Cancellato il programma satirico Raiot di Sabina Guzzanti su Rai 3
Censura fascista
Decine di migliaia di democratici e antiberlusconiani assistono a Roma e nelle Case del popolo di tutta Italia allo spettacolo di protesta dell'attrice
Solidarietà del PMLI
Il 19 novembre il Consiglio di amministrazione della Rai ha deciso all'unanimità la sospensione a tempo indeterminato del programma satirico Raiot di Sabina Guzzanti su Rai 3. Contemporaneamente il presidente della Rai Flavio Cattaneo ha disposto un provvedimento disciplinare a carico del capostruttura del programma, Andrea Salerno, e ha inviato un richiamo formale per "omesso controllo" al direttore di rete, Paolo Ruffini, che pure aveva tentato di bloccare la prima puntata a poche ore dalla messa in onda. In pratica la sospensione, avallata anche dal presidente "di garanzia" del Cda Lucia Annunziata, equivale a una soppressione di fatto del programma, dal momento che la condizione capestro per la ripresa del programma, registrare tutte insieme le successive cinque puntate e sottoporle alla censura preventiva della dirigenza Rai, è stata giustamente respinta dall'attrice e dai suoi collaboratori.
Si è così consumato a tempi di record un intervento censorio di una gravità senza precedenti, contro un programma la cui unica colpa evidente è quella di aver messo alla berlina il neoduce Berlusconi e il suo illegale e soffocante monopolio dell'informazione e di aver denunciato con l'arma della satira la guerra all'Iraq condotta contro la volontà del popolo italiano e la Costituzione, gli attacchi all'indipendenza della magistratura e altre infamità del regime in atto. Intervento censorio che, incredibilmente, era scattato ancor prima della messa in onda della prima puntata, in tutta evidenza dietro le forti pressioni degli uomini del neoduce in Rai, Cattaneo in testa, quando nel pomeriggio di domenica 16 novembre, poche ore prima della trasmissione, il direttore di Rai 3, Ruffini (Margherita), che nei giorni precedenti si era mostrato entusiata del programma, improvvisamente decideva di bloccarlo accampando motivi chiaramente pretestuosi come "il momento storico non adatto" (il "lutto nazionale" per i morti di Nassiriya, ecc.).
Dopo alcune ore Ruffini era costretto a fare marcia indietro a causa delle vibrate proteste della Guzzanti e dell'insostenibilità del suo clamoroso intervento censorio, e il programma poteva così andare in onda. Ma immediatamente dopo è stato messo sulla graticola, assieme alla sua protagonista, dai vertici della Rai, dai partiti della Casa del fascio, dalla stampa di regime, compresa buona parte di quella dell'Ulivo come ad esempio "la Repubblica" e "Il Riformista", dal Vaticano e persino dalle associazioni ebraiche, che hanno sollevato un'assurda e pretestuosa questione terminologica per accusare la Guzzanti di antisemitismo. Tutti uniti, costoro, nell'invocare in sostanza l'intervento della censura contro quello che veniva definito non un programma satirico bensì un "comizio politico". Cosa che si è realizzata a tambur battente, con la decisione del Cda Rai che in pratica ha soppresso il programma.

"Siamo in un regime"
Protestando immediatamente contro questa inaudita decisione, Sabina Guzzanti ha dichiarato: "Protesterò fin che campo e andrò fino in fondo. è un precedente gravissimo per la libertà d'espressione". E in una conferenza stampa indetta in un teatro romano ha aggiunto: "è un'occasione splendida per dimostrare che non c'è libertà di informazione, siamo in un regime, urge fare qualcosa". Ed è con questo intento che si è fatta promotrice di uno spettacolo di protesta autogestito e autofinanziato che è andato in onda domenica 23 novembre (quando la Rai avrebbe dovuto trasmettere la seconda puntata di Raiot) su un canale satellitare, con la collaborazione di 150 piccole reti tv. Spettacolo che ha visto l'immediata adesione di molti suoi colleghi della satira teatrale e televisiva, già variamente colpiti dagli strali della censura di regime, e a cui hanno assistito con una forte ed esplicita partecipazione politica decine di migliaia di persone, sia a Roma dove si è svolto, sia in tutta Italia grazie a decine di teatri e Case del popolo in collegamento.
A Sabina Guzzanti il PMLI ha espresso in un comunicato stampa la sua solidarietà per la battaglia che sta conducendo in difesa della libertà di espressione e di critica e per il contributo che la sua satira dà allo smascheramento del nuovo Mussolini e del suo regime neofascista. La gravità eccezionale dell'intervento censorio da lei subìto, e che è stato giustamente denunciato come un intollerabile attacco alla libertà di espressione anche dai giornalisti dell'UsigRai e della Fnsi, è dovuta certamente alla forte connotazione di denuncia politica del suo programma satirico, non a caso denominato con la trascrizione fonetica della parola inglese "Riot", che significa rivolta. Ma non si spiegherebbe del tutto se non si tiene conto anche del clima politico dominante in cui tale intervento si va ad inquadrare. Che è, in generale, il regime neofascista berlusconiano, con l'informazione irreggimentata, gli attacchi all'indipendenza della magistratura, le leggi ad personam, i progetti di controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione, ecc. Ma è anche, in particolare, lo stato di guerra strisciante che si sta instaurando nel Paese.

Stato di guerra
Ormai, dopo la strage di Nassiriya e l'ubriacatura nazionalista e guerrafondaia che è stata imposta al Paese da Berlusconi e Ciampi, con l'acquiescenza della "sinistra" borghese, in nome della "lotta al terrorismo" si parla sempre più apertamente di sospensione dello Stato di diritto. Recentemente,il ministro di polizia Pisanu ha minacciato in tv, nel programma dell'anchorman di regime Vespa, che sono allo studio non meglio precisate "misure eccezionali" per la difesa dei cittadini. Quali? Forse del tipo e anche peggio del provvedimento fascista adottato contro il cosiddetto "imam di Carmagnola" e altri immigrati "indesiderati"? O come la chiusura del sito di Indymedia invocata dai fascisti, come primo passo per tappare la bocca a chiunque osi dissentire dalla sporca guerra imperialista all'Iraq e chiedere il ritiro immediato delle truppe italiane?
I segnali inquietanti, oltre quello della censura a Sabina Guzzanti, non mancano davvero. Basti pensare che perfino sul giornale portavoce dell'Ulivo, "la Repubblica", si è arrivati a chiedere la sospensione dello "Stato di diritto", la legge marziale e la militarizzazione dell'informazione perché di fatto il Paese è in stato di guerra. Lo ha fatto Francesco Merlo, in un editoriale del 22 novembre, in cui ha detto testualmente: "Se davvero Marte è sceso in terra, tutto si marzializza, anche l'informazione". E ancora: "Sicuramente l'espulsione non è un atto di diritto. Ma, se il tempo si veste di guerra, può essere legittimo sospendere i diritti a chi non ti riconosce il diritto di vivere, a chi non è più portatore di diritti ma di morte".
Ecco perché il regime neofascista e guerrafondaio, calpestando la Costituzione e sfidando l'opinione pubblica democratica arriva a sopprimere un programma satirico come quello di Sabina Guzzanti: il Paese è in guerra e vige il codice di guerra. Non è ammesso il minimo dissenso. E la censura non è più la censura "ordinaria" dei tempi "normali", ma una censura eccezionale, da tempo di guerra: una censura fascista in piena regola, come quella che vigeva nel ventennio mussoliniano, quando la polizia del duce aveva pieni poteri e mano libera nel colpire e ridurre al silenzio ogni pur minima manifestazione di dissenso.