La più grande truffa del secolo
Il crac Parmalat svela il marciume del capitalismo italiano
Le responsabilità dei governi Berlusconi e di "centro-sinistra"

Dieci anni dopo il crac da 28.000 miliardi di lire della Ferfin-Montedison di Ferruzzi e Gardini e della maxitangente Enimont, il 10 dicembre un altro colosso del capitalismo italiano ed europeo, la Parmalat Finanziaria spa di Calisto Tanzi, è finita sul lastrico schiacciata da una montagna di debiti.
Secondo quanto finora accertato dalle procure di Milano e Parma che indagano sulle acrobazie finanziarie del colosso alimentare di Collecchio i debiti della Parmalat si aggirano intorno ai 10,5 miliardi di euro, pari a oltre 20 mila miliardi di lire, cioè lo 0,8% del prodotto interno lordo italiano, accumulati nel corso degli ultimi 15 anni di attività del gruppo attraverso evidenti trucchi finanziari, mega speculazioni, alchimie bancarie, falsi bilanci costruiti su crediti inesistenti, occulte triangolazioni finanziarie con società offshore nei paradisi fiscali di tutto il mondo e intrighi politici e finanziari ancora tutti da chiarire.
Insieme al padrone Calisto Tanzi, presidente della Parmalat, arrestato il 27 dicembre a Milano con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta, frode fiscale, truffa aggravata, aggiotaggio, falso in bilancio e false comunicazioni sociali, il 31 dicembre sono finiti in carcere altri otto fra manager, revisori e consulenti esterni che in combutta con il patron di Collecchio (al quale nel frattempo sono stati recapitati altri due ordini di custodia in carcere) hanno contribuito al fallimento del gruppo. Per tutti le accuse sono di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali e, a vario titolo, diversi reati societari.
I mandati di cattura riguardano gli ex direttori finanziari Parmalat Fausto Tonna e Luciano Del Soldato; Lorenzo Penca e Maurizio Bianchi consulenti della società di revisione Grant Thornton, l'avvocato Giampaolo Zini, consulente legale della Parmalat il cui studio è stato perquisito, e due contabili dell'azienda, interrogati nei giorni scorsi, Gianfranco Bocchi e Claudio Pessina. Inoltre, Francesco Giuffredi, ex consigliere Parmalat. Giovanni Bonici, direttore Parmalat Venezuela, è invece tuttora latitante all'estero.
Sono loro, secondo quanto finora accertato dalle procure di Milano e Parma, gli uomini che su ordine di Tanzi hanno materialmente ideato e messo in essere il sofisticato e allo stesso tempo marchiano "sistema'' di falsi e triangolazioni finanziarie necessario a distrarre miliardi di euro dai conti della società parmense.
Per gli inquirenti Tanzi era a capo di "Un'associazione allo scopo di commettere più delitti (falsi in bilancio e truffe in danno del mercato) finalizzati a mantenere occultato il grave dissesto finanziario della società (dovuto alla crisi dell'attività produttiva oltre che alle ingenti distrazioni di denaro operate dal Tanzi) ed a continuare a ricorrere al credito mediante l'emissione di bond'' causando, come ha scritto il gip di Milano Guido Salvini nelle motivazioni di convalida dell'arresto di Tanzi: "una delle più grandi `voragini finanziarie' che si sono verificate nella storia dell'imprenditoria italiana''.
La "banda'' di Collecchio era ben organizzata, ognuno aveva un compito ben preciso: il capo Tanzi indicava a Tonna (e in seguito a Del Soldato) gli obiettivi da raggiungere; Bocchi falsificava i documenti della Bonlat con la collaborazione del Pessina e del Bonici; i bilanci fasulli passavano poi nelle mani dei revisori della Grant Thornton, Bianchi e Penca, che avallavano il tutto; infine interveniva l'avvocato Zini che era addetto a escogitare gli strumenti finanziari "idonei al raggiungimento dello scopo dell'associazione''.
Insomma un meccanismo ben oliato che ha iniziato a operare nel lontano 1985 e che ha permesso a Tanzi di "distrarre'' dalla Parmalat "a suo favore e di sue società non facenti parte del gruppo la somma di circa 800 milioni di euro'' e ha consentito al gruppo di occultare le ingenti perdite attraverso un sistema di società offshore nelle Antille e Cayman. In questo modo la banda Tanzi è riuscita a sostenere il titolo in Borsa e ha continuato, con la complicità delle banche, a raccogliere capitali sul mercato attraverso l'emissione di bond truffando migliaia di risparmiatori.

