I NUMERI E LE PROMESSE DI D'ALEMA SULL'OCCUPAZIONE
In realtà i posti di lavoro sono tutti precari. Sono diminuiti quelli stabili

Abbronzatissimo, appena tornato dalle sue ferie dorate, il rinnegato Massimo D'Alema si è presentato davanti alle telecamere del compiacente Tg1 per rilanciare l'immagine sua e del suo governo neofascista, affamatore e guerrafondaio, dopo il brutto colpo della batosta elettorale di giugno. E lo ha fatto sfruttando l'arma demagogica per eccellenza dei politicanti borghesi, cioè quella della promessa di centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro, ben sapendo di toccare un argomento al quale le famiglie sono particolarmente sensibili, a causa della drammaticità del fenomeno della disoccupazione giovanile.
La situazione economica e sociale è eccellente, ha detto in sostanza il Pinocchio di Palazzo Chigi autoincensandosi e pavoneggiandosi dai teleschermi: l'inflazione "è ferma all'1,7%, non mi sembra infiammata"; la "riforma" delle pensioni "si farà, e sarà contro i privilegi e gli sprechi", e i conti pubblici "sono sotto controllo". E per quanto riguarda la piaga sociale della disoccupazione dilagante? Niente paura, grazie alla politica del "centro sinistra" l'occupazione sta risalendo, cosicché "a fine legislatura ci saranno un milione di posti di lavoro in più".
Questa infatti la stupefacente previsione sparata dal rinnegato D'Alema che, sventolando i numeri di una recente statistica dell'Istat, si è spenzolato nel dipingere il seguente roseo scenario: "Da quando c'è il governo di centro sinistra in Italia, cioè negli ultimi tre anni, sono stati creati 530 mila nuovi posti di lavoro. Di questi 282 mila nell'ultimo anno. Con un andamento dell'economia non molto positivo questo è un risultato importante. Io credo che è ragionevole pensare che alla fine della legislatura ci possa essere un milione di posti di lavoro in più".
Subito il paragone fatto in tutti i commenti è stato quello con il famigerato milione di posti di lavoro promessi da Berlusconi cinque anni fa col suo governo neofascista. Un'occasione che il cavaliere piduista non si è certo fatta sfuggire, per rivendicare ancora una volta, dopo la recente polemica sulla "riforma" delle pensioni, la primogenitura di una politica che il "centro sinistra" ha finito per scippare alla destra neofascista e realizzare in concreto, laddove ad essa non era riuscito per la ribellione delle piazze. Lo stesso rinnegato D'Alema aveva allora deriso come operazione demagogica e di propaganda il milione di posti di lavoro millantati da Berlusconi, che ora a sua volta registra compiaciuto la spudorata giravolta dell'attuale presidente del Consiglio come un riconoscimento implicito che quella di "un milione di posti di lavoro che si potrebbero creare non è un'invenzione del signor Berlusconi, di Forza Italia, del Polo delle libertà". Naturalmente, aggiunge il cavaliere di Arcore facendo il suo mestiere di capo dell'opposizione, si possono creare solo "con la nostra politica. La Thatcher, o il governo spagnolo di Aznar l'hanno fatto. Non la sinistra condizionata dai sindacati".
Talmente sfacciato è stato il carattere auto propagandistico dell'operazione massmediatica di D'Alema, che persino un suo convinto ammiratore e sostenitore come il presidente della Rcs, Romiti, ha accolto con scetticismo e sarcasmo le roboanti promesse del presidente del Consiglio. Tutt'al più, ha detto il pescecane capitalista parlando al meeting di CL a Rimini, quella di D'Alema "è una speranza. Ma purtroppo, sottolineo purtroppo, un uomo intelligente come lui è caduto nell'errore, che già fece quella che è ora l'opposizione, quando in modo del tutto inappropriato parlò di un milione di posti di lavoro". Esprimendo tutto il suo scetticismo sui numeri esibiti da D'Alema ("io non ci credo mai quando vengono fuori questi numeri..."), l'ex presidente della Fiat ha poi così liquidato le sue ottimistiche previsioni di ripresa e sviluppo: "L'economia italiana purtroppo balbetta. Capisco che i governi debbano rassicurare i cittadini, ma un conto è qualche sintomo, qualche venticello che pur ci sono, un altro parlare di ripresa".
