Documento della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI
La battaglia della Fiom di Pomigliano riguarda tutta la classe operaia e tutti i lavoratori
Il PMLI saluta calorosamente le delegate e i delegati del gruppo Fiat e delle grandi aziende del Mezzogiorno riuniti in Assemblea nazionale a Pomigliano d'Arco. Vi auguriamo buon lavoro, con piena consapevolezza della grande importanza che rivestono la vostra discussione e le vostre decisioni sui temi del lavoro, dei diritti, della democrazia e, in particolare, sulla battaglia durissima in corso a Pomigliano. Decisioni che, di fatto, influenzeranno la lotta sindacale di tutte le lavoratrici e lavoratori del nostro Paese, nonché la linea della Fiom e della Cgil a livello nazionale.
Questa vostra Assemblea si tiene a pochi giorni dal referendum sull'accordo separato per la Fiat di Pomigliano, imposto da Marchionne e sottoscritto servilmente dai sindacati complici Cisl, Uil, Fismic e Ugl. Sapete bene in che condizioni sono stati chiamati a votare le lavoratrici e i lavoratori dello stabilimento: col ricatto della chiusura, dello spostamento delle produzioni in Polonia, del licenziamento di tutti gli addetti; con fortissime pressioni di governo e Confindustria, del PDL e anche del PD, degli amministratori locali, dei mass-media di regime, dei sindacati firmatari dell'accordo, per non dire della vigliacca campagna intimidatoria messa in atto dai capi e capetti aziendali nel luogo di lavoro. Sapete bene su che tipo di accordo i lavoratori sono stati chiamati a esprimersi: esso con un colpo solo cancella il contratto nazionale, lo Statuto dei lavoratori e persino parti importanti della Costituzione, cancella tutte le conquiste raggiunte sin qui per imporre condizioni di lavoro di super sfruttamento e da caserma, relazioni sindacali di stampo neofascista.
Noi ammiriamo e ringraziamo di cuore le operaie, gli operai, le lavoratrici e i lavoratori che hanno avuto il coraggio e la determinazione di dire No al piano Marchionne, nonostante il clima ricattatorio, intimidatorio e repressivo impresso dall'azienda alla consultazione referendaria. E sono stati tanti, quasi il 40%, ben oltre gli iscritti della Fiom e dello Slai-Cobas, ben oltre ogni aspettativa. Allo stesso modo ringraziamo il gruppo dirigente della Fiom, da quello nazionale a quello di Pomigliano, napoletano e campano che in modo compatto si sono opposti al piano Marchionne, ne hanno denunciato la sua devastante pericolosità e dichiarato illegittimo il referendum, praticamente organizzato dall'azienda, perché chiamato a esprimersi su diritti (come il diritto di sciopero, il diritto alla salute, la tutela contro i licenziamenti senza "giusta causa") sanciti nel Ccnl e nelle leggi del lavoro, anche salvaguardati da principi costituzionali. Subendo per questo attacchi feroci da più parti, persino anche da Epifani e dalla Camusso, ambedue al vertice della Cgil. Lo slogan coniato dai lavoratori di Pomigliano: "Senza diritti siamo solo schiavi" rende bene l'idea della posta in gioco. Ha fatto bene la Fiom ad ampliare lo sciopero del 25 giugno da 4 a 8 ore, a mettere come primo punto della protesta la contestazione di Fiat e Confindustria che con gli accordi separati e il ricatto occupazionale "vogliono cancellare leggi e diritti indisponibili, distruggere con le deroghe il Contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori, intensificare lo sfruttamento". Hanno fatto bene a far aprire in 13 diverse città i cortei con striscioni riportanti la suddetta parola d'ordine. Una linea questa premiata dall'alta partecipazione dei metalmeccanici allo sciopero, con una media di circa il 70% di adesioni.
Il referendum ha avuto un esito forse inaspettato e anche per questo ancora più straordinario: 4 lavoratori su 10 hanno detto No; ma quanti altri lavoratori pur essendo contrari hanno votato Sì con la pistola puntata alla tempia? Un esito che ha fatto fallire il plebiscito preteso dall'azienda, posto come condizione per fare l'investimento e procedere nella produzione della nuova Panda. Un esito che non ha chiuso la partita, come avrebbe voluto Marchionne, ma che invece la lascia aperta a futuri sviluppi. La lotta dunque deve continuare, non può che andare avanti e svilupparsi ulteriormente per raggiungere risultati diametralmente opposti voluti da quelli di Fiat, di Confindustria e del governo del neoduce Berlusconi.
La battaglia della Fiom di Pomigliano riguarda tutta la classe operaia e tutti i lavoratori. Perché nei fatti ha assunto un ruolo di punta nella battaglia più generale contro il padronato che strumentalizza la crisi per azzerare i diritti dei lavoratori, contro la politica liberista e liberticida del governo del nuovo Mussolini Berlusconi da terza repubblica che dà man forte ai capitalisti per scaricare la crisi economica e finanziaria su lavoratori, pensionati, precari, ceti popolari, demolendo ciò che rimane dello "stato sociale" in campo previdenziale, sanitario, assistenziale e sociale, cancellando diritti e spazi democratici. La modifica dell'art.41 della Costituzione per cancellare qualsiasi vincolo anche formale alla "libertà d'impresa" sta in questo contesto. Il rischio è un ritorno indietro di 80 anni, se non a fine '800, allorché imperava il capitalismo selvaggio, la giornata lavorativa andava dalle 12 alle 14 ore giornaliere, le tutele sindacali, contrattuali e legislative erano inesistenti.
Attorno ai lavoratori della Fiat di Pomigliano e alla Fiom devono formare un grande movimento di solidarietà i lavoratori delle altre categorie, i sindacati, a partire dalla Cgil, il mondo politico, l'associazionismo, gli studenti e gli intellettuali democratici e antifascisti.
Anche il movimento contro la legge bavaglio ha il dovere di sostenere la battaglia di Pomigliano con atti concreti perché il diktat di Marchionne ha lo stesso marchio fascista, piduista e mafioso di quello contro il diritto di informazione ed espressione.
Come ha scritto l'Ufficio politico del PMLI nel comunicato di solidarietà del 18 giugno: "La Fiom, gli operai e i lavoratori di Pomigliano non vanno lasciati soli perché la loro battaglia ha un carattere generale, in quanto oggettivamente in discussone c'è l'assetto politico, istituzionale, economico, sindacale e sociale del regime neofascista conformemente al 'Piano di rinascita democratica' e allo 'Schema R' della P2".
Stando così le cose, un nuovo 25 Aprile si impone, per liberarsi del nuovo Mussolini che vuol trasformare i luoghi di lavoro e l'intero Paese in una caserma.

La Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

28 giugno 2010