Dialoghiamo con i disobbedienti sulla manifestazione di Roma (Documento dell'Esecutivo nazionale dei Giovani comunisti e comuniste)

Dopo la manifestazione del 4 ottobre a Roma contro la Conferenza intergovernativa sulla Costituzione europea, si è aperto un dibattito in seno al movimento no-global sul tentativo dei disobbedienti di sfondare l'imponente schieramento delle "forze dell'ordine" posto a protezione del Palazzo dei Congressi.
Il nostro Partito, che ha partecipato alla manifestazione, era intervenuto subito dopo sull'argomento con un corsivo ("Casarini, sbagli"), postato anche sul sito di Indymedia, in cui tra l'altro, premessa la ferma condanna delle selvagge cariche di polizia e carabinieri, all'azione dei disobbedienti si rivolgevano queste tre critiche: di non essere un obiettivo della manifestazione l'assalto al Palazzo dei Congressi, anche perché sarebbe stato assurdo e suicida il tentarlo, dato il rapporto di forze assolutamente sfavorevole ai manifestanti; di essere stata un'azione di piccolo gruppo condotta all'insaputa e alle spalle della massa dei manifestanti e delle organizzazioni presenti; di aver spostato tutta l'attenzione dei media esclusivamente sugli scontri anziché sui motivi e sugli scopi reali della manifestazione, cioè la contestazione dei contenuti antipopolari e antidemocratici della Costituzione della Ue e del governo Berlusconi.
Questo intervento aveva colto in pieno il cuore della contraddizione emersa con la manifestazione del 4 ottobre, come si è visto anche dal dibattito che si è sviluppato su Indymedia, che continua tutt'ora e che ruota in gran parte sulle stesse critiche, con inviti anche espliciti ai disobbedienti a fare autocritica e a cambiare linea di condotta. Un'autocritica che però non c'è nel comunicato emesso dall'Assemblea nazionale dei/delle disobbedienti riunita il 5 ottobre a Roma per trarre un bilancio della manifestazione, che anzi rivendica ostinatamente la pratica dell'assedio e dello sfondamento delle varie "zone rosse" come legittima espressione del "desiderio collettivo di sfidare i potenti".

Sulle azioni della disobbedienza
Alla prima critica (l'assalto al Palacongressi non era un obiettivo della manifestazione, e in ogni caso inutile e suicida) il comunicato non risponde, o se si vuole "risponde" indirettamente e piuttosto sbrigativamente con la seguente argomentazione: lo sfondamento e "altre iniziative di lotta" segnalano "con forza l'insofferenza contro le politiche di chi comanda". Punto. Non ci sono "azioni buone o cattive", ma solo "azioni efficaci o meno, utili o meno, stupide o intelligenti, creative o scontate". Basta con le "logiche manichee che dividono tutto in bene e male, in violenza e non violenza. Cosa c'è di più violento di una guerra?", ecc., ecc.
Per quanto ci riguarda non contestiamo ai disobbedienti l'uso della violenza in nome della non-violenza, come pure fanno alcuni intervenuti nel dibattito. Non è questo il punto. Anche perché Casarini e i suoi seguaci si professano non-violenti, ed in effetti la loro matrice politica è di tipo radical-riformista, riformista cioè per quanto riguarda la strategia e gli obiettivi, radicale di "sinistra" per quanto riguarda i metodi di lotta, che si basano essenzialmente per non dire unicamente sulla disobbedienza civile e le azioni dimostrative individualistiche e di piccolo gruppo. Anche il tentativo di sfondamento davanti al Palacongressi, al di là della roboante quanto confusa fraseologia del comunicato che sembra alludere a scenari da guerriglia urbana, rientra in questo tipo di azioni più di testimonianza che di vero e proprio scontro col sistema, come dimostrano anche altri episodi tipo il letame davanti al palazzo di Berlusconi e la carta igienica a Palazzo Chigi. Solo che per il modo settario e avventurista con cui questa azione è stata condotta e l'assoluta sproporzione delle forze in campo non poteva che risolversi in un'azione velleitaria, fallimentare e screditante per l'immagine dell'intera manifestazione.
Tutt'altra cosa sono i metodi di lotta, anche violenti, come gli scioperi, i picchetti, le occupazioni di fabbriche, terreni e scuole, le manifestazioni e le lotte di piazza, i blocchi stradali e ferroviari, i sabotaggi della produzione bellica, ecc., da sempre praticati dal proletariato e dalle masse popolari in difesa dei propri diritti e condizioni e contro i soprusi e la violenza della classe dominante borghese e dei suoi governi. Metodi di lotta che si fondano sempre sulla partecipazione di massa, e rifuggono invece l'individualismo, il settarismo, lo spontaneismo e l'avventurismo anarcoide e piccolo-borghese.
Anche sulla seconda critica, molto legata alla prima (azione di piccolo gruppo condotta all'insaputa e alle spalle della massa dei manifestanti e delle organizzazioni presenti) il comunicato dei/delle disobbedienti sorvola completamente. Per cui non resta che prendere per buona, come posizione dominante nel gruppo di Casarini, quella espressa in modo perentorio e anche piuttosto provocatorio da diversi interventi di capetti dei disobbedienti nel dibattito su Indymedia, che nella sostanza si può riassumere così: se non vi piacciono i nostri metodi non venite alle manifestazioni, o venite ma tenetevi alla larga da noi e lasciateci lavorare, o fatevi da voi le vostre manifestazioni. Una scempiaggine che si commenta da sola.

