Realizzando il piano della P2 di Gelli, Craxi, Berlusconi e di Bossi, cui la "sinistra" borghese ha aperto la strada (Raffronto sinottico tra la costituzione neofascista e quella antifascista)
La casa del fascio affossa la Costituzione antifascista
Poteri mussoliniani al presidente del Consiglio. L'Italia divisa in 20 staterelli. Le responsabilità della "sinistra" borghese
Mobilitiamoci per cancellare col referendum la costituzione del regime neofascista
Il ghigno di esultanza di Bossi dal palco d'onore, salutato dai suoi scherani in delirio, l'abbraccio con scambio di tricolore e fazzoletto verde tra il caporione fascista Fini e Calderoli e l'oscena "festa" di trionfo nei locali del gruppo parlamentare della Lega, con un Berlusconi sudato e urlante che si è unito ai fascioleghisti nel coro "chi non salta comunista è", fotografano emblematicamente la giornata nera del 16 novembre, in cui si è consumato l'affossamento della Costituzione antifascista del 1948 e la nascita della costituzione del regime neofascista.
In questo giorno, infatti, con 170 sì, 132 no e 3 astensioni, il Senato nero ha approvato in seconda lettura e in via definitiva la controriforma nefascista, presidenzialista e federalista della Costituzione voluta dalla Casa del fascio, che completa la realizzazione del piano della P2 di Gelli, Craxi, Berlusconi e di Bossi. Ormai solo la sua bocciatura attraverso il referendum popolare confermativo può impedire che la costituzione del regime neofascista, che cambia la forma dello Stato da nazionale e unitario a federale, e la forma di governo da parlamentare a presidenziale, entri effettivamente in vigore e divenga una cupa e operante realtà.
Anche quest'ultimo passaggio nel parlamento neofascista è avvenuto senza scosse, con la Casa del fascio che ha approvato compattamente e a scatola chiusa il provvedimento, a parte il vicepresidente del Senato, Fisichella, che si è dissociato votando no e annunciando contemporaneamente la sua uscita da Alleanza nazionale. D'altra parte alla vigilia del voto Fini aveva fatto visita a Bossi a Gemonio per rassicurarlo sulla "lealtà" del suo gruppo, rafforzando l'alleanza con chi, solo alcuni anni fa, non avrebbe preso "neanche un caffè". Da parte sua Berlusconi aveva cancellato una visita di Stato in Israele per essere presente alla votazione finale e sorvegliare personalmente il comportamento dei senatori della maggioranza. Infine, per la "solenne" occasione era sceso a Roma anche Bossi, che ha assistito alla votazione dal palco reale con la sua famiglia, e che alla fine è stato salutato dall'intera Casa del fascio come il trionfatore di questa nera giornata: "erano 18 anni che aspettavo questo momento - dichiarerà poi il caporione neofascista, razzista e secessionista della Lega - da quando andavo in giro con secchio e pennello a scrivere sui muri Padania libera".

Realizzato il vecchio sogno presidenzialista dei fascisti
Ma il bandito leghista non è il solo ad esultare. Il neoduce Berlusconi si è unito a lui parlando di "giornata storica", per la realizzazione della sua controriforma costituzionale e per la ritrovata "maggioranza granitica", che gli fa ben sperare per l'approvazione del golpe elettorale e delle modifiche alla par condicio, e grazie alla quale, ha aggiunto, "sono più sicuro di vincere le elezioni". Anche il caporione fascista Fini è soddisfatto, perché con il premierato si realizza quel disegno della repubblica presidenziale che è sempre stato un vecchio sogno dei golpisti e degli eredi di Mussolini: a partire dal fucilatore repubblichino Almirante, che la mutuò dal movimento "Nuova Repubblica" del golpista Randolfo Pacciardi facendone il cavallo di battaglia del MSI; per poi passare il testimone alla P2 e a Craxi, che fece della repubblica presidenziale l'obiettivo centrale del suo progetto di "grande riforma" del 1979. Non a caso il fogliaccio fascista "Secolo d'Italia", nell'esultare per il voto del Senato, ha ricordato tutto questo sottolineando anche che non c'è contraddizione col federalismo, ma che ambedue - presidenzialismo e federalismo - erano presenti nel disegno di repubblica presidenziale tra i cui "padri fondatori" individua il liberale Maranini, i repubblicani Pacciardi e Spadolini, il socialista (poi leghista) Miglio, oltre che Almirante e Craxi. Anzi, ritrova elementi di federalismo persino nel primo fascismo, che era "sorto regionalista sulla scia dei partiti di ex-combattenti fioriti nel Mezzogiorno dopo la prima guerra mondiale" (Giano Accame su il "Secolo d'Italia" del 17/11/2005).