Il crollo dell'impero in 12 mesi
Grazie alle protezioni politiche di Tanzi, democristiano doc, sostenitore e amico intimo di Andreotti, Goria e soprattutto di Ciriaco De Mita, e ultimamente anche finanziatore delle campagne elettorali di Forza Italia e alleato di Berlusconi per l'acquisizione di alcune reti televisive, tutto è filato liscio per quasi cinque lustri. Fino al 26 febbraio 2003 quando la Parmalat annuncia un bond da 300 milioni rivolto a investitori istituzionali della durata di sette anni. La Borsa risponde con un crollo del titolo del 9% per mancanza di informativa sull'operazione, l'azienda è costretta a cancellare il bond ma ribadisce la propria solidità.
Il 26 marzo Fausto Tonna, in seguito al pasticcio del bond di febbraio, lascia l'incarico di direttore finanziario, sostituito da Alberto Ferraris e da Luciano del Soldato, ma rimane nel Cda.
Il 10 aprile la Parmalat annuncia un rapporto tra posizione finanziaria netta e patrimonio netto salito all'83%.
Il 18 giugno viene emesso un nuovo bond da 300 milioni, interamente comprato da Nextra (Intesa).
Il 15 settembre ancora un bond da 350 milioni viene interamente sottoscritto da Deutsche Bank. Lo stesso giorno però Standard & Poor's rivede al ribasso, da positivo a stabile, l'outlook, confermando invece i rating del gruppo.
Sull'onda della vicenda Cirio, il 6 novembre la Consob chiede al gruppo di chiarire nella prossima trimestrale come intende rimborsare i bond in scadenza fino al 2004. La Parmalat risponde all'Autorità che i bond saranno rimborsati utilizzando la liquidità e la Consob approva.
L'11 novembre però la Deloitte & Touche esprime forti dubbi sull'investimento nel fondo Epicurum delle Isole Cayman. Tanzi respinge le ipotesi di dissesto e ribadisce la solidità finanziaria del gruppo. Ma a fine giornata Standard & Poor's pone sotto creditwatch negativo tutti i rating assegnati ai titoli Parmalat a causa dei dubbi relativi alla contabilità dell'azienda e alle modalità in cui ha investito la propria liquidità.
Il 14 novembre Alberto Ferraris lascia la funzione di direttore finanziario e la direzione Finanza viene accorpata all'Amministrazione e Controllo diretta da Luciano Del Soldato.
L'8 dicembre scade il bond da 150 milioni di cui è in dubbio il rimborso. La Consob chiede al gruppo di dare informazioni e di rassicurare il mercato. Parmalat comunica che il fondo Epicurum non ha proceduto alla liquidazione della quota alla scadenza prevista del 4 dicembre e il titolo viene sospeso.
Il 9 dicembre il Cda assicura che il bond verrà rimborsato entro il 15 dicembre, accoglie le dimissioni di Del Soldato e nomina Enrico Bondi superconsulente. Tanzi parla di "momento difficile'' e assicura l'impegno della famiglia. Ma Standard & Poor's declassa Parmalat a livello di junk bond (titolo spazzatura) e il giorno successivo taglia il rating a livello CC/C e parla di rischio default. Tanzi e Bondi vengono ascoltati dalla Consob mentre Tonna lascia il Cda e tutti gli incarichi nel gruppo.
Il 12 dicembre Piazza Affari annuncia che il bond da 150 milioni è stato rimborsato. Un successo raggiunto grazie a Enrico Bondi, all'Erario e un gruppo di banche con alla testa Mediobanca e Lazart.
Il 15 dicembre Tanzi lascia le cariche. Tutti i poteri vengono affidati a Enrico Bondi che per conto di Mediobanca e Lazard affronta la difficile situazione economica e finanziaria del gruppo.
Il 19 dicembre nuovo scivolone in borsa dopo che Bank of America ha negato l'esistenza di liquidità della Parmalat per 3,9 miliardi di euro di pertinenza della Bonlat. Il titolo crolla a 0,11 centesimi e diventa praticamente carta straccia.
Il 23 dicembre il governo vara un decreto ad hoc per avviare l'amministrazione controllata del gruppo ed evitare il fallimento.
Il 27 dicembre Tanzi finisce in galera a Milano, 4 giorni dopo anche gli altri 8 componenti della "banda'' finiscono in manette.

Scaricabarile politico e istituzionale
Di fronte a tutto ciò è difficile credere che né gli organi di controllo a cominciare da Bankitalia e Consob, né il governo con alla testa il ministero del Tesoro si fossero mai accorti di niente.
Possibile che il neoduce Berlusconi, Tremonti, il governatore di Bankitalia Fazio e i vertici della Consob fossero all'oscuro di tutto e ora giocano allo scaricabarile per salvaguardare ognuno i propri interessi, mentre migliaia di risparmiatori sono finiti letteralmente sul lastrico?
