Discorso di Loris Sottoscritti per il XXVI Anniversario della morte del grande maestro del proletariato internazionale
APPLICHIAMO GLI INSEGNAMENTI DI MAO PER BUTTARE GIU' IL NEODUCE BERLUSCONI, COMBATTERE IL REGIME NEOFASCISTA E COSTRUIRE UN GRANDE, FORTE E RADICATO PMLI

Pubblichiamo il testo integrale del discorso pronunciato dal compagno Loris Sottoscritti il 15 settembre 2002 alla Commemorazione del 26° Anniversario della scomparsa di Mao tenutosi nella centrale sala Est-Ovest di Firenze.
Compagne e compagni,
amiche e amici,
sono passati 26 anni dalla morte dell'amato Mao, avvenuta il 9 settembre 1976, all'età di 82 anni. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto e un rimpianto immensi nel cuore dei marxisti-leninisti, del proletariato e dei popoli oppressi di tutto il mondo, che riconoscevano in lui il loro grande maestro, la sicura e incrollabile guida, il sincero amico nella lotta contro il capitalismo, il colonialismo, l'imperialismo e tutta la reazione. Un vuoto e un rimpianto che si fanno sentire acutamente ancora e soprattutto oggi, che ci sarebbe più che mai bisogno della sua autorevole guida per serrare le file del proletariato internazionale e ridargli fiducia nel socialismo, offuscato dal crollo dei regimi revisionisti, e per orientare e incoraggiare di nuovo i popoli oppressi alla resistenza e al contrattacco dell'imperialismo che spadroneggia arrogantemente in tutto il pianeta.
Egli però ci ha lasciato un patrimonio immenso, che non potrà mai essere dimenticato e cancellato, che è la Rivoluzione cinese, la trasformazione per via rivoluzionaria di questo grande paese da paese semifeudale e semicolonia dell'imperialismo occidentale e giapponese, com'era all'inizio del secolo scorso, in un grande paese socialista, liberato da ogni ipoteca colonialista e imperialista, forte e rispettato in tutto il mondo, faro del movimento operaio internazionale ed esempio per tutte le nazioni e i popoli sfruttati e oppressi dei cinque continenti, come lui l'aveva lasciato al momento della sua morte. Un'opera gigantesca, di cui egli è stato il principale e indiscusso artefice, e le cui tappe fondamentali sono state la fondazione del Partito Comunista Cinese nel 1921, la leggendaria Lunga Marcia di 12.500 chilometri dell'Esercito rosso da lui ideato e creato, per sfuggire all'annientamento da parte dell'esercito reazionario e filoimperialista di Chiang-Kai-Shek, la lunga e vittoriosa guerra di resistenza agli invasori giapponesi, la guerra di liberazione e l'instaurazione della Repubblica Popolare Cinese nel '49, la "Rivoluzione di nuova democrazia'', l'edificazione del socialismo, e infine la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, attuata in particolare tra il 1966 e il 1969, ma che si protrasse fino alla sua morte, mediante la quale Mao intese prevenire la restaurazione del capitalismo e del potere della borghesia in Cina, come era successo in Urss con il XX congresso del PCUS. Un'opera talmente grandiosa che perfino la cricca revisionista, borghese e fascista, che approfittando della sua scomparsa ha usurpato il potere, restaurato il capitalismo in Cina e la sta trasformando a tappe forzate in una potenza imperialista, incontra forti difficoltà a sradicare dal cuore del proletariato e del popolo cinesi l'amore per Mao e le sue opere, come si apprende da quel poco che riesce a filtrare da quella tenebrosa dittatura fascista. Una dittatura della borghesia ancora paludata di rosso, che già Mao, con penetrante lucidità di marxista-leninista, aveva previsto come un sempre possibile sbocco controrivoluzionario della incessante lotta di classe e tra le due linee all'interno del Partito, dello Stato e nel Paese.
Mao ci ha lasciato in eredità un altro grande e ricchissimo patrimonio, che è costituito dal suo esempio e dai suoi insegnamenti, primo fra tutti lo studio e l'applicazione del metodo scientifico di analisi marxista-leninista alla situazione concreta, generale e particolare, in cui ci si trova ad operare. Di questo prezioso insegnamento il nostro Partito ha fatto tesoro, prendendo con il rimpianto maestro del proletariato mondiale un solenne impegno in tal senso. Ed è per questo che il Comitato centrale del PMLI, a nome del quale mi onoro di parlare, ogni anno rinnova questo appuntamento, come un'occasione non solo per onorare degnamente la memoria di Mao, ricordare le sue opere e i suoi insegnamenti, soprattutto alle giovani generazioni che non lo conoscono o lo conoscono poco; non solo per rendere un doveroso omaggio a colui che con la sua inflessibile lotta al revisionismo ci ha aperto gli occhi e ha ispirato la nascita del nostro Par-tito; ma anche per utilizzare i suoi insegnamenti per capire più a fon-do ed affrontare meglio, alla luce del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, i problemi, le battaglie e i compiti che la lotta di classe ci pone in questo momento specifico e nella nostra realtà concreta.

Difesa inflessibile del marxismo-leninismo e di Stalin
Tra i numerosi ed esemplari insegnamenti che dalla straordinaria vita di Mao si possono ricavare ci preme in questa occasione metterne a fuoco due che ci paiono particolarmente importanti e attuali nella fase politica che stiamo attraversando: La sua difesa inflessibile del marxismo-leninismo e di Stalin, del quale ci prepariamo a celebrare solennemente il prossimo 2 marzo il 50° anniversario della scomparsa, difesa inscindibile dalla sua lotta senza tregua al revisionismo moderno, e il suo incessante incitamento alla classe operaia e alle masse a studiare a assimilare il marxismo-leninismo per trasformare sé stessi e il mondo.
