Gli imbrogli di Canfora e Aponte sul "testamento" di Lenin
I marxisti-leninisti milanesi diffondono l'opera di Stalin "Trotzkismo o leninismo?" davanti alla sede del "Corriere della Sera" dove veniva presentato un libro pieno di falsità su Lenin e Stalin

Redazione di Milano
Mercoledì 24 marzo la Fondazione Corriere della Sera ha promosso, presso la sede del principale giornale borghese italiano in Via Solferino a Milano, la presentazione del libro "Il 'Corriere' tra Stalin e Trockij 1926-1929" curato dal revisionista storico trotzkista Luciano Canfora, che interveniva all'iniziativa assieme al barone universitario bolognese Francesco Benvenuti e all'anticomunista viscerale e antiPMLI Paolo Mieli.
Il libro presentato, edito dalla stessa Fondazione CdS, è una raccolta di articoli scelti - pubblicati sul CorSera mussoliniano - del giornalista fascista e antisemita Salvatore Aponte corrispondente da Mosca tra il '26 e il '29. Tale rassegna stampa fascista e antisovietica, presentata come frutto di lodevole "professionalità" giornalistica, si fregia di una logorroica introduzione di Canfora dove ossessivamente ritorna, dopo aver scritto il libro "La storia falsa" (prontamente criticato e sbugiardato dal PMLI su Il Bolscevico del 4 febbraio 2009), sulla questione del cosiddetto "Testamento di Lenin", ma questa volta non per portare il lettore a una falsa certezza bensì per confonderlo in un tripudio di false incertezze. La storiella raccontata sul suo precedente libro in cui narra di uno "Stalin che ereditò il potere con l'inganno" e che "occultò la rottura con Lenin attraverso la manipolazione testuale del suo Testamento" non è evidentemente piaciuta alla base del PdCI (notoriamente più preparata in storia di quella del PRC) - il target principale della sua saggistica - e perciò Canfora ha preferito ripiegare furbescamente su un'altra tattica.
Ora il dilemma di Canfora è se Lenin abbia fatto o meno "testamento'' per designare Trotzki a suo successore.

Il "testamento" di Lenin
L'oggetto del contendere è sempre quella "Lettera al Congresso'' che, è bene ricordarlo, è composta da una serie di appunti dettati tra il dicembre 1922 e il gennaio 1923 in cui Lenin espresse le sue considerazioni in merito: all'unità del Partito e la necessità di preservarlo dal pericolo di scissione; all'allargamento delle competenze della Commissione statale per la pianificazione economica; alla questione nazionale con specifico riferimento alla situazione georgiana. Nessun "testamento'', e quindi nessuna designazione di un "successore''. Lenin nella "Lettera al Congresso'' non dette solo il suo parere sull'accumulo di potere nelle mani di Stalin e su un aspetto del suo carattere, la "grossolanità". Egli espresse il suo giudizio politico anche su altri dirigenti del Partito. Su Zinoviev e Kamenev, a esempio, di cui definì non casuale la loro posizione contro l'insurrezione d'Ottobre; o su Bukharin le cui concezioni teoriche definì non pienamente marxiste; o, ancora, su Trotzki di cui sottolineò l'eccessiva sicurezza di sé, la tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi e il suo "non bolscevismo". Altro che nomina a successore designato!
La "Lettera al Congresso'' di Lenin fu discussa, in tutti i suoi aspetti, da due Congressi del Partito bolscevico e in alcune sessioni plenarie del CC e della Commissione centrale di controllo. In due di queste occasioni, Stalin presentò le sue dimissioni da segretario generale, ed entrambe le volte il CC lo riconfermò nel suo incarico all'unanimità.
Tutto chiaro a voler essere obiettivi, ma non per Canfora. Infatti, mentre per chi utilizza (come noi marxisti-leninisti) il metodo scientifico del materialismo storico per interpretare il significato di un documento scritto ("Lettera al Congresso") non può prescindere dall'inserirlo nel suo contesto storico e in esso confrontarlo con quelli precedenti e successivi dello stesso autore (Lenin) senza sottovalutare le condizioni soggettive dello stesso, per Canfora invece vale sempre il metodo dell'idealismo storico secondo il quale per valutare un documento storico valgono più le sue svariate interpretazioni, vere o false che siano, per poi - per dirla come Mao - "dire tutte le stupidaggini che si vuole senza basarle sulla realtà oggettiva e controllarle con questa realtà".
Ecco perciò Canfora passare in rassegna tutte quelle versioni dell'impropriamente detto "Testamento" pubblicate dalla stampa antisovietica internazionale che ritoccano il testo (chi più e chi meno) per far passare l'idea del Trotzki "erede legittimo" di Lenin: c'è la versione della Balabanov (nota per le sue ambigue frequentazioni fasciste) su l'Avanti! parigino del PSI riformista, c'è la versione dell'emigrazione menscevica a Berlino sul loro Socialisticeski Vestnik e c'è quella più famosa del trotzkista Max Eastman sul New York Times. L'oggetto del contendere si focalizza in questa frase di Lenin: "Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotzki", e da qui Canfora parte non per far chiarezza ma per produrre una gigantesca confusione andando a scervellarsi nelle più astruse interpretazioni, non lesinando esercizi di analisi logica e grammaticale.

