Discorso di Monica Martenghi per il 28° Anniversario della scomparsa di Mao
Impariamo da Mao a combattere l'imperialismo, il governo Berlusconi e i falsi comunisti
Pubblichiamo il testo integrale del discorso pronunciato dalla compagna Monica Martenghi il 12 settembre scorso alla Commemorazione del 28° Anniversario della scomparsa di Mao.
Compagne e compagni, amiche e amici,
è una grande gioia trovarci qui oggi riuniti su invito del Comitato centrale del PMLI, a nome del quale mi onoro di parlare, per commemorare Mao e dare battaglia alla classe dominante borghese in camicia nera attualmente rappresentata dal governo del neoduce Berlusconi.
Da quando è scomparso, il 9 settembre 1976, per ben 27 volte, compresa la storica celebrazione del centenario della nascita nel dicembre 1993, ci siamo riuniti nel ricordo di Mao per studiare e riflettere sul suo pensiero e i suoi insegnamenti e per applicarli alla realtà specifica del nostro Paese. Abbiamo già pubblicato un libro che contiene diciotto discorsi pronunciati in queste occasioni dal titolo "Mao e la lotta del PMLI per il socialismo" che vanno dal 1976 al 1993. Gli altri discorsi sono stati puntualmente pubblicati da "Il Bolscevico". Ben sette di questi discorsi sono stati pronunciati dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, che senza dubbio è fra tutti noi il più grande studioso e conoscitore di Mao e più di tutti si è adoperato per trasmetterne il pensiero e l'opera ai marxisti-leninisti italiani. Un contributo di valore internazionale.
I discorsi del compagno Scuderi, a cui va aggiunta la prefazione del 26 dicembre 1973 alla raccolta di citazione edita da "Il Bolscevico" col titolo "Mao sulla lotta contro il revisionismo moderno", sono tutti di portata storica e strategica per la difesa intransigente del marxismo-leninismo-pensiero di Mao dagli attacchi e dalle deformazioni operate dalla classe dominante borghese e da tutti i suoi servi revisionisti, neorevisionisti e trotzkisti italiani e internazionali e perché in questi discorsi egli ha sviluppato la linea politica strategica e tattica del Partito. Ricordiamo i loro titoli: I marxisti-leninisti italiani saranno sempre fedeli a Mao; Mao e la rivoluzione in Italia; La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe; Mao e il socialismo; Mao e l'imperialismo; Mao e le due culture; Seguiamo l'esempio e gli insegnamenti di Mao. Questi discorsi sono una miniera inesauribile e uno strumento indispensabile per chi vuol conoscere Mao, il suo pensiero e la sua azione e comprendere come il PMLI applica il marxismo-leninismo-pensiero di Mao alla realtà della nostra rivoluzione.
Proprio in coincidenza con l'anniversario della morte di Mao, la casa editrice Mondadori, in mano a Berlusconi, ha allegato a "Panorama" una biografia di Mao nella collana dedicata ai protagonisti del Novecento. L'unica cosa buona che contiene sono delle stupende foto di Mao, che parlano da sé. Per il resto falsità, calunnie, sciocchezze e cose risibili come quella del sottotitolo che recita così: "Mao impersonificò l'anima ingenua e violenta del comunismo cinese". Oppure quella dello storico del regime Sergio Romano, già ambasciatore a Mosca, secondo cui lo Snow, tracciando la biografia di Mao "ha colto bene, in alcuni passaggi, quel grano di follia artistica e romantica che si nascondeva sotto la scorza del leader cinese". Ed aggiunge: "Mi chiedo addirittura se Mao possa considerarsi veramente comunista e se la diffidenza dei sovietici per la sua persona non fosse perfettamente giustificata".

UN MODELLO DI VITA MARXISTA-LENINISTA
Quella di Mao è stata un'esemplare vita rivoluzionaria e marxista-leninista spesa fino all'ultimo minuto per la causa del proletariato e del socialismo. Di lui non esistono biografie ufficiali perché egli non ha mai voluto che si parlasse della sua persona. Tutto quello che si sa della sua vita personale, specie giovanile, è ciò che Mao raccontò al giornalista americano Snow in un'intervista del 1936. Il resto fa parte della storia rivoluzionaria della Cina e del Partito comunista cinese con i quali Mao si è identificato per tutta la vita.
Fin da quando ebbe l'età per ragionare e capire il mondo che lo circondava, Mao scelse di dedicare la propria vita a "salvare" la Cina dal feudalesimo e dall'imperialismo e un quarto dei suoi anni li ha spesi a cercare la via e i mezzi per realizzare questo grandioso obiettivo.
Mao, e non poteva essere diversamente, non nacque marxista, ma una volta approdato al marxismo-leninismo dopo essersi liberato dall'influenza idealista, religiosa, riformista e anarchica, non lo abbandonerà più. All'inizio egli era un giovane progressista antimperialista. Le sue prime battaglie, le prime contraddizioni che ha affrontato sono state quelle in famiglia, in particolare contro il padre che voleva divenisse un lavoratore obbediente, seguisse le tradizioni mettendo su famiglia e mantenendo inalterata la condizione sociale familiare di modesta agiatezza raggiunta dopo le origini di contadini poveri.
Questo tipo di contraddizione, ancora oggi, è un fenomeno comune nella vita di tutti i giovani rivoluzionari. Tant'è vero che diversi nostri giovani e giovanissimi militanti e simpatizzanti incontrano l'opposizione e la vessazione dei propri genitori per la loro scelta marxista-leninista, e non possono ricevere a casa nemmeno le pubblicazioni del Partito e "Il Bolscevico".
Mao non si piegava alle pressioni, ai ricatti e alla repressione paterna. La sua ribellione contro le ingiustizie paterne era il primo passo di una rivolta generale contro la società, contro le tradizioni confuciane, faceva parte della ricerca di nuovi valori, di un nuovo ordine delle cose.
Mao imparò che quando difendeva i suoi diritti ribellandosi apertamente, il padre era costretto a cedere, mentre se si sottometteva riceveva insulti e veniva picchiato.
Questa ribellione fu poi diretta a cambiare il sistema di insegnamento nelle scuole che frequentò dove divenne ben presto un dirigente e un animatore della rivolta degli studenti e del movimento giovanile rivoluzionario.
Il salto di qualità nella sua vita fu però l'incontro col marxismo-leninismo giunto in Cina sull'onda delle cannonate della Rivoluzione d'Ottobre e grazie alla scoperta di Mao del "Manifesto del Partito comunista".
Ebbe così inizio la trasformazione della sua concezione del mondo in senso proletario rivoluzionario e marxista-leninista che egli proseguì ininterrottamente per tutta la vita attraverso lo studio e la partecipazione alla lotta di classe e alla rivoluzione cinese. Egli trasformava se stesso mentre trasformava il mondo che lo circondava.
Mao studiò a fondo il marxismo-leninismo. Anzi, non smise mai per tutta la vita di studiarlo e ristudiarlo e di spingere gli altri a conoscerlo, padroneggiarlo e applicarlo.
Lo studio non era per Mao un trastullo da intellettuale, per appagare solo la propria sete di sapere o per dimostrare agli altri di saperne di più.