Da quando nel 1920, ancora giovane studente rivoluzionario, scoprì il marxismo leggendo il Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels, appena tradotto in Cina, e ne rimase conquistato, e cominciò a studiare la Rivoluzione d'Ottobre, capendo che quella era la via che cercava per salvare il suo paese dalla miseria generata dal feudalesimo e dal capitalismo e dall'umiliazione dell'imperialismo, Mao non abbandonò più quella scienza proletaria e quella via rivoluzionaria. Così egli racconta, nel 1949, il suo incontro con esse: "Nel suo libro L'estremismo malattia infantile del comunismo, scritto nel 1920, Lenin ha descritto la ricerca di una teoria rivoluzionaria da parte dei russi. Solo dopo parecchie decine di anni di avversità e di sofferenze i russi trovarono il marxismo... Dal tempo della disfatta della Cina nella Guerra dell'oppio del 1840, i progressisti cinesi sono passati attraverso innumerevoli avversità per cercare la verità verso gli occidentali... A quell'epoca, i cinesi che aspiravano al progresso leggevano qualsiasi libro, purché contenesse le idee nuove dell'Occidente... Anche io, da giovane, intrapresi questi studi. Era la cultura della democrazia borghese occidentale, cultura che comprendeva le dottrine sociali e le scienze naturali di quel periodo, ossia ciò che fu chiamato `nuova cultura' in opposizione alla cultura feudale cinese, che fu chiamata `vecchia cultura'. Per molto tempo i seguaci della nuova cultura furono convinti che essa avrebbe salvato la Cina, e solo pochi nutrivano, al pari dei seguaci della vecchia cultura, dubbi su questo punto. Solo la modernizzazione poteva salvare la Cina. Fra i paesi stranieri di quel tempo, gli unici progressisti erano i paesi capitalisti occidentali, in quanto erano riusciti a edificare Stati borghesi moderni. I giapponesi avevano ottenuto buoni risultati imparando dall'Occidente, e i cinesi desideravano a loro volta apprendere dai giapponesi. Agli occhi dei cinesi di allora la Russia era un paese arretrato e pochi volevano imparare da essa. Ecco come i cinesi tentarono di apprendere dai paesi stranieri dagli anni quaranta del XIX secolo all'inizio del XX secolo.
L'aggressione imperialista
- continua Mao - infranse i sogni dei cinesi che si sforzavano di imparare dall'Occidente. Era molto strano: come mai i maestri commettevano continue aggressioni contro i loro allievi? (non fanno riflettere queste parole sui metodi adottati ancora oggi dalle potenze imperialiste che si spacciano per alfieri della "libertà'' e della "democrazia'' verso certe nazioni e popoli che considerano "arretrati'' e "inferiori''? Nda). I cinesi imparavano molto dall'Occidente ma non potevano mettere in pratica quello che avevano imparato, non potevano realizzare i loro ideali. Le loro ripetute lotte, come la Rivoluzione del 1911 che fu un movimento su scala nazionale, si risolsero tutte in altrettante sconfitte. La situazione del paese peggiorava di giorno in giorno e la vita era divenuta impossibile. Sorsero dubbi, che crebbero e si approfondirono. La Prima guerra mondiale scosse tutto il globo. I russi fecero la Rivoluzione d'Ottobre e crearono il primo Stato socialista nel mondo. Sotto la guida di Lenin e di Stalin, l'energia rivoluzionaria del grande proletariato e del grande popolo lavoratore della Russia, fino allora latente e non avvertita dagli stranieri, esplose all'improvviso come un vulcano, e i cinesi come tutta l'umanità, videro i russi in una nuova luce. Allora, e solo allora, ebbe inizio un'era completamente nuova nel pensiero e nella vita dei cinesi. Essi scoprirono il marxismo-leninismo, la verità universale applicabile ovunque, e il volto della Cina cominciò a cambiare.
Fu grazie ai Russi
- conclude Mao - che i cinesi scoprirono il marxismo. Prima della Rivoluzione d'Ottobre i cinesi non solo ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx ed Engels. Le cannonate della Rivoluzione d'Ottobre ci portarono il marxismo-leninismo. La Rivoluzione d'Ottobre aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumento per studiare il destino della propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione''.(1)
Da allora tutta la vita di Mao è stata un esempio di fedeltà al marxismo-leninismo, da lui giustamente considerato non come un dogma ma come un metodo di indagine della realtà per trasformare la realtà stessa, e che dal confronto con la realtà trae continua linfa vitale arricchendosi perennemente: "Il marxismo-leninismo - dice infatti Mao - è la teoria che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno creato sulla base della pratica, è la conclusione generale che hanno tratto dalla realtà storica e dalla pratica rivoluzionaria...Il marxismo-leninismo è la verità più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà oggettiva e confermata da questa stessa realtà''.(2)
Questa esemplare fedeltà al marxismo-leninismo, insieme ad una fiducia illimitata nel popolo e nel socialismo, è ciò che gli ha permesso di superare le innumerevoli sfide della rivoluzione cinese, vincendole brillantemente una dopo l'altra, compiendo un'impresa di dimensioni titaniche, sì che ben a ragione ha potuto affermare che "Non c'è niente di impossibile al mondo per chi osa scalare le vette più alte''.
Una fedeltà che non è venuta meno neanche quando il revisionismo moderno fece la sua prima apparizione esplicita nel movimento comunista internazionale, con le posizioni di destra di Tito tendenti a spaccarlo mettendo in discussione il ruolo guida e il prestigio che l'Urss e Stalin si erano conquistati al suo interno, e a maggior ragione dopo il XX congresso del PCUS del 1956, in cui Krusciov sferrò a tradimento un velenoso attacco a tutto campo a Stalin, iniziando quel processo di liquidazione del socialismo che culminerà dopo un trentennio col crollo dei regimi revisionisti dell'Est. A differenza dei vari leader rinnegati dei partiti sedicenti comunisti, che uno dopo l'altro si allineavano ben volentieri al revisionismo kruscioviano, a cominciare da Togliatti che non da allora aspettava l'occasione propizia per venire allo scoperto, Mao prese risolutamente posizione e diede coraggiosamente battaglia a livello internazionale, pressoché da solo, in difesa del successore di Lenin, dei principi marxisti-leninisti e della via universale della Rivoluzione d'Ottobre al socialismo.
Ecco come Mao, parlando al Comitato centrale del Partito comunista cinese nel novembre 1956, a pochi mesi di distanza dal XX congresso del PCUS tenutosi in febbraio, denunciò risolutamente l'operazione dei revisionisti kruscioviani, mettendo così in guardia l'intero movimento comunista internazionale dal loro subdolo disegno liquidazionista: "Vorrei dire qualcosa sul XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica. Secondo me ci sono due spade: una è Lenin, l'altra è Stalin. Adesso i russi hanno gettato via quella spada che è Stalin. L'hanno raccolta Gomulka e certi ungheresi per colpire L'Unione Sovietica, per combattere il cosiddetto stalinismo. I partiti comunisti di diversi paesi europei criticano anche loro l'Unione Sovietica. Il loro leader è Togliatti. Anche l'imperialismo ha raccolto questa spada per lanciarsi all'attacco, Dulles l'ha presa e se n'è servito per qualche manovra. Questa spada non è stata data in prestito, bensì gettata via. Noi in Cina non l'abbiamo gettata via. Noi in primo luogo abbiamo difeso Stalin e in secondo luogo abbiamo criticato i suoi errori, abbiamo scritto l'articolo Sull'esperienza storica della dittatura del proletariato. Non abbiamo fatto come certuni che hanno screditato e distrutto Stalin, abbiamo agito in base alla situazione reale.
