G8 di Genova 2001
In appello condannati i vertici della polizia per la mattanza alla Diaz
Il governo invece li assolve. Connivente l'IDV, assordante silenzio del PD
Vanno cacciati via, compreso De Gennaro
 
Il 19 maggio la terza sezione penale della Corte d'Appello del tribunale di Genova ha ribaltato la vergognosa sentenza di primo grado del 13 novembre 2008 e ha condannato a pene variabili dai 3 ai 5 anni di carcere i vertici della polizia di Stato responsabili della catena di comando che ordinò la mattanza alla scuola Diaz nella notte del 21 luglio 2001 contro 93 manifestanti inermi, massacrati mentre dormivano nei sacco a pelo al termine delle manifestazioni contro il G8.
Prescritti i reati di calunnia, arresto illegale e lesioni lievi, sono rimasti in piedi quelli di falso ideologico e lesioni gravi per cui 25 dei 27 imputati sono stati condannati complessivamente a quasi un secolo di carcere e all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
La pena più pesante, cinque anni, è stata inflitta a Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma, già condannato a quattro anni in primo grado.
Quattro anni ciascuno a Francesco Gratteri, all'epoca capo del Servizio centrale operativo (Sco) e oggi al vertice della Direzione centrale anticrimine, e a Giovanni Luperi, ex vice direttore dell'Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali (Ucigos) e oggi capo del dipartimento di analisi all'Aisi (Agenzia per le informazioni e la sicurezza interna, l'ex Sisde); entrambi erano stati assolti in primo grado.
Tre anni e otto mesi sono stati inflitti a Spartaco Mortola, ex capo della Divisione investigazioni generali e operazioni speciali (Digos) di Genova, ora questore vicario a Torino e a Gilberto Calderozzi, ex vice capo del Servizio centrale operativo (Sco) ora a capo dello stesso servizio con mansioni di dirigente superiore, lo stesso "grado" di un questore col controllo delle squadre mobili di tutta Italia; anche loro erano stati assolti in primo grado.
Sono passate da tre a quattro anni le pene per i "macellai" in divisa che materialmente picchiarono senza pietà i 93 no-global, mentre per i loro colleghi celerini che falsificarono e firmarono i verbali e che erano stati assolti in primo grado, la Corte ha stabilito pene per tre anni e otto mesi ciascuno. Tra loro, il vicequestore Pietro Troiani e il dirigente Michele Burgio, accusati di aver portato alla Diaz le molotov sequestrate diverse ore prima in un altro quartiere di Genova, che sono stati condannati a tre anni e nove mesi. I due ordigni servirono a Luperi, Gratteri e Caldarozzi per ordire a tavolino un falso pretesto alla Goebbels e poi inscenare un maldestro tentativo per "giustificare" a posteriori l'irruzione e il massacro alla Diaz.
3 anni e 8 mesi se li è beccati anche Massimo Nucera, l'agente che raccontò della finta coltellata che avrebbe ricevuto da un manifestante durante l'irruzione alla Diaz.
Prosciolti, per intervenuta prescrizione, Michelangelo Fournier, all'epoca vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, che solo nel luglio 2007 ebbe un sussulto di coscienza e parlò di "macelleria messicana" pentendosi di quello che era successo, così come l'agente Luigi Fazio.
In primo grado erano stati condannati a pene più lievi soltanto 13 agenti ritenuti gli autori materiali dei pestaggi per un totale di 35 anni e sette mesi di reclusione. Mentre erano stati assolti tutti i vertici della polizia.
Si tratta di una sentenza coraggiosa, molto importante sul piano giudiziario anche se non pienamente soddisfacente sul piano politico sul quale bisogna ora insistere per andare fino in fondo con le altre inchieste. Questa sentenza sbaraglia definitivamente la tesi delle "poche mele marce" e impone l'immediata rimozione dai loro incarichi tutti i dirigenti di polizia condannati a cominciare proprio da Gianni De Gennaro che insieme a tutti gli altri è stato fino ad oggi premiato con promozioni a importanti incarichi proprio grazie al "buon lavoro svolto a Genova".
Solo così si può finalmente sperare di spazzare via la pesante cappa di omertà che da quasi dieci anni copre i mandanti politici e istituzionali della mattanza di Genova di stampo mussoliniano a cominciare dal neoduce Berlusconi, dall'allora vice presidente del Consiglio Fini, dall'allora ministro degli Interni Scajola e dall'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, promosso capo di gabinetto del ministero dell'Interno da Prodi, poi commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania con Berlusconi e ora direttore del DIS, Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza che controlla tutti i servizi segreti AISE e AISI.
L'occasione potrebbe essere tra pochi giorni quando a Genova si aprirà il processo d'Appello in cui De Gennaro, Mortola e l'ex questore di Genova Francesco Colucci (assolti in primo grado) sono accusati di istigazione alla falsa testimonianza.
Solo così si riuscirà a "rendere giustizia" e restituire un minimo di dignità alle centinaia di vittime, primo fra tutti il giovane Carlo Giuliani, freddato in piazza Alimonda da un colpo di pistola esploso a bruciapelo dal carabiniere Antonio Placanica, che ancora portano dentro e fuori di sé le conseguenze della brutale violenza subita, non solo fisica ma anche psicologica.
Sprezzante la reazione del governo che ha già messo le mani avanti garantendo, per bocca del ministro fascio leghista dell'Interno Roberto Maroni e del suo tirapiedi Mantovano, piena "fiducia ai nostri uomini... la Cassazione scioglierà ogni ombra su fior di professionisti della sicurezza che oggi si trovano in questa situazione''. Perciò, nonostante le pesanti condanne e l'interdizione dai pubblici uffici, i funzionari della polizia di Stato: "resteranno al loro posto, che non si limitano ad occupare, svolgendo il loro ruolo con grande responsabilità e dedizione, rispetto al quale ci può essere solo gratitudine da parte delle istituzioni".
Eloquente invece l'assordante silenzio del PD, corresponsabile con il governo Amato e il ministro degli Interni Bianco di tutta l'organizzazione repressiva del G8 di Genova, mentre Di Pietro conferma l'infame connivenza con i massacratori della Diaz e i torturatori di Bolzaneto già espressa ai tempi del governo Prodi con il voto contrario alla proposta di una commissione d'inchiesta e addirittura si dice "sconcertato dalla sentenza".

26 maggio 2010