Inviando 3 mila soldati con l'appoggio di DS e Margherita. I carabinieri hanno compiti di polizia militare
L'ITALIA DI BERLUSCONI PARTECIPA ALL'OCCUPAZIONE DELL'IRAQ
D'Alema: "Siamo classe di governo". Il "correntone" di Cofferati non ha il coraggio di dire no e non partecipa al voto
RIFONDAZIONE CHIEDE UNA FORZA MULTINAZIONALE SOTTO L'EGIDA DELL'ONU

"Nessun soldato italiano è andato in Iraq. E nessuno ci andrà". Lo aveva detto Ciampi il 3 aprile ad Asti, rispondendo alle contestazioni degli oppositori alla guerra che lo esortavano a rispettare e a far rispettare a Berlusconi l'articolo 11 della Costituzione. Neanche due settimane dopo si è visto come quella rassicurazione dell'inquilino del Quirinale fosse ipocrita e demagogica: quando cioè il 15 aprile il parlamento nero, con un accordo "bipartisan" tra maggioranza e "opposizione" come voleva il capo dello Stato, ha dato via libera alla partecipazione dell'Italia all'occupazione dell'Iraq, approvando l'invio di un contingente militare di 3.000 uomini, il cui nucleo centrale è composto da carabinieri con compiti di polizia militare.
L'invio di soldati italiani in Iraq, motivato col pretesto di fare da "scorta" armata agli "aiuti umanitari", era stato fortemente voluto dal neoduce Berlusconi, e fatto approvare a tambur battente in parlamento, all'evidente scopo di far partecipare l'Italia alla spartizione del bottino di guerra dell'Iraq. Questa era infatti la contropartita chiesta dai predoni imperialisti Bush e Blair ai loro "volenterosi alleati" (secondo la loro stessa definizione, ndr), tra cui l'Italia, per avere il diritto di partecipare all'appetitoso banchetto della "ricostruzione".
La partecipazione di truppe italiane all'occupazione dell'Iraq, sotto il comando americano, era già decisa da tempo in base agli accordi segreti tra Berlusconi e i suoi amici imperialisti, e i preparativi per allestire la spedizione erano in atto fin da prima dell'inizio dell'aggressione all'Iraq.
Lo dimostra la prontezza con cui i comandi militari hanno messo a disposizione le forze richieste: ben 3000 uomini delle varie armi, esercito, marina, aeronautica e carabinieri, tutti appartenenti a corpi scelti da combattimento, già vaccinati e pronti a partire. Tra questi 400 carabinieri con compiti di ordine pubblico e polizia militare e, per l'esercito, 100 bersaglieri della brigata Garibaldi, 100 carabinieri del reggimento Tuscania, 50 paracadutisti del Col Moschin, altri 600 uomini di un battaglione di autoblindo, più alcune altre centinaia di unità del genio ferrovieri e nuclei EOD e NBC (sminamento e guerra chimica), medici e infermieri militari. Per la marina militare sono pronte a partire 4 unità navali, tra cui due cacciamine e una nave anfibia con elicotteri d'assalto, con altri 4-500 uomini. L'aeronautica contribuirà con due C-130, due o quattro G-222 e un'altra cinquantina di uomini.
"Più scarponi avremo nel deserto iracheno e più cresce il peso economico e politico dell'Italia", aveva detto Berlusconi ai suoi ministri, spiegando che l'obiettivo era quello di "arrivare presto, in modo visibile, ad avere il comando di un settore dell'Iraq, se ci sarà una divisione per settori". A questo scopo - ha fatto sapere Palazzo Chigi - il governo ha già nominato un responsabile, Antonio Armellini, un diplomatico esperto di antiterrorismo, incaricato di tenere i rapporti con il governo militare americano in Iraq. E subito dopo Pasqua partiranno per l'Iraq una quindicina di militari incaricati di preparare il terreno all'arrivo del contingente italiano.
LA CONNIVENZA DELLA "SINISTRA" BORGHESE
Con questo provvedimento, dunque, l'Italia è entrata in guerra anche formalmente, dopo che lo era già di fatto, avendo messo a disposizione il suo territorio e il suo spazio aereo ai comandi Usa per spostare uomini, mezzi e armi di sterminio verso le zone di guerra. In spregio totale all'articolo 11 e alla volontà del popolo italiano, che era e resta in gran maggioranza contrario all'aggressione imperialista all'Iraq.
La cosa ancor più disgustosa è che ciò è avvenuto anche grazie alla connivenza della "sinistra" borghese, DS e Margherita, che hanno scandalosamente avallato il disegno imperialista di Berlusconi, pugnalando alle spalle il movimento pacifista e contro la guerra che avevano fin qui finto di appoggiare. Un tradimento consumato in nemmeno 24 ore, saltando dalla posizione (già alquanto opportunista) "no ad aiuti umanitari accompagnati da militari, se non sotto l'egida dell'Onu, o quantomeno della Ue", all'astensione sulla mozione del governo che l'Onu e la Ue non le nominava nemmeno, e ribadiva invece il carattere unilaterale ed esclusivamente "italiano" della missione.