Si può dire che alcuni dirigenti sovietici hanno in qualche misura gettato via anche quella spada che è Lenin? Secondo me lo hanno fatto in misura notevole. La Rivoluzione d'Ottobre è ancora valida? Può costituire o no un modello per tutti i paesi? Nel rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica si dice che si può conquistare il potere seguendo la via parlamentare, ossia che i vari paesi possono fare a meno di prendere esempio dalla Rivoluzione d'Ottobre. Una volta aperta questa breccia, sostanzialmente si è gettato via il leninismo''
.(3)
Non era questa la prima volta che Mao interveniva in difesa di Stalin contro attacchi e calunnie. Basti ricordare i suoi interventi estremamente chiarificatori del 1939 (da noi pubblicati su "Il Bolscevico n. 32/2002) in appoggio a Stalin a proposito del patto di non aggressione tedesco-sovietico e sulla politica estera dell'Urss in quel periodo storico molto difficile e complesso, a confutazione delle tesi trotzkiste e imperialiste, che in significativa sintonia, accusavano Stalin di favorire l'espansionismo tedesco e abbandonare a sé stessa la rivoluzione cinese. Ma stavolta l'attacco proveniva dall'interno stesso del Partito comunista dell'Unione Sovietica e della fortezza socialista, e perciò tanto più velenoso e difficile da smascherare e combattere.
Eppure Mao non si tirò indietro da questa ardua battaglia, e la combatté senza paura di restare isolato, o di subire i ricatti e le ritorsioni della cricca dei nuovi zar del Cremlino, che in quegli anni ruppero tutti gli accordi e tolsero tutti gli aiuti alla Repubblica popolare cinese. Da questa esperienza, anzi, Mao trasse la convinzione che occorre continuare la lotta di classe anche nel socialismo, se si vuole prevenire la restaurazione del capitalismo, e da qui elaborò quel suo capolavoro teorico, strategico e politico che fu la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. Egli ha dato dunque con ciò un contributo enorme al proletariato internazionale, in un momento di grande disorientamento, dando un grande impulso alla lotta contro il revisionismo moderno e favorendo la nascita di autentici partiti e movimenti marxisti-leninisti, tra cui il nostro Partito, meritandosi così di figurare tra i Grandi Maestri del proletariato internazionale, al pari di Marx, Engels, Lenin e Stalin. Anche se poi, purtroppo, dopo la sua morte, il revisionismo ha avuto il sopravvento anche in Cina, privando il proletariato internazionale e i popoli oppressi anche di quell'ultimo baluardo socialista e antimperialista.

Incitamento continuo allo studio
Fino a che ha avuto un briciolo di vita Mao non ha mai smesso di studiare e di apprendere, con umiltà e perseveranza, e di incitare il proletariato e le masse a studiare a loro volta. Studiare ed assimilare in particolare il marxismo-leninismo, per trasformare sé stessi e il mondo, perché la classe operaia deve dirigere tutto, e deve padroneggiare anche quelle branche del sapere che la borghesia le ha sempre precluso. Egli rivolgeva quest'incitamento soprattutto ai militanti e ai quadri del Partito. Tutti noi, soprattutto se abbiamo incarichi dirigenti, dovremmo tenere nel massimo conto questa esortazione di Mao: "Dobbiamo scuoterci e studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste tre parole: `fare', `duri', `sforzi'. Bisogna assolutamente scuoterci e fare duri sforzi. Adesso alcuni compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie che restano loro dopo il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahiong e per ballare: questa, secondo me, non è una buona cosa. Le energie che restano dopo il lavoro dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio, facendo in modo che diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il leninismo, la tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura, soprattutto le teorie artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene un po'. C'è il giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di cui bisogna intendersi un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna almeno farsene un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? Gente come noi in che cosa è specialista? In politica. Come possono andare bene le cose se non capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle?''.(4)
Anche noi dobbiamo fare nostro questo incitamento di Mao a studiare ed assimilare il marxismo-leninismo. Un buon inizio, per gli operai che hanno poco tempo ed energie dopo il lavoro da dedicare allo studio, per i giovani simpatizzanti e militanti che si accostano per la prima volta alle opere dei maestri, ma anche per noi dirigenti per rinfrescare e rinsaldare la nostra concezione proletaria del mondo sempre insidiata da quella borghese, cominciare dalle 5 opere fondamentali marxiste-leniniste indicate dal Partito, appositamente ristampate, che sono: "Il Manifesto del Partito comunista'', di Marx ed Engels; "Stato e rivoluzione'', di Lenin; "Principi del leninismo'' e "Questioni del leninismo'', di Stalin; "Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo'', di Mao.
Lo studio non deve essere libresco, ma concreto, mirato, perché il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è quanto di più lontano ci sia da un codice da imparare a memoria e applicare meccanicamente in ogni situazione: "La teoria di Marx, Engels, Lenin e Stalin - chiarisce infatti Mao - è una teoria applicabile universalmente. Non dobbiamo considerarla come un dogma, ma come una guida per l'azione. Non bisogna limitarsi a imparare i termini e le espressioni del marxismo-leninismo, bisogna invece studiarlo come scienza della rivoluzione. Non si tratta soltanto di capire le leggi generali che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno tratto dal loro ampio studio della vita reale e dell'esperienza rivoluzionaria, ma anche di studiare la posizione e il metodo da essi assunti nell'esaminare e risolvere i problemi''.(5)
Come non essere d'accordo con questo grande insegnamento di Mao e non farlo nostro in tutte le sue implicazioni? E cosa dobbiamo fare per metterlo in pratica? Certamente il modo migliore e più produttivo è quello di utilizzarlo per analizzare alla luce del marxismo-leninismo-pensiero di Mao la situazione politica attuale, lo stato della lotta di classe, il governo Berlusconi e il regime neofascista, e in base a questa analisi verificare e aggiornare ove necessario i nostri compiti strategici e tattici. Ed è quello che ci accingiamo a fare.

Il governo Berlusconi ha restaurato il fascismo in Italia
Quando nel giugno 2001 fu varato il secondo governo del neoduce Berlusconi, soltanto il PMLI lo denunciò come un governo che coronava "la restaurazione del fascismo sotto forme nuove, nuovi metodi e nuovi vessilli, il cui nome ufficiale, riconosciuto anche dal `centro-sinistra', è quello della seconda repubblica'', che noi qualifichiamo capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. Non si tratta quindi di un semplice e qualsiasi "governo borghese'', come affermava Rifondazione, o "governo di destra'', secondo la definizione del PdCI, né tantomeno un governo dell'"alternanza'' come spacciato da Ciampi e accettato dai sonati e farfuglianti partiti dell'Ulivo, ma un governo neofascista dalla testa ai piedi. Un governo che, come sottolineava il documento dell'Ufficio politico del PMLI del 19 giugno 2001, "conclude la nuova marcia su Roma della destra della classe dominante borghese. Una marcia iniziata con le bombe, il terrorismo e le stragi, a partire da Piazza Fontana, e poi proseguita per via istituzionale, parlamentare ed elettorale, secondo il `piano di rinascita democratica' e lo `Schema R' della P2, redatti nel 1975''.
