiche imperialiste tanto che il 26 gennaio 1995, quarantotto ore dopo il suo insediamento come Commissaria Europea, grazie all'appoggio del primo governo del neoduce Berlusconi, parte per l'ex Jugoslavia, recandosi a Sarajevo e a Mostar. A conclusione di questo viaggio la Bonino scriverà sul "Corriere della Sera": "può sembrare paradossale, certamente amaro se 'da convinta nonviolenta quale sono da sempre' mi ritrovo a condividere, se non addirittura a invocare, l'uso della forza da parte della comunità internazionale per mettere fine ai crimini contro l'umanità che vengono impunemente perpetrati in un angolo d'Europa chiamato Bosnia. Sia chiaro: non sono pacifista, non sono per la pace ad ogni costo, soprattutto quando il costo è qualcun altro a pagarlo e a questo prezzo. Sono, invece, per la supremazia del diritto ad ogni costo, ed è amaro doversi arrendere all'evidenza che esistono circostanze storiche in cui la difesa della legalità non può essere affidata, ancorché temporaneamente, che all'uso delle armi". Ecco in sintesi le tesi interventiste della Bonino, che sveste i panni della non-violenta, delle battaglie contro la "prepotenza e l'arroganza degli yankee" e il militarismo in stile anni '70 per accettare supinamente e appoggiare con convinzione l'anima più putrida del capitalismo, ossia l'imperialismo, che si incarnerà pochi anni dopo nella politica interventista dei governi Usa e Italia di Clinton e del rinnegato D'Alema.

La candidatura a presidente della Repubblica e l'ascesa al dicastero del commercio internazionale
L'ascesa ai piani alti del potere politico borghese continua senza soluzione di continuità, tanto che dopo aver ricoperto il ruolo di Commissario Europeo dal 1995 al 1999, la Bonino è tra le "papabili" per coprire lo scranno di presidente della Repubblica dopo aver raggiunto un buon risultato alle elezioni europee del 1999, ma alla fine deve rinunciare perché ancora non si è collocata troppo a destra per i gusti del neoduce di Arcore e i suoi compari neofascisti e nonostante la campagna milionaria che aveva condotto le già disastrate casse del partito radicale alla bancarotta. Nel frattempo non abbandona la battaglia anticomunista tanto che all'arresto del compagno Pol Pot corrisponde un forte sostegno della Bonino alla campagna per il rafforzamento del Tribunale penale Internazionale, nonostante il fallimento che pochi anni prima aveva fatto una sua proposta per la ex-Jugoslavia che aveva raccolto, in tutto il mondo, soltanto il sostegno di 25mila persone. Da ricordare anche la campagna promozionale a favore del Partito radicale tramite l'utilizzo massiccio di messaggi di posta elettronica e SMS non desiderati tanto che, nel febbraio 2001, un pronunciamento dell'Autorità Garante per la Privacy chiarì che la pratica promossa da Bonino e compari, con cui erano stati raccolti ed utilizzati gli indirizzi di posta, fosse illegale.
Nel 2004 viene rieletta al parlamento europeo e si iscrive al gruppo liberale "Alleanza dei Democratici e Liberali per l'Europa", occupando il ruolo di Capo delegazione della missione degli osservatori elettorali dell'Ue per le elezioni parlamentari e provinciali borghesi dell'Afghanistan che vedrà la vittoria del filo-Usa Karzai. Il 27 aprile 2006 entra con una lista mista socialisti-radicali (la Rosa nel Pugno) in Parlamento e da questo momento comincia la rapida scalata ai "salotti buoni" dei potentati borghesi: diventa ministro per gli Affari Europei del governo antipopolare del DC Prodi dopo un lungo scontro di occupazione della poltrona di ministero della Difesa con il DC Mastella. Successivamente (17 maggio 2006) occupa il dicastero delle Politiche Europee, sempre con Prodi Presidente del Consiglio, cui si aggiunge un'altra qualificazione con l'istituzione ad hoc del ministero del Commercio internazionale.
Dopo la caduta del governo di "centro-sinistra" è stata eletta senatrice del PD nel 2008 e ricopre attualmente la carica di vicepresidente del Senato.

