Qual è il vostro giudizio sui centri sociali, Cuba e Corea del nord?

Cari compagni del PMLI, sono un giovane lavoratore di un'azienda agricola, e da ormai alcuni anni mi dedico alla lettura dei testi dei Grandi Maestri.
Ho visitato il vostro interessantissimo sito web, e leggendo i vostri materiali-guida del proletariato, ho riflettuto su alcune cose e mi sono fatto alcune domande, su cui vorrei un vostro parere.
Secondo voi, che valenza hanno, se ce l'hanno, i Centri Sociali che si autodefiniscono motori del conflitto e della lotta di classe?
Che ruolo deve avere per un marxista-leninista l'internazionalismo proletario, anche nei confronti di Cuba di Fidel e della Corea del Nord?
Vi ringrazio anticipatamente e vi porgo sinceri saluti marxisti-leninisti.
Giacomo


Siamo molto contenti che tu abbia trovato interessante il sito del Partito e ci auguriamo che la lettura dei nostri documenti ti sia di ulteriore stimolo e di utile supporto all'importantissimo studio dei testi dei cinque grandi maestri del proletariato internazionale a cui ti stai dedicando.
Secondo noi i Centri sociali non possono essere considerati motori della lotta di classe, tantomeno dei modelli di organizzazione marxista-leninista. Certamente, in forma variegata e complessa, rappresentano, una realtà sociale e politica che potrebbe assumere complessivamente un carattere antagonista al sistema capitalista e alle sue istituzioni neofasciste. Come non c'è dubbio che se oggi in Italia il Partito del proletariato vuol conquistare le masse giovanili alla causa della lotta per il socialismo, deve necessariamente dialogare anche con questa realtà, cosa che infatti il PMLI sta facendo dovunque gli è possibile e ce ne sono le condizioni.
Siamo convinti, infatti, che la stragrande maggioranza dei giovani che si riuniscono nei Centri sociali siano da un punto di vista di classe fondamentalmente sani e suscettibili di essere conquistati alla causa del proletariato e della rivoluzione socialista. Ma questo non significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà che in questo movimento, come in tutti i movimenti di massa, vi siano posizioni che vanno dalla destra riformista e istituzionale fino all'"ultrasinistra" anarchica e spontaneista, mentre le posizioni correttamente rivoluzionarie e marxiste-leniniste non vi sono ancora in pratica rappresentate. Di fatto, attualmente, alla testa di questo movimento, peraltro assai frammentato e vario, vi sono dirigenti o di destra o di ultrasinistra, e a giudicare dagli ultimi sviluppi sembra che i primi stiano decisamente prendendo il sopravvento.
Da tempo, infatti, si assiste a un progressivo spostamento a destra dei leader di certi Centri sociali, come quelli del Nord-Est facenti capo al bertinottiano Casarini, il ``Leoncavallo'' di Milano capeggiato da Farina, o alcuni centri della capitale, facenti capo all'ex ``autonomo'' Pifano. Al punto che questi si sono messi non solo a ``dialogare'' con le istituzioni e con i partiti del regime neofascista, e a teorizzare la ``contaminazione'' con la politica dei governi centrali e locali, ma addirittura a offrirsi come galoppini elettorali per il PRC e i candidati del ``centrosinistra'', democristiani compresi (vedi Martinazzoli in Lombardia); e perfino - cosa ancor più aberrante e deprecabile - a scivolare verso la palude del federalismo, che è l'anticamera del secessionismo neofascista e razzista predicato dai leghisti.
Sul versante ``opposto'' si rischia di cascare dalla padella nella brace, perché alla svolta a destra si risponde con posizioni essenzialmente tipiche del ribellismo individualista, guevarismo, trotzkismo, anarchismo e avventurismo, che non fanno fare nessun progresso alla coscienza di classe dei militanti dei Centri e ne bruciano inutilmente il potenziale rivoluzionario, impedendo che entrino in contatto con il marxismo-leninismo e il partito del proletariato. Su questo ti invitiamo a leggere l'importante articolo del Segretario generale del PMLI, Giovanni Scuderi, dal titolo ``Dove porta la bandiera di Guevara'', e gli articoli sulla svolta a destra dei Centri sociali pubblicati su ``Il Bolscevico'' n. 47/97, n. 38/98, n. 4/99 e n. 12/2000.
L'internazionalismo proletario, come avrai visto dalla lettura dei Maestri, ha una fondamentale importanza per i marxisti-leninisti. Non a caso l'immortale ``Manifesto del Partito Comunista'' di Marx ed Engels si chiude con la parola d'ordine ``proletari di tutti i Paesi unitevi''. Togliere l'internazionalismo proletario dal marxismo-leninismo-pensiero di Mao significa negarne l'essenza alla radice, significa cadere inevitabilmente nel nazionalismo borghese e nell'imperialismo, che è la fine che hanno fatto i revisionisti e i rinnegati che hanno tradito il comunismo in Urss, in Cina e nei paesi capitalisti.
Cuba e Corea del Nord, che per molti giovani dei Centri sociali rappresentano ancora un modello rivoluzionario, non sono invece neanche una pallida ombra di quello che furono l'Urss di Lenin e Stalin e la Cina di Mao per i proletari e i popoli oppressi di tutto il mondo, che avevano in questi due Paesi, oggi dominati di nuovo dal capitalismo e dal fascismo, due bastioni internazionalisti e antimperialisti che indicavano la via dell'emancipazione e del socialismo. Cuba e Corea del Nord non sono Paesi socialisti, sono Paesi revisionisti in cui governano delle oligarchie nazionali borghesi che solo a parole e in maniera strumentale e opportunistica si richiamano al socialismo e al popolo.
Tuttavia la situazione internazionale li colloca oggettivamente in una posizione antimperialista, che va appoggiata in quanto tale e fintanto che rimarrà tale. Ma senza farsi illusioni per il futuro, dato che si fanno sempre più frequenti e pressanti le manovre imperialiste tendenti a fagocitarli, e alle quali i governi di questi Paesi si mostrano sempre più cedevoli. Gli esempi in tal senso purtroppo non mancano: valga per tutti la visita del papa nero Wojtyla a Cuba accolto come un trionfatore e con servile deferenza da Castro.