Egli studiava a fondo il marxismo-leninismo per applicarlo alla realtà della rivoluzione cinese, per risolvere via via i problemi che si presentavano durante la lotta di classe, la lotta per conquistare il potere politico da parte del proletariato cinese e poi la lotta per edificare il socialismo. "Bisogna assolutamente integrare due fattori - affermava nel 1956 in un colloquio con rappresentanti di partiti comunisti stranieri - la verità universale del marxismo-leninismo e la situazione specifica del vostro paese".1
Mao, che pure possedeva rare capacità e doti intellettuali, non si è mai imborghesito, non si è mai elevato al di sopra delle masse e del Partito. Nel 1941, quando era già capo del Partito e della rivoluzione, così affermava: "Non posso assolutamente affermare che so tutto, e che gli altri non sanno niente. Imparare dalle masse insieme a tutti i compagni del Partito, continuare ad essere il loro allievo: questo è il mio desiderio".2
La vita di Mao è un concentrato di capacità, di coraggio, di determinazione, di ardore rivoluzionario e resistenza quasi sovrumana ad ogni tipo di sacrificio e difficoltà. Eppure non possono sfuggire la sua semplicità, la sua modestia, il suo spirito di servizio verso il popolo. Non c'è in lui una briciola di individualismo borghese, ricerca di fama, ricchezza e privilegi. Egli ha sempre messo il proletariato, il Partito e il socialismo al di sopra di se stesso e della sua stessa vita, anche familiare.
Niente e nessuno, né fame, freddo e privazioni, né sconfitte, arretramenti e tradimenti sono riusciti a fermarlo e a far crollare la sua grande fiducia nel proletariato e nelle masse popolari cinesi e la sua certezza nell'avvenire socialista.
"Il popolo e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo"3, egli sosteneva. E ancora: "I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non comprendiamo questo, non potremo acquisire le nozioni più elementari".4

DALLA PARTE DEI GIOVANI E DELLE DONNE
Mao viveva la stessa vita del suo popolo e aveva grande premura verso di esso specie per i giovani e le donne.
Si è sempre appoggiato nelle varie fasi della rivoluzione sui giovani, che nella Cina feudale venivano considerati men che niente, e a loro affidava l'avvenire della rivoluzione: "Il mondo è vostro, come è nostro, ma in ultima analisi è vostro. Voi giovani, pieni di vigore e di vitalità, siete nel fiore della vita, come il sole alle otto o alle nove del mattino. Le nostre speranze sono riposte in voi... il mondo vi appartiene".5
Mao aveva parimenti grande premura per le donne, che fin da giovane e non ancora marxista-leninista spronava ad emanciparsi dalla morale e dai costumi feudali e dalla concezione feudale della famiglia, del matrimonio e dell'amore.
Secondo le usanze di allora in Cina, che Mao rifiutava e osteggiava decisamente fin da giovanissimo, i suoi genitori lo avevano sposato all'età di 14 anni con una ragazza di venti, ma egli rifiutò sempre questo matrimonio e mai visse con lei. Il suo primo amore fu per una ragazzza di nome Yang Kai Huy. Un amore di tipo nuovo per la Cina di allora in quanto ognuno dei due aveva scelto liberamente l'altro e questo era un modo audace, fuori dalla tradizione, dai costumi e dalla morale. Decisero di unire le loro vite, consacrandosi ambedue alla rivoluzione, consapevoli che questo avrebbe significato poco tempo per l'amore, non trascurare mai nulla in nome dell'amore, vita di duro lavoro, di separazione, di morte probabilmente prematura.
La moglie di Mao che fu un'attiva comunista, fu poi torturata e uccisa da agenti del Guomindang nel 1930 perché rifiutò di denunciare il marito e abiurare la rivoluzione.
Mao non poteva sopportare la vista delle donne del suo paese soggette ai più umilianti e inumani trattamenti. La lotta contro l'oppressione della donna e contro la morale e i costumi feudali divenne parte integrante della volontà di Mao di cambiare il volto del suo paese. Quand'era ancora studente lavorò attivamente per spingere le ragazze a partecipare alla vita e alla lotta sociale, scrisse lunghi articoli per sostenere la causa dell'emancipazione femminile e per forgiare ragazze rivoluzionarie. Nel 1919, sulla "Rivista del Fiume Xiang", così scriveva: "La testa degli uomini e delle donne è uguale, come pure uguale è il giro di vita di uomini e donne. Perché allora le donne portano sulla testa una grande, alta treccia mossa dal vento? Perché il giro di vita delle donne viene stretto dalla cintura di una gonna che struscia per terra? Io ritengo che le donne sono per loro natura innocenti e che le pettinature alte, le gonne lunghe fino a terra sono mezzi con cui gli uomini le tengono prigioniere. E poi ci sono i vari tipi di belletti per il visto che non sono altro che un marchio nero. I gioielli, che altro non sono che catene. I buchi nelle orecchie e la fasciatura dei piedi che altro non sono che terribili punizioni. La scuola e la famiglia che altro non sono che prigioni. La sofferenza è talmente grande che non la si può esprimere a parole. Una volta chiuse dentro non è più possibile uscirne. Come possono dunque sfuggire a tutti questi tipi di oppressione dolorosa? Secondo me, l'unico modo è organizzare l'esercito rivoluzionario delle donne".6
Nel 1929 giunse ad affermare che "Le donne rappresentano la metà del popolo. La condizione economica delle lavoratrici, il fatto che esse soffrano particolarmente dell'oppressione provano non solo che le donne hanno un bisogno urgente della rivoluzione, ma anche che esse costituiscono una forza decisiva per la vittoria della rivoluzione".7
Era questo il frutto dell'assimilazione della concezione marxista dell'emancipazione della donna alla quale Mao ha apportato un contributo fondamentale sia sul piano teorico che pratico. In un primo tempo Mao era attratto dai movimenti femministi di carattere suffragista che si erano sviluppati in Cina in particolare dal 1912 e che avevano influenzato l'impetuoso movimento del 4 maggio del 1919, ma ben presto modificò il suo atteggiamento nei loro confronti. Capì la natura borghese di quei movimenti femministi che lottavano sì contro la morale e i vecchi costumi ma per sostituirli con quelli borghesi importati dai paesi capitalistici occidentali.
Egli contestava il fatto che i movimenti femministi si occupassero esclusivamente dei problemi della libertà individuale e sessuale della donna e trascurassero tutta la sfera delle condizioni materiali delle lavoratrici e delle contadine. Inoltre quei movimenti teorizzavano una liberazione delle donne indolore come risultato di una lotta puramente ideologica e culturale.
Mao invece capì che una vera uguaglianza tra uomo e donna può essere solo il risultato della trasformazione socialista dell'intera società e che il processo di emancipazione della donna è parte integrante del processo rivoluzionario per abbattere la società feudale e il capitalismo e conquistare il socialismo.
Grazie alla spinta di Mao, durante la lunga guerra civile rivoluzionaria e in quella di resistenza contro il Giappone milioni di donne ebbero modo di prendere coscienza della loro condizione, di partecipare alla vita sociale e politica rivoluzionaria e di veder avviare a soluzione la loro secolare oppressione. Dove giunge l'Esercito rosso con alla testa Mao, una ventata di nuovo penetra anche sul piano della concezione del mondo, della famiglia e della donna.
Nella base di Jiangzi, dove ebbe inizio l'epica Lunga Marcia, in qualità di presidente del Soviet Mao promuove già nell'agosto del 1930 un decreto sul matrimonio accompagnato poi da un Piano di lavoro nei confronti delle donne che sancisce la libertà di matrimonio e di divorzio e abolisce la distinzione fra figli legittimi e figli illegittimi. In Italia, e solo a costo di dure lotte, solo negli anni '70 è stata raggiunta una legislazione simile.