Poteri mussoliniani al premier
E infatti, riscrivendo oltre 50 articoli della Costituzione democratico-borghese e antifascista del 1948, la controriforma della Casa del fascio assegna poteri enormi, di tipo mussoliniano, al presidente del Consiglio, che viene eletto direttamente "dal popolo", "determina" la politica generale del governo (mentre adesso la "dirige" soltanto), nomina e revoca personalmente i ministri, non ha più bisogno del voto di fiducia del parlamento per governare e può sciogliere le Camere se queste lo sfiduciano. Il presidente della Repubblica viene spogliato di ogni sua attuale prerogativa, tra cui quella di nominare lo stesso presidente del Consiglio e i suoi ministri e quella di sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni, e ridotto a una figura decorativa svolgente solo funzioni notarili.
Il parlamento istituzione centrale e caratterizzante della prima Repubblica, viene drasticamente ridimensionato nel numero dei parlamentari e in importanza e poteri, nonché completamente stravolto nelle funzioni: sparisce il "bicameralismo perfetto" (due camere con uguali poteri, doppia approvazione delle leggi), che garantiva in una certa misura la legiferazione dall'invadenza delle lobby e dai soprusi della maggioranza. Nasce il Senato federale, espressione diretta degli interessi e degli egoismi delle borghesie regionali. La politica del governo ha la precedenza su tutti i provvedimenti in discussione in parlamento. Se si considera anche la controriforma neofascista del potere giudiziario da poco approvata, è l'intero principio democratico-borghese dell'equilibrio tra i tre poteri fondamentali dello Stato - legislativo, giudiziario ed esecutivo - ad essere sconvolto in favore di quest'ultimo.
Anche la Corte costituzionale viene subordinata agli interessi della maggioranza e delle lobby federaliste, diminuendo i giudici nominati dalla presidenza della Repubblica e dai vertici della magistratura e aumentando quelli nominati dal parlamento, di cui tra questi la maggior parte spetta al Senato federale. La "devolution" federalista distrugge il principio di universalità ed uguaglianza dei servizi primari, come i diritti all'istruzione e alla salute, che dipenderanno dalla ricchezza o dalla povertà delle regioni eroganti. Essa darà il via alla disgregazione dell'unità del Paese, spezzettando l'Italia in 20 staterelli sotto le spinte secessioniste delle borghesie delle regioni del Nord più ricco che vogliono staccare il Sud più povero e arretrato dal resto del Paese.

Le responsabilità della "sinistra" borghese
Anche se ha votato contro, annunciando che chiederà il referendum per cancellare questa che il suo leader Prodi, "svegliandosi" troppo tardi ha definito una "riforma sciagurata", la "sinistra" borghese ha delle gravi responsabilità in tutta questa vicenda. Innanzi tutto perché, prima ancora che il "centro-destra" tornasse al governo, ha spianato la strada alla sua controriforma costituzionale con diversi provvedimenti neofascisti, presidenzialisti e federalisti approvati durante il governo Dini e i governi di "centro-sinistra": come la legge elettorale dei Consigli regionali a statuto ordinario del 1995 e la legge Bassanini del 1997, entrambe con il voto anche del PRC; e come la legge costituzionale per l'elezione diretta del presidente della giunta regionale del 1999 e il decreto legislativo sul federalismo fiscale del 2000, entrambe varate dal governo D'Alema. E peggio ancora la "sinistra" borghese ha fatto con la Bicamerale golpista presieduta dal rinnegato D'Alema, e poi con la controriforma federalista del Titolo V della Costituzione, approvata sotto il governo Amato nel 2001 nel tentativo (fallito) di intercettare i voti leghisti, e che ha invece fornito il pretesto alla Casa del fascio per rilanciare la posta stravolgendo l'intera II parte della Costituzione.
Non a caso il fascista Nania, uno dei "4 saggi" di Lorenzago che nell'estate 2003 elaborarono la bozza di controriforma costituzionale della Casa del fascio, lo rammenta così alla smemorata "opposizione": "Questa opzione (il premierato, ndr) - ha dichiarato il presidente dei senatori di AN al 'Secolo d'Italia' del 17 novembre - era preferita anche dall'opposizione di centrosinistra con la quale abbiamo fatto tutto il possibile per dialogare. D'altronde nella Bicamerale di D'Alema il premierato era la forma di governo proposta da lui stesso e persino accettata da Salvi e dallo stesso Cossutta". Anche la diversa composizione della Consulta, ha poi aggiunto Nania, "era una proposta presentata dalla sinistra in Bicamerale".