Una contraddizione stridente
Sulla terza critica (aver spostato tutta l'attenzione dei media sugli scontri) il comunicato si sofferma invece diffusamente, sforzandosi con varie argomentazioni di ribaltarla in positivo. Cominciando col minimizzare l'importanza degli echi negativi sui media suscitati dagli scontri, inquantoché, a detta dell'Assemblea dei/delle disobbedienti: tanto "i servizi segreti vengono utilizzati continuamente per costruire provocazioni che servono a chi comanda, in un intreccio tra massoneria, neofascisti e tangentari, di cui il massimo esponente siede alla presidenza del consiglio", per cui "c'è forse da stupirsi a leggere le cronache oggi dei giornali?". Benissimo, ma allora perché dare una mano ai servizi segreti, alle forze repressive dello Stato, ai media di regime e a Berlusconi con azioni appunto provocatorie e avventuriste, per far dipingere tutto il movimento no-global come una massa di teppisti e devastatori?
Come fanno Casarini e gli altri leader dei disobbedienti a non accorgersi di questa stridente contraddizione? Il fatto è che più che non accorgersene sembra che non gliene freghi proprio nulla, abbandonandosi sempre più come fanno a una pericolosa deriva verso un irrazionale e sprezzante arroccamento sulle proprie posizioni anarcoidi e spontaneiste. Lo si capisce molto bene in un altro passo del documento, dove, esordendo con la proclamata buona intenzione di "parlare soprattutto da movimento ai movimenti", immediatamente dopo mettono da parte l'offerta di dialogo e affermano perentoriamente la seguente linea non negoziabile: "Abbiamo deciso come disobbedienti di praticare l'assedio e il tentativo di forzare i limiti della zona rossa anche in questo appuntamento, come a Riva del Garda, perché riteniamo fondamentale, in particolar modo oggi, riproporre la pratica del conflitto come aspetto centrale della nostra azione politica e sociale. E' un conflitto che cerca in tutti i modi di guadagnare consenso e comprensione intorno a sé, ma non è subordinato per questo, a rimanere sempre nel terreno simbolico o di indicazione" (il corsivo è nostro, ndr).
In altre parole Casarini e i suoi seguaci non solo rifiutano il confronto con chi giustamente li critica perché i loro metodi nuocciono alla lotta, ma proclamano di voler continuare ostinatamente sulla strada fallimentare di Roma, infischiandosene se gli unici risultati a cui essa ha portato sono stati le bastonature e gli arresti di disobbedienti e di semplici manifestanti, la criminalizzazione dei manifestanti sui mass-media, la divisione e la demoralizzazione nel movimento dei no-global. E come se non bastasse hanno anche la ridicolaggine di indicare questa linea assurda e fallimentare praticata all'Eur come "una sperimentazione che speriamo possa contribuire a far discutere e a continuare a sperimentare"!

Confusione di idee
E' evidente la totale confusione di idee dei leader dei disobbedienti, che non riescono a giustificare in alcun modo l'inconsistenza della loro strategia perdente basata unicamente su azioni dimostrative tipo lo "sfondamento della zona rossa", tanto da rivendicarla prima come un dogma indiscutibile, poi come una "sperimentazione", per finire con l'ammettere, a chiusura del comunicato, di "non vedere bene il futuro", ma di essere comunque "felici di essere ribelli". Come se sul puro e semplice ribellismo, per di più cieco e senza un progetto politico, si possa costruire una linea e una strategia credibili.
Se poi, a ben guardare, a questa linea spontaneista e anarcoide a parole corrisponde in realtà, in maniera del tutto simile a quanto accade per il vertice neorevisionista e trotzkista del PRC, una strategia riformista e opportunista di destra nei fatti, si può ben dire che il radicalismo di "sinistra" di Casarini e soci, coscientemente o no, finisce per tradursi in anticomunismo e coprire a sinistra il capitalismo, l'imperialismo e il neoduce Berlusconi. Non è un caso, infatti, che nel comunicato i capitalisti, la Ue imperialista e l'imperialismo occidentale vengano chiamati genericamente e rispettivamente "i potenti", "l'Europa dei potenti" e "il mondo dei potenti". Come non è un caso che il neoduce Berlusconi venga definito riduttivamente un "despota" e l'attuale regime neofascista del nuovo Mussolini un semplice "potere dispotico", dopo che già Casarini lo aveva definito altrettanto riduttivamente di "tipo cileno". E che dire dell'"altra Europa" invocata dal documento, anziché dell'Europa socialista, come se fosse possibile una Ue "un po' meno" dei "potenti" e un "po' più" democratica e pacifista, alla stessa stregua dell'altro falso slogan "un altro mondo possibile", "un po' meno" imperialista e "un po' più" riformista?
L'importante, comunque, per Casarini e co. è bandire da questi slogan la parola e il concetto di socialismo, poiché tra i "punti fermi" del movimento - recita il comunicato dell'Assemblea dei/delle disobbedienti facendo suo l'argomento delle "foibe" caro ai fascisti - il "primo aspetto è quello che riguarda certamente il superamento di ideologie assurde e totalitarie, ancorate ad una storia fatta di tragedie". Eccoci al dunque. Esageriamo, allora, a dire che essi finiscono coscientemente o no per portare acqua al mulino dell'anticomunismo e a coprire a sinistra il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista berlusconiano? Sono domande e interrogativi che a nostro parere i disobbedienti dovrebbero urgentemente porsi circa i loro leader, se vogliono uscire al più presto dal vicolo cieco in cui li stanno portando.
La prima questione comunque da affrontare è come buttare giù il governo del neoduce Berlusconi e in base a quale strategia. Quella riformista del governo della "sinistra" borghese o quello rivoluzionaria della conquista del potere politico da parte del proletariato e dell'instaurazione del socialismo?