Per Mao l'emancipazione della donna era un elemento indispensabile della costruzione del socialismo. In coerenza con quanto avevano affermato gli altri maestri del proletariato internazionale sottolineava che "senza l'emancipazione della donna, il socialismo non può essere consolidato" e che una "vera uguaglianza tra i sessi si può realizzare solo nel processo di trasformazione socialista dell'intera società". Queste verità universali furono più volte verificate da Mao nella pratica rivoluzionaria, in particolare durante il Grande balzo in avanti del 1958-59 e la Grande rivoluzione culturale proletaria iniziata nel 1966, non a caso i due avvenimenti più attaccati e vilipesi da parte della reazione e dei revisionisti cinesi e degli altri paesi, compresi quelli italiani.
Durante il Grande balzo in avanti Mao chiama le donne a sostenere lo sviluppo dell'economia socialista, a partecipare al lavoro nelle campagne e nelle fabbriche. Vengono costruite piccole fabbriche e laboratori. Asili, mense e nidi si diffondono secondo le direttive del Partito comunista nelle fabbriche e nelle comuni. Si calcola che nel 1958 iniziano, per la prima volta, un lavoro esterno alla casa circa quaranta milioni di casalinghe.
Nel corso della Grande rivoluzione culturale proletaria le donne cinesi conoscono poi un nuovo risveglio, si lanciano nella lotta di classe e assumono un ruolo d'avanguardia. Le donne in particolare sono in prima fila nella lotta contro le idee, le tradizioni, i costumi borghesi ancora presenti all'interno e all'esterno del Partito, contro i tentativi della cricca revisionista di Liu Shaoqi di estrometterle dal lavoro produttivo e relegarle nel lavoro domestico. Per la prima volta nella storia della rivoluzione cinese l'indicazione di Mao che "Le donne prendano posti di comando" diventa una realtà. Nel 1969 una direttiva ispirata da Mao stabilisce la presenza di almeno un 30% di quadri femminili in ogni Comitato rivoluzionario che andava a sostituire la vecchia struttura amministrativa.
Oggi in Cina a causa della restaurazione del capitalismo operata dai revisionisti le donne sono tornate schiave salariate, della famiglia e del marito. Dilagano di nuovo l'usanza feudale dei matrimoni combinati e la prostituzione, il confucianesimo ha ripreso vigore.
Insomma le donne cinesi di oggi conoscono tutte le delizie che il capitalismo riserva alle proletarie e alle masse femminili e che anche nel nostro Paese ben conosciamo: schiavitù salariata e domestica, disoccupazione e miseria, discriminazione e oppressione familiare, maritale, sessuale e sociale, una morale e costumi oppressivi e bigotti. Vedi la legge fascista, oscurantista, antiscientifica e antifemminile sulla fecondazione assistita approvata dal parlamento nero italiano nel dicembre scorso per la quale è in corso la raccolta di firme per il referendum abrogativo che noi appoggiamo. Vedi anche la proposta del senatore di Forza fascisti Antonio Gentile, appoggiata dal ministro della salute Sirchia, di introdurre il ticket sulla seconda interruzione di gravidanza. Pur essendo rientrata svela la mai sopita volontà di liquidare la legge 194 sull'aborto come da sempre invocano i reazionari e la Chiesa cattolica. Quest'ultima ormai da tempo ha lanciato una vera e propria crociata tesa a imporre allo Stato italiano la morale oscurantista del proprio credo religioso.
Lo scopo del papa e delle alte gerarchie ecclesiastiche italiane è quella di fare dell'Italia la patria e il veicolo nel mondo di una concezione della vita, della famiglia, della morale, dell'etica, della cultura e della scienza profondamente reazionarie, retrograde, metafisiche e antifemminili. La culla del nuovo Medioevo del XXI secolo.
In questo quadro si inserisce la "Lettera sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo" che porta la firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinal Ratzinger e approvata dal papa in prima persona. In essa si ribadisce la contrarietà della Chiesa all'uguaglianza fra uomo e donna, all'omosessualità, alla fecondazione non "naturale", al divorzio, alla partecipazione alla vita pubblica se questa lede la "vocazione" femminile alla maternità. Si ribadisce che l'unica famiglia legittima è quella unita, prolifica, fondata sul matrimonio consacrato tra uomo e donna. Il "genio femminile", più volte chiamato demagogicamente in causa dal papa, al quale la Chiesa affida la "salvezza della famiglia e del mondo" è in realtà il simbolo dell'asservimento femminile, tant'è vero che il suo prototipo è la "Vergine Maria".
Questa strategia è favorita dal governo Berlusconi che ha fatto proprio e rilanciato in grande stile il motto mussoliniano "Dio, patria e famiglia", presente ormai in tutta la sua politica interna, sociale ed estera e dall'omologazione ideologica e culturale della "sinistra" borghese della quale ormai non si tengono più i conti delle conversioni religiose e dei veri e propri pellegrinaggi in Vaticano. Per non parlare delle sperticate lodi indirizzate al papa nero Wojtyla da parte del rimbambito e imbroglione trotzkista Bertinotti.
Non meglio fanno le femministe borghesi, molte delle quali hanno abboccato all'amo vaticano. Del resto la teoria cattolica della "diversa vocazione biologica" della donna non si allontana di molto dalla teoria femminista borghese della "differenza sessuale". Ma anche chi apparentemente ne prende le distanze, come la femminista trotzkista Elettra Deiana, non lo fa sulla base di una concezione di classe e proletaria bensì borghese e individualista. Su "Liberazione" del 6 agosto scorso vaneggia di un "ordine fallocratico" che sarebbe stato scardinato dalla "rivoluzione femminile" aprendo "spazi di autonomia e autodeterminazione" e operando un "vero e proprio passaggio storico-antropologico" e idiozie simili. Una "rivoluzione femminile" tutta interna al sistema capitalistico e borghese, che si misura sostanzialmente solo col maschilismo e aspira a una liberazione individuale e individualistica delle donne.
L'opposto cioè dell'emancipazione femminile che, come ci ha insegnato Mao, è appunto una liberazione sociale e collettiva delle donne sfruttate e oppresse dal capitalismo, dalla schiavitù salariata e domestica e dall'oppressione economica, sociale, culturale, morale, religiosa, familiare, maritale. Come dimostrano i fatti l'emancipazione femminile non può che essere raggiunta nel processo rivoluzionario di trasformazione dell'intera società che ha come tappe fondamentali la conquista del potere politico da parte del proletariato, l'instaurazione del socialismo e si concluderà solo nel comunismo.

LA LOTTA CONTRO IL REVISIONISMO
Uno dei contributi fondamentali di Mao al movimento operaio cinese e internazionale e alla scienza del marxismo-leninismo è costituito dalla lotta ideologica, politica e pratica che egli ha condotto contro il revisionismo moderno. Un contributo della stessa portata e dello stesso valore di quello di Lenin e Stalin contro l'antico revisionismo, la socialdemocrazia e, ancora più indietro, del contributo di Marx ed Engels contro il comunismo utopistico, l'anarchismo e il riformismo.
Mao ha combattuto il revisionismo di destra e di "sinistra" all'interno del Partito, dello Stato e della Cina per impedire la restaurazione del capitalismo e che il Partito si trasformasse in un partito fascista, com'è poi accaduto per opera della banda del fascista e revisionista Deng Xiaoping e dei suoi attuali degni eredi.