Un tradimento che però era nei fatti, e che maturava già da tempo, con le dichiarazioni dei leader dell'Ulivo che si auguravano una guerra "breve" e vittoriosa per gli aggressori imperialisti, e con la loro plateale riconciliazione con le posizioni strumentali del boia imperialista Blair. Ne è risultata ancora una volta una spaccatura nel "centro-sinistra", che si è presentato con due risoluzioni distinte: una di DS-Margherita-SDI-UDEUR, sostanzialmente indistinguibile da quella della Casa del fascio (e per certi aspetti ancor peggiore, vedi ad esempio la richiesta di un tribunale internazionale per Saddam ma non per gli altrettanto criminali di guerra Bush e Blair), e una firmata da PdCI, Verdi e PRC, che invece escludeva "l'invio di contingenti militari italiani sotto qualunque forma in Iraq". Anche questa, comunque, viziata da opportunismo, dal momento che chiedeva il ritiro delle truppe di occupazione, ma non per lasciare libero il popolo iracheno di decidere da sé il proprio destino, per sostituirle "con una forza multinazionale sotto l'egida dell'Onu".
Rutelli, Castagnetti, Fassino, D'Alema, Violante e Angius hanno così passato la giornata del 14 a "convincere" i loro sbalorditi parlamentari che non si poteva dire no agli "aiuti umanitari", e che bisognava astenersi sul documento governativo. "Questo voto - insisteva il rinnegato D'Alema per piegare i riottosi - è lo spartiacque per cui passa la politica con la P maiuscola e la capacità di dimostrarsi classe di governo".
Alla fine l'hanno avuta vinta. Anche il "correntone" di Cofferati, timoroso di andare a una rottura con la maggioranza della Quercia, ha finito per allinearsi, decidendo di "non partecipare" al voto, e anche di non votare la mozione separata di PRC, Verdi e PdCI, alla quale peraltro aveva dichiarato di aderire politicamente. Alcuni parlamentari della Margherita, tra cui Rosy Bindi, e alcuni della Quercia, tra cui Fulvia Bandoli, hanno comunque rifiutato l'obbrobrioso inciucio e hanno votato contro la mozione del governo.
IL "RINGRAZIAMENTO DI BERLUSCONI"
All'astensione di DS e Margherita sul documento governativo ha corrisposto l'astensione incrociata della maggioranza su alcune parti della risoluzione dell'Ulivo. Ma "fatta la grazia, gabbato lo santo", come suol dirsi. Infatti il clima "bipartisan" voluto da Ciampi, come già era successo per l'Afghanistan, per dare il massimo appoggio politico all'intervento militare italiano in Iraq, è durato giusto il tempo per strappare il sì del parlamento nero. Infatti, da Atene, per tutto ringraziamento, il neoduce vibrava un bel calcione in faccia al "centro-sinistra", affrettandosi a negare il suo contributo all'approvazione della missione, il cui "merito" egli ascriveva esclusivamente al suo governo. Agli sconsolati D'Alema, Rutelli e Fassino non restava altro che lamentarsi della sua arroganza e constatare amaramente che "Berlusconi non si sente interessato a un dialogo con l'opposizione" (D'Alema, ndr).
Durissimi e indignati i giudizi di diverse organizzazioni umanitarie non governative sull'invio dei soldati italiani in Iraq e sulla grave capitolazione della maggioranza dell'Ulivo all'interventismo del governo Berlusconi.
Il Forum sociale europeo ha definito "gravissimo" l'invio di un contingente militare "in un paese occupato in disprezzo del diritto internazionale da truppe anglo-americane", e ha sottolineato come con questa decisione "l'Italia cessa di essere anche formalmente Stato `non belligerante' e attivamente mette in campo la sua forza militare, alla diretta dipendenza del comando americano, per sostenere e rafforzare una occupazione illegittima".
"Non avevamo dubbi - ha dichiarato a sua volta il Comitato `Fermiamo la guerra' - sulla volontà di Berlusconi di associare l'Italia alla spartizione delle spoglie e delle risorse dell'Iraq. Esprimiamo sconcerto nei confronti di quelle forze politiche che pur avendo partecipato alle manifestazioni per la pace, assumono oggi posizioni di connivenza con il governo rispolverando tutto l'ipocrito armamentario ideologico della `guerra umanitaria e per la democrazia"'.
Anche secondo Emergency la missione militare in Iraq "non potrebbe in nessun modo configurarsi come operazione di pace", ma è una maniera surrettizia per partecipare alla guerra in corso, "partecipazione che non si è riusciti a compiere nella fase iniziale". Per Giulio Marcon, presidente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics), la spedizione militare "si colloca in modo strumentale dentro una logica di appoggio e cooperazione con le forze occupanti dell'Iraq". "Non è bello che chi divide la responsabilità di tante vittime si faccia poi bello del soccorso portato agli scampati", ha aggiunto Fabio Alberti, presidente di "Un ponte per".