Al Consiglio supremo di Difesa "perfetta sintonia" tra il nuovo Vittorio Emanuele III e il nuovo Mussolini
CIAMPI CONFERMA L'AVALLO ALL'OCCUPAZIONE MILITARE DELL'IRAQ
Silenzio assoluto sulla battaglia di Nassiriya. Apertura del "centro-sinistra" alle posizioni governative
2000 SOLDATI GIA' PRONTI PER UN EVENTUALE RINFORZO DEL CONTINGENTE ITALIANO

Le truppe italiane restano in Iraq a fianco degli occupanti imperialisti anglo-americani. Né l'imprevista vitalità della Resistenza irachena, né l'estendersi della ribellione armata anche alla popolazione sciita e nemmeno la drammatica vicenda dei paramilitari italiani rapiti mutano di una virgola la determinazione di Berlusconi a continuare la missione di guerra, e Vittorio Emanuele Ciampi continua a sentirsi in "perfetta sintonia" con lui e a fornirgli la necessaria copertura istituzionale.
Questa in buona sostanza la linea ribadita nella riunione del Consiglio supremo di Difesa presieduto da Ciampi che si è svolta al Quirinale il 14 aprile scorso, con la partecipazione del presidente del Consiglio Berlusconi, dei ministri maggiormente coinvolti nelle decisioni militari e di guerra (Frattini per gli Esteri, Pisanu per l'Interno, Tremonti per l'Economia e Finanze e Martino per la Difesa), del capo di Stato maggiore della Difesa, l'ammiraglio Di Paola e del segretario del Consiglio supremo di Difesa, ammiraglio Mariani.
Nello stringato comunicato emesso dal Quirinale si dice infatti che "nel corso della riunione sono stati esaminati i programmi per la struttura operativa futura delle Forze Armate nel quadro dell'evoluzione della PESD e della NATO. Il Consiglio ha esaminato inoltre i recenti sviluppi della situazione in Iraq nel più ampio quadro della lotta al terrorismo internazionale, e nel rispetto delle linee d'azione della nostra missione in Iraq, esposte dal Governo nel Consiglio Supremo di Difesa del 19/3/03 e discusse e approvate poi dal parlamento il 15 aprile 2003". Ciò significa quindi che la missione va avanti indefinitamente, senza tenere minimamente conto dei nuovi sviluppi della situazione sul campo in Iraq, che pure hanno mostrato a tutto il mondo il fallimento e la falsità dell'ipocrita politica armata di "pacificazione" e "ricostruzione" dietro la quale gli imperialisti Usa e i loro più stretti alleati, tra i quali l'Italia di Berlusconi, mascherano l'occupazione e il depredamento di quel Paese.
Il riferimento al Consiglio supremo di Difesa dell'anno scorso, che coincise con lo scatenamento della guerra e aprì la strada all'approvazione, un mese dopo, della missione militare italiana in Iraq sotto l'ombrello della missione "umanitaria" e di "pace", è stato spacciato opportunisticamente da certa stampa cosiddetta "indipendente" e dalla "sinistra" borghese come un "paletto" fissato da Ciampi per continuare a delimitare il carattere "pacifico" della missione, a non farla sconfinare in atti di guerra veri e propri. Ovvero di mantenerla nell'ambito di una missione di "peace-keeping" e non di "peace-enforcing" come in Afghanistan. Ma si tratta di una distinzione cavillosa e ipocrita, com'è apparso chiaro con gli scontri del 6 aprile a Nassiriya, dove i militari italiani hanno partecipato a una sanguinosa operazione di guerra in piena regola con l'uccisione anche di diversi civili, sulla quale è stata stesa un'intollerabile cappa di silenzio e di omertà.
Di questo non c'è traccia nel comunicato, né Ciampi ne ha fatto cenno facendo premurosamente visita il 9 aprile ai bersaglieri feriti reduci da Nassiriya ricoverati all'ospedale del Celio. "I soldati del contingente in Iraq e i civili che con loro collaborano sono tutti in cima ai nostri pensieri", aveva anzi dichiarato il giorno avanti, ignorando completamente i civili iracheni ammazzati dai soldati nostrani, donne e bambini compresi. "Il nostro saluto, il nostro affetto, la vicinanza di tutti gli italiani non può che andare a tutti i militari impegnati in terre lontane, nel compito di riportare pace e serenità a popolazioni martoriate", aveva aggiunto con somma ipocrisia il nuovo Vittorio Emanuele III, continuando a coprire con la sua retorica paludata la politica imperialista e guerrafondaia del nuovo Mussolini e i crimini commessi dal contingente tricolore di occupazione.
Continuare a negare ostinatamente e contro ogni evidenza che anche quella italiana in Iraq è una missione di guerra, del resto, è ancora necessario per l'inquilino del Quirinale, per pararsi dalle accuse di non difendere l'art. 11 della Costituzione. D'altra parte la legittimazione internazionale offerta dalla risoluzione 1511 dell'Onu è troppo debole per poter giustificare all'infinito la prosecuzione di "Antica Babilonia". Da qui, anche, gli inviti e le pressioni di Ciampi al governo affinché appoggi la richiesta di una nuova risoluzione Onu che faccia entrare in campo altre forze militari che affianchino gli Usa e i loro alleati e che legittimi la creazione di un governo fantoccio iracheno entro la data stabilita del 30 giugno.
Con una simile cornice internazionale Ciampi e Berlusconi potrebbero finalmente fare a meno dell'ormai logora foglia di fico della "missione di pace" e rinforzare in tutta tranquillità il contingente italiano. A questo si collega, nel comunicato, il riferimento alla Nato, che nei piani degli occupanti dovrebbe prendere in mano "in nome dell'Onu" l'occupazione militare dell'Iraq. In questa prospettiva il governo ha già pronti altri 2000 uomini da inviare nella regione: due reggimenti della brigata Garibaldi, per un totale di 1600 unità, a cui si aggiungerebbero altri 200 o 300 paracadutisti del reggimento Cervino.
Anche Berlusconi, che fino ad ora aveva ripetuto sprezzantemente che la 1511 bastava e avanzava per giustificare la presenza italiana in Iraq, si è convinto della necessità di questa "svolta" verso una nuova risoluzione Onu. Specie dopo che anche i suoi amiconi Bush e Blair, sempre più in difficoltà, ne hanno riconosciuto l'"utilità". è così che, poche ore prima del summit al Quirinale, ha inviato Frattini in Parlamento ad annunciare tale "svolta" davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera. Cosa alla quale i leader opportunisti e rimbambiti della Lista Prodi, D'Alema e Rutelli in testa, hanno abboccato come pesci, con una plateale quanto vergognosa apertura di credito al governo.
Lo stesso leader del "triciclo", Prodi, ha inviato una lettera a Ciampi e a Berlusconi invocando l'"unità nazionale" per fronteggiare il terrorismo e la vicenda dei mercenari italiani rapiti. Evidentemente la "sinistra" del regime neofascista non aspettava che questo "segnale" dal governo per rimandare ancora una presa di posizione chiara per il ritiro del contingente italiano dall'Iraq. Ciampi lo sapeva, e ha convinto Berlusconi a dargli questo segnale. E al neoduce non pare il vero che la "sinistra" borghese corra in suo soccorso sostenendo la permanenza dell'Italia in Iraq col pretesto di aspettare un intervento Onu, specie ora che la Spagna di Zapatero ha avviato il ritiro del contingente, lasciando ancor più scoperto il governo italiano al fianco degli invasori anglo-americani.
21 aprile 2004