Dietro la guerra imperialista all'Afghanistan: il controllo mondiale del
petrolio
Dietro
l'aggressione imperialista contro l'Afghanistan scatenata da Bush all'indomani
degli attentati terroristici dell'11 settembre col pretesto di catturare Bin
Laden e combattere il terrorismo, in realtà si nasconde una guerra ancora più
importante e vitale per gli Stati Uniti e le potenze occidentali che lo
sostengono e che riguarda il controllo mondiale del petrolio e delle fonti
primarie di energia.
Quale sia il valore della partita in gioco lo aveva fra gli altri evidenziato un
esperto del settore, il vicepresidente di una delle principali compagnie
americane per le risorse energetiche, in un'audizione al sottocomitato per
l'Asia e il Pacifico della Camera dei rappresentanti Usa nel febbraio 1998. Il
dirigente della Unocal Corporation aveva sottolineato che "la regione del
Caspio contiene enormi riserve di idrocarburi intatte. Solo per dare un'idea
delle proporzioni, le riserve di gas naturale accertate equivalgono a oltre 236
mila miliardi di piedi cubici. Le riserve petrolifere totali della regione
potrebbero ammontare a oltre 60 miliardi di barili di petrolio. Alcune stime
arrivano fino a 200 miliardi di barili. Nel 1995 la regione produceva solo
870.000 barili al giorno. Entro il 2010 le compagnie occidentali potrebbero
aumentare la produzione fino a circa 4,5 milioni di barili al giorno, un aumento
di oltre il 500% in soli 15 anni. Se questo dovesse accadere, la regione
rappresenterebbe circa il 5% della produzione totale di petrolio al mondo. C'è
tuttavia un grosso problema da risolvere: come portare le vaste risorse
energetiche della regione ai mercati che ne hanno bisogno''; e soprattutto come
l'imperialismo americano può controllare la distribuzione del greggio e del gas
della regione in particolare verso le economie emergenti dell'Asia che ne
avranno sempre più bisogno.
Scartata l'ipotesi di costruire oleodotti e gasdotti che passano dalla Cina,
sarebbero troppo lunghi e costosi afferma l'esperto, o meglio sarebbe non
facilmente controllabile dagli Usa l'emergente potenza cinese, conviene passare
dall'Afghanistan. Un Afghanistan naturalmente governato da un regime affidabile
agli Usa.
Non è secondario ricordare che in quel momento la Unocal è capofila di un
progetto di costruzione di un gasdotto di 1.464 chilometri, dal Turkmenistan al
Pakistan attraverso l'Afghanistan ed estendibile per altri 750 chilometri fino
in India. Il consorzio per la costruzione del gasdotto costituito nel 1977
comprende la saudita Delta Oil, la pakistana Crescent Group, la russa Gazprom
(che successivamente si ritira), la sudcoreana Hyundai Engineering Construction
Company e le giapponesi Inpex e Itochu. Il progetto salterà nell'estate del
1998 allorché il governo dei talebani, insediato due anni prima a Kabul grazie
alla sponsorizzazione di Pakistan, Arabia Saudita e Usa, non risulta più
affidabile per gli Usa. Nell'agosto di quell'anno Clinton ordinerà un
bombardamento di basi di Bin Laden in Afghanistan per rappresaglia contro gli
attentati terroristici alle ambasciate americane in Kenia e Tanzania. Il giorno
dopo l'attacco aereo americano la Unocal annunciava la sospensione della sua
attività per la realizzazione del gasdotto, dichiarando che la riprenderà solo
"quando l'Afghanistan conseguirà la stabilità necessaria a ottenere
finanziamenti al progetto del gasdotto dalle principali agenzie
internazionali''. Il posto della Unocal è preso dalla saudita Delta Oil e
nell'aprile 1999 Afghanistan, Pakistan e Turkmenistan annunciano di essersi
accordati per riattivare il progetto per costruire il gasdotto. Senza la
partecipazione dell'imperialismo americano che quindi rischia di perderne il
controllo.
Si profila quindi una delle situazioni di "pericolo'' degli interessi
strategici Usa elencate nel rapporto del Dipartimento della difesa americano
pubblicato lo scorso 30 settembre. Il rapporto affermava che "gli Stati
Uniti e i loro alleati e amici continueranno a dipendere dalle risorse
energetiche del Medio Oriente, una regione in cui diversi stati pongono minacce
militari. (...) Anche se gli Stati Uniti non avranno di fronte nel prossimo
futuro un rivale di pari forza, esiste la possibilità che potenze regionali
sviluppino capacità sufficienti a minacciare la stabilità di regioni cruciali
per gli interessi statunitensi''. La soluzione indicata per affrontare il
problema è esplicativa: "il modo per imporre la volontà degli Stati Uniti
può essere quello di cambiare il regime di uno stato avversario od occupare un
territorio straniero finché gli obiettivi strategici statunitensi non siano
realizzati''.
D'altra parte lo stesso Bush il giorno prima di partire per il vertice Apec di
Shanghai aveva ammonito: "abbiamo bisogno di più indipendenza energetica
(o maggior controllo dei paesi produttori, ndr), è in gioco la sicurezza
nazionale''. Trovando un interlocutore attento nel nuovo zar Putin. E non a caso
Usa, Russia e le maggiori potenze occidentali cercano un accordo per insediare a
Kabul un governo di coalizione che garantisca i loro interessi imperialisti e
gli investimenti delle multinazionali petrolifere.
7 novembre 2001
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