Non a caso recentemente "Liberazione", organo di Rifondazione trotzkista, ha recensito il libro scritto dalla figlia di Deng Xiaoping dal titolo "Deng Xiaoping e la rivoluzione culturale", edito da Rizzoli nell'aprile 2003. Questo libro è tutta una esaltazione della linea di Deng, che a ragione è ritenuto il padre della restaurazione del capitalismo in Cina.
Mao da tempo aveva capito la natura borghese, revisionista e controrivoluzionaria di Deng, e di lui non si è mai fidato: "Deng Xiaoping non afferra la lotta di classe, - lo bollava Mao - non l'ha mai considerata l'asse principale. Non sa nulla di marxismo-leninismo, egli rappresenta la borghesia. A fior di labbra ha giurato che `non avrebbe mai messo in discussione le decisioni corrette'. Non si può far affidamento su di lui".8
Con Mao il popolo cinese si era sollevato in piedi liberandosi dalle secolari catene del feudalesimo e del capitalismo, la Cina era divenuta un bastione rosso del socialismo e della rivoluzione mondiale, un punto di riferimento e di appoggio per tutte le nazioni che volevano l'indipendenza, i popoli che volevano la liberazione e il proletariato che voleva la rivoluzione socialista. Oggi la Cina con Deng e i suoi eredi è divenuta una potenza imperialista in piena ascesa che si propone di contendere mercati, potere e spazi alle altre potenze imperialiste Usa, Europa e Giappone recuperando il gap economico, industriale, tecnologico e militare che ancora la divide da esse. Il prezzo che il proletariato e il popolo cinesi stanno pagando è uno sfruttamento sempre più brutale e disumano e una miseria che stanno dilagando a dismisura. Per la prima volta dopo 25 anni l'esercito dei poveri (quelli sotto 75 dollari di reddito annuo) è cresciuto in Cina di 800 mila persone nelle statistiche ufficiali.
Mao è stato un campione della lotta contro il revisionismo moderno e per salvaguardare la purezza del marxismo-leninismo dalle manipolazioni e dalle deformazioni degli agenti della borghesia e dell'imperialismo travestiti da comunisti che hanno sabotato e sabotano dall'interno il movimento operaio internazionale e la rivoluzione mondiale.
Per primo lo ha combattuto a livello internazionale denunciando prontamente la cricca di Krusciov non appena questa conquistò il potere in Urss con un colpo di Stato avvenuto col XX Congresso del Pcus nel '56; intervenendo di persona alla Prima Conferenza dei Partiti comunisti dei paesi socialisti che si è svolta a Mosca nel novembre del 1957; smascherando a uno a uno i capifila dei più importanti partiti revisionisti del mondo: dal giapponese Myamoto, al francese Thorez, all'jugoslavo Tito, all'indiano Dange, all'italiano Togliatti.
Non appena il rinnegato Krusciov sferrò l'attacco controrivoluzionario a Stalin, Mao lo smascherò denunciando l'obiettivo delle sue calunnie e delle sue vili insinuazioni contro Stalin, ossia il rigetto dell'intero maxismo-leninismo: "Vorrei dire qualcosa sul XX congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica - disse Mao -. Secondo me ci sono due spade: una è Lenin, l'altra è Stalin. Adesso i russi hanno gettato via quella spada che è Stalin. L'hanno raccolta Gomulka e certi ungheresi per colpire l'Unione Sovietica, per combattere il cosiddetto stalinismo. I partiti comunisti di diversi paesi europei criticano anche loro l'Unione Sovietica. Il loro leader è Togliatti. Anche l'imperialismo ha raccolto questa spada per lanciarsi all'attacco, Dulles l'ha presa e se n'è servito per qualche manovra. Questa spada non è stata data in prestito, bensì gettata via. Noi in Cina non l'abbiamo gettata via. Noi in primo luogo abbiamo difeso Stalin e in secondo luogo abbiamo criticato i suoi errori, abbiamo scritto l'articolo Sull'esperienza storica della dittatura del proletariato. Non abbiamo fatto come certuni che hanno screditato e distrutto Stalin, abbiamo agito in base alla situazione reale.
Si può dire che alcuni dirigenti sovietici hanno in qualche misura gettato via anche quella spada che è Lenin? Secondo me lo hanno fatto in misura notevole. La Rivoluzione d'Ottobre è ancora valida? Può costituire o no un modello per tutti i paesi? Nel rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica si dice che si può conquistare il potere seguendo la via parlamentare, ossia che i vari paesi possono fare a meno di prendere esempio dalla rivoluzione d'Ottobre. Una volta aperta questa breccia, sostanzialmente si è gettato via il leninismo".9
La banda kruscioviana si avvalse di tutto il prestigio che sino ad allora godeva l'Urss socialista per imporre al movimento comunista internazionale il nuovo corso revisionista. Tuttavia grazie a Mao e al PCC da lui guidato, nella Prima Conferenza di Mosca dei partiti comunisti dei paesi socialisti del '57 e nella Conferenza di Mosca degli 81 partiti comunisti del '60, i revisionisti subivano due sonore sconfitte. Nelle risoluzioni conclusive, che rappresentano comunque un compromesso all'interno del movimento comunista internazionale, si legge chiaramente che: "Il revisionismo, l'opportunismo di destra, travisando il marxismo-leninismo, svuotandolo dello spirito rivoluzionario, riflette in teoria e in pratica l'ideologia borghese, mortifica lo slancio rivoluzionario della classe operaia, disarma e smobilita gli operai e le masse dei lavoratori nella lotta contro il giogo degli imperialisti e degli sfruttatori, per la pace e la democrazia, la liberazione nazionale e il trionfo del socialismo".10
Mao non affondò subito il coltello, sperava che i revisionisti sovietici si ravvedessero e correggessero i loro errori. Allora, come diceva Mao, "Il vento dell'Est prevale sul vento dell'Ovest", un terzo del mondo era socialista. Bastava qualche altra circostanza favorevole perché il mondo lo diventasse per intero. Se questo non è accaduto è per responsabilità dei revisionisti dei vari paesi con in testa quelli sovietici che non dettero ascolto a Mao, ma portarono fino in fondo il loro tradimento.
Con il massacro dei bambini in Ossezia, Stalin non c'entra un bel nulla, come tentano vigliaccamente di far credere i reazionari e i loro servi falsi comunisti. La responsabilità è di Putin che non è l'erede di Stalin, ma piuttosto di Gorbaciov e di Eltsin che a loro volta hanno portato a compimento la restaurazione del capitalismo in Urss e la distruzione dalle fondamenta del Partito e dello Stato di Lenin e Stalin iniziata da Krusciov e proseguita da Breznev, Andropov e Cernenko che in Italia potevano contare su un servo fedele come Cossutta.
Putin aveva promesso che non avrebbe usato la forza, invece ha scatenato un feroce e bestiale blitz. Non doveva farlo. Doveva trattare con i sequestratori fino a trovare un accordo onorevole da entrambe le parti. La Cecenia chiede l'indipendenza dalla Russia, e ha diritto all'indipendenza.
Il PMLI esprimendo il suo incommensurabile cordoglio per la morte di tanti bambini e adulti ribadisce che se si vuole impedire nuovi massacri del genere va spazzato via l'imperialismo dalla Terra, attraverso le guerre di liberazione nazionale e la rivoluzione socialista.
