Stupefacente capriola al 1° Congresso dell'IdV
Di Pietro: Lasciamo perdere la piazza, ora pensiamo a governare
Il finto sinistro fa ingoiare all'IdV il rospo dell'appoggio all'imputato De Luca, candidato PD a governatore della Campania. De Magistris dissente ma non combatte

Di sola opposizione si può anche morire. La piazza non basta. Siamo diventati grandi, è il momento di costruire l'alternativa". Con queste parole, pronunciate davanti a un compiaciuto Bersani, Antonio Di Pietro ha annunciato dalla tribuna del 1° Congresso dell'Italia dei valori (Idv) tenutosi dal 5 al 7 febbraio a Roma, la spettacolare svolta dall'opposizione a Berlusconi basata anche sulla protesta di piazza verso un'alleanza elettorale col PD per una "alternativa di governo", oggi alle elezioni regionali e nel futuro anche alle politiche.
E come a suggellare con un atto clamoroso e irreversibile questa scelta ha messo il Congresso di fronte al fatto compiuto della sua decisione di appoggiare l'imputato De Luca, candidato del PD a governatore della Campania. L'ex magistrato e parlamentare europeo Luigi De Magistris, pur non approvando la svolta imposta dal rieletto presidente del partito, ha rinunciato a dare battaglia e per lui si prospetta un futuro di capo dell'opposizione interna, se non addirittura fuori dall'IdV.
Per far ingoiare al Congresso il rospo dell'appoggio alla candidatura del sindaco di Salerno, sul cui capo pendono due inchieste giudiziare, Di Pietro ha messo in scena un vero e proprio colpo di teatro, annunciando di averlo invitato a parlare alla tribuna congressuale: "Ho telefonato a De Luca e gli ho detto: visto che ti stiamo 'processando', perché non vieni qui a farci qualche dichiarazione spontanea"?, ha detto il secondo giorno lasciando di stucco i 3.600 delegati il leader dell'IdV. Quello stesso pomeriggio il candidato del PD è venuto a parlare alla tribuna congressuale recitando la farsa dell'accettazione solenne dei "paletti" reclamati da Di Pietro per garantirgli l'appoggio elettorale, per cui si impegna a non ostacolare i procedimenti della magistratura, a fare "pulizia" dei funzionari regionali corrotti e se risulterà condannato definitivamente (ma ci vorranno forse 10 anni) si dovrà dimettere.

Padre padrone del partito
Tanto è bastato al padre padrone dell'IdV per chiamare l'applauso della sala al candidato da lui sponsorizzato e decretare approvato "per acclamazione" l'appoggio a De Luca. Mentre fino al giorno prima aveva garantito a De Magistris che sulla candidatura di De Luca si sarebbe deciso con una regolare votazione dei delegati. "Ma quando mai s'è vista una cosa del genere? Non siamo mica a Porta a porta", ha protestato allibito De Magistris, che era uscito dalla sala, per come Di Pietro ha manipolato il Congresso per strappargli l'appoggio a De Luca. "Bisogna leggere le carte come ho fatto io. La vicenda che coinvolge il sindaco di Salerno è molto più complessa di quel che sembra, tocca la gestione dei fondi pubblici, le varianti urbanistiche, i suoli industriali che diventano turistici", accusa De Magistris.
A sua giustificazione Di Pietro spergiura che questa scelta, "che non lo fa dormire la notte", è dettata unicamente dalla preoccupazione di non far vincere il candidato del Pdl Caldoro, uomo di Cosentino, che equivarrebbe a consegnare il governo della Campania al clan dei Casalesi.
"Mi erano stati chiesti nomi alternativi - replica De Magistris - e li ho forniti, anche perché io sono campano e quella realtà la conosco bene. Evidentemente era troppo importante il rapporto con il PD, anche a costo di sacrificare il rinnovamento".
L'eurodeputato si è anche lamentato che Di Pietro non ha rispettato i patti presi con lui per fargli avere, prima, durante o dopo il Congresso, in occasione di un "evento pubblico significativo", la tessera del partito e conferirgli un incarico "che si confacesse" al suo "profilo politico". Inoltre l'ex magistrato non ha digerito la svolta dell'IdV da partito di opposizione e di movimento a partito a vocazione governativa e troppo sbilanciato verso il PD di Bersani. Il parlamentare europeo non ha fatto mistero di avere un'altra visione politica da quella di Di Pietro, puntando a fare dell'IdV il riferimento politico del "popolo viola" e di altri movimenti di opposizione ed anche il centro di raccolta di tutti i frammenti superstiti dei partiti a sinistra del PD cancellati dal parlamento nelle elezioni del 2008. In particolare caldeggiando un asse privilegiato con il movimento del liberale Nichi Vendola, Sinistra ecologia e libertà, molto applaudito in Congresso.