Mobilitarsi per il referendum
A tutto questo si aggiunga che durante tutto il lungo iter parlamentare della controriforma la "sinistra" borghese non ha mai smesso di cercare il dialogo con la Casa del fascio, implorandola di abbandonare la strada delle decisioni unilaterali per "fare insieme" la "riforma" della Costituzione, arrivando al punto di astenersi sull'istituzione del Senato federale e di votare insieme alla maggioranza alcuni emendamenti "condivisi". Un atteggiamento conciliatorio e codardo che ha mantenuto anche in questa ultima votazione, se si pensa ai saluti e gli auguri del presidente dei senatori DS Angius a Bossi, che hanno chiamato l'applauso di tutta l'aula al bandito leghista, al suo assurdo invito ai fascioleghisti a sventolare il tricolore, al suo lamento accorato perché la maggioranza ha ignorato che "abbiamo affrontato in questi mesi con spirito aperto il confronto parlamentare" e ha cestinato "una proposta organica di riforma della Costituzione che recepiva alcune delle vostre proposte", e via di questo passo.
La "sinistra" borghese non è quindi credibile e affidabile nemmeno sul piano del parlamentarismo borghese! Ma soprattutto la sua responsabilità più grave è quella di aver lasciato che le cose arrivassero fino a questo punto, senza avere il coraggio di chiamare le masse a scendere in piazza per buttare giù il neoduce Berlusconi e affossare il suo nero disegno piduista. Come già fece davanti all'ascesa di Mussolini, la "sinistra" borghese continua anzi a sottovalutare la gravità della situazione, tranquillizzando le masse con la prospettiva di una sua sicura vittoria elettorale e ostentando la certezza che la controriforma costituzionale sarà bocciata dal referendum. Ma intanto ha lasciato che il neoduce Berlusconi, il fascista Fini e il razzista e secessionista Bossi compissero fino in fondo il loro assalto finale neofascista, presidenzialista e federalista alla Costituzione antifascista, alla repubblica parlamentare e all'unità del Paese. "Mi rendo conto - ha osservato significativamente il bandito Bossi - che c'è chi oggi non è d'accordo, ma le Costituzioni non nascono perfette. Oggi si è accettato la sfida del federalismo. Poi si può discutere, e io sono consapevole che avremo da lavorare molto nei prossimi anni... il vero significato di oggi è che ormai il parlamento ha accettato la via delle riforme".
A questo punto per tutti i democratici e gli antifascisti l'imperativo è quello di unirsi e mobilitarsi per il referendum, che presumibilmente si terrà a giugno 2006, per affossare con una valanga di NO la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione della Casa del fascio e della P2. Tutte le istanze, i militanti e i simpatizzanti del PMLI, laddove esistono le condizioni, devono entrare nei comitati per il referendum, che già stanno cominciando a nascere nel Paese, per sostenere con tutte le nostre forze e sulla base delle nostre motivazioni la vittoria del NO. Un NO forte, risoluto e di massa alla costituzione del regime neofascista e per l'Italia unita, rossa e socialista.

23 novembre 2005