Insostituibile è stato il contributo che Mao ha dato a noi marxisti-leninisti italiani nella lotta contro il revisionismo togliattiano fautore fra i primi al mondo di "una via pacifica e parlamentare al socialismo". Una lotta condotta inizialmente all'interno del movimento comunista internazionale, ma ben presto resa pubblica nei primi anni '60, allorché il PCI iniziò ad attaccare apertamente la linea rivoluzionarie ed antirevisionita di Mao. In particolare sono noti l'editoriale del quotidiano "Renmin Ribao" (Quotidiano del popolo) del 31.12.62 dal titolo "Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi" e quello pubblicato nel giugno 1963 dalla rivista "Hongqi" (Bandiera rossa) dal titolo "Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi" che, data la loro rilevanza internazionale non possono che essere stati scritti su ispirazione e sotto la direzione di Mao. In questi articoli degli organi del CC del PCC vengono sottoposte a dura critica le tesi e la strategia controrivoluzionaria del vertice del PCI che riproponevano putride teorie degli antichi socialdemocratici come la via riformista al potere, lo Stato pluralistico, l'apologia della legalità borghese, il cretinismo parlamentare, la difesa della proprietà privata capitalistica, il pacifismo borghese.
Mao non fu solo il primo a denunciare il tradimento revisionita denunciandolo ideologicamente e politicamente e smascherandone l'essenza reazionaria e la continuità storica con l'antica socialdemocrazia, ma analizzando scientificamente sulla base del materialismo dialettico l'esperienza della dittatura del proletariato in Urss e in Cina fornì alla classe operaia del mondo intero e ai partiti autenticamente marxisti-leninisti inediti e fondamentali strumenti per difendere e sviluppare il socialismo contro i tentativi dei revisionisti e dei controrivoluzionari di restaurare il capitalismo. Questi strumenti sono la teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato e la teoria e la pratica della Grande rivoluzione culturale proletaria. è questo il contributo più alto che egli ha dato al patrimonio comune del marxismo-leninismo, sviluppandolo e arricchendolo di un tassello fondamentale senza il quale il proletariato si troverebbe ancora disarmato di fronte al problema capitale del destino storico della dittatura del proletariato.
Nel '62 egli stabilisce la linea fondamentale del socialismo: "La società socialista abbraccia un periodo storico molto lungo, nel corso del quale esistono le classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe, esiste la lotta tra le due vie, il socialismo e il capitalismo, ed esiste il pericolo di una restaurazione del capitalismo. Dobbiamo comprendere che questa lotta sarà lunga e complessa, aumentare la vigilanza, e svolgere un lavoro di educazione socialista. Dobbiamo comprendere e risolvere in modo giusto le contraddizioni di classe e la lotta di classe, distinguere le contraddizioni fra il nemico e noi e le contraddizioni in seno al popolo e dare ad esse una giusta soluzione. Altrimenti un paese socialista come il nostro si trasformerà nel suo opposto, cambierà natura e si avrà la restaurazione. D'ora in poi, dobbiamo parlare di questo problema ogni anno, ogni mese e ogni giorno, in modo da averne una comprensione abbastanza chiara e seguire una linea marxista-leninista".11
Mao ha condotto aspre battaglie all'interno del Partito contro le linee opportunistiche di destra alla Liu Shaoqi e alla Deng Xiaoping, ma anche contro le linee opportunistiche di "sinistra" che più volte si sono presentate all'interno del PCC arrecando gravi danni alla rivoluzione cinese nelle sue varie fasi e nell'edificazione del socialismo.
Anche in questo campo c'è molto da imparare da Mao, soprattutto per i giovani rivoluzionari che nel nostro Paese e nel mondo si fanno influenzare da teorie e pratiche "ultrasinistre", avventuriste e piccolo borghesi pensando di svolgere un'azione rivoluzionaria. Essi non si rendono infatti conto che così procurano dei danni alla lotta anticapitalista e antimperialista. L'avventurismo e l'azione di piccolo gruppo, dimostrativa e staccata dalle masse, che stanno alla base delle teorie e delle pratiche di organizzazioni filoterroristiche e terroristiche, ma anche dei gruppi che miscelano spontaneismo, pacifismo e parlamentarismo, sono il risultato della sfiducia nelle masse, del pessimismo piccolo-borghese, dell'impotenza e dell'incapacità politica a lavorare con pazienza e intelligenza per rimuovere tutti gli ostacoli allo sviluppo della lotta di classe. Il risultato è che le masse invece di avvicinarsi si allontanano dalla parte più avanzata e combattiva, e questa rimane preda del suo isolamento, si demoralizza, brucia in poco tempo le sue forze migliori, se non diventa addirittura strumento della reazione, come la storia del terrorismo cosiddetto "rosso" in Italia dimostra.
"La guerra rivoluzionaria - sottolinea Mao - è la guerra delle masse ed è possibile condurla solo mobilitando le masse e facendo affidamento su di esse".12
Le masse non si conquistano alla lotta di classe, alla rivoluzione e al socialismo con gli strilli rivoluzionari e con le azioni avventate, ma interessandosi ai loro problemi economici, di lavoro, di studio, di vita, difendendo i loro diritti, vivendo con loro come "pesci nell'acqua", elevando gradualmente la loro coscienza. Mai mettersi alla coda delle masse, ma nemmeno troppo avanti e staccati da esse. "Io sostengo davanti a questo congresso - spiegava Mao - che bisogna prestare seria attenzione ai problemi della vita delle masse, da quelli della terra e del lavoro a quelli della legna, del riso, dell'olio e del sale (...). Dobbiamo aiutare le larghe masse a capire che rappresentiamo i loro interessi, che la loro vita è la nostra stessa vita. Dobbiamo aiutarle a capire, partendo da queste cose, i compiti ancora più alti che abbiamo posto, i compiti della guerra rivoluzionaria, in modo che esse appoggino la rivoluzione e la estendano in tutto il paese, rispondano ai nostri appelli politici e lottino fino in fondo per la vittoria della rivoluzione".13
In queste parole sta l'essenza della linea di massa marxista-leninista che occorre seguire per risvegliare la coscienza del proletariato e delle masse e spingerli a partecipare alla lotta anticapitalista e antimperialista e per il socialismo. Non esistono scorciatoie a questo duro lavoro che ogni proletario rivoluzionario è chiamato a compiere.

APPELLO AI FAUTORI DEL SOCIALISMO
Attualmente l'influenza più nefasta e perniciosa all'interno del proletariato e delle masse è quella del revisionismo di destra, rappresentato ieri dal PCI revisionista e oggi dai suoi eredi falsi comunisti come il PRC e il PdCI.
Come ha detto il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nella riunione plenaria dell'Ufficio politico tenutasi ieri 11 settembre, "Prima o poi i fautori del socialismo non potranno non fare un bilancio approfondito della storia del movimento operaio nazionale e internazionale sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e su un piano di classe. Allora capiranno perché sono stati liquidati i Partiti comunisti storici ed è stato restaurato il capitalismo nei paesi socialisti.
Capiranno perché i partiti di Bertinotti e di Cossutta e Diliberto e i gruppi terroristici che si richiamano al proletariato e al comunismo non hanno nulla a che fare col socialismo e il comunismo.
