Il ministro degli Esteri illustra
la linea del governo sull'Europa alle commissioni Esteri e Difesa della Camera
DINI VUOLE CHE L'UE SIA
ALLA PARI DEGLI USA ANCHE SUL PIANO MILITARE
La guerra nei Balcani ha messo in
rilievo il "divario inquietante" tra l'importanza economica dell'Europa e il suo
peso politico e militare; gli Stati Uniti "non possono essere i (soli) gendarmi del
mondo"; l'Unione europea deve darsi una "personalità politica" anche nei
settori della diplomazia e della difesa; in questa guerra è in gioco il "rango
dell'Italia nelle future gerarchie internazionali". Queste le linee di politica
estera del governo sul ruolo dell'Europa e dell'Italia che Lamberto Dini ha illustrato il
20 aprile alle commissioni Esteri e Difesa della Camera, riunite per ascoltare le
posizioni del governo italiano sul vertice Nato del 23-25 aprile.
All'audizione, oltre al ministro degli Esteri, era stato convocato anche il ministro della
Difesa Scognamiglio, che non senza il consueto compiacimento bellicista sfoggiato in
questi casi, ha fornito le cifre dell'impressionante contributo militare dell'Italia
all'aggressione Nato nei Balcani: 42 velivoli, che ad oggi hanno svolto 250 missioni, e
sei unità della marina in Adriatico, mentre le basi italiane danno
"ospitalità" a ben 450 bombardieri alleati, coordinati dal generale Tricarico,
che guida le operazioni dal comando Nato di Vicenza. 1.100 soldati in Macedonia, che
potrebbero salire a 2.500 nel caso di intervento in Kosovo. 2.500 uomini in Albania
inquadrati nel comando Nato della Amfl (allied mobile force land), di cui forniamo
il vicecomandante, il generale Ganguzza, che affianca il generale della Nato.
In Albania sono inoltre già presenti 1.800 uomini della "Taurinense", per cui
il totale delle truppe italiane schierate nei Balcani ammonta già a 6.000 effettivi, che
potrebbero salire presto a 7.500. "è un impegno di grande rilievo", ha
sottolineato Scognamiglio, "che ci viene ampiamente e lealmente riconosciuto dai
comandi militari della Nato e dai nostri alleati". L'Italia insomma, secondo il
ministro della guerra, si presenta al vertice di Washington con le "carte in
regola" per rivendicare un ruolo di primo piano nel conflitto e negli scenari
geopolitici che ne seguiranno.
"SI' ALLA NATO, NO ALLA TUTELA USA"
Da parte sua Dini ha articolato il suo intervento su due direttrici parallele: assoluta
fedeltà e coerenza dell'Europa e dell'Italia agli obiettivi e alla strategia della Nato,
ma libertà di perseguire in questo ambito una politica europea e nazionale autonoma a
livello diplomatico e della difesa. E ciò in competizione con gli stessi Stati Uniti,
affinché l'imperialismo europeo possa muoversi con le sue proprie gambe e difendere anche
militarmente i propri interessi nel vecchio continente e anche al di fuori di esso, senza
la "tutela" del tuttora più forte alleato d'oltreoceano.
Con questo Dini non ha inteso diminuire affatto il ruolo dell'Alleanza atlantica, anzi ne
ha esaltato l'allargamento ad Est (pur senza trascurare un "rapporto molto forte con
la Russia") e gli interventi per "costruire sicurezza e stabilità anche oltre i
margini dell'area atlantica". Anche per quanto riguarda la linea, parallela a quella
dei bombardamenti, della ricerca di soluzioni diplomatiche nell'ambito dell'Onu, linea che
gli viene attribuita più di tutti nel governo, Dini ha teso a precisare con linguaggio
andreottiano che "cercare di costruire spazi di pace non significa venir meno ai
doveri di lealtà atlantica, ripetutamente ribaditi dal nostro governo; significa soltanto
ricondurre ad unità la grammatica della forza e la sintassi della politica esplorando
sentieri negoziali nell'ambito di un rigoroso gioco di squadra nell'Alleanza, in assoluta
consonanza con essa".
