Tramite una direttiva di Bolkestein
La Commissione europea di Prodi attacca lo "Stato sociale" e i diritti dei lavoratori
La Fiom denuncia il "gigantesco caporalato europeo legalizzato"

Sta entrando in dirittura d'arrivo la Direttiva Bolkestein, l'ennesima imposizione dell'Unione europea antisociale e antioperaia, che prende il nome dal suo propositore, il commissario europeo olandese per la concorrenza e il mercato interno dell'uscente Commissione guidata da Prodi. Una Direttiva con cui la Ue si appresta a dare il colpo di grazia a quel che resta dello "Stato sociale" a livello europeo.
Annunciata come un provvedimento teso a "diminuire la burocrazia e ridurre i vincoli alla competitività nei servizi per il mercato interno" la Bolkestein si prefigge di imporre ai 25 paesi dell'Ue le regole della concorrenza commerciale capitalista, senza alcun limite, in tutte le attività di servizio; dove per servizio si intende (art.4) "ogni attività economica che si occupa della fornitura di una prestazione oggetto di contropartita economica".
Ossia la Ue fa propri principi e procedure già stabilite e adottate dall'imperialismo in sede di Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e Accordo generale sul commercio dei servizi (Gats). L'Europa deve privatizzare i servizi del mercato interno per poter pretendere, da una posizione di forza all'interno dei negoziati Wto e Gats, la privatizzazione dei servizi nel resto del mondo. Tuttavia la Direttiva Bolkestein si spinge oltre, non prevedendo alcuna possibilità di restrizioni nazionali all'accordo. Non nominando alcun settore in particolare viene applicata dovunque sia possibile l'apertura di un mercato, intendendo l'esistenza di un mercato in "ogni settore di attività economica in cui un servizio può essere fornito da un privato". E gli "ostacoli burocratici" alla competitività, che si prefigge di eliminare, sono in definitiva quel che resta dello "Stato sociale" tenuto in piedi dalle amministrazioni pubbliche. Legislazioni e regolamenti nazionali sono considerati dalla Commissione europea "arcaici, obsoleti e in contraddizione con la legislazione europea". Per Bruxelles occorre "riformare" per "modernizzare".
In definitiva con la Bolkestein l'Ue punta ad ottenere l'apertura totale alla concorrenza e alla privatizzazione di quasi tutte le attività di servizio, dalle attività logistiche di qualunque impresa produttiva ai servizi pubblici come istruzione e sanità. Una deregolamentazione totale dell'erogazione dei servizi con l'annullamento delle possibilità d'intervento degli enti locali e delle organizzazioni sindacali.
Ma il fulcro di questa famigerata Direttiva Ue risiede nell'attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori. Con l'art.16 relativo al principio del paese d'origine, l'Ue sentenzia che un fornitore di servizi è sottoposto esclusivamente alla legge del paese in cui ha sede l'impresa e non a quella del paese dove fornisce il servizio. Un esempio chiarificatore: un'impresa polacca, ungherese o ceka, che distacchi propri lavoratori in Italia, Germania o Francia non dovrà più chiedere l'autorizzazione alle autorità di quest'ultimi se ha già ottenuto l'autorizzazione delle autorità dei paesi d'origine, e a questi lavoratori si applicherà solo la legislazione polacca, ungherese o cekia. Ossia paghe espresse in euro da fame e legislazioni sociali e ambientali ridotte ai minimi termini. Un processo di vero e proprio dumping sociale.
Altresì con il "principio del Paese d'origine" la Direttiva viola l'ancora in piedi articolo 50 del Trattato Ue, secondo cui "il fornitore di servizi può esercitare a titolo temporaneo la sua attività nel Paese in cui fornisce la prestazione alle stesse condizioni che questo Paese pratica alle imprese nazionali".
In una nota diffusa il 27 ottobre la segreteria nazionale della Fiom denuncia che "Si può così realizzare un gigantesco caporalato europeo, perfettamente legalizzato, dove i lavoratori vengono assunti nei paesi a più basso salario e con meno diritti e, poi, trasferiti per lavorare nei paesi ove le condizioni di lavoro sono migliori, senza che questo produca nessun mutamento della loro condizione. è chiaro - prosegue la nota della Fiom - che per questa via si scardinano i contratti, le norme di legge e di sicurezza, si crea un meccanismo di concorrenza selvaggia tra imprese e lavoratori che porta allo smantellamento dei diritti sociali europei". Per la Fiom-Cgil la Direttiva Bolkestein va combattuta e cancellata insieme a quella in discussione sugli orari: "La revisione della Direttiva sugli orari peggiora ancora normative che hanno allargato flessibilità selvagge nei tempi di lavoro. Si estenderebbe per tutto l'anno la flessibilità a 48 ore settimanali. Si darebbe la possibilità di deroghe individuali all'orario settimanale fino a 65 ore. Si peggiorerebbe ulteriormente la condizione dei lavoratori a chiamata e di tutti coloro che non hanno un orario definito. La nuova Direttiva sugli orari - prosegue la Fiom - è quindi inaccettabile, essa distrugge i Contratti nazionali e crea lo spazio per l'assoluto arbitrio negli orari settimanali, per la totale individualizzazione di essi".
La Direttiva Bolkestein porta impresso il marchio liberista e liberticida della Ue. Essa è stata elaborata dopo la consultazione di ben 10mila aziende europee, ma nessun sindacato o organizzazione della società civile. Approvata all'unanimità dalla Commissione europea lo scorso 13 gennaio, il prossimo 11 novembre passerà all'udienza del parlamento di Strasburgo, per poi essere sottoposta a fine novembre al vaglio del Consiglio dei ministri economici e finanziari; da lì inizierà l'iter procedurale per giungere probabilmente a marzo 2005 all'approvazione definitiva di Bruxelles. Noi siamo d'accordo con la posizione espressa dalla Fiom: essa va fermata, come va fermata la nuova Direttiva sugli orari.

3 novembre 2004