Capiranno perché nei paesi attualmente occupati e oppressi dall'imperialismo non esistono degli autentici partiti comunisti e la direzione dei movimenti antimperialisti e della Resistenza e in mano a correnti musulmane.
Capiranno che la causa di tutto ciò è il revisionismo moderno, una corrente ideologica borghese che ha cambiato i connotati del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, inquinato la mente del proletariato e cacciato il proletariato in un vicolo cieco.
Capiranno che se la classe operaia e gli autentici comunisti di tutto il mondo avessero seguito Mao, che denunciò prontamente e risolutamente il revisionismo moderno appena comparve in Cina e in Urss, i paesi socialisti sarebbero ancora in piedi e l'imperialismo confinato in un angolo e assediato da tutti i popoli del mondo, compresi da quelli delle sue roccaforti storiche dell'occidente.
Con lo scoppio della Grande rivoluzione culturale proletaria in Cina, elaborata, promossa e diretta da Mao, i fondatori del PMLI aprirono gli occhi, presero coscienza della natura borghese e degli scopi anticomunisti e controrivoluzionari del revisionismo moderno, capirono la lezione e la misero subito in pratica.
I fautori del socialismo - conclude il compagno Scuderi - che via via scopriranno il PMLI non potranno che seguire il nostro esempio".
Mao aveva previsto esattamente ciò che sarebbe potuto accadere in Cina ed era perfettamente cosciente che per vincere definitivamente la borghesia presente nel Partito, nello Stato e nel paese non sarebbe bastata una sola rivoluzione culturale seppur vittoriosa come quella lanciata e guidata in prima persona fin quando è stato in vita.
Il pensiero di Mao non risulta quindi smentito dagli avvenimenti successivi alla sua morte, ma pienamente confermato nella pratica e noi marxisti-leninisti siamo più preparati ideologicamente e politicamente per aprire un'altra fase della storia della dittatura del proletariato forti dell'esperienza accumulata nel passato e del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Coloro che non hanno mai imparato, né mai vorranno imparare dall'esperienza del movimento operaio internazionale e dai grandi maestri del proletariato internazionale sono i falsi comunisti come quel salottiero imbroglione trotzkista di Bertinotti. Proprio il giorno dell'80° anniversario della scomparsa di Lenin, il 21 gennaio di quest'anno, che il PMLI ha onorato degnamente con la pubblicazione a puntate su "Il Bolscevico" di una inedita biografia, Bertinotti ha rilasciato a "il manifesto" un'intervista in cui afferma "Penso che non solo Lenin, ma tutti i grandi leader del movimento operaio del '900, siano morti e non solo fisicamente. Oggi sarebbe grottesto richiamarsi all'uno o all'altro". E ancora: "Vorrei vederlo in faccia uno che oggi dica: voglio fare un partito marxista o leninista e che voglia mettere questa definizione nel suo statuto".
Così oltreché rimbambito Bertinotti sta diventando pure cieco. In più di un'occasione infatti ha visto, con suo palese disappunto, il nostro Partito in faccia.
Il punto comunque è che Bertinotti liquidando come "tragedie" i capisaldi fondamentali del comunismo come la Rivoluzione d'Ottobre, la dittatura del proletariato e Stalin e dichiarando "davvero conclusa" l'esperienza del socialismo realizzato e non più "plausibile né attuabile" l'"ipotesi di conquista del potere statale" è approdato definitivamente all'anticomunismo e alla non violenza. I suoi maestri sono dichiaratamente la Luxemburg, Ghandi, San Francesco e il papa nero Wojtyla. La non-violenza non è "un elemento di riforma del comunismo", come l'ha definita Bertinotti, ma proprio la sua negazione.
Da sempre la questione della violenza rivoluzionaria divide gli autentici comunisti dai falsi comunisti.
Una questione già posta con forza da Lenin e sulla quale anche Mao è dovuto intervenire nell'aspra disputa con i revisionisti moderni a proposito della questione della via pacifica e parlamentare alla conquista del potere politico da parte del proletariato.
"Le contraddizioni della società capitalista - afferma Mao non a caso nel '57 - si manifestano con antagonismi e conflitti acuti, con un'accanita lotta di classe e non possono essere risolte dallo stesso regime capitalistico, ma soltanto dalla rivoluzione socialista".14
Guardate la mattanza repressiva di Napoli nel marzo 2001 (governo Amato) e quella di Genova nel luglio 2001 (governo Berlusconi). E guardate cosa è successo il 29 agosto scorso alla popolazione di Acerra, alla quale va la nostra solidarietà militante, dove bambini donne e anziani sono stati brutalmente caricati dalle "forze dell'ordine" del nuovo Mussolini Berlusconi solo perché non intendono recedere dalla lotta contro l'incenitore.
La classe dominante borghese e i suoi governi non esitano ad usare la violenza contro chi lotta per un diritto elementare come quello alla salute e alla salvaguardia dell'ambiente. E' disposta a tutto pur di impedire al proletariato di prendere il potere politico.
Oggi, come ieri, negare la necessità dell'uso della violenza rivoluzionaria e di massa significa nient'altro che rinunciare in partenza alla lotta contro il capitalismo e l'imperialismo, e per il socialismo.
La rivoluzione socialista è l'inevitabile sbocco di una lunga fase di lotta legale del proletariato durante la quale esso usa vari strumenti e metodi di lotta legali ed illegali, violenti e non a seconda del grado di scontro con la classe dominante borghese, il governo e i padroni e i rapporti di forza in campo. La scelta di metodi non violenti non può mai essere una questione di principio, assoluta e irrevocabile. Al contrario l'uso della violenza rivoluzionaria per conquistare il potere politico da parte del proletariato è una questione di principio e non tattica.
Tattica è la scelta o meno di usare in senso rivoluzionario il parlamento borghese. Una scelta che ogni partito deve compiere applicando gli insegnamenti universali del marxismo-leninismo-pensiero di Mao alla realtà concreta della propria rivoluzione. La risposta se sia giusto o meno usare il parlamento quindi non la possiamo trovare bella e pronta nei libri dei maestri, ma qui in Italia la troviamo nei libri del PMLI che chiunque può andarsi a leggere. è questa una questione che puntualmente ci viene riproposta a ridosso delle scadenze elettorali.
Secondo il PMLI l'elettoralismo borghese nel nostro Paese è ormai divenuto la personificazione della corruzione politica, sociale e morale, un duello senza esclusione di colpi tra cosche politico-mafiose per accaparrarsi quanto più potere possibile per curare i propri interessi, una gara selvaggia e senza regole per assegnare le poltrone istituzionali e governative ai rappresentanti politici delle varie fazioni borghesi. Una gara cui possono partecipare solo i ricchi e chi è disposto a vendersi e a farsi finanziare dai ricchi. Una gara da cui sono irrimediabilmente esclusi gli operai, i contadini, i disoccupati, i poveri.
L'elettoralismo borghese, specie dopo l'introduzione del sistema maggioritario e del presidenzialismo ad ogni livello di consultazione, ha ormai toccato il fondo della degenerazione. Non può dare più nulla sul piano democratico-borghese e progressista.
Il parlamentarismo nel nostro Paese ha fatto il suo tempo. Non è più utile utilizzarlo in senso rivoluzionario. Si è visto che praticarlo crea pericolose illusioni elettoralistiche e riformiste nelle masse e anziché indebolire rafforza le istituzioni del capitalismo.
