Nella giornata delle Forze armate
CIAMPI E D'ALEMA RILANCIANO IL MILITARISMO E IL NAZIONALISMO

Ci voleva la ``sinistra'' del regime neofascista al governo col rinnegato D'Alema, e un presidente ``laico'' eletto anche e soprattutto da questa ``sinistra'' come Ciampi, per celebrare il 4 novembre più militarista e nazionalista dalla caduta del fascismo ad oggi! è quel che tocca constatare dai due messaggi, uno più patriottardo e interventista dell'altro, che il capo dello Stato e il presidente del Consiglio hanno inviato alle Forze armate italiane in occasione della festa del 4 novembre.
Il messaggio di Ciampi inizia infatti esaltando il 4 novembre come giorno di celebrazione non solo ``di coloro che combatterono nelle guerre che fecero l'Italia unita, libera e indipendente'', ma anche - sottolinea l'inquilino del Quirinale - ``dei caduti di tutte le guerre, dei soldati che diedero la loro vita per la Patria'': in altre parole anche dei fascisti caduti nelle guerre di aggressione colonialiste, nella guerra imperialista al fianco di Hitler e nelle brigate nere della ``repubblica di Salò''. Neanche i peggiori governi DC del dopoguerra si erano mai spinti a tanto, consapevoli che se avessero tentato di utilizzare questa ricorrenza per riabilitare il fascismo avrebbero provocato forti reazioni in un Paese in cui i sentimenti antifascisti erano ancora freschi e diffusi.
Ma oggi la classe dominante in camicia nera, grazie ai traditori e ai rinnegati che hanno fatto scempio di tali sentimenti e tradizioni, sente di avere la strada spianata, e Ciampi può lanciarsi impunemente in una sfacciata apologia del nuovo ruolo interventista e guerrafondaio delle Forze armate italiane, contrabbandato come ``azione umanitaria''. è così che nel suo messaggio, che si conclude non a caso col classico proclama militarista e nazionalista ``viva le Forze armate, viva l'Italia'', ricorda tutte le missioni e gli interventi imperialisti all'estero, tra cui il Libano, la Namibia, il Golfo Persico e l'Irak, la Somalia e il Mozambico, per finire con la Bosnia, l'Albania, il Kosovo e Timor Est.
Un discorso, il suo, particolarmente ipocrita e disgustoso, perché mira ad accreditare l'esercito interventista e imperialista nientemeno che come ``Forze armate di pace, pronte a intervenire per la difesa della democrazia e della libertà della Nazione, ma anche per restituire la libertà a chi l'ha perduta, per portare la pace a chi ne è stato privato ed è oppresso da atti di violenza''.
Dello stesso tenore, compreso il recupero in chiave nazionalista delle guerre mussoliniane, è il messaggio che il presidente del Consiglio ha inviato al capo di Stato maggiore della Difesa, Mario Arpino, in cui sottolinea che ``gli eventi di ieri si uniscono a quelli di oggi e i nostri soldati trovano nelle imprese trascorse il riferimento storico e i valori di fondo dell'agire odierno''. Ove per ``agire odierno'', naturalmente, D'Alema intende soprattutto l'intervento armato delle truppe italiane nei Balcani: ``Una scelta - conclude il rinnegato e guerrafondaio di Palazzo Chigi con la solita lacrimuccia di coccodrillo di circostanza - dolorosa ma inevitabile per la tutela di uomini e donne decimati da lotte ingiuste''.