Il pubblico ministero sarà assoggettato all'esecutivo aggirando la Costituzione
IL GOVERNO VARA LA CONTRORIFORMA DELLA MAGISTRATURA
Verranno separate le carriere dei giudici e dei Pm
L'ANM: "E' UN RITORNO AL PASSATO"

Mentre l'opinione pubblica era concentrata sulla crisi irachena, il 7 marzo scorso il Consiglio dei ministri ha approvato un maxiemendamento "blindato nei principi ma aperto a ogni miglioramento", come lo ha definito il ministro Castelli, che fa compiere ulteriori passi avanti alla controriforma della magistratura per mezzo della quale il neoduce Berlusconi vuole ridurne l'indipendenza e l'autonomia e vuole assoggettare il pubblico ministero all'esecutivo.
Il primo disegno di legge delega (messo a punto dai "4 saggi" (sic!) della Casa del fascio, Castelli, Gargani, La Russa e Vietti) era stato approvato un anno fa e si muoveva su tre obiettivi cardine: l'avvio della separazione delle carriere; la riduzione del ruolo di garanzia del Csm; l'ingerenza dell'esecutivo nella carriera dei giudici. Di fronte a quello scempio dell'ordinamento giudiziario e dei principi costituzionali i magistrati risposero col clamoroso e storico sciopero del 20 giugno 2002 a cui aderì oltre l'80% delle toghe.
La sfacciata incostituzionalità del provvedimento, che cozzava apertamente col principio secondo il quale i magistrati "si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni", ossia che il pubblico ministero e il magistrato giudicante sono le due facce di un'unica magistratura che è soggetta soltanto alla legge, non può subire condizionamenti da nessun potere e il cui organo sovrano è solo il Csm, ha fin qui rallentato i panzer della Casa del fascio, peraltro occupati a tempo pieno a cercare di stoppare i processi che vedono coinvolti Berlusconi e i suoi più fedeli accoliti.
Ora però col maxiemendamento l'espediente per aggirare la Costituzione e arrivare in maniera surrettizia alla separazione delle carriere è stato trovato, e l'intenzione è quella di stringere i tempi: la riforma si farà ha chiosato il neoduce Berlusconi, "anche se tutti non sono d'accordo. Se dovessimo aspettare il consenso di tutti non arriveremo mai a farla".
Non potendo parlare di separazione delle carriere, il governo ha proposto un marchingegno per dividere surrettiziamente il pubblico ministero dal giudice configurando un diverso sviluppo del loro curriculum fin dall'ingresso nella magistratura. Infatti prevede che il concorso per entrare in magistratura pur rimanendo unico avrà prove diverse per la funzione requirente e per quella giudicante. Inoltre per passare da una funzione all'altra, i magistrati dovranno sostenere un concorso per titoli ed esami, dovranno essere passati "almeno 5 anni" e si dovrà cambiare distretto, ossia regione.
Concorsi sono previsti anche per accedere alle funzioni direttive in modo che "a dirigere gli uffici vadano solo i migliori", come ha precisato Castelli, mentre ora tale scelta è di competenza del Csm. Un "doppio binario" è previsto per le funzioni di legittimità: scatti di anzianità, ma anche la possibilità di "bruciare le tappe" attraverso concorsi. "Vogliamo premiare - ha ancora spiegato il ministro - chi vuole impegnarsi di più, i giovani che vogliono bruciare le tappe. è fondamentale introdurre la meritocrazia". Prevista anche la "verticalizzazione delle Procure", ossia sarà fortemente gerarchizzata la dipendenza dei sostituti dal procuratore capo, che sarà titolare esclusivo dell'azione penale. Infine la proposta dei "4 saggi" che di fatto sottraeva la valutazione dei magistrati al Csm e la rimetteva a commissioni composte sulla base di una rosa di nomi indicati dal ministero della Giustizia, è stata stralciata, e le commissioni saranno costituite e nominate solo dal Csm, perché, ha sostenuto Castelli con una faccia di bronzo da Oscar, "vogliamo essere certi che non ci venga mossa nessuna accusa di voler interferire nell'autonomia e nell'indipendenza della magistratura" (sic!).
Ma l'aspetto più rilevante resta comunque la divaricazione netta tra pm e giudici. Neppure le correnti più moderate della magistratura si sono fatte abbindolare dalle affermazioni di Castelli, che sostiene che si tratterebbe "solo" di una "migliore definizione" delle funzioni e di una "diversa definizione della formulazione per il concorso in magistratura". La bocciatura della controriforma è unanime.
Per il vice presidente dell'Anm Piero Martello si tratta di un "ritorno al passato" che produrrà in primo luogo "la limitazione dell'autonomia del singolo magistrato". Per il presidente dell'Anm Edmondo Bruti Liberati "il concorso separato iniziale e le difficoltà nel passaggio di funzioni rischiano di avere gli effetti pratici di una definitiva separazione delle carriere". Dello stesso tenore le dichiarazioni di Carlo Fucci, segretario dell'Anm, che sostiene che in questo modo "si apre la strada alla separazione delle carriere, un'iniziativa che non può avere che riflessi negativi sull'autonomia e l'indipendenza dei pm e quindi dei giudici".
Critico anche il presidente emerito della Corte costituzionale ed ex Guardasigilli Giovanni Conso, che giudica le norme nell'emendamento del governo "non solo politicamente, ma anche tecnicamente inaccettabili". "Il caso più rilevante", dice Conso, riguarda proprio "il nuovo modello di cosiddetta separazione delle funzioni tra pm e giudici, presentato come tale a parole, mentre in realtà si tratta di una separazione, essendo il tutto impostato su una duplice tipologia di concorsi nella fase iniziale".
Ma è il segretario di Magistratura Democratica che va più al cuore della questione: "Il solo obiettivo è dividere la magistratura e controllarla. Il complesso delle norme cambia radicalmente e in peggio il già inaccettabile progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario. Di fatto, attraverso la diversificazione dei concorsi si vuole ottenere la separazione delle carriere tra giudicante e requirente. Oltre alla forte gerarchizzazione delle procure, c'è la pesante ingerenza del ministero nelle commissioni di esame ed è tolta al Csm la gestione della progressione delle carriere".