Noi lavoriamo perché la classe operaia e le masse si risveglino, abbandonino ogni illusione elettoralista, parlamentarista e governativa e riprendano la strada della lotta di classe per il socialismo e quindi indichiamo alle elettrici e agli elettori di astenersi. Ciò vale anche per le prossime scadenze elettorali come le suppletive per la Camera di autunno e le regionali del 2005 in cui invitiamo gli elettori ad astenersi (disertare le urne, annullare la scheda o lasciarla in bianco) e a contrapporre il partecipazionismo alle istituzioni rappresentative delle masse costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.
Milioni e milioni, in media un quarto e più dell'elettorato, scelgono ormai spontaneamente l'astensionismo, come è successo alle recenti consultazioni europee e amministrative parziali di giugno. Ma le illusioni elettoralistiche, parlamentaristiche, riformiste e pacifiste pesano ancora come macigni sulla classe operaia e le masse, specie nella loro componente più avanzata e combattiva a causa dell'influenza borghese, dei falsi comunisti e delle nuove liste acchiappa voti di sinistra. Un grosso problema che è impossibile risolvere in quattro e quattr'otto e una volta per tutte. Tali illusioni si riproporranno anche quando ci sembrerà di averle estirpate in una certa misura, e persino quando il PMLI sarà più forte, più grande, più radicato e presente in tutte le città d'Italia. è un problema legato alla trasformazione della concezione del mondo da parte del proletariato e delle masse e delle nuove generazioni.
Anche dopo la batosta presa dal governo Berlusconi nelle elezioni di giugno, i falsi comunisti cianciando di un governo ormai "bollito" e addirittura dando per "finito" il berlusconismo, hanno sparso l'illusione che il nuovo Mussolini potesse essere cacciato facendo affidamento sui risultati elettorali e sui giochi parlamentari e addirittura grazie a un'implosione spontanea della casa del fascio. Niente di tutto questo è successo e Berlusconi è andato avanti indisturbato come un rullo compressore. Ora questi imbroglioni e cacasotto propongono di far fuori Berlusconi col voto, tutt'altro che scontato, alle politiche 2006. In questo modo questi opportunisti concedono ancora corda al nuovo Mussolini con la quale questi continuerà a stringere il cappio intorno al collo del proletariato, dei pensionati, dei disoccupati, delle donne e dei giovani del nostro Paese.

IL GOVERNO BERLUSCONI
Mao ci ha insegnato che occorre la lotta di classe per combattere il capitalismo e l'imperialismo che oggi in Italia è rappresentato dal governo del neoduce Berlusconi come ieri era rappresentato dai governi Prodi e D'Alema.
Il governo Berlusconi va buttato giù subito, ora che si appresta a completare la seconda repubblica neofascista con la controriforma costituzionale che frantuma l'Italia, abbandona a se stesso il meridione e conferisce al presidente del consiglio pieni poteri di tipo mussoliniano come prevedevano il cosiddetto "piano di rinascita democratica" e lo "Schema R" della P2, di Gelli, Craxi e Berlusconi. Un piano avanzato anche grazie anche all'aiuto di Ciampi che nei confronti di Berlusconi ha avuto lo stesso atteggiamento che ebbe Vittorio Emanuele III rispetto a Mussolini.
Il governo va buttato giù ora e deve essere la piazza a farlo prima che arrechi ulteriori gravi danni alle masse lavoratrici e popolari. Come ha sostenuto il compagno Scuderi, nella succitata riunione dell'Ufficio politico "La lotta contro il governo Berlusconi, come la intendiamo noi, è una lotta tra il proletariato e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo, tra l'antimperialismo e gli amanti della pace e l'imperialismo e i guerrafondai, tra l'antifascismo e il fascismo, tra il progresso e la reazione. Una guerra totale che richiede il massimo impegno di chi ha la coscienza della natura e della pericolosità di questo governo. Questo governo è illegale e illegittimo. Fin dalla nascita, data la sua composizione di fascisti, neofascisti, di separatisti e di razzisti e per la stessa figura piduista di Berlusconi. E ancor di più per i suoi golpe istituzionali, per la sua flagrante violazione della Costituzione con la partecipazione dell'Italia alla guerra e all'occupazione dell'Iraq. Quindi è legale e legittimo, anche sul piano costituzionale e democratico borghese, buttarlo giù con la lotta di piazza".
Con questo governo non vi può essere un briciolo di collaborazione. è da respingere con forza l'appello di Berlusconi all'"unità nazionale contro il terrorismo" per salvare la vita alle pacifiste italiane, Simona Pari e Simona Torretta, rapite in Iraq; perché con esso egli intende coinvolgere il nostro popolo nell'occupazione italiana dell'Iraq e nella lotta contro la Resistenza irachena. Solo un calabrache e opportunista come Bertinotti poteva recipire prontamente tale appello spingendosi fino a dichiarare a "La Repubblica" del 9 settembre che è il momento di accantonare la richiesta del ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
Dobbiamo al contrario obbligare il governo a non tralasciare alcuna trattativa, iniziativa e azione per liberare le nostre due connazionali. Al contempo dobbiamo mobilitarci per chiedere alla Resistenza irachena di costringere i rapitori a liberare subito le due pacifiste italiane. Noi vogliamo non solo la loro libertà ma anche la libertà del popolo iracheno.
Bisogna capire bene, e farlo comprendere alla classe operaia e al popolo italiani, che con la scusa di combattere il terrorismo in realtà i governanti imperialisti e i loro lacché vogliono coinvolgere i popoli e i paesi dell'occidente e della Federazione russa nella lotta contro le guerre di liberazione dei popoli iracheno, palestinese, afghano e ceceno. Noi non ci faremo imbrogliare e staremo sempre e in maniera militante con la Resistenza di quei popoli e contro gli aggressori e occupanti imperialisti. Non si tratta di una "guerra di civiltà" ma di una guerra tra l'imperialismo e i popoli che vogliono liberarsi dal dominio dell'imperialismo.
Si possono non condividere qualche metodo di lotta dei resistenti e gli attentati contro i civili inermi e innocenti, ma ciò non deve scalfire la nostra solidarietà militante verso chi si sacrifica per la libertà del proprio popolo e paese.
Ancora il nostro Segretario generale ci esorta: "La `guerra preventiva' di Bush ha fatto scuola. Ora l'ha adottata anche Putin. Sono così saltati definitivamente l'Onu e il diritto internazionale. I paesi imperialisti egemoni su scala mondiale, regionale o locale, vogliono fare e disfare a loro piacere. Solo la rivolta dei popoli, a cominciare da quelli delle roccaforti imperialistiche, può fermare la barbarie dell'imperialismo. Né col nuovo Hitler, Bush. Né col nuovo Mussolini, Berlusconi. Né col nuovo zar del Cremlino, Putin. Sempre e comunque a fianco dei popoli e dei paesi che lottano per la libertà, l'indipendenza e la sovranità. Fuori gli imperialisti dall'Iraq, dalla Palestina, dall'Afghanistan, dalla Cecenia e dai Balcani!".