Per rendersi conto di ciò bastava guardare alla natura, alla composizione e al programma di questo governo, e a chi lo presiedeva: un governo espressione diretta della destra della borghesia, della Confindustria e del Vaticano; un governo zeppo di fascisti eredi diretti di Mussolini, di neofascisti, piduisti, secessionisti, razzisti, anticomunisti e liberisti; con un programma dichiaratamente presidenzialista, federalista, liberista, antioperaio e interventista; un governo, infine, presieduto da un magnate dell'alta finanza, piduista ed emulo di Mussolini, tanto da rappresentare un suo moderno alter-ego in versione mediatica, tecnocratica e manageriale.
E non erano solo di immagine, bensì anche di sostanza, le analogie tra il governo del neoduce e il primo gabinetto Mussolini che nel '22 inaugurò il regime fascista. Basti pensare allo slogan arrogante, ripetuto per ben tre volte, con cui il neoduce si presentò alle Camere: "Siamo qui per cambiare l'Italia''. Basti pensare all'annuncio di voler concludere durante il suo mandato la "riforma'' dello Stato basata sul federalismo e sul presidenzialismo, il proposito di diminuire drasticamente le tasse ai ricchi e ai ricchissimi, l'annuncio di un piano di "grandi opere pubbliche'' per avviare una nuova grande colata di cemento in Italia, i ventilati interventi sul mercato del lavoro e sulla "politica dei redditi'', per promuovere la "flessibilità'' e il "merito'' e contenere l'inflazione, formule dietro cui - ora lo sappiamo - si nascondeva il disegno della libertà di licenziamento attraverso la cancellazione dell'art. 18 dello "Statuto dei lavoratori'' e l'infame "patto sociale'' neocorporativo separato con Cisl e Uil, la "riforma'' neogentiliana della scuola, la riconferma del disegno piduista di soggiogamento della magistratura al potere esecutivo, e chi più ne ha più ne metta.
Non va dimenticato che le prime misure del governo Mussolini riguardarono proprio la riduzione delle tasse ai ricchi, il blocco degli scioperi e dei salari, l'esautoramento dei sindacati in preparazione del loro assorbimento nelle corporazioni fasciste, il varo di grandi opere pubbliche per ingrassare la grande industria e finanza e la burocrazia statale, senza nessun beneficio per i lavoratori, la "riforma'' classista della scuola disegnata dal filosofo del fascismo, Giovanni Gentile.
Se per noi marxisti-leninisti tutto questo era già chiaro fin dal suo insediamento, gli atti e le misure concrete del governo avrebbero confermato duramente a tutti che esso ha restaurato il fascismo e che Berlusconi è un nuovo Mussolini: a cominciare dal massacro dei no-global durante il G8 di Genova, con l'assassinio di Carlo Giuliani, i pestaggi indiscriminati e selvaggi dei manifestanti inermi, il raid terrorista e fascista alla scuola Diaz, le torture nella caserma di Bolzaneto, e mille altri orrori che hanno mostrato il vero volto fascista, terrorista e mussoliniano di Berlusconi e dei suoi gerarchi. Dopo questo significativo "battesimo del sangue'', il governo del neoduce Berlusconi è avanzato come un rullo compressore che schiaccia ogni ostacolo sul suo cammino per cambiare, come aveva promesso, il volto del paese ad ogni livello: economico, sociale, politico, istituzionale, sindacale, culturale. Ecco l'impressionante elenco, in ordine di presentazione, dei provvedimenti approvati o in via di approvazione nel suo primo anno di vita, che abbiamo puntualmente analizzato e denunciato su "Il Bolscevico'':
La legge sulle rogatorie internazionali, il decreto Lunardi sulle "grandi opere'', il decreto fascista cosiddetto "per combattere il terrorismo'', il "libro bianco di Maroni'' sul mercato del lavoro, la legge sulla depenalizzazione del falso in bilancio, la legge sul rientro dei capitali esportati all'estero, la controriforma Moratti della scuola, la Finanziaria di guerra da 34.000 miliardi di lire, con le tre leggi delega su lavoro, fisco e pensioni. Questo per il 2001.
Nel 2002 abbiamo avuto: la controriforma dei servizi segreti, con i superpoteri attribuiti al presidente del Consiglio e la licenza di delinquere per gli agenti segreti, l'occupazione pressoché totale della Rai, il Ddl fascista rivolto a reprimere il dissenso e le manifestazioni giovanili, la legge razzista, xenofoba, schiavista e fascista Bossi-Fini sull'immigrazione, il decreto che taglia ulteriormente l'assistenza sanitaria, la "riforma'' del collocamento, con l'abolizione delle liste, la chiamata diretta e l'obbligo di accettare lavoro precario, la controriforma del Csm per renderlo più docile all'esecutivo, la legge "salva-deficit'' che prepara la svendita ai privati di monumenti, edifici e terreni pubblici, comprese spiagge e parchi nazionali, il Ddl sul faraonico, pericoloso e dannoso ponte di Messina, il piano fascista per l'ordine pubblico, la riesumazione del codice di guerra, la ristrutturazione della rete dei prefetti e dei vertici delle "forze dell'ordine'' e dei servizi segreti, la legge-truffa sul conflitto di interesse, il Dpef di "lacrime e sangue'' da 12,5 miliardi di euro, già saliti a 20 con la nuova Finanziaria di guerra che si preannuncia e di cui fa parte il recente bluff del blocco tariffario, la legge Cirami sul "legittimo sospetto'' ideata per favorire il neoduce e Previti, nonché i mafiosi in generale.