Centro di raccolta a sinistra del PD
Ultimamente il partito di Di Pietro ha imbarcato molti ex esponenti dei suddetti partiti, che lo hanno scelto per riciclarsi politicamente. Come ad esempio l'ex segretario della Fiom di Brescia e responsabile lavoro del PRC, Maurizio Zipponi, messo da Di Pietro a capo del dipartimento del Lavoro dell'IdV. Come gli ex PdCI Gianni Vattimo (parlamentare europeo) e Nicola Tranfaglia (al dipartimento Cultura), l'ex SD e vice di Cesare Salvi, Paolo Brutti (all'Ambiente) e l'ex PD e presidente di Arcigay Franco Grillini (alle Riforme istituzionali). Però non sembra che De Magistris sia riuscito a coagulare attorno a sé queste forze di "sinistra" che sono ben piantate nelle cariche ricevute da Di Pietro. Lo stesso ex Potere operaio ed ex girotondino Francesco "Pancho" Pardi, pur criticando la gestione familistica del partito da parte di Di Pietro e la "poca trasparenza" della sua gestione del Congresso si è guardato bene dal mettersi di traverso alle sue scelte. Che evidentemente gli vanno sostanzialmente bene, in particolare il riavvicinamento al PD, visto che per lui la vera vocazione dell'IdV non deve essere quella di "scippare voti al PD", ma quella di riprendersi "i voti dei disgustati dagli errori del centrosinistra, quelli che adesso non vanno più a votare".

Il rapporto dell'ex ministro coi servizi segreti
Resta da capire il perché di una svolta così repentina da parte di Di Pietro; dal "movimentismo" antiberlusconiano al dichiararsi "pronti ad assumerci reponsabilità di governo". E dal "giustizialismo" all'appoggio a un candidato imputato come il boss salernitano Vincenzo De Luca. Una svolta che ha sollevato fra l'altro molte vibrate proteste nel "popolo viola" e sui blog dei sostenitori del leader dell'IdV. C'entrerà qualcosa la pubblicazione, pochi giorni prima dell'apertura del Congresso, sul Corriere della Sera (CdS) della foto risalente al 15 dicembre 1992 che lo ritrae a cena insieme ad esponenti dei servizi segreti, tra cui l'allora numero tre del Sisde condannato successivamente per complicità con la mafia Bruno Contrada?
Una foto assai compromettente perché, come spiega il maggior quotidiano della grande borghesia, ridarebbe fiato ai sospetti già emersi in passato che "mani pulite" fosse stata un'operazione eterodiretta e che Di Pietro fosse un agente dei servizi segreti italiani e della Cia, chiamato a portare a compimento questa operazione. Oltre a Contrada e a ufficiali dei carabinieri e dei servizi italiani, infatti, nella foto compare un certo Rocco Maria Modiati, un inviato della potente agenzia di investigazioni finanziarie "Kroll Secret Service", considerato molto vicino alla Cia, e che quel giorno, lo stesso dell'avviso di garanzia a Craxi per corruzione, venne apposta da Washington per consegnare all'allora magistrato di "mani pulite" una targa in riconoscimento dei suoi successi. Pochi giorni dopo vi fu l'arresto di Contrada e le foto furono fatte sparire, né Di Pietro aveva mai parlato di quella cena fino ad oggi.
La mossa del CdS suonerebbe quindi come un avvertimento dei "poteri forti" all'ex poliziotto ed ex magistrato per fargli capire che deve smetterla col "giustizialismo" e di flirtare con i movimenti di piazza antiberlusconiani, col rischio che possa arrivare un domani a diventare lui stesso il leader della "sinistra" borghese approfittando della crisi e della disgregazione del PD.
Un avvertimento che evidentemente ha toccato un nervo scoperto e che per il finto sinistro deve essere stato salutare, vista la spettacolare capriola da questi compiuta pochi giorni dopo in sede congressuale e con la quale ha praticamente dichiarato chiusa la parentesi "protestataria" e "movimentista" del suo partito. Che era e resta un partito di destra, liberale e presidenzialista.

17 febbraio 2010