Il governo Berlusconi va buttato giù ma non in nome di un governo di "centro-sinistra". Questo tipo di governo, da quello Prodi a quelli D'Alema e Amato, lo abbiamo già ben sperimentato nella pratica. Sappiamo che esso non si differenzia in niente dai governi di "centro-destra" se non per alcuni aspetti secondari, nei modi concertativi e nei tempi graduali di attuazione della stessa politica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista della `casa del fascio'. Tanto più che l'Ulivo ha già dichiarato che non azzererà affatto ciò che ha fatto Berlusconi a cominciare dalla controriforma pensionistica. Berlusconi e Prodi sono le due facce della stessa medaglia, rispettivamente rappresentanti della destra e della "sinistra" della classe dominante borghese. Bertinotti rappresenta nient'altro che la copertura della "sinistra" borghese, come dimostra il fatto che ha regalato su un piatto d'argento il PRC all'Ulivo ed è persino disposto ad accettare le decisioni della maggioranza dell'eventuale "governo di alternativa" ora da lui ridefinito "governo di coalizione democratica".
Occorre che il proletariato cosciente e combattivo e i fautori del socialismo comprendano che la scelta non è fra Berlusconi e Prodi, ma fra il capitalismo e il socialismo, tuttora valido e una necessità sempre più attuale e vitale.
Le avanguardie della classe operaia e dei movimenti di massa oggettivamente antimperialisti e anticapitalisti devono comprendere che occorre mettere in minoranza i vecchi e nuovi imbroglioni politici di "sinistra" e dare tutta la propria forza intellettuale, politica e organizzativa al PMLI se vogliono davvero liberare le masse e la lotta di classe dalla zavorra riformista, parlamentarista e pacifista, se vogliono davvero battersi per buttar giù il governo Berlusconi, combattere l'imperialismo e aprire l'avvenire socialista.
Per i fautori del socialismo, specie operaie e operai, ragazze e ragazzi, non c'è altra scelta ideologica di classe e rivoluzionaria che il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, altra scelta politica e organizzativa di classe e rivoluzionaria che il PMLI. Perché solo il marxismo-leninismo- pensiero di Mao e il PMLI possono dar loro la certezza della vittoria finale sulla borghesia e il capitalismo.
Mobilitiamoci uniti, nel sindacato, nei luoghi di lavoro e di studio, sotto le bandiere del PMLI per fare ciascuno la propria parte affinché il prossimo autunno, come si annuncia, sia veramente un autunno caldo contro il governo e il padronato. Va data una forte risposta al governo per le stangate, per la controriforma delle pensioni, per il Dpef di lacrime e sangue, per non aver ancora rinnovato il contratto del pubblico impiego, per i licenziamenti all'Alitalia, per il caro-vita, per la controriforma della scuola e dell'Università e lo sfascio del sistema scolastico pubblico, per l'occupazione dell'Iraq. Una altrettanto forte risposta va data ai padroni per i bassi salari, per le dure condizioni di lavoro, per i licenziamenti, per l'attacco al contratto nazionale.
Questa risposta non può che essere lo sciopero generale nazionale di 8 ore. Premiamo, perciò, sui vertici sindacali affinché al più presto si scenda in piazza. è un'occasione d'oro per elevare la coscienza politica e la combattività delle masse in lotta e per far maturare l'obiettivo di buttar giù il governo del neoduce Berlusconi dalla piazza.
Compagne e compagni,
La bandiera del PMLI è quella di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Tutti e cinque questi grandi maestri del proletariato internazionale sono da noi amati, onorati, studiati e non potremmo mai fare a meno di uno solo di loro. Ma a Mao ci lega un rapporto del tutto particolare, quasi di tipo filiale. Il motivo è che se il PMLI esiste è proprio grazie a Mao.
Così il compagno Giovanni Scuderi gli riconosceva questo merito nel Rapporto politico al Congresso di fondazione del PMLI il 9 Aprile 1977 tenutosi appena sette mesi dopo la dolorosa scomparsa di Mao: "Se noi siamo qui, se possiamo affermare che il proletariato ha finalmente il suo Partito, questo è tutto merito del presidente Mao, poiché è stato lui che ci ha sottratto all'influenza della borghesia e dei revisionisti e ci ha attratto al comunismo, è stato lui che ci ha dato l'orientamento di fondo per stabilire la linea proletaria rivoluzionaria del nostro Partito, è stato lui che ci ha fatto capire che una causa giusta può trionfare anche se all'inizio siamo pochi a credervi e disposti a operare concretamente per la sua realizzazione".15
Da allora sono passati 27 anni, ma la nostra riconoscenza, il nostro affetto e il nostro impegno sono rimasti immutati: essere fedeli per tutta la vita alla causa di Mao, alla causa della rivoluzione proletaria.
Un impegno che si sono presi i fondatori del Partito e che è stato via via fatto proprio dalle sucessive generazioni di militanti. Ne è un esempio la giovane organizzazione di Troina del PMLI, che conta pochi mesi di vita, e che ha deciso di tenere il prossimo 3 ottobre una commemorazione pubblica di Mao in piazza e alla quale rivolgiamo l'augurio di un pieno successo.
Mao ci ha insegnato come combattere l'imperialismo, il governo Berlusconi e i falsi comunisti. Il PMLI è impegnato a tenere alta la bandiera di Mao in Italia e nel mondo costruendo un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista capace di guidare il proletariato italiano verso la conquista del potere politico e la costruzione di un'Italia unita, rossa e socialista.
Gloria eterna a Mao!
Viva il marxismo-leninismo-pensiero di Mao!
Buttiamo giù il governo Berlusconi!
Lanciamoci con forza nelle battaglie di autunno contro il governo e il padronato!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri e il PMLI vinceremo!
  

NOTE
1 Mao, Alcune esperienze storiche del nostro Partito, 25 settembre 1956, in Rivoluzione e costruzione, Giulio Einaudi Editore, pag. 435
2 Mao, Prefazione e poscritto a "Inchiesta sulle campagne", 17 marzo 1941, Opere scelte, Casa editrice in lingua estere di Pechino, vol. 3, pag. 9
3 Mao, Sul governo di coalizione, 24 aprile 1945, Opere scelte, cit., vol. 3
4 Mao, Prefazione e proscritto a "Inchiesta sulle campagne", cit, pag. 9
5 Mao, Incontro con i cinesi che studiano o frequentano corsi di specializzazione a Mosca, 17 novembre 1957, Libretto rosso "citazioni delle opere del presidente Mao Zedong", pag. 302
6 Mao, Rivista del Fiume Xiang, n. 3, 14 luglio 1919
7 Mao, citato nell'articolo "Sotto la direzione del presidente Mao noi donne abbiamo preso la via dell'emancipazione", 12 ottobre, 1977
8 Mao, citato in "Una grande vittoria", articolo del "Quotidiano del popolo", 14 aprile 1976.
9 Mao, Discorso alla II Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese, 15 novembre 1956, in Rivoluzione e costruzione, cit., pp. 454-455
10 Le dichiarazioni di Mosca del 1957 e del 1960, in Appendice de L'esperienza storica della dittatura del proletariato, Edizioni oriente, pag. 133
11 Mao, Discorso alla riunione di lavoro del Comitato centrale del Partito comunista cinese tenuta a Beidaihe nell'agosto del 1962 e alla X Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del PCC nel settembre 1962
12 Mao, Preoccuparsi delle condizioni di vita delle masse, fare attenzione ai metodi di lavoro, 27 gennaio 1934, Opere scelte, cit., vol. 1, pag. 157
13 Mao, idem, pag. 159
14 Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 1957, in Rivoluzione e costruzione, cit. pag. 546
15 Giovanni Scuderi, Rapporto politico, in Documenti del Congresso di fondazione del PMLI, 9-11 aprile 1977, pag. 4

15 settembre 2004