Il vero ruolo di Trotzki
Canfora inoltre occulta tutta la condotta antipartito, largamenta documentata, avuta da Trotzki contro Lenin dal 1917 al 1922 facendo intendere al lettore che Trozki era considerato da Lenin un "non bolscevico" solo fino al luglio del '17 - fin quando cioè era un leader del partito menscevico - e da Stalin solo dal febbraio del '24, dopo la morte di Lenin. Canfora non manca di citare le critiche di Stalin a Trotzki ma omette volutamente proprio quei passi dove Stalin rimprovera a Trotzki di essersi messo contro Lenin anche da membro del CC del PCR(b). L'insubordinazione al Partito e ai Soviet sulla pace di Brest-Litovsk, i contrasti sulla struttura militare-politica dell'Armata Rossa, nella "discussione sui sindacati", nella "discussione sulla democrazia", sulla questione del frazionismo, su quella dell'alleanza tra operai e contadini, ecc... Tutte queste aspre divergenze tra Lenin e Trotzki Canfora volutamente le dimentica facendo trapelare giusto qualcosina riportando alcune memorie di Molotov che però bolla subito come "non obbiettive" (un giudizio che invece non esprime per gli articoli menzogneri anticomunisti del fascista Aponte).
Per capire cosa intendesse Lenin col "non bolscevismo" di Trotzki sarebbe bastato riportare le parole dello stesso Trotzki al momento di aderire al Partito bolscevico, parole ricordate dallo stesso Lenin: "I bolscevichi - affermò Trotzki - non si sono sbolscevizzati ed io non posso chiamarmi bolscevico". Ma a Canfora interessava lasciare il lettore incerto nell'interpretazione di quella "lettera mai spedita" per poi consegnarlo all'interpretazione "chiarificatrice" dei fatti storici del contrasto tra Stalin e Trotzki agli articoli del fascista Aponte che cominciano dal 1926 col dire che il contrasto tra la maggioranza marxista-leninista del Partito e la minoranza trotzkista-zinovievista è frutto del "fallimento dei piani utopistici del bolscevismo" laddove si vuol maldestramente far credere che la Nuova politica economica (NEP) fosse un "realistico ritorno al capitalismo, unica economia possibile" e non una fase preliminare alla fase successiva della completa edificazione socialista come poi è stato storicamente dimostrato.
È ridicolo leggere come un fanatico sostenitore della dittatura fascista (che perseguitava con carcere, tortura e confino centinaia di migliaia di comunisti e antifascisti) come Aponte abbia nel suo calunniare da atteggiarsi ad indignato di fronte alla "G.P.U. che soffoca ogni la libertà di opinione, di riunione e di stampa come ben sanno gli stessi bolscevichi dissidenti". Mentre nei suoi articoli tutte le condizioni di relativo malessere di una parte del popolo sovietico durante la NEP (dovute alla sopravvivenza del capitalismo) vengono esagerate all'inverosimile - descrivendo una società prossima al collasso - il pennivendolo fascista del Corriere fa proprie le teorie disfattiste dei trotzkisti-zinovievisti cominciando a simpatizzare per questi ultimi, esagerandone la quantità dei proseliti, esaltandone la figura dei capi. Pur non dichiarando di parteggiare per nessuno (è pur sempre un fascista!) presenta Trotzki come un disinteressato "rivoluzionario" mentre Stalin (ma anche Lenin) viene apostrofato come un "dittatore" interessato solo al potere personale e della "burocrazia". E ciò è tutto dire se scritto da un giornalista in camicia nera estimatore del duce del fascismo!
Nonostante per Aponte dal non-"Testamento" di Lenin non esca alcun erede designato ("bel modo di fare testamento", ironizza) egli si fa in quattro nei suoi articoli per presentare i trotzkisti come i "degni successori della causa rivoluzionaria del bolscevismo". Parola di fascista!
Scorrendo in avanti le pagine del libro curato da Canfora si vede chiaramente come il fascismo italiano tramite il Corriere sosteneva, via via sempre più, l'azione frazionistica e controrivoluzionaria dei trotzkisti-zinovievisti fino ad arrivare alla fine del libro dove in appendice sono riportati - pubblicati allora con risalto sul CorSera fascista - articoli di Trotzki in persona (ormai espulso dall'URSS per le sue reiterate attività di aperta ostilità antisovietica), risalenti al febbraio '29, che dalla Turchia vomitava bile di calunnie e anatemi contro Stalin e il Paese dei Soviet che si avviava vittoriosamente coi piani quinquennali e con la collettivizzazione dell'agricoltura verso l'edificazione integrale della società socialista.

La diffusione dei marxisti-leninisti
Contro questa sporca manovra di revisionismo storico anticomunista e trotzkista, che ormai è così priva di scrupoli da riabilitare la pubblicistica fascista pur di avvalorare le sue assurdità, alcuni militanti e simpatizzanti della Cellula "Mao" di Milano del PMLI si sono messi all'ingresso che portava alla sala dove si svolgeva la presentazione del libro di Aponte diffondendo tra i convenuti copie dell'opera di Stalin "Trotzkismo o leninismo?" e copie abbinate de Il Bolscevico nn.1 e 9 riportanti scritti inediti di Stalin tradotti dal russo dal compagno Luigi Salomoni. I nostri compagni hanno diffuso con successo soprattutto tra gli elementi di base del PdCI e del PRC che hanno elogiato i marxisti-leninisti per l'intransigente difesa della verità storica su Lenin e Stalin e l'Unione Sovietica socialista. Per timore delle critiche al libro che avrebbero potuto pronunciare alla conferenza, ai nostri compagni è stato impedito dagli uscieri di partecipare all'iniziativa perché non "preventivamente accreditati" anche se sull'annuncio pubblicato su Internet era semplicemente scritto "ingresso libero".
Nonostante questo la missione dei marxisti-leninisti ha centrato appieno i suoi principali obiettivi.
Con Stalin per sempre!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

31 marzo 2010