Cofferati e Bassolino d'accordo col capofila dei rinnegati del comunismo
D'ALEMA: BASTA COL POSTO FISSO. CI VUOLE FLESSIBILITA'
Fossa chiede subito di togliere ogni vincolo al Sud per tre anni
FINI: ``IL PREMIER COPIA LA DESTRA''

Dopo pensioni e liquidazioni, ora nel mirino del capofila dei rinnegati del comunismo Massimo D'Alema è finito il posto fisso. All'inaugurazione della Fiera del Levante di Bari, l'11 settembre scorso, il presidente del consiglio ha infatti tessuto l'elogio della flessibilità, ossia l'elogio della precarietà e del supersfruttamento: ``Non ha più senso - ha detto di fronte alla platea dei capitalisti privati e pubblici meridionali - l'idea che l'occupazione sia da legare solo al cosiddetto posto fisso. La nuova occupazione è il frutto, in buona parte, delle misure di flessibilità che sono state introdotte. Senza flessibilità gli Usa avrebbero un tasso di disoccupazione pari a quello di Reggio Calabria''.
Il posto fisso sarebbe per D'Alema una sorta di lusso che l'Italia proiettata nella competizione capitalistica mondiale non potrebbe più permettersi. Ovviamente si guarda bene dal dire che in verità il posto fisso non è affatto un lusso ma un diritto dei lavoratori, il diritto ad avere una garanzia di lavoro, di entrata economica, di sicurezza sociale e previdenziale. La flessibilità, peraltro già ampiamente applicata in Italia, in realtà non crea posti di lavoro in più ma precarizza quelli esistenti e quelli futuri, condanna i lavoratori all'alternanza di brevi periodi di lavoro dequalificato a lunghi periodi di disoccupazione che gettano nell'insicurezza e nell'instabilità milioni di lavoratori e le loro famiglie.
Insomma, la flessibilità è una sorta di lavoro nero legalizzato. Una forma di sottoccupazione, sottosalario e supersfruttamento che il governo intende estendere dal settore privato a quello pubblico.
All'indomani delle dichiarazioni di D'Alema infatti, il ministro della Funzione pubblica, Angelo Piazza, ha annunciato che fin dalla prossima finanziaria intende inserire ``norme che facilitino assunzioni flessibili nel pubblico impiego e sarà valutata anche la possibilità di ricorrere ai salari d'ingresso''. ``Buona parte delle nuove assunzioni - ha aggiunto - dovrà essere fatta con contratti part-time, a tempo determinato e ricorrendo al lavoro interinale''.
Sulla stessa lunghezza d'onda di D'Alema si sono subito allineati il crumiro Sergio Cofferati e il neopodestà Antonio Bassolino. Il segretario generale della Cgil, in un'intervista al Maurizio Costanzo Show registrata all'indomani dell'intervento di D'Alema, ha dato ragione al presidente del Consiglio: ``è vero - ha detto - il posto fisso è la caratteristica di un mondo che ormai è cambiato. Sempre di più si lavora a termine. Questo però non è un male, anzi''. E ha aggiunto che la perdita del posto fisso va spiegata ``non come un pericolo ma come un'opportunità di fare diverse esperienze'' (sic!).
Non meno grave la posizione del sindaco della capitale della disoccupazione ed ex ministro del Lavoro Bassolino che a sua volta ha sottoscritto che ``Il modello del lavoro unico che dura tutta la vita, è in crisi ormai da un bel po'', e ha aggiunto ``la flessibilità, lavoro interinale e part-time sono già una importante realtà. Dobbiamo allargare l'area del part-time e dei contratti a tempo determinato, e credo che sia venuto il tempo di discutere con le organizzazioni sindacali l'estensione del lavoro interinale alle qualifiche basse''.
La tesi sostenuta da questi rinnegati e ormai paladini del liberismo borghese, è che la flessibilità sarebbe una necessità del sistema economico moderno. La verità è che da sempre i capitalisti invocano mano libera nel mercato del lavoro e mai hanno digerito che le lotte della classe operaia e dei lavoratori dal dopoguerra fino agli anni '70 abbiano imposto il riconoscimento di diritti, garanzie e norme che limitavano il loro arbitrio.
Ora il vento è cambiato e col governo di ``centro sinistra'' e la vergognosa acquiescienza dei vertici sindacali sentono che è venuto il momento di prendersi la rivincita completa. Così di fronte alle aperture di D'Alema sulla flessibilità il presidente della Confindustria, Giorgio Fossa, ha subito acchiappato al volo l'offerta e rilanciato: ``Togliamo i vincoli alle imprese nel Sud per tre anni, e la vera occupazione arriverà''. Peccato che non di ``vera occupazione'' si tratta ma di supersfruttamento allo stato puro. Fossa infatti chiede che per tre anni al Sud non valgano i vincoli dei contratti nazionali e che i capitalisti possano imporre liberamente flessibilità di lavoro, di orario e di salario, contratti a termine, part time e interinale a proprio piacimento. Ovviamente il limite di tre anni è del tutto inutile dal momento che una volta aperta quella strada ben difficilmente verrebbe di nuovo sbarrata.
Che il governo D'Alema e il ``centro sinistra'' hanno scippato alla destra neofascista, oltre a tutto il resto, la politica economica e sociale riuscendo peraltro a realizzarla nel concreto più rapidamente della destra stessa, lo confermano le dichiarazioni del caporione fascista Gianfranco Fini a la Repubblica del 13 settembre. Secondo la sua indubbia competenza in materia di politica neofascista ``la sinistra italiana copia la destra'' non solo ``in materia di giustizia e ordine pubblico''. ``Quel che Massimo D'Alema ha detto a Bari - ha dichiarato lo scippato Fini - noi lo diciamo da tempo: in un'economia come questa l'idea del posto fisso è fuori della realtà. Mi pare difficilmente contestabile. Dire `posto fisso, addio!' significa più flessibilità, significa più libertà per l'impresa di assumere e licenziare''.
Il sostegno di D'Alema alla flessibilità è l'ennesima ragione che fanno del suo governo il peggiore governo del dopoguerra, nonostante la foglia di fico della presenza dei ministri cossuttiani e la benevola opposizione del PRC di Bertinotti. è un nemico mortale del proletariato, dei disoccupati, dei lavoratori precari, Lsu e Lpu, di tutte le masse popolari e prima sarà spazzato via meglio sarà.