Abbiamo volutamente lasciato fuori alcuni altri gravissimi atti e provvedimenti presi dal parlamento nero perché pur essendo di iniziativa governativa hanno richiesto e regolarmente ricevuto il concorso attivo, in tutto o in parte, dei partiti della "sinistra'' borghese, tra cui: l'entrata in guerra al fianco degli Usa contro l'Afghanistan; la legge fascista e oscurantista sulla fecondazione assistita, che svende i diritti delle donne, prepara l'abolizione del diritto di aborto e con la quale il neoduce, come Mussolini, paga al Vaticano il suo appoggio per la scalata al potere; il patto neocorporativo della capitolazione e del tradimento del 5 luglio scorso che va sotto il nome di "patto per l'Italia'', che è stato firmato dal democristiano Pezzotta e dal diessino Angeletti; la difesa, la copertura e il proscioglimento, con gravissime pressioni sulla magistratura inquirente, dei poliziotti responsabili delle violenze e delle torture contro manifestanti no-global nella caserma Raniero di Napoli; la legge che raddoppia il finanziamento pubblico ai partiti del regime; la legge di revisione costituzionale che permette il rientro in Italia degli eredi di casa Savoia, responsabile di aver aperto le porte al fascismo nel '22 e aver trascinato il nostro paese nella carneficina della seconda guerra mondiale nel '40, nonché di averlo vigliaccamente abbandonato all'invasore nazista e ai boia repubblichini con la fuga dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 .
Il neofascismo di stampo mussoliniano di Berlusconi si è rivelato particolarmente in campo sindacale, istituzionale e in politica estera. La sua strategia di rottura dell'unità sindacale, di asservimento della Cisl e della Uil dei collaborazionisti Pezzotta e Angeletti e di isolamento della Cgil e di Cofferati, attraverso l'attacco all'art. 18, presuppone un disegno di istituzionalizzazione corporativa dei sindacati. Il suo "patto per l'Italia'' ha molte somiglianze con la mussoliniana Carta del lavoro del '34.
Come Mussolini nel '22 chiese i pieni poteri nel suo discorso di insediamento alle Camere (ottenendoli subito in campo economico e amministrativo e poi completamente alla fine del 1925, con l'inizio della dittatura aperta), anche Berlusconi ha invocato i pieni poteri dichiarando il 19 luglio scorso di auspicare "che il premier abbia più poteri per poter più efficacemente dirigere l'esecutivo'': col che ha rivelato che il suo modello di presidenzialismo non è né quello di tipo americano né quello di tipo francese, bensì quello di stampo mussoliniano. Il governo Berlusconi, assieme ai governi Mussolini, detiene la palma dell'anticomunismo viscerale. giunto persino a presentare un Ddl tramite il forzista Fabio Garagnani in cui si chiede la messa all'indice dei testi marxisti nelle aule scolastiche.
Come aveva già fatto Mussolini anche Berlusconi mira a mettere la magistratura sotto il pieno controllo dell'esecutivo, e sta dimostrando di non darsi pace, con il progetto di controriforma Castelli, con le leggi salvaprocessi e con le continue minacce ai magistrati che non si vogliono assoggettare, finché non avrà conseguito questo nero obiettivo. In politica estera, come già fece Mussolini, ha accentrato direttamente nelle sue mani le redini del ministero e non le vuole mollare. E come Mussolini cerca di manovrare e tessere trame ritagliandosi un suo spazio tra i potenti della Terra, per acquistare prestigio personale e portare avanti gli interessi del grande capitale e dell'imperialismo nostrani in Europa e nel mondo, coltivando allo stesso tempo un'asse privilegiato fascista-imperialista col guerrafondaio Bush che ricorda sinistramente il patto di alleanza tra Mussolini e Hitler.

Le responsabilità del "centro-sinistra"
In poche parole, come Mussolini nel '22 nei confronti del vecchio Stato liberale, il neoduce Berlusconi e la destra della borghesia stanno demolendo sistematicamente ciò che resta della prima Repubblica democratico borghese e antifascista e impadronendosi di tutto il potere economico, politico, istituzionale, giudiziario, mediatico e culturale. Tutto questo non è accaduto all'improvviso. Il regime neofascista in cui oggi ci troviamo immersi non è piovuto dal cielo. Abbiamo già detto che la nuova marcia su Roma della destra della borghesia è cominciata con le bombe di Piazza Fontana. Ma come non si capirebbe il successo della vecchia marcia su Roma senza tener conto dell'appoggio del re e delle sottovalutazioni e delle connivenze dei liberali, dei popolari e dei socialdemocratici che lo resero possibile, così risulterebbe incomprensibile oggi il radicarsi del regime neofascista e del neoduce Berlusconi nel Paese prescindendo dall'appoggio di Ciampi, che non doveva nemmeno dargli l'incarico, e dalle responsabilità del "centro-sinistra'' che gli ha aperto la strada. Non solo perché ha sottovalutato gravemente Berlusconi e il suo partito di squadristi in doppiopetto, telefonino e computer, allorché il magnate della Fininvest scese "in campo'' nel '93 per riprendere in mano e portare avanti il disegno piduista di Gelli, di Craxi e di lui stesso; non solo permettendogli di sopravvivere e anzi di crescere finanziariamente e politicamente durante i cinque anni di governo del "centro-sinistra'', fino addirittura a trescare con lui nella Bicamerale golpista presieduta dal rinnegato D'Alema; ma anche perché il "centro-sinistra'' - compresa per un buon tratto di strada Rifondazione appoggiando per ben due anni il governo Prodi - ha fatto in questi anni, soltanto in forma più addolcita, la stessa politica economica, sociale, istituzionale, scolastica, culturale, militare ed estera oggi portata avanti dalla destra della borghesia e da Berlusconi. E tuttora continua a predicarla e portarla avanti, sordo ai malumori e ai dissensi della sua base, espressi con l'aumento dell'astensionismo elettorale e con la contestazione dei dirigenti ulivisti nelle piazze.
Malgrado gli innumerevoli, clamorosi e sempre più gravi esempi che stanno sotto i loro occhi, i partiti della "sinistra'' borghese e i mass-media loro portavoce continuano a negare l'evidenza, sostenendo che "non siamo in un regime fascista'', negando anche qualsiasi parallelo tra Berlusconi e Mussolini (al massimo arrivano a dipingerlo come un "caudillo'' sudamericano, il "cav. Banana''). Anzi, dando prova di superficialità e scelleratezza, già vagheggiano, non si sa in base a quali elementi concreti, che la parabola del governo sia in "declino'', e parlano di "difficoltà'' e di "appannamento'' di Berlusconi perché non avrebbe mantenuto le "promesse'' elettorali, ecc. ecc.
In questo modo essi si comportano non diversamente dai liberali e dai riformisti che nel 1920-24 sottovalutarono gravemente Mussolini e il fascismo, le forze economiche che li finanziavano e appoggiavano - la grande borghesia industriale e agraria, mentre lo ritenevano invece un movimento piccolo-borghese oppure esclusivamente rurale - e il disegno politico di conquista del potere per la trasformazione completa del vecchio Stato liberale nello Stato fascista, ritenendoli un fenomeno passeggero, una "meteora'' di provincia, una "parentesi nella storia d'Italia'', come ebbe a definirli Benedetto Croce, che addirittura aveva inizialmente aderito al movimento.