Ovviamente Romiti sferza così D'Alema per spingerlo ancor più a destra, e in particolare per tagliare subito e senza tentennamenti le pensioni, la ricetta attualmente preferita dalla Confindustria con il pretesto di aumentare le risorse da destinare all'occupazione. Ma è significativo che se gli stessi padroni svelano gli altarini della politica demagogica del loro servo di Palazzo Chigi, deve proprio voler dire che gli argomenti di quest'ultimo sono come minimo azzardati, se non inconsistenti. "Attento a non fare la fine di Berlusconi, promettendo troppo senza riuscire a mantenere", sembra insomma voler dire la borghesia nera al suo pupillo rinnegato.
C'è poi un altro aspetto non secondario, che pur a fatica è emerso, e che smaschera il gioco sporco e demagogico di D'Alema: ci riferiamo al fatto che nel vantare gli oltre 500 mila posti di lavoro che il "centro sinistra" avrebbe già creato, il picconatore del comunismo si è ben guardato dallo spiegare all'opinione pubblica di che tipo e qualità siano questi posti stessi. Si è ben guardato cioè dal precisare che si tratta di tutti rapporti di lavoro precari, ossia a part-time, a contratti a termine, di formazione-lavoro, a contratto interinale (mano d'opera in affitto), lavori "socialmente utili", a prestazione occasionale di lavoratori costretti a prendere partita iva, e altre di queste vere e proprie forme di lavoro nero legalizzato che ormai stanno rapidamente sostituendo il lavoro stabile e sindacalmente protetto.
Lo ha ammesso con sfacciato compiacimento il presidente dell'istituto Prometeia, Tantazzi, consulente e stretto collaboratore di Prodi, il quale ha spiegato che i dati Istat positivi sull'occupazione, su cui D'Alema ha basato il panegirico del suo governo e di quello del suo predecessore, sono stati resi possibili dai nuovi criteri di calcolo europei, che considerano "posti di lavoro" a tutti gli effetti anche le suddette forme di lavoro precario: "Adesso sì che si possono fare paragoni con il resto d'Europa, con i paesi che applicano certi standard di misurazione, mentre noi ne usavamo altri, penalizzanti, che non raccontavano una realtà mutata", ha dichiarato trionfante l'uomo di Prodi, aggiungendo anche che per i meccanismi della flessibilità "per avere un aumento dell'occupazione basta una crescita inferiore al 2% com'è stato finora".
Dunque D'Alema bara ancora una volta coi numeri, dopo il giochetto tentato con la sua interpretazione furbastra dei risultati elettorali. E che il suo sia proprio uno sporco vizio, tipico di chi è abituato a cambiare bandiera e agli intrighi del palazzo, è confermato da altri dati, da lui volutamente ignorati, che cominciano ad emergere e che mostrano come negli ultimi quattro anni non si sia creato un solo posto di lavoro stabile e a salario pieno, ma solo lavori precari e sottopagati.
Secondo alcune fonti del Ministero del Lavoro, anzi, il saldo sarebbe addirittura negativo, poiché mentre i posti di lavoro persi sono tutti stabili e a tempo e salario pieni, quelli creati sono tutti precari e a tempo e salario ridotti: a fronte di 250-300 mila lavori "flessibili" in più ogni anno, sono infatti ben 100 mila i posti di lavoro stabili persi, cosicché si arriva sì ai 500 mila posti di lavoro in quattro anni vantati da D'Alema, ma si tratta solo di lavori precari. Con anche i non trascurabili effetti collaterali della dequalificazione dei lavori stessi (per mancanza di sufficiente apprendimento per anzianità) e delle future conseguenze negative sulle pensioni, sia per questi lavoratori che per il sistema previdenziale nel suo complesso.
E pensare che questa "mutazione" sociale è avvenuta e sta avvenendo in particolare da 3-4 anni a questa parte, cioè proprio sotto i governi di "centro sinistra", e che il rinnegato D'Alema se ne vanta pure! Che oggi come oggi la "sinistra" del regime neofascista al governo stia realizzando quella "rivoluzione" del mercato del lavoro, che da anni chiedevano i capitalisti, più rapidamente e meglio della destra se n'è accorto con estrema soddisfazione anche il pennivendolo de la Repubblica Giuseppe Turani, che in un fondo sul quotidiano di Mauro e Scalfari del 29 agosto, nell'accreditare come "realistica" la promessa di D'Alema, ascrive ai provvedimenti di Treu sulla flessibilità il "merito" dei nuovi posti di lavoro registrati dall'Istat: la lezione da trarre, per il manutengolo del grande capitale, è quindi manco a dirlo che "è sufficiente lasciar fare alle imprese, allungare loro le briglie sul collo e lasciare che il mercato del lavoro faccia il suo dovere". Un chiaro invito, cioè, al governo a tirare dritto per la sua strada.