Il suo è stato tutt'altro che un'intervento da "colomba", come qualcuno l'ha
voluto presentare a paragone di quello di Scognamiglio, tant'è che a proposito del ruolo
dell'Italia in questa guerra Dini ha ribadito che: 1) occorre rivedere e potenziare le
strutture militari nel quadro della "valorizzazione geostrategica" dell'Italia
richiesta dallo spostamento a Sud del baricentro della sicurezza europea; 2) occorre una
"forte volontà politica" e uno "Stato forte" per evitare di dare
l'immagine di una "condotta debole, incerta, incoerente"; 3) dalla condotta
"coerente" dell'Italia in questa guerra dipenderà il suo "rango nelle
future gerarchie internazionali", che è "altrettanto importante della
partecipazione alla moneta unica".
Tuttavia, se da una parte si è guardato bene dal mettere in discussione le decisioni e la
strategia di guerra e il ruolo futuro della Nato nel suo complesso, Dini ha voluto però
rimarcare anche che quello di una Nato egemonizzata solo dagli Usa, com'è adesso e come
vorrebbero mantenerla gli americani è tutto un altro paio di maniche: "Gli Stati
Uniti non possono essere i gendarmi del mondo né i mercenari dei paesi che non intendono
assumere responsabilità militari", ha detto infatti il ministro degli Esteri,
sottolineando che in questa cruciale questione "si inserisce il ruolo dell'Europa, il
suo peso crescente nel nuovo concetto strategico".
UN "RUOLO ALMENO PARI" AGLI USA
"Non possiamo lasciare ogni volta agli Stati Uniti - ha spiegato Dini - il compito
di intervenire per difendere i nostri interessi e continuare a mantenere la pace nel
vecchio continente attraverso i suoi soli presidi. La guerra nel Kosovo rivela di colpo la
fragilità di un edificio che fosse costruito solo sull'economia e sulla moneta. Mai come
oggi è stato acuto il bisogno di Europa, non per rompere la solidarietà atlantica,
riproponendo vecchie tentazioni neutraliste, ma per allargare lo stesso concetto di
Occidente, che diviene troppo misero se ridotto alla forza degli Stati Uniti". In
altre parole Dini rivendica fuori dai denti quello che è uno dei grandi motivi inespressi
di questa guerra imperialista: un maggior ruolo politico e militare dell'Unione europea,
un ruolo non inferiore agli Usa, affinché la superpotenza europea non sia tale soltanto
sul piano economico e non resti un nano sui piani politico e militare.
"L'Unione europea - insiste infatti Dini - all'interno e all'esterno dell'Alleanza
atlantica, deve darsi una personalità politica negli ambiti in cui essa è tuttora
evanescente: diplomazia e difesa. Gli Stati Uniti hanno acquisito un'influenza mondiale
solo quando hanno accentrato nelle mani di un forte potere federale la rappresentanza
degli interessi strategici nazionali. Ecco perché anche il dramma dei Balcani ci spinge,
in una crescente complementarietà tra sicurezza atlantica e sicurezza europea, a riempire
il divario inquietante tra le sfide dell'Europa e l'incompiutezza delle sue
istituzioni".
Da parte dello stesso ministro degli Esteri italiano arriva dunque la conferma di quello
che abbiamo denunciato fin dall'inizio dell'aggressione imperialista alla Federazione
jugoslava, e che invece certi falsi antimperialisti e falsi pacifisti si ostinano a
negare: e cioè che l'Unione Europea non è a rimorchio degli Usa, ma ha le stesse
responsabilità dell'imperialismo americano nell'aver scatenato questo spaventoso
conflitto nel cuore del nostro continente. Tant'è vero che mentre partecipa in pieno,
nell'ambito della Nato ancora attualmente ad egemonia americana, all'aggressione
imperialista alla Serbia, contemporaneamente rivendica un maggior ruolo politico e
militare al suo interno, e lavora dietro le quinte per costruirsi all'esterno di essa un
futuro di superpotenza politica e militare, oltreché economica e finanziaria, autonoma
dagli Usa e in concorrenza con essi, per contendere loro in futuro l'egemonia mondiale
sulla pelle dei popoli europei e di altri continenti.
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