La generale sottovalutazione di Mussolini e del fascismo arrivava a comprendere perfino l'allora PCd'I (poi PCI e oggi DS) il cui intero gruppo dirigente Bordiga-Gramsci-Togliatti, ignorando le corrette analisi di Lenin, Stalin e del Comintern, era sostanzialmente concorde nel sottovalutare l'importanza e il disegno politico reazionario di Mussolini e del fascismo, riducendolo a un fenomeno piccolo-borghese strumentalizzato dalla borghesia a fini di stabilizzazione dello Stato liberale. Se nel 1921, in piena offensiva terroristica fascista contro le Camere del lavoro, le Case del popolo, le cooperative agricole e le altre organizzazioni dei lavoratori, Gramsci considera Mussolini "un epilettico... un esagerato esaltatore di sé stesso... un uomo che si diletta a fare i giochi di forza e a masturbarsi colle parole'', in ultima analisi soltanto "una mosca cocchiera'', e il suo movimento destinato a rifluire "verso un collaborazionismo coi socialisti e coi popolari'' (A. Gramsci, in "Gramsci e il fascismo'', Editori riuniti 1973, pgg 118-119 e 134-135), arrivando perfino a tentare una trattativa con D'Annunzio per cercare un accordo con il fascismo, ancora nel marzo 1922, nelle tesi al II congresso del PCd'I, il vertice revisionista guidato allora da Bordiga non prevedeva la salita al potere di Mussolini, e pensava che l'ondata fascista si sarebbe esaurita in un nuovo regime socialdemocratico di stampo giolittiano.
Nell'agosto 1924, dopo il delitto Matteotti, si continua a sottovalutare Mussolini e il fascismo e a non capire cosa effettivamente rappresentavano e si prefiggevano, facendosi, allora come del resto oggi, delle amare illusioni sull'idea che il regime potesse crollare da solo, per sua implosione spontanea: "Il delitto Matteotti - scrive Gramsci in una relazione al CC del PCd'I - dette la prova provata che il partito fascista non riuscirà mai a diventare un normale partito di governo, che Mussolini non possiede dello statista e del dittattore che alcune pittoresche pose esteriori: egli è un elemento della vita nazionale, è un fenomeno del folklore paesano, destinato a passare alle storie nell'ordine delle diverse maschere provinciali italiane'' (A. Gramsci, 13.08.1924, riportato in "Gramsci e il fascismo'', pg 251).
A pochi mesi dal discorso del 3 gennaio 1925, in cui Mussolini annuncerà praticamente alle Camere e al Paese la chiusura del parlamento e l'inizio della dittatura, il vertice revisionista del PCI pensa ancora di poterlo combattere con le regole della democrazia parlamentare, appellandosi al re e allo Statuto albertino, esattamente come oggi la "sinistra'' borghese si appella a Ciampi e alla Costituzione, non capendo o facendo finta di non capire, che Ciampi sta a Berlusconi come il re stava a Mussolini, che lo protegge, gli firma tutte le leggi, anche le più scandalose e lo incoraggia nel nazionalismo, nel militarismo e nell'interventismo. Tant'è vero questo parallelo che, intervenendo al V Congresso del Comintern, Bordiga quasi si vanta nel sostenere: "Le antiche leggi sono molto democratiche ed è questo che ci ha permesso di cavarcela assai bene dal processo intentato contro di noi'' (A. Bordiga, intervento al V congr. Dell'Int. Comunista, in "Pagine rosse'', agosto 1924). Questa assurda miopia continuerà in pratica fino a quando, nel corso del 1925, Mussolini instaurerà la dittatura fascista terrorista aperta, mettendo fuorilegge tutti i partiti di oposizione, chiudendo le loro sedi e giornali e incarcerando, eliminando fisicamente o costringendo all'esilio i loro dirigenti.
E con questo tipo di precedenti storici, che cosa fa l'"opposi-zione'' parlamentare a Berlusconi, costituita dall'Ulivo più i falsi comunisti Bertinotti e Cossutta? Lo accusa di fare leggi a suo uso e consumo, minaccia di ricorrere all'"Aventino'' parlamentare, già storicamente fallito con Mussolini, per non far passare le leggi pro-Berlusconi, lo critica addirittura da destra come la Confindustria accusandolo di non essere abbastanza liberista per via di quel bluff del blocco delle tariffe e perché non ha mantenuto le promesse non avendo ancora ridotto le tasse ai ricchi! In realtà il neoduce le sta mantenendo eccome: intanto le leggi che fa non sono solo a suo uso e consumo, ma servono anche gli interessi della classe dominante borghese nel suo complesso, quantomeno della cordata finanziaria e industriale che rappresenta e che lo sostiene. Se poi non è ancora riuscito a fare la "riforma fiscale'' è perché la situazione dei conti pubblici e dell'inflazione per ora non glielo consente, tant'è vero che è stato costretto a inventarsi il bluff del blocco tariffario. Ma non si può certo dire che in questo anno egli non abbia tenuto fede alla sua promessa di "cambiare l'Italia''. In senso fascista, s'intende.
Da qualche tempo, comunque, qualcosa si sta muovendo anche dall'interno dei DS e dell'Ulivo. Sono scesi in campo intellettuali, magistrati, sindacalisti, sono nati dei movimenti e organizzazioni, come il "Laboratorio democratico'' dei professori diessini e ulivisti fiorentini, più o meno spontanei, che hanno dato vita a manifestazioni e "girotondi'' di protesta, in difesa della libertà di informazione e di opinione, dell'indipendenza della magistratura, contro i "rischi di regime'' insiti nella politica di Berlusconi, Fini e Bossi. Manifestazioni che noi appoggiamo e alle quali partecipiamo ove possibile, anche se ne vediamo i limiti, che consistono nel non andare fino in fondo nella denuncia del regime neofascista e del neoduce Berlusconi e nel rimanere confinati nell'ambito del legalitarismo borghese. Registriamo anche la recente scesa in campo di una cordata della borghesia di "sinistra'' di matrice azionista, facente capo a Carlo De Benedetti e al gruppo Caracciolo-"Espresso''-"la Repubblica'', significativamente denominata Fondazione "Libertà e giustizia''. Come sembra, le due ali della borghesia si apprestano quindi a darsi battaglia direttamente attraverso i loro numeri uno.
