Intervento introduttivo di Maurizio Piccioni, portavoce No Tav, alla conferenza stampa del 4 luglio 2011 a Chiomonte
"Ma quali Black bloc eravamo noi valsusini con l'obiettivo di assediare il cantiere"

Dobbiamo cercare di capire quello che è capitato nella giornata di ieri e poi dare spazio anche a tutte quelle che sono realmente le problematicità di questo cantiere o di questa fortezza, perché non è sulla giornata di ieri che il movimento No Tav buono può andare avanti o il problema è quello che è successo ieri. I problemi sono ben ampi e dobbiamo pensare a quello che è la realtà di una fortezza messa qua militarizzata e non su una giornata che i giornali e le televisioni hanno esasperato già da prima e hanno poi trattato come un problema di ordine pubblico, quando invece la realtà è molto, molto più ampia.
Partiamo già dalle cifre. La questura ha detto 7 mila persone. Chi era a quei cortei, chi ha visto, chi era in tutti i punti di partenza, ha potuto solo vedere che le cifre erano assolutamente false. 7 mila persone, con le macchine che erano parcheggiate da prima di Exilles e arrivavano a Gravere, quindi per chilometri e chilometri di parcheggio macchine e pullman, solo da lì si poteva capire che le persone non potevano essere 7 mila. Noi le cifre le abbiamo date.
Da Exilles sono partite circa 30-40 mila persone. Da Chiomonte è arrivato un corteo che era infinito: la testa era al ponte di Exilles e la coda era ancora alla stazione di Chiomonte. Da Giaglione c'erano circa 10 mila - 8 mila persone e anche lì, quando la testa era arrivata alla baita, il nostro presidio, ancora la coda si stava muovendo alle prime curve dopo il campo sportivo. Quindi bisognava esserci e dirlo. Io non so come la questura abbia potuto dire determinate cose.
Poi andiamo a fare il punto sul caso creato dai giornali dei black bloc in Valle di Susa. Su questo dobbiamo essere chiari. La nostra idea era quella di assediare il cantiere. Quindi di avvicinarci da tutte le parti possibili e immaginabili e arrivare contro le reti e fare pressione sulle reti. Lo abbiamo detto e ribadito: la nostra intenzione non era quella di riprenderci il cantiere, perché sapevamo che non si poteva, sia a livello logistico e sia a livello di ordine pubblico. Sapevamo benissimo che quella giornata lì doveva essere una giornata di assedio.
Come sono andate le cose? Parlo dello spezzone di Giaglione, ma così è stato anche per quelli che sono scesi dalla Ramat. Quando siamo arrivati alla baita presidio di Giaglione abbiamo deciso di ripartire, dopo esserci fermati e riposati un pò, e di andare fino a dove c'era la cinta. Chiaramente, questo lo dico subito, chi è venuto a Giaglione, ed erano per la stragrande maggioranza valsusini, perché era tutta gente che io conoscevo, erano tutte persone dei comitati della Valle di Susa e avevamo anche scritto per lanciare la manifestazione dicendo: le famiglie, le persone che di solito non sono militanti, vadano al corteo di Exilles, i comitati che sono fatti da persone dei paesi della valle provino a venire a Giaglione, sapendo di venire con un abbigliamento adeguato.
Un abbigliamento adeguato significava caschetti e maschere antigas, perché il lunedì noi siamo stati cacciati dal presidio a suon di gas, di intossicati, di persone che sono state male e che abbiamo dovuto portare su per i monti. Questa roba qua l'abbiamo imparata e quindi le persone, senza nessuna organizzazione dietro, in questa settimana sono andate nei negozi, si sono comprate le mascherine antigas e sono arrivate a Giaglione con le mascherine e i caschetti. Quando abbiamo deciso di partire per andare contro le reti tutti si sono vestiti e tutti sembravano da quello che escono dalle foto "black bloc", ma questi black bloc non esistono. Non so dove li avete visti, era gente della valle con le mascherine, i fazzoletti e i caschetti. Quando siamo arrivati alle reti, siamo arrivati tutti a mani pulite, senza niente in mano, perché non era nostra intenzione tirare nulla. Anche perché, scusate, se ci mettevamo a tirare prima era inutile pensare di arrivare alle reti, perché sapevamo che avremmo avuto un certo tipo di risposta. Quindi era stato anche detto questo chiaro, non si va per tirare proprio nulla, si va per andare contro le reti, muovere queste reti e fargli capire che quel cantiere lì era assediato e sarebbe stato assediato anche più avanti.
Quando siamo arrivati contro le reti, ci siamo disposti. In tempo zero c'è piovuto addosso di tutto, di tutto! Lacrimogeni ad altezza d'uomo, idranti con dell'acqua che ti faceva prudere all'istante. Ci siamo trovati in una nuvola di fumo che non sapevamo più cosa fare. A quel punto ciascuno ha pensato bene di difendersi come poteva e come voleva. Questo è quanto. Queste sono state le cose. E da lì è iniziata un altro tipo di giornata. Una giornata in cui molti dei valligiani hanno deciso di non mollare, di continuare ad andare contro le reti e di continuare a fare pressione e dall'altra parte si è voluta mettere la giornata sul piano della guerra, dello scontro frontale.
Si è arrivati al punto che da sopra, sempre da Giaglione, da sopra le reti che costeggiano la strada che sale su alla Maddalena, quando finivano i lacrimogeni e non arrivavano le scorte, i poliziotti tiravano i sassi. Dall'alto a sotto. Ci sono stati dei feriti che arrivavano con segni di sassi e ci dicevano appunto che erano stati colpiti da sassi. Naturalmente una serie di persone, sto parlando di decine, sono arrivate dentro il presidio, allestito per tutta la giornata come punto di soccorso, dove c'erano anche lì delle signore valsusine che cercavano di curare i feriti pieni di bolle e di lividi di lacrimogeni lanciati ad altezza d'uomo.
In quel caso lì, in quella giornata lì, scusate ma io lo dico e lo ripeto che non c'era nient'altro da fare che continuare a difendersi e con questo non voglio dire che il movimento No Tav è diventato violento, ma dico solo che quella giornata lì è stata voluta impostare in un certo modo e l'esasperazione di quelli che vogliono a tutti i costi alzare la tensione in valle, militarizzare e creare sempre più questo clima di esasperazione ha fatto sì che si sfociasse in questa trappola che per noi, alla fine, siamo convinti che non è stata una trappola, ma a livello mediatico esterno è stata una trappola preparata per portare a far vedere la Valle di Susa, come una valle ormai in balia di violenti. Non è così. È chiaro, sono arrivate persone di fuori, ma erano totalmente irrilevanti. Nel senso che, se quelle persone non fossero venute, la giornata non si sarebbe spostata di una virgola, sarebbero capitate esattamente le stesse cose. Non si sarebbe spostato nulla. Questa è la nostra verità!

6 luglio 2011