Un'iniziativa che ricorda l'incarico dato da Vittorio Emanuele III a Mussolini
CIAMPI DA' L'INCARICO AL NEODUCE BERLUSCONI DI FORMARE IL NUOVO GOVERNO
LA NUOVA COMPAGINE è FORMATA DA FASCISTI, NEOFASCISTI, SECESSIONISTI, RAZZISTI E LIBERISTI
Il 9 giugno, dopo una serie di rapidissime consultazioni e appena tornato dal convegno dei capi di Stato centro europei di Stresa, Carlo Azeglio Ciampi ha conferito come previsto l'incarico di formare il nuovo governo a Silvio Berlusconi.
Per il contesto politico attuale del Paese, per come è avvenuta e per l'atteggiamento e le dichiarazioni dei due protagonisti, questa investitura ricorda con inquietudine l'incarico a formare il governo che Vittorio Emanuele III dette a Mussolini all'indomani della marcia su Roma del 1922 aprendo le porte al fascismo. Certo i tempi, i personaggi e le circostanze sono ovviamente cambiati, ma la sostanza politica non è poi così diversa. Anche Berlusconi arriva a palazzo Chigi sull'onda della sua "marcia su Roma'': una marcia senza fucili e camicie nere, ma ugualmente aggressiva e determinata, condotta con tutta la forza dei suoi soldi, del suo incontrastato potere mediatico, del suo partito che non è solo un partito-azienda ma un'organizzazione ideologica e politica che incarna il nuovo fascismo, del suo codazzo di alleati nostalgici di Mussolini, piduisti, secessionisti, razzisti, inquisiti per corruzione e per mafia, riciclati democristiani e craxiani.
Non per nulla, subito dopo il risultato elettorale, Berlusconi si è atteggiato in tutto e per tutto come se egli fosse il premier di una repubblica presidenziale "plebiscitato'' dal popolo: si è recato subito al Quirinale prima della convocazione come se già fosse il presidente del Consiglio a tutti gli effetti, dimostrando tutto il suo supremo disprezzo per il parlamento, a cui spetta ancora costituzionalmente l'ultima parola sulla concessione della fiducia. Ha mostrato aperta insofferenza per l'"anticamera'' di alcune settimane che il rituale istituzionale gli ha fatto fare prima di salire sull'agognata poltrona. E dopo aver avuto l'incarico ha voluto rimarcare pubblicamente che esso gli spettava di diritto, in quanto Ciampi glielo aveva sì dato, ma "conformemente al voto popolare''.
A sua volta Ciampi si è comportato come il re con Mussolini: non solo non ha avuto nulla da eccepire sulla sfacciata impresentabilità morale e politica del personaggio, un plurinquisito per reati finanziari e di corruzione politica, e per l'enorme conflitto di interessi che si crea col suo incarico di governo, ma gli ha steso tappeti di velluto e gli ha fatto da mallevadore di fronte al Paese e alle istituzioni.
Fin dall'indomani del voto del 13 maggio, dopo che già il capofila della grande borghesia monopolista Agnelli gli aveva regalato una patente di legittimità difendendo Berlusconi dalle accuse della stampa estera, Ciampi ha teso infatti a tranquillizzare il Paese sull'avvento del cavaliere piduista e del nuovo fascismo al governo, sostenendo che ciò avveniva nel quadro del tutto "normale'' della "democrazia dell'alternanza''. "La nostra, vivaddio, è una democrazia salda'', dichiarava con enfasi il 17 maggio a Sulmona: "basta vedere, guardando all'oggi, con quale passione civile e con quale maturità gli italiani sono andati a votare e a fare le loro scelte''. "La Repubblica italiana progredisce nella piena normalità democratica e nell'alternanza determinata dal voto popolare'', ha dichiarato poi al termine delle consultazioni sottolineando con compiacimento l'"unanimità'' di indicazioni su Berlusconi da parte del "centro-destra'' e l'altrettanto "unanime'' volontà dell'altro polo di condurre "un'opposizione incisiva, determinata, sempre rispettosa dei valori comuni della nazione''.
Come Vittorio Emanuele III rese legittimo il golpe di Mussolini dandogli tutti i crismi formali della legalità istituzionale e parlamentare, così Ciampi ha fatto con Berlusconi, ben sapendo che questa è già una repubblica presidenziale di fatto, adattandosi ben volentieri a spianargli la strada nelle istituzioni ancora formalmente plasmate sulla vecchia repubblica parlamentare. E non sembri azzardato il paragone, poiché anche Mussolini all'inizio dovette fingere di accettare la legalità istituzionale e adattarsi alle regole parlamentari, ma poi sappiamo quello che ben presto se ne fece, una volta avute in mano le redini del potere che il re gli aveva così sciaguratamente consegnato.
Ed è tra l'altro per fugare questo timore che Ciampi si pone come "garante'' tra il neoduce e l'opposizione, la quale si affida ormai solo a lui per fare "argine'' allo strapotere della destra e alle sue minacce elettorali di fare "piazza pulita''. Si veda ad esempio l'editoriale di Scalfari su la Repubblica del 3 giugno, in cui il Solone della "sinistra'' borghese prende spunto dalla reintrodotta festa e parata militare del 2 giugno fortemente volute da Ciampi per dire che "egli rappresenta un punto di riferimento, di certezza e di garanzia capace di infondere sicurezza e solidarietà''.
Evidentemente tutto questo insistere di Ciampi che la situazione è sotto il suo personale controllo e che non c'è nulla da temere da parte di Berlusconi e della sua banda deve aver contagiato ben bene la rincoglionita "sinistra'' del regime neofascista, dal momento che le sole critiche che si sono levate contro il nuovo governo si limitano a giudizi tipo "governo di basso profilo'', "compagine deludente'', oppure si concentrano sulla presenza di Bossi alle "riforme e devolution'', al quale viene contrapposto il ministro degli Esteri Ruggiero, sponsorizzato dalla Fiat di Agnelli, come contrappeso gradito anche all'opposizione.
Invece quella messa prontamente e personalmente in piedi dal neoduce non appena avuto via libera da Ciampi è una compagine tutt'altro che di "basso profilo'', piena zeppa com'è di fascisti, neofascisti, secessionisti, razzisti e liberisti della peggior specie. Basti pensare alla presenza di eredi diretti di Mussolini, come Fini, Gasparri, Matteoli, Alemanno e l'ex repubblichino Tremaglia; a secessionisti e razzisti come Bossi, Maroni e Castelli; a ultraliberisti come Tremonti, Martino e Ruggiero. Per non parlare di esponenti diretti del grande capitale finanziario, bancario e imprenditoriale messi in pista per dare una spinta decisiva alle privatizzazioni in settori delicati, come la Moratti all'Istruzione (una Thatcher all'italiana), il manager IBM Stanca all'Innovazione tecnologica, il banchiere Marzano alle Attività produttive, l'imprenditore Lunardi ai Trasporti, il barone della medicina Sirchia alla Sanità, e così via.
Torneremo ancora e più a fondo su questi personaggi e sul loro codazzo di sottosegretari e tirapiedi dopo che il governo Berlusconi si sarà presentato alle Camere. Ma intanto quanto si è visto basta e avanza per giudicare questo esecutivo neofascista come il peggiore e più pericolosi della seconda repubblica, al quale va condotta una guerra totale nei luoghi di lavoro e nelle piazze per fargli mordere la polvere prima possibile.