La verità è che il crac della Parmalat, così come la vicenda Cirio e i precedenti scandali finanziari, Ferfin, Efim, Fedit, tanto per citarne alcuni tra i più eclatanti, non costituiscono un'anomalia in un "sistema sostanzialmente sano'' ma al contrario sono la norma. Confermano che il capitalismo italiano è marcio e rappresentano il frutto amaro e ineluttabile di questo sistema economico e delle sue strutture sia a livello politico che finanziario non solo in Italia ma in tutto il mondo, come fra l'altro dimostrano le vicende Enron in America, Vivendi in Francia e così via. L'alta finanza, le banche e i grandi potentati economici del sistema capitalista sono in realtà una giungla popolata da pescecani senza scrupoli, sempre alla ricerca del massimo profitto e di nuovi mercati da sfruttare e derubano i piccoli risparmiatori investendo ingenti capitali in operazioni finanziarie di tipo speculativo e ad altissimo rischio nei famigerati paradisi fiscali. Una palude dove sguazzano personaggi come Tanzi che grazie a influenti amicizie politiche e lauti finanziamenti a favore delle cosche parlamentari sia della destra che della "sinistra'' del regime neofascista dal nulla riescono ad ottenere migliaia di miliardi di credito e pensano solo a gonfiare il proprio portafoglio fregandosene delle aziende e di chi ci lavora.
Non è un mistero che Tanzi, finita la DC e l'intesa con De Mita che lo lanciò in Borsa e gli fece avere i fondi della legge speciale per il terremoto coi quali aprì uno stabilimento Dietalat a Nusco, dopo tangentopoli, rivolse le sue "attenzioni'' sull'Ulivo appoggiando la candidatura di Prodi alle politiche del '96 e addirittura nel 2001 diventò anche azionista di Nomisma.
è vero che in Italia il sistema dei controlli è a dir poco inadeguato, per non dire connivente con certe mega speculazioni finanziarie, e le compagnie di revisione di fatto non si possono nemmeno rifiutare di certificare i bilanci fasulli delle società che le tengono a libro paga pena la perdita del contratto. Ma è altrettanto vero che nel corso degli ultimi anni il governo del neoduce Berlusconi e quelli di "centro-sinistra'' con la deregolamentazione del diritto societario e la depenalizzazione del falso in bilancio hanno di fatto autorizzato la manipolazione dei bilanci societari e le vicende Cirio, Parmalat, Banca 121, Coin, e tanti altri ne sono la diretta conseguenza. E che le cose stiano effettivamente così lo conferma anche il procuratore aggiunto di Milano, Angelo Curto, responsabile del dipartimento sui reati finanziari che il 21 dicembre a proposito del crac Parmalat ha detto: "da quando si è abbassata la soglia di punibilità per questi reati credono di poter fare tutto quello che vogliono''.
Del resto lo stesso Berlusconi, che di reati fiscali e società offshore se ne intende, al momento dell'approvazione della legge commentò che "è un preciso dovere di un buon amministratore aggirare il fisco ogni volta che ne ha la possibilità, per il bene della propria azienda''.
E ora che il danno è venuto a galla, invece di colpire i responsabili, il neoduce Berlusconi coglie la palla al balzo per assoggettare il sistema bancario all'esecutivo esattamente come ha fatto con la magistratura. Infatti sull'onda del clamore suscitato dello scandalo Parmalat Tremonti ha già presentato un disegno di legge per la costituzione di una nuova super Authority che abolisce l'indipendenza delle autorità di controllo, Consob, Bankitalia, Isvap e Covip consegnando tutti i poteri di vigilanza del sistema societario e bancario nelle mani del governo.
Mentre sullo sfondo si intravvede un losco intreccio politico-economico-affaristico a dir poco rivoltante: Calisto Tanzi ad esempio è stato, fino a poche settimane fa, membro del consiglio di amministrazione di Capitalia, presieduto da Cesare Geronzi, per lungo tempo dirigente di Bankitalia e grande amico di Fazio.
L'ex Banca di Roma, oggi Capitalia, era socia della holding di Sergio Cragnotti quando ha curato la vendita delle attività lattiere della Cirio a Parmalat, tra cui la Centrale del Latte di Roma, privatizzata da Rutelli. Capitalia è contemporaneamente anche la principale banca creditrice sia di Parmalat che di Cirio.
I figli di Tanzi, proprietario anche del Parma calcio, di Cragnotti, presidente anche della Lazio, e di Geronzi, presidente di Capitalia, hanno costituito una società che cura gli interessi di oltre 200 dei più noti e pagati calciatori e allenatori italiani, la Gea World, vero colosso del mondo del calcio.
Fino a qualche mese fa era membro della società anche il figlio di Ciriaco De Mita, padrino politico di Tanzi, oggi direttore generale della Lazio. Infine, è da ricordare che Capitalia, ex Banca di Roma, vanta crediti per svariati milioni di euro verso i principali partiti di entrambi i poli.