Per noi è chiaro però che né con questi partiti e movimenti, né con il parlamentarismo e i "girotondi'', che si battono esclusivamente per la difesa dello Stato di diritto, cioè dello Stato borghese, si può buttare giù il neoduce Berlusconi e il regime neofascista. A maggior ragione respingiamo risolutamente il terrorismo, che fa solo il gioco del neoduce dandogli il pretesto di fascistizzare il Paese e mettere a tacere i veri oppositori al regime, come dimostra il vile attacco politico, poliziesco e giudiziario dei neofascisti fiorentini di Forza Italia al nostro Partito. Per far tremare il seggiolone a Berlusconi fino a farlo cadere occorre invece che scenda in campo con tutta la sua forza la classe operaia, come è stato con la grandiosa e storica manifestazione di Roma del 23 marzo e lo sciopero generale del 16 aprile scorsi in difesa dell'art. 18. Solo con la lotta di classe, e cioè con gli scioperi, le manifestazioni di piazza, i blocchi stradali, ferroviari e navali, le occupazioni di fabbriche, scuole, università, edifici pubblici ecc., si può arrivare a rovesciare il neoduce Berlusconi e il regime neofascista.
In questo quadro esprimiamo il nostro più totale appoggio allo sciopero generale deciso dalla Cgil per il prossimo mese di ottobre. Vi parteciperemo con tutte le nostre forze, anche se non dobbiamo appiattirci sulla strategia politica e sindacale di Cofferati, che si muove all'interno del capitalismo e del regime e che è al servizio dell'Ulivo e del "centro-sinistra''. Esprimiamo anche la nostra più ferma opposizione all'aggressione imperialista all'Irak, che i banditi Bush e Blair stanno per scatenare con l'appoggio già dichiarato del neoduce Berlusconi, così come ci opponiamo alla partecipazione a qualsiasi titolo dell'Italia a questa mostruosa cosiddetta "guerra preventiva''.
La nostra parola d'ordine è: Né un soldo, né un soldato, né una base, né qualsiasi aiuto dell'Italia all'aggressione imperialista all'Irak.
S'intende che siamo nettamente contrari a questa aggressione anche se avverrà sotto l'egida dell'Onu, dietro cui si coprono gli ipocriti partiti dell'Ulivo. Esprimiamo infine la nostra piena solidarietà col movimento degli studenti che in questi giorni riprende la lotta in difesa della scuola pubblica contro il progetto di privatizzazione e di controriforma di stampo neogentiliano della Thatcher di viale Trastevere.
Lavoriamo tutti per alzare i toni della lotta di classe, affinché i prossimi mesi vedano l'erompere di un nuovo "autunno caldo'', in cui si fondano e si infiammino le lotte della classe operaia, degli studenti, delle donne, dei disoccupati, dei pensionati, dei giovani no-global e antimperialisti, degli intellettuali e di tutti i democratici e progressisti antiregime, e tutti insieme buttiamo giù il neoduce Berlusconi.
Ma la nostra lotta e quella del proletariato e delle masse non deve arrestarsi a questo sia pur importantissimo obiettivo politico. Deve continuare finché non venga abbattuto anche il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista e non venga conquistata l'Italia unita, rossa e socialista. Solo così possiamo estirpare le radici del fascismo e del capitalismo che lo genera, por fine al dominio della borghesia sia di destra che di "sinistra'' e consentire la salita al potere della classe operaia.
La costruzione del PMLI
In base a quanto abbiamo detto della situazione politica italiana, analizzata con il metodo marxista-leninista come ci ha insegnato Mao, dovrebbe ormai risultare ben chiaro che seguendo i partiti della "sinistra'' borghese non c'è nessuna speranza di buttare giù nell'immediato il neoduce Berlusconi. Questi partiti non sono credibili, non sono affidabili e non sono utilizzabili nemmeno per questo obiettivo, perché hanno lo stesso spirito liberale e borghese dei loro rispettivi predecessori - liberali, popolari, socialdemocratici e revisionisti del '22 - che o collaboravano addirittura nel governo di Mussolini o gli facevano un'opposizione legalitaria, imbelle e capitolazionista. Ma anche perché hanno sostanzialmente la stessa politica capitalistica e istituzionale dell'attuale governo.
Non sono credibili nemmeno certe formazioni "nuove'', come il "Nuovo Partito socialista'' proposto da Salvi, e come il "Grande Ulivo'' di Cofferati, che vorrebbe resuscitare la coalizione che vinse le elezioni del '96 imbarcando tutta la "opposizione'' parlamentare a Berlusconi, da Di Pietro a Cossutta. L'invito era esteso anche a Bertinotti, che però al momento l'ha declinato poiché la sua strategia è quella della "sinistra alternativa'', che inglobi il PRC e spezzoni dei Centri sociali e del movimento no-global, con l'obiettivo di coprire a sinistra l'Ulivo e tenere sotto controllo la parte più cosciente e combattiva delle masse proletarie, popolari e giovanili.
Per buttare giù il neoduce Berlusconi e il regime neofascista e conquistare il socialismo quello che ci vuole è un grande, forte e radicato PMLI, perché è l'unico partito in Italia armato della teoria scientifica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, la sola in grado di comprendere la realtà e indicarci come trasformarla; perché è l'unico che propugna un'opposizione di classe totale non solo a questo governo ma all'intero sistema economico, statale, sociale e culturale capitalista; perché è il vero nemico del neoduce, come dimostra l'annunciata querela di Forza Italia tendente a liquidarci, e infine perché è il solo che pone al centro della sua esistenza e lotta la classe operaia e il suo compito storico della conquista del potere politico, la madre di tutte le questioni, senza risolvere la quale il popolo italiano non potrà mai liberarsi dalla miseria, dalla disoccupazione, dalle disparità economiche, sociali, territoriali e di sesso, dallo sfruttamento, dall'ingiustizia, dal fascismo e dalla guerra.
"Se si vuol fare la rivoluzione - insegna Mao - ci deve essere un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario, senza un partito che si basi sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario marxista-leninista, è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacché''.(6)
Noi abbiamo fatto profondamente nostra questa verità espressa in modo così semplice e inconfutabile da Mao, fin da quando assumendone con coraggio tutto il carico, 35 anni fa i primi quattro pionieri del Partito iniziarono la Lunga marcia per dare al proletariato il partito che non aveva mai avuto, un partito che per fondamento ideologico, teorico, programmatico e organizzativo, per composizione di classe e stile di lavoro e di lotta non aveva precedenti nella storia del movimento operaio italiano, pur essendo figlio delle sue migliori forze, esperienze e tradizioni. Questo partito, il PMLI, oggi c'è, è una realtà. Ma la Lunga marcia non è ancora finita. Occorre ancora marciare e lottare, sotto il fuoco nemico, con lo spirito e la tenacia che ci ha insegnato Mao, per raggiungere la nostra Yenan, ossia per fare del PMLI un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista.
