Confermato il testo di compromesso tra socialisti e democristiani approvato dall'europarlamento
Il Consiglio europeo vara l'odiata Bolkestein
Passa la linea della liberalizzazione dei servizi e dello smantellamento dei diritti del lavoro
Come fecero quelli di Berlusconi, i ministri di Prodi votano sì
Sono tutt'altro che buone le notizie giunte da Bruxelles per i lavoratori, per i giovani, per il movimento che si riconosce nel Social Forum Europeo, per le associazioni, enti locali e i partiti, tra cui il PMLI, che in questi ultimi due anni l'hanno denunciata e combattuta. Lo scorso 29 maggio il Consiglio Europeo per la competitività dei 25 Paesi facenti parte dell'Unione europea (Ue) ha infatti approvato, praticamente all'unanimità, se si esclude l'astensione della Lituania, la tanta odiata e contestata direttiva Bolkestein che getta le basi per la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi e per lo smantellamento delle legislazioni sul lavoro a favore dei capitalisti. La partita è molto grossa e densa di pesanti conseguenze se si considera che, il settore in questione valutato complessivamente, ormai produce il 70% della ricchezza del vecchio continente e vi operano ben 116 milioni di persone.
Il testo approvato ricalca quasi interamente il compromesso cosiddetto Gebahart raggiunto tra gli eurodeputati socialisti e popolari, più una parte dei liberali il 16 febbraio 2006. Compromesso poi ratificato il 14 marzo alla Commissione europea. Ci sono solo due non sostanziali novità, come ulteriore compromesso per superare le obiezioni di destra, ovvero dei popolari (democristiani) ungheresi, slovacchi e lituani che consideravano la direttiva troppo restrittiva, e i dissensi di "sinistra" dei socialisti francesi e belgi, più i "comunisti" e i Verdi che la ritenevano troppo permissiva. Riguardano: i tempi per la trasposizione della direttiva nella legislazione nazionale che passano da due a tre; la creazione di un registro pubblico europeo che stabilisca esattamente quali sono le limitazioni che ogni Stato membro può imporre per l'apertura dei propri mercati ai prestatori d'opera stranieri, per ragioni di ordine pubblico, salute pubblica e tutela ambientale.
Confermati invece i due punti cruciali che furono al centro dell'accordo trasversale e consociativo raggiunto nel parlamento europeo. Non cambia nulla sul campo dell'applicazione con l'esclusione di sanità, audiovisivi, trattamento di acqua e rifiuti. Confermata l'eliminazione, ma solo a metà e in modo assai ambiguo, del super contestato "principio del paese d'origine" per i lavoratori dipendenti ma che rimane valido per i lavoratori autonomi. In ogni caso, nell'art.16 modificato, rimane la dizione di libertà per le imprese dei servizi di prestare la loro opera in tutti i paesi dell'Unione, i quali dovranno a loro volta, eliminare dalla propria normativa ostacoli e impedimenti burocratici.
Certo la direttiva ora approvata non è la stessa di quella originaria allorché il liberale olandese Fritz Bolkestein la presentò il 13 gennaio 2004 e la Commissione europea, guidata allora da Romano Prodi, attuale leader dell'Unione e presidente del consiglio, la approvò in prima battuta. Nel corso del suo lungo e tortuoso iter essa ha subito parziali riscritture, modifiche, emendamenti per temperarne alcuni aspetti ritenuti eccessivamente liberisti. Ed è avvenuto grazie a una vasta mobilitazione. Per l'Italia basti ricordare la manifestazione nazionale del 15 ottobre 2005 a Roma cui parteciparono in 50 mila e la presa di posizione contraria di organizzazioni sindacali come la Cgil, la Funzione pubblica, la Fiom, altri sindacati non confederali, le critiche di 7 regioni, 26 province e diverse decine di comuni. Il risultato è però assolutamente insoddisfacente e inaccettabile.
Non è sufficiente che dal testo sia scomparso (nominalmente) il famigerato "principio del paese d'origine" e sia escluso (formalmente) il diritto al lavoro; per quanto riguarda i lavoratori dipendenti la direttiva sui lavoratori distaccati dice che vanno rispettate solo le norme minime del paese di destinazione. Inoltre la completa liberalizzazione del lavoro autonomo riapre le porte al "principio del paese d'origine" al dumping sociale, alla ulteriore precarizzazione del lavoro.
Non è sufficiente che dal nuovo testo siano stati esclusi i servizi di interesse generale e la sanità; quando la definizione di "servizio" come "attività svolta dietro erogazione di un corrispettivo economico a qualsiasi titolo", comporta l'inclusione della quasi totalità dei beni comuni e dei servizi pubblici; quando per la sanità è in lavorazione una nuova direttiva europea ad hoc tramite la quale far passare un indirizzo liberista e di privatizzazione.
La richiesta dell'armonizzazione della legislazione del lavoro in tutti i paesi Ue alle migliori condizioni esistenti, come efficace mezzo per impedire il dumping sociale e forme di supersfruttamento della forza lavoro, non ha avuto alcuna risposta.
Con la direttiva Bolkestein sono le leggi del mercato e del profitto che la fanno da padrone. I poteri degli enti locali sono ridotti in questo campo a zero. E anche i governi centrali non possono più opporsi all'ingresso di attività che non siano esplicitamente vietate dal loro ordinamento. Avevamo ragione, insieme a tutti gli altri che chiedevano la cancellazione della suddetta direttiva, un mostro giuridico apostrofato come Frankestein. Invece che la via emendativa perseguita dai socialisti (DS in testa in Italia) e i popolari sia pure con motivazioni non propriamente uguali.
Da notare infine la sostanziale omologazione delle forze politiche di "centro-destra" e di "centro-sinistra" italiane presenti a Bruxelles a favore della Bolkestein. Nella votazione all'europarlamento del febbraio scorso si schierarono a favore i DS, la Margherita, Forza Italia e l'UDC, mentre si opposero il PRC, il PdCI, i Verdi, nonché la Lega di Bossi, con AN che si astenne. Nella votazione della Commissione europea di marzo i ministri del governo Berlusconi, con qualche riserva, si espressero per il Sì. Nell'attuale votazione i ministri del governo Prodi, segnatamente la radicale e iper-liberista, Emma Bonino, e il diessino Fabio Mussi, hanno approvato la direttiva. E lo hanno fatto a nome dell'intero esecutivo di cui fanno parte a pieno titolo, anche il partito trotzkista di Bertinotti, il partito falsamente comunista e revisionista di Diliberto, e quello di Pecoraro Scanio. Tutti e tre hanno inghiottito il boccone amaro senza fiatare.
Per quanto i margini per ribaltare questa situazione si siano fatti stretti, c'è ancora del tempo prezioso da utilizzare per sviluppare la mobilitazione e la protesta. La direttiva dovrà passare dal parlamento europeo per la seconda e ultima lettura, indicativamente nell'autunno prossimo. I provvedimenti della Bolkestein non diventeranno operativi, in ogni caso, prima del 2010.
Non è dunque il momento di disarmare ma di proseguire la lotta contro la Bolkestein e per incalzare e smascherare il governo Prodi!

7 giugno 2006