Una destra doc del regime neofascista
A completamento della sua carriera borghese nella politica del regime neofascista, Emma Bonino ha ormai fatto dell'individualismo e della megalomania piccolo-borghesi i cavalli di battaglia per affrontare la nuova "scommessa" di diventare presidente della regione Lazio. Fin dall'inizio del nuovo millennio la Bonino ha fondato una lista tutta sua, "La Lista Emma Bonino", che si incentra totalmente sul candidato e sulla sua figura antipopolare e "benedetta", oltre che da Bersani, anche da Veltroni che già in precedenza l'aveva voluta nella coalizione che lo sosteneva come candidato a neopodestà di Roma, quale capolista della Rosa nel Pugno.
Emma Bonino è presentata dai sonati del PD come la vera "novità" e la "sorpresa" delle prossime elezioni: in realtà questa politicante borghese è un nuovo-vecchio cavallo messo già da tempo in campo dalla destra del regime neofascista con una funzione di pungolo e di condizionamento sia della destra che della "sinistra" del regime affinché si proceda quanto prima al completamento quanto più fedele possibile del disegno presidenzialista e piduista della seconda repubblica. La Bonino, che spera di ottenere, come ha detto a Sky tg 24, anche i voti degli elettori di destra, ha letteralmente svaligiato le parole d'ordine della destra neofascista a cominciare dal presidenzialismo e dall'interventismo, per non parlare dell'ultraliberismo e del federalismo creando, nel tempo, non poca concorrenza ai partiti che fin qui ne erano i principali depositari come An e la Lega.
La Bonino è una fan sfegatata del "sistema americano" sia in campo economico, che sociale e politico. È a favore del presidenzialismo e del bipartitismo. Nel corso degli anni, lei e il suo partito sono stati promotori di referendum ultraliberisti, non a caso sponsorizzati dalla Confindustria, finalizzati alla piena liberalizzazione del "mercato del lavoro", alla soppressione dei diritti economici, sindacali e normativi dei lavoratori e delle privatizzazioni, come l'abolizione dell'articolo 18 dello "Statuto dei lavoratori", l'abolizione dei patronati e del sistema di iscrizione ai sindacati, la liberalizzazione del lavoro a domicilio e dei contratti a termine. È giunta a minacciare le dimissioni dal governo Prodi in assenza di una drastica controriforma pensionistica. È solo di qualche mese fa la proposta di legge dei radicali per modificare l'art. 1 della Costituzione togliendo il riferimento al "lavoro". Per via referendaria avrebbero voluto anche abolire il Servizio sanitario nazionale per giungere alla piena privatizzazione della sanità. E porta la firma della Bonino il disegno di legge sulle "Misure per la liberalizzazione del mercato dell'energia, per la razionalizzazione dell'approvvigionamento, per il risparmio energetico", ossia di quelle norme che hanno dato il via ai rigassificatori. La lista potrebbe continuare a lungo, ma merita infine menzionare la sua posizione sulla cosiddetta "giustizia giusta" di craxiana memoria che prevede l'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale, l'inasprimento delle norme sulla responsabilità civile dei giudici e la netta separazione delle carriere dei magistrati. Quando era ministro del governo Prodi votò contro il disegno di legge di "riforma" della giustizia varato da quel governo perché non contemplava questa netta separazione delle carriere.
Alla tipica cultura politica della destra la Bonino deve il suo populismo, il suo femminismo piccolo-borghese, in realtà femminismo mussoliniano, il suo trasversalismo, la sua antipartitocrazia. Una campagna elettorale iniziata da tempo e con un dispendio di mezzi davvero incredibili, così come ai tempi della sua autocandidatura alla Presidenza della Repubblica. È quindi per le masse popolari e per l'elettorato di sinistra praticamente irricevibile ogni proposta frutto del suo pensiero e azione politica borghesi e anticomunisti, ed è per questi motivi che va punita con l'astensionismo alle prossime elezioni regionali.

10 febbraio 2010