Tutti noi, quadri e militanti del Partito, dobbiamo uniformarci a questo grande compito e dare il massimo di noi stessi a questa nobile causa, impugnando saldamente la linea, il Programma, lo Statuto e il Programma d'azione del PMLI. Ma un ruolo particolarmente importante e decisivo in questa storica impresa spetta ai giovani, alle ragazze e ai ragazzi, che rappresentano il futuro del Partito. Ad essi il nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, parlando all'inaugurazione della nuova sede della Cellula "Stalin'' di Forlì, ha rivolto questo vibrante appello: "Se i giovani vogliono avere un presente degno di essere vissuto e un grande avvenire bisogna che si stringano al nostro Partito, bisogna che abbraccino la cultura proletaria rivoluzionaria, bisogna che seguano la strategia della via dell'Ottobre e si mettano seriamente a lavorare per costruire un grande, forte e radicato PMLI''.
Come ci ha insegnato Mao con l'esempio di tutta la sua vita, un principio organizzativo cardine del partito del proletariato è il centralismo democratico, che unitamente al metodo della critica e dell'autocritica è lo strumento che, se costantemente e correttamente praticato, ci permette di individuare, chiarire e risolvere le contraddizioni nel Partito, in modo da tenere sempre serrati e compatti i nostri ranghi e difendersi dagli attacchi e dalle pallottole inzuccherate del nemico di classe, che sono talvolta più pericolose di quelle di piombo vero. Tutti i membri del Partito, dai massimi dirigenti fino ai membri candidati, sono tenuti a osservare scrupolosamente il centralismo democratico.
Questo è ciò che insegna l'esperienza storica degli autentici partiti comunisti. In genere sono gli individualisti che non sopportano il centralismo democratico e prima o poi sono costretti a farci i conti: "Essi non comprendono - rileva Mao - il sistema del centralismo democratico del Partito, non sanno che al Partito comunista occorre non solo la democrazia ma anche, e in misura maggiore il centralismo. Essi dimenticano che con il centralismo democratico la minoranza è subordinata alla maggioranza, il grado inferiore al grado superiore, la parte al tutto, e tutti i membri del Partito al Comitato centrale''.(7)
Non a caso il centralismo democratico e il metodo della critica e dell'autocritica sono i più aborriti e attaccati dalla borghesia e dai suoi lacché, perché sanno che solo spezzandolo possono sperare di far capitolare dall'interno il partito del proletariato e distruggerlo, come è stato fatto dai revisionisti kruscioviani col glorioso partito di Lenin e Stalin e dalla cricca revisionista fascista di Deng col glorioso partito di Mao. Nel suo Rapporto tenuto a nome dell'Ufficio politico al IV Congresso nazionale del PMLI, il compagno Giovanni Scuderi così chiarisce a fondo questa cruciale questione: "Il centralismo democratico è la bestia nera della borghesia, dei revisionisti, dei neorevisionisti, dei trotzkisti e degli anarchici. Essi, infarciti di individualismo e in nome della libertà individuale che è un riflesso dell'individualismo, non tollerano la direzione e la disciplina proletarie rivoluzionarie.
Per noi marxisti leninisti, educati al lavoro collettivo, al gioco di squadra, alla lotta per l'emancipazione della classe operaia e dell'intera umanità, il centralismo democratico invece costituisce il cavallo vincente sul piano organizzativo della vita e dell'azione del Partito del proletariato. Senza di esso infatti è impossibile combattere e vincere la borghesia, tenere unito il Partito, muoversi compattamente e a ranghi serrati nella lotta di classe, assolvere i nostri compiti rivoluzionari e colpire tutti i bersagli.
Solo attraverso il centralismo democratico e l'esercizio della critica e dell'autocritica noi possiamo combattere l'individualismo, il frazionismo, il liberalismo, l'egoismo e il familiarismo che ci possono essere, e ci sono sempre in una qualche misura, all'interno del Partito''.
Compagne e compagni, amiche e amici,
Non ci nascondiamo che la strada per costruire un grande, forte e radicato PMLI è ancora lunga e difficile, a causa dei cinque grossi ostacoli che la ingombrano, a cominciare da quello economico, anche se il tempo volge al bello e si cominciano a vedere dei risultati incoraggianti. Le esigenze della lotta di classe incombono, e bisogna prendere posizione nei ranghi del proletariato per affrontare le battaglie politiche, sindacali, scolastiche, sociali e antimperialiste in corso o che si preannunciano. E quale miglior posto di combattimento, per tutti i sinceri rivoluzionari che concordano con le nostre analisi, indicazioni e obiettivi di classe, di stare col PMLI in queste battaglie?
A questo proposito non potrei concludere meglio questo intervento in memoria di Mao e di introduzione al dibattito, che invitandovi a riflettere su questa esortazione del compagno Segretario generale fatta nell'aprile scorso,in occasione del 25° Anniversario del PMLI, nella quale si sente risuonare forte l'eco della storica manifestazione di Roma di tre milioni di lavoratori in difesa dell'art.18:
"Gli operai, i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, i giovani - così si rivolge loro il compagno Giovanni Scuderi - che hanno già preso coscienza che siamo in presenza di un regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, guerrafondaio, antioperaio e antisindacale, si uniscano subito al PMLI, come militanti, o simpatizzanti, o alleati, per alzare i toni della lotta di classe, per unire tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose che possono essere unite nella lotta antifascista, per buttare giù il neoduce Berlusconi e per realizzare l'Italia unita, rossa e socialista''.
GLORIA ETERNA A MAO!
VIVA MARX, ENGELS, LENIN, STALIN E MAO!
APPLICHIAMO GLI INSEGNAMENTI DI MAO PER BUTTARE GIU' IL NEODUCE BERLUSCONI, COMBATTERE IL REGIME NEOFASCISTA E COSTRUIRE UN GRANDE, FORTE E RADICATO PMLI!
COI MAESTRI VINCEREMO!
____________
Note:
1) Mao, Sulla Dittatura Democratica Popolare, (30 giugno 1949). Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 4, pp. 424-425-426
2) Mao, Rettificare lo stile di lavoro nel Partito, (1° febbraio 1942), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 3, pp 33 e 37
3) Mao, Discorso alla II Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese, (15 novembre 1956), Opere scelte, vol. 5 Ed. Einaudi, pp. 454-455
4) Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, (9 ottobre 1957), in Rivoluzione e costruzione, Giulio Einaudi Editore, p. 680
5) Mao, Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale, (ottobre 1938), Opere scelte, vol. 2, p. 217
6) Mao, Forze rivoluzionarie di tutto il mondo unitevi, per combattere l'aggressione imperialista, (novembre 1948), Opere scelte, vol. 4, p. 292
7) Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, (1° febbraio 1942), Opere scelte, vol. 3, p. 40